Archivio per Luglio 2010

Manovra, inammissibile che il premier non riceva i governatori

postato il 7 Luglio 2010


La manovra è necessaria e inevitabile, lo abbiamo riconosciuto, ma va costruita bene. Il fatto che il Presidente del Consiglio non riceva i governatori è inconcepibile.
Le Regioni sono di tutti, sono di tutti i colori, di destra e di sinistra, del Sud e del Nord e, in presenza di tagli che finiranno con il gravare sui cittadini l’effetto della manovra sarà lo stesso per tutte: tagli e riduzione  dei servizi sociali, della scuola, dei trasporti pubblici, della sanità.
Il Paese e’ nel caos. Non possiamo assistere a tutto questo con indifferenza.
Si riprenda al più presto il confronto istituzionale.

Pier Ferdinando

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Salviamo i posti letto in Terapia Intensiva Neonatale

postato il 7 Luglio 2010

di Alessio Fabio D’Avino

Non son degni di sopravvivere!

La manovra finanziaria attualmente in discussione prevederebbe forti tagli che riguardano anche i posti letto in Terapia Intensiva Neonatale.

Purtroppo devo ancora mettere alla vostra attenzione il cinismo con cui si approccia al tema della sussistenza a persone socialmente indifese e deboli.
Credevo di aver assistito al peggio della natura umana quando parlai della possibilità di escludere le persone affette dalla sindrome di Down dai benefici economici.
Purtroppo ogni giorno ne leggo qualcuna che mi fa accapponare la pelle più del giorno precedente.

E’ proprio di questi giorni una lettera aperta del CIMO-ASMD in cui si evidenzia, come ampiamente previsto, che la manovra economica, che vorrebbero far passare dal voto di fiducia, sopprimendo tutte le possibili migliorie, taglierà i trasferimenti economici dallo Stato alle Regioni e ai Comuni e di conseguenza ridurrà le prestazioni nei settori della disabilità, della salute mentale e degli anziani fragili; condizionerà negativamente anche i servizi sanitari ospedalieri e territoriali, di fatto, facendo sparire le politiche della prevenzione.

La manovra porterà al licenziamento di migliaia di medici precari impegnati nei settori dell’Emergenza e al pensionamento di 30.000 medici e dirigenti sanitari con l’impossibilità di assicurare la continuità assistenziale e l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza a causa della riduzione dei posti letto e delle sedute operatorie e comporterà l’allungamento delle liste di attesa anche per le prestazioni radiologiche di alta tecnologia.

Per un settore delicato quale quello della Terapia Intensiva Neonatale, dove già oggi scarseggiano i posti letto, ulteriori tagli rappresenterebbero una sciagura di proporzioni inimmaginabili.

In un intervento pubblico, la deputata Binetti, componente della Commissione Affari Sociali della Camera, ribadisce e amplifica gli allarmi che da molte parti si levano.
Riprendendo l’appello lanciato dal direttore dell’unità di Terapia intensiva neonatale del Policlinico Umberto I di Roma si possono facilmente comprendere concetti semplici ed elementari.
Si comprende benissimo che i reparti di TIN vanno oltre una logica puramente economica in quanto non sono possibili falsificazioni, come nel caso delle persone affette dalla sindrome di Down, i bambini sono lì sotto gli occhi di tutti, non hanno nemmeno la possibilità di chiederti aiuto.
Se un neonato è a rischio, se non è ben trattato fin dal primo momento, corre seri rischi di morire o di diventare un invalido vero con costi molto più alti per la nostra sanità, senza dimenticare il costo umano e personale altissimo di chi sarà sempre un disabile.

In alcuni ospedali questi tagli sono già proposte operative che verranno messe in atto se non si riuscirà a far ragionare con cognizione di causa chi vede le persone indifese come numeri da mettere su un foglio Excel.

Concludo augurandomi che sia solo un colpo di sole estivo e se non lo fosse vi chiedo di vigilare e di amplificare la debole voce di chi ci chiede solo una mano per sopravvivere.

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Le famiglie diminuiscono i consumi: ora si taglia anche sul cibo

postato il 7 Luglio 2010

La notizia è di quelle che dovrebbero fare riflettere, soprattutto se avviene in un paese che è considerato “ricco e opulento”: le famiglie italiane sono sempre più povere e ora si risparmia sul cibo, stando all’ISTAT.

