Archivio per Marzo 2011

Il limite di questa riforma della giustizia è il rinvio a leggi ordinarie

postato il 12 Marzo 2011

Così cambieranno ad ogni legislatura

Il limite di questa riforma costituzionale della giustizia e’ il continuo rinvio alle leggi ordinarie. Non mi interessano calcoli, tatticismi, meschinerie, mi interessa capire qual e’ il contenuto di questa riforma.
C’e’ il rischio che, ad ogni legislatura, la maggioranza di turno cambi le leggi ordinarie a cui rinvia il nuovo testo della Costituzione e questo sarebbe l’imbarbarimento finale del nostro rapporto tra politica e giustizia.
Se vogliamo sfasciare definitivamente il sistema giudiziario facciamo una bella cornice di nuove norme costituzionali rinviando a leggi ordinarie che ogni maggioranza che viene cambia a piacimento, dopodiché cambiamo l’Italia.

Pier Ferdinando

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La Costituzione non è un tabu’

postato il 12 Marzo 2011

L’importante e’ che non ci siano apprendisti stregoni, ma persone serie

La Costituzione e’ stata fatta bene, dobbiamo essere grati ai padri costituenti che ci hanno consegnato una Carta che ha resistito molto piu’ di tante leggi che dopo un mese sono gia’ superate.
Detto questo non e’ un tabù, puo’ essere migliorata. L’importante e’ che non ci siano apprendisti stregoni, ma persone serie che lavorino sull’ammodernamento costituzionale.
Quello che ci spaventa è il pressapochismo, la superficialità, l’insipienza, l’ignoranza con cui si vuole ritoccare la Costituzione. Ma di per se’ e’ possibile farlo. In tutti gli Stati ci sono lavori di ammodernamento costituzionale.

Pier Ferdinando

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Rassegna stampa, 12 marzo 2011

postato il 12 Marzo 2011
Casini rilancia la linea del Nuovo Polo sul tema della giustizia: sì al tavolo, ma con la giusta diffidenza, dice al Messaggero; la posizione del No preventivo è sbagliata, ma nessuno pensi che al dialogo segua una resa incondizionata alle pretese della maggioranza. Massimo Franco e Francesco Verderami, entrambi sul Corriere, spiegano come le opposizioni sappiano di non poter eludere la “sfida berlusconiana”, che può contribuire a definire il solco tra i riformisti veri e i giustizialisti impenitenti, che hanno tutto da guadagnare da una chiusura assoluta (leggete un ottimo Menichini sul Post): per dirla con il senatore Pd Ceccanti, guai a regalare alla maggioranza norme “autenticamente liberali”. Ritorniamo poi alla grande grana del rimpasto: Amedeo La Mattina, su La Stampa, ci racconta dell’inquietudine di Saverio Romano, che vede sfumare ogni giorno di più il suo posto da Ministro, e del ritorno dell’eterno Scajola, che minaccia di uscire dal Pdl (insieme a un consistente numero di deputati e senatori) e raggiungere il Terzo Polo, qualora non venga reintegrato in posizioni di comando (in quest’ottica, ci spiega De Angelis, sul Riformista, vanno letti gli incontri frequenti del ministro Scajola con lo stesso Casini). Infine, nelle piazze italiane, oggi si scende in piazza a difesa della Costituzione Italiana (leggete Marra sul Fatto e Ovadia sull’Unità).

La riforma della giustizia. Casini: «Al tavolo ma con diffidenza» (Sole24Ore)

Casini: staremo al tavolo, ma con la giusta diffidenza (Il Messaggero)

Giustizia, la prudenza di Fini e Casini: “Sì al confronto ma con diffidenza” (Francesco Bei, La Repubblica)

Pd e Udc sanno di non poter ignorare la sfida berlusconiana (Massimo Franco, Corriere della Sera)

L’opposizione tentata dalla riforma (Francesco Verderami, Corriere)

Ceccanti: “Lo status quo è indifendibile, ma guai a regalare alla maggioranza norme autenticamente liberali (Claudio Edel, Il Riformista)

Né con i magistrati né con Berlusconi (Stefano Menichini, Il Post)

Giustizia, adesso si riparte anche col processo breve (Il Messaggero)

Parte da Torino la sfida del Nuovo Polo (Angelo Picariello, Avvenire)

