Archivio per Gennaio 2011

Nec plus ultra Berlusconi?

postato il 24 Gennaio 2011

L’accentuazione della dimensione “leaderistica” nella politica italiana e in particolare nelle singole formazioni politiche è fenomeno  ampiamente documentato e discusso da esperti politologi e attenti osservatori. Si potrebbe rimanere nel campo della teoria e della discussione speculativa se questa tendenza, che si concretizza radicalmente nelle esperienze politiche di cui Silvio Berlusconi è stato capo indiscusso, non avessero delle conseguenze gravi per la vita politica, sociale, ed economica di questo Paese.

Nello specifico l’essenza “berlusconicentrica” di un partito come il Pdl, o della stessa coalizione, produce non solo un danno alla vita democratica del partito in questione ma un danno all’Italia intera nella misura in cui l’azione di un governo, la dialettica di un partito, e l’intero dibattito politico ruotano sistematicamente intorno alla persona, alle scelte e alle vicende del Presidente del Consiglio. E’ del tutto normale che una figura del calibro di Berlusconi abbia una certa centralità e una capacità notevole di calamitare attenzione politica e mediatica, tuttavia è meno comprensibile il fatto che si rapporti a Berlusconi come l’alfa e l’omega di un partito, della politica e di una intera nazione.

A tal proposito sono fortemente indicative le reazioni di alcuni esponenti del Pdl rispetto alla recente proposta politica di Pier Ferdinando Casini e alla “provocazione” della giovane Sara Giudice. Al leader dell’Udc è bastato suggerire a Berlusconi un atto di buon senso, per certi versi “sollecitato” anche dalla presidente di Confindustria Emma Marcegaglia, come il cedere il passo ad una personalità forte del centrodestra per far ripartire governo e Paese, per essere sommerso da una pioggia di critiche da parte di autorevoli esponenti del Pdl: sostanzialmente dopo Berlusconi c’è solo il diluvio.

Neanche avesse chiesto le dimissioni del Papa! Se si fa muro contro chi “minaccia” la leadership del Cavaliere dall’esterno, figuratevi cosa può accadere a chi dall’interno si fa venire qualche dubbio sulle scelte del leader maximo. E’ il caso di Sara Giudice, consigliere zonale del Pdl milanese, che a seguito dell’apertura delle indagini sul cosiddetto “Rubygate” e delle ombre che getta su Nicole Minetti, ha chiesto le dimissioni (con tanto di raccolta firme) dal Consiglio regionale lombardo dell’ex igienista dentale del Premier che alle scorse elezioni era stata imposta direttamente dal Cavaliere nel listino del Presidente Formigoni. Il fatto stesso che la giovane consigliera zonale abbia osato mettere in dubbio la bontà di questa scelta di Berlusconi le ha attirato addosso le ire del governatore Roberto Formigoni e della dirigenza del Pdl che, a quanto pare, sta meditando di espellerla dal partito.

E’ chiaro che le due vicende, la proposta di Casini e la provocazione della Giudice, sono estremamente lontane e diverse, ma le reazioni a queste due sollecitazioni sono ampiamente rivelative del vissuto politico della maggioranza che vive e si muove esclusivamente in funzione delle necessità del Presidente del Consiglio. Peccato che i membri della maggioranza non si accorgano che così facendo favoriscono l’immobilismo politico e costringono l’Italia in quel pantano che sono le vicende personali di Silvio Berlusconi.

“Nec plus ultra”, così secondo la mitologia stava scritto sulle Colonne d’Ercole che rappresentavano il limite estremo del mondo conosciuto e così sembra che Berlusconi venga percepito dai suoi: non c’è nulla oltre lui. Ma la storia insegna che quel confine tracciato da Eracle è un confine che bisogna prima o poi superare per trovare il “Nuovo mondo”, che per noi è la possibilità di una stagione politica nuova che faccia uscire il Paese dal vicolo cieco in cui è stato irresponsabilmente cacciato.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Pdl chiuso a difesa del premier, non pensa al Paese

postato il 24 Gennaio 2011

Confesso che me lo aspettavo che non accettassero molto la mia proposta, perché al Pdl sta più a cuore il destino personale di Berlusconi che l’unita’ dei moderati e il destino del nostro Paese.
Il Pdl e’ un partito chiuso a riccio nella difesa di una persona. Per me invece e’ piu’ importante l’Italia e mi auguravo che anche per loro fosse piu’ importante l’unita’ dei moderati.

