La Camera, ieri, ha approvato la fiducia sul decreto del Federalismo fiscale: la “maggioranza” ha così corretto la bocciatura avvenuta nella Bicameralina e il Presidente del Consiglio Berlusconi ha ben pensato di festeggiare sventolando un fazzoletto verde. Durissimo il nostro leader, Pierferdinando Casini, che nel discorso alla Camera di ieri (ripreso interamente da Liberal), svela il “trucco” di questo federalismo: ne avremo solo molte più tasse (IMU e Tasse di soggiorno, per esempio), meno fondi ai Comuni e meno Unità d’Italia, riacutizzando i malcontenti di un Sud sempre più vessato e scontento. Rincara la dose, Casini: “se non è vero che state facendo il Federalismo fiscale, cosa state facendo allora? Semplicemente, state riparando i danni che avete provocato voi stessi con la politica dei tagli lineari”. Solo che qui, il rammendo è peggio del buco. Anche perché, non è certo aumentando le risorse solo al Nord, che ci salveremo: sarà solo un caso che – come ci spiega uno studio pubblicato su Il Sud e redatto dal Centro Einaudi – la Sicilia è la regione il cui PIL crescerà di più? Ma il Governo ha altri problemi, legati alla propria “sopravvivenza”: come, infatti, ci spiega Lopapa su La Repubblica, le tensioni sono legate al rimpasto tanto atteso e, come aggiunge Giornalettismo, se Saverio Romano dovesse diventare Ministro dell’Agricoltura, la Lega potrebbe anche pensare a staccare la spina.
Siamo stati gli unici a votare contro. Ci sono ragioni politiche e di merito che di inducono a dire no ancora una volta. Non possiamo fidarci politicamente della Lega, almeno finché non ci troveremo su alcune nozioni elementari: il Po non e’ un dio ma un fiume, la Padania non e’ uno Stato ma una regione, Roma non e’ ladrona ma la capitale del Paese. Non possiamo fidarci se la Lega rifiuta di festeggiare il 17 marzo, con la scusa della crisi, salvo poi il giorno dopo pretendere un altro giorno di festa per ricordare la battaglia di Legnano.
Se si vuole un federalismo che unisce, perché esaltare gli egoismi? Il federalismo fiscale in questo provvedimento non esiste, è solo un pasticcio che aumenterà le tasse a tutti i cittadini italiani. Non si vuole fare un vero federalismo ma solo vuole approvare uno spot della Lega.
Se non fosse un documento ufficiale l’atto di indirizzo sul pluralismo presentato dal Pdl in commissione di Vigilanza Rai farebbe ridere. Purtroppo il documento è vero e prevede, in maniera surreale, di alternare, di settimana in settimana, conduttori di talk show “con diversa formazione culturale”, mandandoli in onda nelle fasce migliori del palinsesto. La dose è rincarata dal senatore Alessio Butti, relatore di maggioranza, che presentando la bozza ha spiegato che occupare sempre le serate di martedì e il giovedì (il riferimento è chiaramente a Ballarò e ad Annozero ndr) “è diventata una rendita a vantaggio di alcuni conduttori”.
Le ironie sono state facili e subito si è parlato di “conduzione a targhe alterne”, tuttavia non credo che sia la solita boutade di fantasiosi esponenti del Pdl, ma ci troviamo di fronte ad una proposta che ha nella sua essenza ha qualcosa che non va. L’atto di indirizzo sul pluralismo porta in sé una deteriore concezione del giornalismo, dove il giornalista è ridotto a voce del padrone ed è chiamato a somministrare ai lettori o al pubblico televisivo le verità di comodo del potente di turno.
Diciamocelo chiaramente: “diversa formazione culturale” è un modo educato, anzi politicamente corretto, per indicare giornalisti faziosi che dovrebbero alternarsi sugli schermi televisivi per garantire un presunto pluralismo. Sì, presunto pluralismo, perché, non se ne dispiaccia il senatore Butti, quello proposto non è pluralismo ma solo una forma di lottizzazione degli spazi televisivi a cui non aveva pensato nemmeno la vorace Prima Repubblica.
Davanti a queste assurdità allora sorgono delle domande che forse tanto scontante non sono: è così difficile immaginare un servizio pubblico che sia veramente servizio alla gente e non servizio al Governo in carica? E’ così difficile pensare a dei giornalisti che fanno inchiesta, approfondimento e dibattito e non conducono le loro personali o padronali battaglie politiche su stampa e televisione? Come si può intuire non è questione di difendere Santoro o Floris, ma si stanno confrontando idee diverse di servizio pubblico e di giornalismo. Personalmente ricordo con piacere un noto insegnamento di Indro Montanelli, che era un tipo sicuramente di “formazione culturale diversa”, ad aspiranti giornalisti: “chi di voi vorrà fare il giornalista, si ricordi di scegliere il proprio padrone: il lettore”.
Adriano Frinchi
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postato il 1 Marzo 2011
Nuovo attentato in Afghanistan, con una bomba che uccide un alpino nostro connazionale. Onore e rispetto per chi sacrifica la propria vita, ma la domanda ritorna con forza: ha ancora senso restare? Berlusconi resta sul vago, visto che è impegnato ad attaccare con durezza il Quirinale, reo di bocciare le leggi che la maggioranza approva (ma non era nelle prerogative del Capo dello Stato?) e Casini attacca: vanificare oggi il sacrificio di tanti giovani, sarebbe una colpa imperdonabile. E ha ragione Europa, quando scrive che il nostro Premier parla come al “bar”, dimenticandosi del delicato ruolo istituzionale che riveste. Resta poi aperta la questione libica, con l’Italia ancora immersa nell’ambiguità: serve cautela sul Raìs, spiega il Cav, e La Stampa ci spiega che non è stata ancora presa una decisione sui beni libici in Italia. Ha ragione Antonio Polito, che trovate sul Corriere: nel 150° anniversario dell’Unità d’Italia, il nostro è sempre più un Paese di confine. Una frontiera.
Pubblicato da Pier Ferdinando Casini | su: Facebook
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