Se andiamo più in profondità, osserviamo che nel 2009 2009 vi è stata una significativa contrazione dei consumi: la spesa media mensile per famiglia lo scorso anno è stata pari a 2.442 euro, cifra che segna una flessione dell’1,7% rispetto all’anno prima.
Ma in realtà, afferma l’ISTAT, la contrazione dei consumi reali è ben maggiore: la cifra riportata sopra, incorpora anche l’aumento dei prezzi che l’anno scorso è stato pari in media allo 0,8%, quindi la contrazione nella realtà supera abbondantemente il 2%. A questo punto aggiungiamo un altro dato: se consideriamo il valore mediano della spesa mensile (quello al di sotto del quale si colloca circa il 50% delle famiglie italiane), si osserva una diminuzione più marcata, pari al 2,9%, con una spesa che scende a 2.020 euro.

Contemporaneamente, assistiamo anche ad una riduzione del reddito disponibile familiare da parte della maggioranza degli italiani, che dopo le imposte e i contributi, vedono diminuire il loro reddito del 2,7%. Questo dato è molto interessante perché aiuta a spiegare come mai la contrazione della spesa per consumi è stata particolarmente evidente fra le famiglie con livelli di spesa medio-alti, segno che le incertezze e i timori per il futuro economico vanno a colpire tutti i ceti sociali.

Questa contrazione dei consumi, per la prima volta da anni, ha colpito la spesa per l’alimentazione: se consideriamo il 2008 osserviamo che la spesa media per generi alimentari e bevande è scesa del 3%, portandosi a 461 euro al mese (nel 2008 era invece salita fino a 475 euro per effetto dell’aumento dei prezzi degli alimentari). L’Istat spiega, inoltre, che la quota di famiglie che asserisce di aver ridotto quantità e/o qualità dei prodotti alimentari acquistati rispetto all’anno precedente è pari al 35,6%.

Geograficamente osserviamo che la diminuzione maggiore riguarda il Mezzogiorno dove dai 482 euro del 2008 si scende ai 463 del 2009 e la spesa mensile per generi alimentari e bevande rappresenta in media il 18,9% della spesa totale (il 16,4% tra le famiglie del Nord, il 24,4% nel Mezzogiorno). La Lombardia è la regione con la spesa media mensile più elevata (2.918 euro), seguita da Veneto (2.857) ed Emilia Romagna (2.799). Fanalino di coda, ancora una volta, la Sicilia, con una spesa media mensile (1.721) di oltre mille euro inferiore a quella delle regioni con la spesa più elevata.
Le altre voci di spesa risultano abbastanza stabili: diminuisce la spesa per servizi sanitari, tabacchi e comunicazioni, ma risulta in aumento la spesa per combustibili ed energia, probabilmente per via dell’inverno lungo e rigido; cala al 3,6%, la quota della spesa per sanità (in particolare medicinali, dentista e visite mediche). Si spende un po’ meno per fumare (0,8% contro il precedente 0,9%), ma anche per il tempo libero e per la cultura (al 4,2% dal 4,3%).

Come si vede, le famiglie, non potendo tagliare su altre spese, che già negli anni passati erano drasticamente calate, iniziano a tagliare su due voci di spesa fondamentali: l’alimentazione e la salute. Altro dato interessante è la spesa per gli affitti. All’abitazione viene ormai destinato oltre un terzo della spesa totale (il 33,5% del 2009 contro il 32,1% del 2008); vive in affitto il 17,1% delle famiglie mentre il 15,9% paga un mutuo e spende in media 530 euro al mese. Diretta conseguenza di un mancato piano casa efficiente da parte del governo.

Un approfondimento, il calo dei generi alimentari, riguarda, ed è questa la cosa grave, gli alimenti che i dietologi e i nutrizionisti reputano base: il pane ( secondo la Cia, confederazione Italiana Agricoltori, il 50% delle famiglie ha diminuito sensibilmente il consumo di pane), pasta, carne.

Il Codacons definisce grave questo calo dei consumi e vede come unica soluzione non una manovra improntata ai tagli, ma alla crescita. Dello stesso Tenore la Marcegaglia, presidente di Confindustria, che afferma: «La crisi colpisce sempre i più deboli. Ritornare a crescere, ricreare nuova occupazione, evitare che si perdano nuovi posti di lavoro è il tema fondamentale, sul quale imprese e lavoratori sono dalla stessa parte».

