Archivio per Marzo 2010

19 marzo, Caserta

postato il 17 Marzo 2010

Ore 20.00 – Grande Hotel Vanvitelli (V.le Carlo III) 

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19 marzo, Avellino

postato il 17 Marzo 2010

Ore 17.30 – Teatro Carlo Gesualdo (P.zza Castello)

Incontro pubblico

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19 marzo, Nola

postato il 17 Marzo 2010

Ore 15.00 – Villa Minieri (Via S. Francesco, 41)

Incontro pubblico

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19 marzo, Napoli

postato il 17 Marzo 2010

Ore  13.30 – Hotel Mediterraneo (Via Ponte di Tappia, 25)

Incontro pubblico

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19 marzo, Napoli

postato il 17 Marzo 2010

Ore 11.30 – Martos Metropolitan (Via Chiaia, 149)

Incontro pubblico

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18 marzo, Lecce

postato il 17 Marzo 2010

Ore 20.30 – Multisala Massimo (V.le Lo Re, 3)

Incontro pubblico

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18 marzo, Brindisi

postato il 17 Marzo 2010

Ore 19.00 – Cinema Andromeda (V.le Bozzano, 1)

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18 marzo, Taranto

postato il 17 Marzo 2010

Ore 17.30 – Grand Hotel Delfino (V.le Virgilio, 66)

Incontro pubblico

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Immigrazione: l’ integrazione è possibile

postato il 17 Marzo 2010

integrazione

‘Riceviamo e pubblichiamo’ di Antonio Cannatà

Ancora una volta ci troviamo di fronte ad episodi di bieca intolleranza razziale. Ormai quasi quotidianamente guardando la televisione, leggendo i giornali o anche ascoltando la radio è impossibile non sentire parlare di gente che in un modo o nell’altro manifesta la propria allergia verso chi è “diverso”.

L’ultimo atto lo dobbiamo agli “amici” leghisti che a Sansepolcro (AR) distribuivano saponette ai passanti per “lavarsi le mani dopo aver toccato un immigrato”.

Ma qual è il filo conduttore che lega Rosarno (RC) a Sansepolcro (AR)? Qual è la base comune che unisce il malcontento della popolazione nei confronti degli immigrati? Perché ancora non riusciamo ad accettare ciò che va oltre il nostro bianco naso?

Forse noi non siamo ancora pronti ad accettare chi è “altro” rispetto a noi stessi, chi ha un colore della pelle diverso o chi parla una lingua che non è la nostra. Questo inevitabilmente sfocia nell’intolleranza non solo dell’uomo, ma anche nell’intolleranza delle idee.

Il problema non è solo dei nostri tempi. Fin dai tempi antichi ci si dibatteva sul ruolo degli stranieri. Anche Seneca si poneva il problema del ruolo degli schiavi, e scriveva: “Servi sunt, Immo Homines” (sono schiavi, ma sono anche uomini), “sono schiavi, ma anche amici, sono schiavi ma anche compagni di schiavitù”.

Non dobbiamo dimenticare che tra i primi e forse più famosi migranti furono Maria e il suo sposo Giuseppe che fuggivano in Egitto; e che noi stessi, per nostra storia e natura, siamo un popolo di migranti. Chissà quanti di noi hanno almeno un parente, vicino o lontano, emigrato all’estero in cerca di fortuna. Chi in America, chi in Australia, chi in Belgio e via discorrendo. Il nostro popolo di emigrati ha fatto sì che molti di noi oggi vivano in condizioni sicuramente migliori di chi ci ha preceduto, e gli stessi hanno portato in dote nei paesi di arrivo una cultura che non di rado è forte e radicata nonché motivo di vanto per le comunità locali.

Concordo con chi afferma che oggi l’immigrazione, soprattutto quella irregolare, è un grosso problema. È un problema per la sicurezza dei cittadini, per la salute pubblica, è un problema per l’Erario, insomma è un gran bel problema. Ma nulla toglie al fatto che di fronte non ci sono solo numeri o insieme di righe da depennare dal bilancio di uno stato, ci sono Uomini con occhi, cuore, fegato e cervello.

Comprendo le esigenze di chi amministra la cosa pubblica, che è chiamato a garantire dei diritti fondamentali ai cittadini, ma non bisogna dimenticare l’obbligo di difendere coraggiosamente i diritti inalienabili di ogni essere umano. Chi governa è chiamato a garantire “i diritti e i doveri che sono alla base di ogni vera convivenza e incontro tra i popoli” (Benedetto XVI), è chiamato a portare avanti politiche di integrazione, non di odio, è chiamato a unire, non a dividere.

L’intolleranza portata avanti da una certa parte politica, forte della “carta bianca” datagli da chi governa il paese, è a dir poco sconcertante. L’indifferenza che sfocia in razzismo è un cancro che corrode da dentro l’animo dell’uomo.

Il mio invito è a non usare le saponette distribuite in Toscana, ma anzi ad andare a stringere la mano agli immigrati e, perché no, a parlare e scambiare quattro chiacchiere con loro: scopriremo un mondo nuovo che va al di là del colore della pelle o del paese di provenienza, scopriremo culture, tradizioni, pensieri che se ascoltati con attenzione e umiltà porteranno inevitabilmente alla crescita personale di ognuno di noi.

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