Casini, Fini e Rutelli per il lancio di Musy (Marco Trabucco, La Repubblica di Torino)

L’Udc si confronta con le associazioni. Bonanni: «Peccato di eccesso di delega» (Avvenire)

Romano e Scajola, gli ostacoli sulla strada del rimpasto (Amedeo La Mattina, La Stampa)

Scajola sta preparando un grupo interno al Pdl (Fabrizio de Feo, Il Giornale)

Scajola si butta nel rimpasto (Alessandro De Angelis, Il Riformista)

Perché il Cavaliere fa gli occhi dolci a Casini (Marco Bertoncini, ItaliaOggi)

Pasquino a Ranieri: “Porte aperte a laici e cattolici” (Il Mattino)

La Costituzione è viva. Ecco l’Italia che la difende (Wanda Marra, Il Fatto Quotidiano)

Demolitori di Democrazia (Moni Ovadia, L’Unità)

Così la Bei avvierà il Piano Marshall Ue per il nord Africa (Stefano Cingolani, Il Foglio)

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Rassegna stampa, 11 marzo ’11

postato il 11 Marzo 2011
Il tema della giustizia domina la nostra rassegna stampa di oggi. Il Governo avanza deciso (a detta del Giornale, è arrivata la “rivoluzione” attesa da 17 anni): separazione delle carriere e due Csm distinti saranno i punti chiave di questa riforma. Sul Messaggero, Paolo Pombeni si concentra sulla necessità di uscire dalla logica dello scontro tra pregiudizi (e loda le cautele aperture del Nuovo Polo), mentre Luigi La Spina sulla Stampa scrive di “rivincita della politica sulla magistratura”, e Pigi Battista fissa alcuni “punti fermi” sul Corriere. Roberto Rao, intervistato da Avvenire e Vanity Fair, spiega la posizione dell’Udc e del nostro Polo: sì al dialogo, ma basta leggi ad personam; anche perché il vero tema da affrontare è la giustizia civile (e magari non dimenticare il vicino Gheddaffi).

Casini: “La Lega dice no al 150° e poi fa la festa a Legnano” (Avvenire)

Casini: “E’ ora che la classe dirigente si svegli, il Paese rischia” (Liberal)

Rao: “Siamo pronti a discuterne, però basta leggi ad personam” (Paolo Viana, Avvenire)

Rao: “Esilio in Italia? A Gheddaffi andrebbe di lusso” (Marco Palombi, Vanity Fair)

Giustizia: due Csm e carriere separate (Daniele Maritano, Corriere)

Dubbi nel terzo polo, ma sì al confronto (Corriere)

“Diversi dal Pd”. Il Nuovo Polo va a vedere (Alberto Gentili, Il Messaggero)

Parte la campagna per il 2013: “Noi veri riformisti, Pd vecchio” (Amedeo La Mattina, La Stampa)

Onorevole Voltaggabana (Francesca Schianchi, L’Espresso)

La sfida di uscire dal girone infernale (Paolo Pombeni, Il Messaggero)

La rivincita della politica sui giudici (Luigi La Spina, La Stampa)

Arriva la rivoluzione attesa da 17 anni (Massimiliano Scaffi, Il Giornale)

Alcuni punti fermi (Pierluigi Battista, Corriere)

Il premier ottimista: “avremo 330 deputati”. Rimpasto congelato (Corriere)

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Le lezioni dimenticate della crisi economica

postato il 11 Marzo 2011

Lorenzo Bini Smaghi, membro del Comitato esecutivo della BCE, ha illustrato un paio di giorni fa il motivo per il quale occorre che i tassi di interesse crescano e le lezioni che questa crisi ha impartito.

Sinceramente, con tutto il rispetto per il dott. Bini Smaghi, non sono pienamente convinto di quanto da lui sostenuto.

La lezione impartita da questa crisi è la stessa delle altre crisi precedenti che è stata prontamente dimenticata: pensiamo alla crisi seguita alla bolla dei titoli Internet o alla crisi delle tigri asiatiche (1998), e potrei continuare con altri esempi. Le crisi ci sono sempre state e hanno sempre avuto dei tratti in comune, come hanno affermato illustri studiosi tra cui Galbraith: né le regolamentazioni, né le conoscenze economiche sono sufficienti a proteggere individui e istituzioni finanziarie dai ritorni di euforia, che conducono regolarmente a straordinari incrementi di valori e di ricchezza, alla foga per parteciparvi, che spinge verso l’alto i corsi, e poi al crollo, con i suoi postumi tetri e dolorosi.