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Meridionali, arrabbiamoci! Riflessione sui limiti e sulle promesse di riscatto del nostro Sud

postato il 6 Luglio 2010

di Giuseppe Portonera

Tremonti è uno di quei politici che parla poco, ma che quando parla sa sempre il fatto suo. Lo abbiamo conosciuto negli anni sempre intento a far di conto, a gestire questo o quel problema finanziario, molto preciso e puntiglioso. Ultimamente, sarà la febbre da successione nel Pdl, è diventato molto più loquace ed ha sempre una parolina per tutto: ormai, le sue pubbliche uscite a conferenze o incontri con le parti sociali sono davvero imperdibili. Anche perché, di solito, sono sempre vespaio di polemiche. Il nostro ministro non s’è smentito nemmeno qualche giorno fa, quando, intervenendo all’assemblea della Coldiretti, non ha risparmiato critiche alla gestione delle risorse economiche al Sud. “Più il Sud declinava, più i fondi salivano: questa cosa è di una gravità inaccettabile”, ha evidenziato Tremonti, secondo cui la colpa di questo “scandaloso percorso” non è dell’Unione Europea né dei governi nazionali, di destra o sinistra che siano. “È colpa della cialtroneria di chi prende i soldi e non li spende: e siccome i soldi per il Sud saranno di più e non di meno nei prossimi anni, allora non si può continuare con questa gente che sa solo protestare ma non sa fare gli interessi dei cittadini”. Sono parole durissime che, come prevedibile, hanno mandato in bestia i governatori del meridione, che hanno corrisposto pan per focaccia alle critiche ministeriali.

Ma se Tremonti avesse ragione? Insomma, questi fondi esistono (anche quando qualcuno tenta di scipparli) e sono pure belli cospicui. Eppure qui al Sud le cose non vanno per nulla bene: ci sono grandi opere pubbliche che restano incompiute, una sanità che non funziona, scuole o ospedali messi male. Nell’ambito del programma 2007-2013, infatti, il Ministro ha assicurato che c’è stato per il Sud uno stanziamento di fondi europei pari a 44 miliardi, ma – dice – ne sono stati spesi solo 3,6: come mai la maggior parte di questi soldi finisce inutilizzata? Scorrendo velocemente le statistiche ci si rende conto che la Calabria, per esempio, ha utilizzato solo il 12% dei 1.868 milioni di euro assegnati, “perdendone” 1.643,84; seguono la Puglia (16,22%, spreco 2.740,44 milioni), la Sicilia (18,99%, 3.493,96), la Campania (20,8%, 3.251.16). Perché, maledizione? Perché non si usano fino all’ultimo centesimo questi benedetti fondi? Certo, se il nostro ministro è davvero convinto che la colpa sia dei governatori, questi non la pensano proprio come lui e fanno notare che grazie alle Tabelle del Rapporto Strategico 2009 redatto dal Dipartimento Politiche di Sviluppo, si può verificare che sul totale dei Fondi comunitari gestiti dai ministeri (PON), che ammonta a circa 11 miliardi, i ministeri interessati (Sviluppo Economico, Ricerca, Ambiente, Interni, Infrastrutture) hanno speso poco più di 732 milioni di euro, pari al 6,7 % della dotazione disponibile. È ovvio, insomma, che parlando di spreco di soldi, si giocherà a puntare il dito l’uno contro l’altro. Ma io, amici miei, non ci sto. Non voglio cadere nella retorica provata dello scarica-barile, ne fare polemiche autonomiste contro Roma (anche perché sapete bene come la penso su questo punto). Vorrei solo poter vivere in una terra finalmente capace di poter riscoprire l’orgoglio che l’ha sempre contraddistinta e che possa diventare treno motore, anziché vagone al rimorchio. A me piacerebbe che il tutto partisse dal basso, dalla gente comune che non ne può proprio più dei dinosauri della politica che l’hanno solo soffocata per tutto questo tempo; dai nostri laureati e dai nostri geni, che invece di dover emigrare (o meglio, fuggire) potrebbero diventare la leva con cui risollevare la nostra situazione; dai nostri lavoratori, che non possono sempre pagare per primi, vedendosi chiudere la fabbrica in cui hanno lavorato per una vita; da tutti noi, insomma, da chi il Sud lo vive per com’è davvero e non come certi tizi lo vorrebbero fare apparire. Meridionali, arrabbiamoci: ormai ce n’è proprio di bisogno! Per fare capire a chi ci comanda, che non si può spuntare a tempo di elezione e poi sparire nel nulla. Il Sud è attualmente più arretrato del Nord e la questione meridionale tiene banco da 150 anni, ok. Ma chi l’ha detto che le cose non possono cambiare? Chi l’ha detto che le nostre potenziali sono minori di quelle della Padania? Il cammino è lungo e faticoso, ma sono convito che non si possa più permettere che a decidere la strada siano sempre i soliti spreconi che ci hanno governato: favoriamo il ricambio generazionale, lanciamo la rivoluzione della buona politica proprio da qui, dal “malfamato, mafioso e sprecone” Sud. Le potenzialità non mancano, ma servono molta, molta buona volontà e tanta caparbietà. Perché il nostro futuro sia migliore del nostro passato.

