Archivio per Gennaio 2011

Le persecuzioni dei cristiani

postato il 2 Gennaio 2011

Perciò, per far cessare tale diceria, Nerone si inventò dei colpevoli e sottomise a pene raffinatissime coloro che la plebaglia, detestandoli a causa delle loro nefandezze, denominava cristiani. In un momento in cui milioni di nigeriani stanno celebrando le feste religiose, la Nigeria nei giorni di Natale è stata teatro di violenze che hanno colpito la popolazione di religione cristiana, funestando la festività con 41 morti, secondo ultime notizie ufficiali. Origine di questo nome era Cristo, il quale sotto l’impero di Tiberio era stato condannato al supplizio dal procuratore Ponzio Pilato; e, momentaneamente sopita, questa esiziale superstizione di nuovo si diffondeva, non solo per la Giudea, focolare di quel morbo, ma anche a Roma. Perciò, da principio vennero arrestati coloro che confessavano, quindi, dietro denuncia di questi, fu condannata una ingente moltitudine, non tanto per l’accusa dell’incendio, quanto per odio del genere umano. Esplosioni a catena nella regione dello Jos hanno provocato la morte di altri 34 cristiani e il ferimento di 74. Nel nord est del paese, a Maiduguri, una chiesa è stata data alle fiamme. Proseguono ancora scontri e feriti e decine di edifici sono stati consegnati alle fiamme. Il gruppo islamico Abu Sayaf ha fatto invece esplodere nelle Filippine il tetto di una chiesa cattolica nell’isola di Jolo. Inoltre, a quelli che andavano a morire si aggiungevano beffe: coperti di pelli ferine, perivano dilaniati dai cani, o venivano crocifissi oppure arsi vivi in guisa di torce, per servire da illuminazione notturna al calare della notte. Nerone aveva offerto i suoi giardini e celebrava giochi circensi, mescolato alla plebe in veste d’auriga o ritto sul cocchio” .


Duemila anni di storia, di vite vissute, di uomini passati sulla terra con i loro odi e i loro amori, con i loro credi e le loro passioni, dividono questi due brani. Il primo, in azzurro, è un passo fondamentale della storiografia di Publio Cornelio Tacito (Annales XV,44), il secondo in rosso è il resoconto di un articolo dell’Avvenire edito il 28 dicembre 2010. Duemila anni di storia e di nuovo incendi, dolore e morte. Aveva visto giusto colui che ci aveva avvisato: ” Non sono venuto a portare la pace, ma una spada in mezzo a voi, nel mio nome subirete dilazioni e persecuzioni, la spada, la separazione, la croce, il perdere la vita”. Mi soffermo a volte a pensare cosa faccia tanta paura del messaggio cristiano. Forse quello sguardo rivolto all’Umanità come quello espresso da Madre Teresa di Calcutta capace per la sua Fede motrice di umanità di sovvertire le regole sociali delle caste indiane, forse la fiducia in una Presenza che da infinita si è resa finita, che da divina si è incarnata nella nostra fragile e meravigliosa umanità. Ma non preoccupatevi, non voglio tediarvi, almeno non in quest’occasione, con qualche resoconto storico-filosofico, apologetico o fenomenologico. L’intento di questo articolo è informare dei fatti dell’attualità che spesso passano in sordina perché ci attraggono molto di più gli ultimi gossip di qualche starletta o di un Sanremo piuttosto che i nostri fatti di attualità e umanità.

La storia dovrebbe insegnarci che in tutto il corso dell’esistenza dell’essere umano c’è stato nel nome della religione, da ogni parte, spargimento di sangue, lotte intestine, persecuzioni e condanne. Io non credo assolutamente come afferma John Lennon nella sua celebre Imagine che la pace possa essere garantita da un mondo senza nazioni, senza religioni. L’appartenenza a un sostrato culturale e quindi nell’ordine, a uno Stato , a una nazione, a una civiltà, e viceversa il senso del sacro e della fede sono elementi essenziali dell’espressione di ogni essere umano, imprescindibili e immodificabili, elementi vitali che guidano la libertà e la dignità dell’uomo.

Una sola parola, anzi due: rispetto e dialogo. E’ ciò che il pontefice Benedetto XVI ha espresso nel suo messaggio per Giornata Mondiale della Pace , è quanto il segretario delle Nazioni Unite Ban Ki Moon ha richiesto esprimendo il proprio cordoglio per le persecuzioni anticristiane.

Nessun trattato storico filosofico, non sono qui a fare apologetica. Semplicemente una cosa (interpello quanti si ritengono credenti) : pensiamo a noi che spesso rifiutiamo di andare in Chiesa perché piove, perché riteniamo di aver altro da fare, perché c’è la partita in televisione, perché vogliamo dormire e pensiamo a quanti non possono esprimere il loro credo e le loro funzioni o, peggio, non sanno se potranno tornare più a casa: Pensiamoci.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Jakob Panzeri

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Capire e dialogare con i giovani, sentire l’Italia: il messaggio di fine anno del Presidente della Repubblica

postato il 1 Gennaio 2011

“Sentire l’Italia”. Potrebbe essere questa la chiave di comprensione del discorso di fine anno del Presidente  della Repubblica, un discorso che non è solo un bilancio di fine anno ma un accorato appello alle istituzioni, alla politica, ad ogni italiano ad appassionarsi per il futuro del Paese. Appassionarsi per il futuro del Paese significa saper cogliere soprattutto le ansie e le preoccupazioni di chi è l’orizzonte dell’Italia: i giovani.
Mai come in quest’anno i giovani hanno incarnato nella loro protesta e nella loro sfiducia l’incertezza e la paura di un intera comunità civile e giustamente allora il Presidente Napolitano ha voluto rivolgersi a loro e ha voluto farli perno del discorso presidenziale. Non è banale retorica politica quella del Presidente della Repubblica, ma una acuta analisi della situazione e la proposta di una strategia che corrisponde ad un “impegno generalizzato” e ad una vera e propria “scommessa” sulle nuove generazioni.
L’impegno e la scommessa passano dunque dal “sentire l’Italia”, dal saper cogliere non solo il malessere, il fatalismo, ma anche il progressivo distacco tra la politica e la società, il Palazzo e la gente. Il Capo dello Stato ha indicato agli italiani e in particolare ai giovani anche il modo di vincere la sfida di questo tempo difficile: impegno politico e responsabilità civile. La tentazione dell’antipolitica, della fuga e dell’isolamento devono cedere il passo ad uno straordinario impegno politico non solo di chi già fa la politica, che è chiamato a responsabilità e chiarezza, ma di coloro che fino ad ora se ne sono tenuti disillusi ai margini. Diceva una famosa canzone di Ivano Fossati che “c’è ancora qualcosa da dire e da fare”, questo è il tempo non solo di sentire l’Italia ma di cominciare ad amarla.

Adriano Frinchi

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