Pier Ferdinando

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24 gennaio, Roma

postato il 24 Gennaio 2011

Ore 18.15 – Sala Capranichetta – Piazza Montecitorio

Partecipa a Roma al convegno intitolato “La Shoah e la sua negazione – Il futuro della memoria in Italia” promosso dall’associazione di Cultura ebraica Hans Jonas

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Governo assieme al Pdl ma senza Berlusconi

postato il 24 Gennaio 2011

Appello dell’Udc ai leader del partito perché convincano il premier a un passo indietro

L’intervista pubblicata su ‘la Stampa’  di Marcello Sorgi

Presidente Casini, con il «caso Ruby» cambia tutto anche per voi?
«Non è il caso Ruby che cambia qualcosa, ma la reazione di Berlusconi che addirittura evoca il tentativo di un colpo di Stato».

Il Terzo Polo ritira la sua offerta di aiutare il governo sui provvedimenti più importanti?
«No, che c’entra. Se il governo porta avanti qualcosa di utile e necessario per il Paese avrà il nostro appoggio, com’è successo anche questa settimana per il decreto sui rifiuti di Napoli. Ma mi chiedo: è possibile che in queste condizioni il governo riesca a fare sul serio?».

Se lo chiede, ma non ci crede.
«Da quel che vedo, Berlusconi non è il solo impegnato a tempo pieno a difendersi. Anche tutti i suoi ministri hanno smesso di leggere i dossier che li riguardano per dedicarsi ai verbali dei festini di Arcore. Basta accendere la tv. E’ incredibile, invece di occuparsi dei problemi del Paese, il governo al gran completo pensa solo a dire che quel che tutti abbiamo visto e sentito non è vero e Berlusconi è vittima di una montatura». [Continua a leggere]

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Telespettatori sull’orlo di una crisi di nervi

postato il 23 Gennaio 2011

Da un po’ di tempo se cerco una notizia o una informazione o se cerco di farmi un’idea su un determinato argomento o su una certa vicenda non accendo più la tv, ma inizio immediatamente a navigare in rete. Non è solo il segno dei tempi e del dominio di internet, ma anche l’orrore per tutto quello che ci propina la nostra televisione. Non basterebbe probabilmente un libro per narrare del museo degli orrori del piccolo schermo, tuttavia è sufficiente considerare questi due aspetti, le notizie e gli approfondimenti, per capire che la tv è il luogo meno adatto per cercarle.

Se cercate una notizia e vi sintonizzate sul telegiornale sbagliato potrebbe accadervi di non sapere assolutamente nulla di fatti e misfatti riguardanti il Cavaliere dimezzato, ma in compenso vi potrete fare un’ampia cultura generale che spazierà dalle meduse-cubo a Charlie lo scimpanzé tabagista, potrete anche scegliere i vasetti per la pupù più alla moda per i vostri pargoli e infine potreste salvare anche la vostra vita seguendo l’intervista a qualche luminare della medicina che rivelerà che per difendervi dal freddo dovete coprirvi e non uscire di notte. Preciso che quelle che precedono non sono banali battute ma servizi realmente mandati in onda dal Tg1 rintracciabili tutti nella mitica rubrica Minzoparade.

Se con le notizie siete stati sfortunati, non pensate di approfondire con qualche talk show, perché sperimentereste la stessa frustrazione di Aldo Grasso nell’assistere a delle vere e proprie messe cantate dove non si approfondisce nulla e si accavallano le voci dei pretoriani del Premier e dei suoi oppositori. Non riesco neanche a capire perché nei vari “Annozero”, “Ballarò”, “Porta a Porta” e “l’ultima parola” bivacchi sempre la stessa combriccola di politici e giornalisti che si muovono come gladiatori ben addestrati a combattere per compiacere i loro padroni. E in questi giorni di fine impero l’arena diventa anche più divertente (o triste a seconda delle prospettive) se la gladiatrice Daniela Santanchè, evidentemente sotto pressione, si esibisce in una vera e propria crisi di nervi che le fa scambiare Zucconi con Zincone, Washington con New York, la fa imbestialire appena Concita De Gregorio o Marco Travaglio aprono bocca e infine abbandonare lo studio a tacchi levati. Un po’ la signora Garnero in Santanchè mi intenerisce: ce la fareste ad andare ogni giorno in Tv a sostenere cose impossibili tipo che la terra è piatta e che oltre lo stretto di Gibilterra si precipita nel vuoto?