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Caso Brancher, governo pensi ai problemi della gente, non ai ministri

postato il 5 Luglio 2010

Ora si accantoni disegno di legge sulle intercettazioni

Pier Ferdinando CasiniE’ ora che il Governo si preoccupi più dei problemi degli italiani che di quelli dei suoi ministri e affronti rigorosamente la manovra che rischia di tagliare servizi sociali fondamentali per i cittadini. In molte regioni italiane i tagli investiranno i trasporti pubblici locali e i servizi scolastici: temi molto più rilevanti che le dimissioni di Brancher. L’epilogo di questa vicenda, nata male e finita peggio, è comunque positivo. Mi auguro che il Presidente del Consiglio faccia la stessa scelta anche per la legge sulle intercettazioni accantonando questo testo e costruendo una soluzione condivisa da votare subito dopo l’estate. E’ bene evitare altri colpi di sole.

Pier Ferdinando

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5 luglio, Cesena

postato il 4 Luglio 2010

Ore 17,30  – Hotel Casali  (Via Benedetto Croce, 81)

Alla manifestazione ‘La Romagna verso il Partito della Nazione’.
Intervengono i parlamentari UDC Mauro Libè e Gianluca Galletti, il consigliere regionale UDC Silvia Noè e il segretario regionale UDC Davide Torrini.

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Non mi farò usare dal Cavaliere, serve un governo di larghe intese

postato il 4 Luglio 2010

Pier Ferdinando Casini, Consiglio nazionaleNo alle elezioni anticipate, fermare il ddl intercettazioni

L’intervista a Pier  Ferdinando Casini di Carmelo Lopapa sulle colonne de La Repubblica.

Tre anni di tempo per affrontare la crisi e fare tutti insieme, o quasi, ciò che questo governo non potrà realizzare. Un vascello che naviga in pessime acque e sul quale l’Udc non intende imbarcarsi. Larghe intese, allora, con o senza Berlusconi alla guida. Pier Ferdinando Casini rilancia il suo appello, “rivolto a tutti”. Gianfranco Fini, inevitabile, interlocutore privilegiato.

 Il Pdl scricchiola. Avverte aria di crisi, presidente Casini?
“Avverto che c’è un elemento nuovo: per la prima volta, Berlusconi ha ammesso che le cose non vanno, che la situazione non è tranquilla. Il che, conoscendolo, non è cosa da poco. Segno che comincia a farsi strada l’idea che non basta il demiurgo, che i problemi sono tutti politici”.

 Il premier conta di risolverli rompendo con Fini e, sembra, riaprendo il dialogo con voi. Pronti a dargli una mano?
“Sia chiara una cosa. Io non so se, in passato, Fini abbia accettato di essere usato contro di me. Io non intendo certo farmi usare contro di lui. Le dinamiche interne alla maggioranza non mi interessano, problemi loro. Io ho fatto a Berlusconi in privato come in pubblico, da due mesi a questa parte, un discorso onesto. La questione non è aggiungere un posto a tavola, cosa poco dignitosa, sia per chi apparecchia che per chi va a mensa. Ma aprire una fase politica nuova, che superi la teoria. Il mio appello è rivolto ancora una volta a tutti, e alla maggioranza in primo luogo. Occorre una formula che coinvolga le forze più responsabili dell’opposizione”.
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Emendamento UDC alla Manovra: La grande occasione della green economy

postato il 3 Luglio 2010

 

di Giuseppe Portonera

L’Udc ha presentato un pacchetto di proposte per la manovra economica 2010, ricco di idee interessanti per il rilancio dell’economia italiano, puntando su parole d’ordine come giovani, fiscalità e famiglie e green economy. Voglio concentrare la mia attenzione proprio su questo ultimo punto, che reputo assai innovativo e condivisibile. Al giorno d’oggi la green economy può essere una risposta efficace al momento di crisi che stiamo attraversando, visto che oltre che ai benefici economici, punta la propria attenzione a ridurre anche i danni ambientali. Il nostro governo farebbe bene ad impegnarsi ad investire in questo settore, perché, come ribadito da grandi studiosi, in Italia proposte di energie alternative ed eco-sostenibili potrebbero essere un’ottima riposta all’eterno problema della dipendenza energetica. E invece, come si legge nel pacchetto Udc, questa “Finanziaria pone un enorme freno allo sviluppo delle energie rinnovabili. Il mancato acquisto dei certificati verdi da parte del GSE, infatti, costituirebbe un forte disincentivo allo sviluppo delle fonti rinnovabili, nonché un evidente carenza di garanzie per il finanziamento degli impianti”.