E a nulla valgono gli avvertimenti perché durante l’euforia si viene irrisi e tacciati di volere danneggiare le persone, come accadde, giusto per fare un esempio famoso, a Paul Warburg che aveva messo in guardia tutti dalla “sfrenata speculazione” e disse che, se ciò fosse continuato, ci sarebbe stato un crollo disastroso. Le reazioni furono violente, e lo hanno accusato di volere “mettere a repentaglio la prosperità della società”. Anche Babson, economista e statista, predisse un crollo dando ragione a Warburg. Anche lui fu accusato dai suoi colleghi, di volere remare contro la società. Poi i fatti hanno dato ragione a queste due persone. Era il 1929 e, per inciso, Warburg era il fondatore della Federal Reserve americana.

Frasi e situazioni similari si troveranno sempre, basta che si studi la storia economica e le crisi finanziarie con mentalità aperta. Dopo ogni crisi si parla di lezioni imparate, di errori che non si devono ripetere, ma poi, passa il tempo, e la memoria storica delle crisi finanziarie sbiadisce, facendo ricominciare tutto.

Per questo dubito, quando Bini Smaghi parla di “lezioni imparate dalla crisi”.

Non sono neanche d’accordo quando parla della opportunità di un aumento dei tassi di interesse che, secondo lui, dovrebbe avvenire a breve.

Perché non sono d’accordo?

Perché secondo me è ancora presto e perché la BCE dovrebbe prima risolvere alcuni problemi e contraddizioni che accompagnano la sua nascita.

Cerco di spiegarmi meglio.

Mentre la Federal Reserve ha, tra i vari compiti, quello di agevolare e difendere la crescita economica, quindi mettendo la lotta all’inflazione in subordine a questo scopo (anzi la lotta all’inflazione diventa solo uno strumento per difendere la crescita economica), la BCE è nata con un unico scopo, la lotta all’inflazione. Proprio per questo motivo appena l’inflazione inizia a rialzare la testa, la BCE interviene immediatamente, perché non può fare diversamente, essendo il suo unico scopo (e quindi la crescita economica passa in secondo piano).

Quindi in ultima analisi abbiamo che le due banche centrali operano con filosofie diverse: la BCE contrasta in tutti i modi l’inflazione agendo sulle leve dei tassi; mentre quella americana usa le leve di comando per stimolare ogni situazione che possa dare slancio all’economia.

A mio avviso guardare solo all’inflazione rischia di mettere a serio rischio la crescita economica, come ha sostenuto Geithner, Segretario al Tesoro degli USA, che dopo un incontro con il ministro delle finanze tedesco, ha invitato l’Unione Europea a trovare un giusto equilibrio tra risanamento del debito e sostegno finanziario, bacchettando implicitamente l’eccessivo rigore a contenere l’inflazione senza intervenire efficacemente sui problemi dei singoli stati.

E proprio questo è il punto: l’Europa ha lasciato ai singoli stati membri l’organizzazione e la risoluzione dei problemi fiscali, ritenendoli un problema esclusivamente interno si trova adesso nella scomoda posizione di non poter definire univocamente i criteri di azione per scongiurare nuove crisi dei debiti sovrani (per intenderci le crisi che hanno colpito Grecia e Irlanda), ma limitarsi a costituire semplicemente un “fondo comune salva stati” che, anche se dotato di 750 miliardi di euro, non potrebbe mai reggere l’urto del mercato che ragiona su ben altre cifre.

Sarebbe stata più adeguata una maggiore coesione e collaborazione, anziché ogni volta mediare posizioni intransigenti come quella tedesca, olandese e austriaca, che grossi problemi di debito non ne hanno, con stati più sensibili ai problemi debitori, maggiormente a rischio di nuove crisi.

E qui veniamo alla mia obiezione principale: alzare i tassi in Europa è, al momento, prematuro.

L’inflazione ha due cause: una endogena e una esogena. Quella endogena, ovvero interna allo stesso sistema, è legata alla crescita economica: maggiore è la crescita economica, maggiore è l’inflazione.

