postato il 6 Febbraio 2010
‘Riceviamo e pubblichiamo’
di Gaspare Compagno
Premettiamo che la Fiat ormai vende più all’estero che in Italia: ha venduto più auto in Brasile che in Italia, ha accresciuto le quote di mercato in Germania, Francia, India, e a breve entrerà nel mercato cinese, americano, messicano e canadese. Insomma, se prima Fiat vendeva solo in Italia, oggi non è più così e si trova a confrontarsi con competitor che producono a prezzi spesso più bassi. Detto ciò, a me, come penso a tutti, sorge spontanea una domanda: ma la Fiat alla fine ha davvero ricevuto aiuti tali che potrebbe essere costretta a non chiudere in Italia neanche un impianto?
Purtroppo la risposta è negativa. E non lo dico io o Marchionne, ma lo stesso Scajola quando in Parlamento, in una seduta di Dicembre 2009, ha affermato che la Fiat ha restituito tutti gli aiuti ricevuti in passato e gli stessi incentivi del 2009, in realtà, sono stati ripagati con il gettito IVA legato alla vendita delle auto.
Non solo, ma consideriamo che, se la quota di mercato Fiat è del 30% in Italia, significa che il 70% degli incentivi del 2009 è andata ad auto straniere prodotte al di fuori dell’Italia.
Ma allora perché la Francia può condizionare la Renault? Perché nel 2009 Sarkozy ha prestato 6 miliardi di euro alla Renault, mentre Fiat ha preferito chiedere i soldi nel mercato internazionale.
Ovvio che in questo caso lo Stato non può alzare la voce. Ma il problema, come vedremo è peggiore: i politici hanno causato la situazione attuale con la loro ignavia. Ma prima parliamo dei famosi aiuti di Stato ricevuti negli anni passati dalla Fiat.
Ebbene pare che lo la Fiat abbia dato allo Stato più di quanto ricevuto, senza contare gli investimenti fatti: si apprende infatti che dal 2000 al 2006 ha ricevuto 409 milioni tramite “contratti di programma”.
A questi sommiamo dal 1996 al 2004 270 milioni (a fronte di 2,8 miliardi di euro di investimenti Fiat e già questi da soli bastano a fare capire che lo Stato non è stato talmente munifico da potere ricattare l’azienda) tramite la legge 488; con gli incentivi 2009 lo Stato ha erogato 1 miliardo di euro, di cui 440 milioni sono andati alla Fiat, il resto (660 milioni) sono andati ad aziende straniere.
Questi numeri sono confermati anche dal libro di Elio Germano, “Governo e grandi imprese” (edito da Il Mulino, 250 pagine, 22,50 euro) da cui si apprende che nel periodo compreso tra il 1998 e il 2007 la Fiat ha ottenuto 1,9 miliardi di euro tra cassa integrazione (235 milioni), contributi alla ricerca e per investimenti. Senza contare le proprie risorse investite in ricerca (ricordiamo che Fiat e Finmeccanica, secondo un articolo del 2007 del Sole 24 Ore, finanziano l’80% della ricerca privata in Italia), l’azienda torinese ha pagato 540 milioni all’INPS, mentre ha versato 2,2 miliardi di euro per imposte sul reddito e 200 milioni di euro di ICI: in pratica Fiat ha dato 2,9 miliardi di euro e ne ha ricevuto 1,9.
I numeri mi sembra che parlino chiaro.
Ma allora non si poteva fare nulla? Qui torniamo al discorso sui politici fatto all’inizio e che investe in prima battuta i piani di sviluppo dell’azienda in generale e di Termini Imerese e Pomigliano in particolare.
Cosa fareste voi, se una persona vi promettesse un aiuto per farvi lavorare meglio e poi non ve lo desse? Cerchereste altrove, e alle successive promesse non dareste il minimo credito. Mi sembra logico.
E così agisce la Fiat. Il governo sostiene che per Termini Imerese la Fiat ha ricevuto moltissimo: falso. Lo stesso Elio Vito, ministro per i Rapporti con il Parlamento, ha dichiarato in Parlamento alcuni giorni fa (http://www.economiasicilia.com/2010/01/22/fiat-vito-dal-96-contributi-statali-a-termini-per-48-3-mln/) che dal 1996 ad oggi la Fiat ha ricevuto per Termini Imerese 48 milioni di euro. Non è una gran cifra se consideriamo che copre più di 10 anni.
Ma neanche questo è il vero punto. Il punto sono le promesse mancate e mantenute da altri.
Fiat aveva programmato di produrre la nuova microcar (chiamata topolino) a Termini Imerese. Perché non si fece?
Breve storia. Negli anni 90 la Fiat fa rilevare che lo stabilimento di Termini è antieconomico e nel 2002, la Fiat rinnova queste considerazioni, alla luce delle gravi lacune nell’impianto logistico del polo siciliano.
Solo a metà febbraio 2007 si crea a Palazzo Chigi un “tavolo per il rilancio di Fiat di Termini Imerese” su insistenza dell’allora governatore della regione Sicilia, Salvatore Cuffaro (UDC). (http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Economia%20e%20Lavoro/2008/06/fiat-termini-imerese.shtml?uuid=a86c7ef0-410b-11dd-835d-7e3492cb3def).
Nel luglio 2007 i tecnici del consorzio di sviluppo industriale di Palermo (in sigla consorzio ASI), guidati dal presidente Antonio Albanese, attuavano ricognizioni nell’area di Termini Imerese per gli interventi da realizzare per creare il polo industriale dell’auto.
Purtroppo con le dimissioni di Cuffaro, il via libero definitivo atteso da Roma viene messo in sospensione.
Sospensione che nel Giugno 2008 si tramuta nella mancata firma, da parte del governo nazionale di Berlusconi e del governo regionale di Lombardo, del contratto di programma che avrebbe garantito 1,3 miliardi nella logistica di Termini Imerese per abbassare i costi produttivi e potere produrre la Topolino.
Ovviamente la Fiat prende atto di ciò e si attiva per trovare una strada alternativa che in due settimane porta a firmare un accordo con la Serbia: si decide di creare un polo dell’auto a Kragujevac, vicino Belgrado (fonte: http://www.autoblog.it/post/14538/fiat-topolino-ecco-perche-sara-costruita-in-serbia/3 e http://www.dotmagazine.it/index.php/2008/06/26/fiat-topolino/).
Nel giro dei due mesi successivi, secondo una inchiesta de Il Sole 24 Ore), le autorità serbe, rispettano gli accordi, e creano una zona franca per i subfornitori che potranno importare materie prime e semilavorati senza pagare dazi, incentivi e agevolazioni fiscali, e l’uso gratuito dei terreni vicino l’impianto per espandere l’impianto medesimo, sconti sui consumi energetici, e agevolazioni di vario tipo, inoltre le auto prodotte in Serbia saranno esportate non solo in Europa occidentale ma anche in Russia, visto che tra Russia e Serbia esiste un accordo di libero scambio.
E ora tiriamo le somme: da un lato abbiamo un governo nazionale e regionale che, a fronte di dichiarazioni fatte nel 2009 da Marchionne (giugno 2009), si sono attivati solo nel dicembre 2009 per cercare di risolvere il problema Fiat.
Dall’altro abbiamo una azienda che si confronta con il mondo e che ha bisogno di decisioni tempestive (come quelle dei politici serbi).