Dall’altra non mi inteneriscono i signori conduttori, i sommi sacerdoti di queste messe cantate, per il servizio (?) che continuano ad offrire ai telespettatori: che cosa dovrebbero approfondire, che coscienza critica dovrebbero formarsi mentre va in scena l’ultimo battibecco da pollaio? E mentre notizie e approfondimenti in tv sono merce rara sale la preoccupazione per i telespettatori sull’orlo di una crisi di nervi. Chi li salverà? Una notizia, of course. Con tutto il rispetto per Charlie lo scimpanzé fumatore.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Colpo di stato di Fini? No, autogolpe di Berlusconi

postato il 23 Gennaio 2011

L’intervista al Tg2

Quello di Berlusconi è un autogolpe, basta con l’alterazione della realtà. Si è lamentato di un colpo di Stato di Fini ma è stato lui a cacciarlo dal Pdl, cerchiamo di non falsificare le cose.
Nessuno vuole che Berlusconi fugga, vogliamo solo che faccia il suo dovere: vada dai magistrati e spieghi davanti agli italiani se si occupa dei problemi loro o se è impegnato in tutt’altro.
Il nuovo polo è pronto, nei sondaggi è oltre il 15%. Il dato importante, comunque, è che sta crescendo il numero degli indecisi.

Pier Ferdinando

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Tunisia: rivoluzione popolare a poche miglia dall’Europa?

postato il 22 Gennaio 2011

Il 14 gennaio 2011, il giorno in cui il presidente tunisino Zine El Abidine Ben Ali, eletto poco più di un anno prima per la quinta volta consecutiva, qualcuno avrà pensato alla fine di un regime in piedi probabilmente dal 1956, anno di nascita della Tunisia indipendente. In realtà il piccolo stato dell’Africa settentrionale si trova ancora imbrigliato nelle vecchie spoglie di regime e la fuga del suo presidente non basterà certamente ad impedire l’esacerbarsi degli animi della popolazione; una popolazione prevalentemente giovane, stanca dell’immobilismo economico, della corruzione dilagante e delle continue limitazioni della libertà di espressione.

La fuga di Ben Ali in realtà non è stata sufficiente a calmare le proteste che reclamano anche le dimissioni dei ministri che facevano parte del vecchio regime: il 20 gennaio migliaia di manifestanti hanno chiesto a Tunisi le dimissioni del governo di transizione.

La “rivoluzione dei gelsomini”, così come è stata ribattezzata, affonda le sue radici nell’ultimo anno ma l’episodio che probabilmente ha innescato la miccia è stato il sequestro del bancone di frutta e verdura di un mercante ambulante, anch’egli un giovane laureato che non riusciva a trovare un posto di lavoro, e che si è dato fuoco in segno di protesta. A partire da quest’episodio la protesta si è allargata a macchia d’olio, fino a raggiungere la captale, Tunisi. La rivolta vede coinvolti diversi attori sociali: studenti, sindacati, mercanti e numerose donne si uniscono rivendicando i loro diritti sociali: cibo, lavoro, libertà etc…

Infatti,  nonostante il miglioramento del grado di istruzione dei giovani tunisini, le èlite al potere non sono riuscite ad adottare politiche soddisfacenti, tese a creare nuovi sbocchi occupazionali in grado di assorbire la forza lavoro locale, quantitativamente elevata e qualitativamente meglio istruita. Molti giovani decidono di espatriare, alla ricerca di nuove opportunità in terra straniera. Il suolo tunisino, al contrario dei suoi vicini (Algeria, Libia …) non è ricco di risorse energetiche pertanto risulterebbe difficile, in tempi di crisi economica, mantenere in piedi il sistema soprattutto grazie ai proventi di una rendita petrolifera.