L’Italia è la terra del sole e l’energia che scende la cielo potrebbe essere la soluzione a tanti problemi. Basta guardare al resto d’Europa: i paesi che hanno adottato politiche coraggiose hanno tratto enormi benefici. La Germania ha creato in pochi anni un’industria delle rinnovabili con 215.000 addetti, la Spagna un’altra da ben 100.000 addetti. E l’Italia? Nel 2006 ha prodotto circa 59,7 TWh di elettricità da fonti rinnovabili, pari al 17,6% del totale di energia elettrica richiesta, con il 13,1% proveniente da fonte idroelettrica e la restante parte data dalla somma di geotermico, eolico e combustione di biomassa o rifiuti. Ciò ha fatto del nostro paese il quinto produttore di elettricità da fonti rinnovabili nell’UE-15, seppur ancora lontana dagli obiettivi comunitari previsti, che prevedono la produzione del 22% di energia richiesta da fonte rinnovabile entro il 2010. Ciononostante, negli ultimi anni la produzione rinnovabile italiana sia cresciuta molto poco o si è mantenuta pressoché stabile: a crescere è soprattutto l’energia eolica, mentre quella idroelettrica ha raggiunto una fase di saturazione del potenziale economicamente sfruttabile. Inoltre, nonostante gli incentivi, l’Italia deve anche fare i conti con numerosi ritardi legislativi e di adeguatezza delle reti di distribuzione. Nel solare fotovoltaico l’Italia offre appena 1.700 posti di lavoro, contro i 42.000 della Germania e i 26.800 della Spagna; nel solare termico, siamo a 3.000 posti di lavoro in Italia contro i 17.400 della Germania. Fortunatamente nel 2009 abbiamo assistito a un cambio di marcia e si è registrato che, complici la crisi economica, le abbondanti pioggie, la mite estate, gli incentivi statali per le rinnovabili, i maggiori acquisti dall’estero (+7,2%) e le minori cessioni (-37,6%), la produzione di energia rinnovabile è passata dal 18,54% al 22,57%, raggiungendo l’ obiettivo del 22% per il 2010. Un ottimo punto di partenza, che adesso rischia di essere vanificato dallo stop imposto ai Certificati Verdi. Per l’ANEV, infatti, la misura prevista dalla Finanziaria “abolisce, anche retroattivamente, l’unico meccanismo di garanzia del sistema di sostegno alla crescita delle fonti rinnovabili, che serve invece proprio a tutelare il mercato e ad evitare speculazioni derivanti dall’oscillazione artificiosa dei prezzi dei certificati verdi” e “comprometterebbe tutti gli investimenti in corso di finanziamento nel settore delle rinnovabili, che negli ultimi due anni è stato uno dei pochi anticiclici a consentire crescita occupazionale nel nostro Paese”. Il rischio concreto, insomma, sarebbe quello di un sicuro default finanziario per tutti coloro che si vedrebbero tagliati i ritorni economici necessari a ripagare gli investimenti effettuati. Eppure, come dicevamo su, l’energia verde è la chiave per salvare i conti pubblici dei enti locali. Qui da me, in Sicilia, molti comuni hanno scelto di intraprendere questa strada. E a buon ragione. Facciamo un esempio: sono diverse le amministrazioni a rischio di bancarotta e le più importanti città isolane, Palermo e Catania, hanno un buco finanziario gigantesco. Ecco allora cosa si potrebbe fare. Il Comune X sceglie di costruire una centrale elettrica fotovoltaica o una nuova serie di pale eoliche, anche per produrre un solo megawatt di energia (più che abbondante, se si pensa che il consumo di una famiglia media è di 3 kw). Per finanziare la costruzione, sarà necessario un prestito alla “Cassa depositi e prestiti dello Stato”, è vero: ma stavolta non servirà a costruire un parcheggio o uno stadio, ma a finanziare un investimento fruttifero, visto che si tratta di una fonte di guadagno cospicua. Al contempo, l’energia prodotta basterà per soddisfare le richieste energetiche di scuole, uffici e ospedali. E quando il debito sarà ripianato (in tempi assai rapidi), il Comune potrà continuare ad usufruire gratuitamente dell’energia rinnovabile come meglio crede. Abbiamo davanti a noi una grande occasione, non sprechiamola per favore.

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