Le esportazioni industriali si sono fortemente contratte, i turisti europei sono rimasti a casa loro e così anche gli investitori esteri. Risultato: ne ha sofferto l’occupazione e la crescita non assorbe, in media, più che la metà di una fascia d’età (con meno di 35 anni) in forte crescita, a fronte dei 2/3 della popolazione risucchiati dalla crisi. Ricordiamo che la Tunisia vive grazie alle esportazioni di prodotti agricoli e tessili ma soprattutto grazie al turismo.

Ma veniamo all’Europa, che ruolo svolge o ha giocato l’UE all’interno dei confini tunisini? E’ noto il sostegno europeo al governo tunisino, anche prima che scoppiasse la “rivoluzione dei gelsomini” il vecchio continente aveva ben pensato di stanziare una somma di 240 milioni di euro per la cooperazione tecnica tra la stessa UE e il paese africano. Neppure davanti alle forti restrizioni alla libertà d’espressione, alle carenze democratiche, all’imperante corruzione l’Europa hai mai staccato la spina al regime di Ben Ali, il quale contava invece sull’appoggio dei burocrati e dei ministri europei grazie al suo impegno a favore della lotta al terrorismo islamico, evidentemente la prima preoccupazione di Bruxelles, o comunque la conditio sine qua non per avviare dei negoziati o per stipulare accordi.

In tempi recenti o comunque prima che la Tunisia finisse nel caos, erano state varie associazioni a lanciare l’allarme chiedendo esplicitamente all’UE di cessare i negoziati per il partenariato strategico tra Bruxelles e Tunisi; una di queste è Résean Euro-Mediterranéan des droits de l’homme (Remdh).

Dicevamo dunque del sostegno europeo al regime pluri-decennale di Ben Ali; esso si basa sul tacito accordo sulla lotta al terrorismo. Gli islamisti esistono anche in Tunisia, sebbene la maggior parte di loro sia stata eliminata fisicamente dal regime nei passati decenni, mentre i leader sono fuggiti all’estero. La loro possibilità di successo tuttavia si scontra con un movimento molto laico, evidente soprattutto nella partecipazione delle donne alle manifestazioni.

Intanto le proteste non si sono placate nemmeno dopo la destituzione ufficiale del presidente Ben Ali da parte del consiglio costituzionale e la proclamazione di F.Mebazaa quale presidente ad interim. Come suggerisce un giovane blogger tunisino, è tempo di passare da una rivolta popolare ad una situazione che dia stabilità. In quest’ottica, una sola azione è da intraprendere: la costituzione di un collettivo di tunisini tra attori della società civile e di varie parti dell’opposizione al fine di dirigere l’azione della protesta tunisina … “fermiamo le nostre divisioni, mettiamoci insieme e facciamo arrivare alla nostra gente e al mondo una sola voce forte, potente e legittima, con un solo moto: lottiamo insieme fino alla fine di questo regime”.

In ultima analisi potremmo dire che tutta l’area mediterranea è interessata da rivolte e tumulti: la protesta dei tunisini è quella che probabilmente è riuscita ad alzare la voce con più veemenza, ma anche in Grecia, in Algeria, in Marocco, in Egitto, ed ora anche in Albania sembra che la tensione stia salendo sempre più vertiginosamente: venti e tempeste si stanno abbattendo sul Mediterraneo.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Shardana

Altri post di approfondimento li trovate su:

www.courrierinternational.com

www.aljazeera.net

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Il problema non sono i magistrati

postato il 22 Gennaio 2011

Ci sono stati tanti abusi nel corso degli anni da parte dei magistrati, ma il problema qui e oggi non e’ rappresentato dalla magistratura, ma riguarda il decoro, le modalita’, il modo in cui, chi e’ al governo, deve dare un segnale al Paese.
Mi domando perché il governo non abbia fatto una riforma della giustizia, così come tante altre cose. Mi domando dove sono il piano casa,  le ronde per la sicurezza e l’abolizione degli enti inutili.
Invece, i tagli lineari hanno colpito tutti, comprese le forze dell’ordine e i militari che mandiamo in Afghanistan.

Pier Ferdinando

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