Quella esogena, ovvero esterna al sistema in oggetto (nel nostro caso l’Europa), dipende dai beni importati, principalmente dalle materie prime. E’ indubbio, e lo riconosce lo stesso Bini Smaghi, che attualmente la nostra inflazione è guidata da cause esogene. Può il taglio dei tassi di interesse intervenire su cause esterne? Assolutamente no, perché le banche centrali non riescono più a intervenire sulla dinamica dei prezzi delle materie prime, perché la rimappatura dell’economia mondiale ha dato spazio a nuovi player, peraltro aggressivi, come i paesi emergenti e totalmente fuori controllo da parte della BCE e della FED.
E’ illusorio pensare che i prezzi delle materie prime come petrolio e rame saranno fatti nei prossimi anni da operatori europei e americani, quindi, per quanto riguarda la BCE, è inefficace attuare politiche monetarie restrittive non tenendo conto che l’inflazione è maggiormente importata dalla pressione delle materie prime, che salgono per una maggior richiesta di paesi fuori dall’Unione e che consumeranno sempre di più in funzione di un PIL che cresce da anni a cifra doppia. E questo si vede su tutte le materie prime, anche sugli alimentari.

Aumentare i tassi di interesse, quindi, avrà come risultato quello di raffreddare la crescita economica europea, che lo stesso Bini Smaghi, ha definito ancora incerta, senza riuscire ad intaccare le cause esogene dell’inflazione. Per altro, in questo momento, a causa delle tensioni nel Medio Oriente e in Africa, vi è stato un grosso aumento del prezzo del petrolio e di alcune commodities, che ovviamente genera un aumento del’inflazione, ma, quando queste tensioni spariranno, anche la tensione inflattiva sul petrolio verrà a mancare, determinando quindi un ribasso o quanto meno un calmieramento dell’inflazione.

Aumentare adesso i tassi di interesse rischia di essere un enorme danno per l’Europa: aumenterà i costi per i paesi fortemente indebitati (tra cui Italia e Spagna), generando nuove tensioni sui mercati obbligazionari e valutari, strozzerà le imprese che si troveranno strette tra un aumento dei tassi di interesse (che significa maggiori costi per i finanziamenti) e le tensioni inflattive che non saranno scalfite dalle decisioni della BCE.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

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La dura vita di una piccola imprenditrice

postato il 11 Marzo 2011

Vivo a Casalgrande in provincia di Reggio Emilia, ho una PMI a conduzione familiare e da 5 anni ho anche dei dipendenti. Ho iniziato la mia attività con tanto sudore e sacrificio, lavorando 7 giorni su 7, e posso dire che fino a 3 anni fa si lavorava e si riusciva a stipendiarci decentemente per poter portare avanti l’attività.

Poi il mondo mi è caduto addosso, nel senso che il lavoro non manca, ma la politica e le banche ci hanno tagliato le gambe. Da un lato le tasse non fanno che aumentare, dall’altro le banche non aiutano, anzi rendono dura la vita di un piccolo imprenditore: non danno nessun aiuto creditizio, fidi eliminati, rientri in conto corrente in meno di 24 ore, e chi più ne ha più ne metta.
I dipendenti vanno pagati, hanno famiglie da mantenere; i fornitori vanno pagati, altrimenti la materia prima non ce la consegnano e noi non riusciamo a lavorare, ma noi, come piccoli imprenditori, siamo arrivati al fondo del barile!

Ho capito principalmente che il Governo vuole abbattere le PMI e mantenere le grandi aziende, ma questo stesso Governo non capisce che sono le PMI che mandano avanti l’Italia e che arricchiscono le banche. Il Signor Tremonti, il Signor Berlusconi, hanno dichiarato che le banche avevano avuto i loro crediti per sostenere le PMI.

Ebbene io dico: VERGOGNA! Tutte parole spese all’aria, tutte falsità, provate andare in banca e chiedere se realmente quello che hanno dichiarato è realtà…… solo bugie. Personalmente sono stanca di sentire solo i casi di Berlusconi e della sua cricca e spero che tutti gli italiani si sveglino. Lui è un imprenditore e tira l’acqua al suo mulino, non può governare l’italia in questo sistema, prima toglie le tasse e poi le rimette raddoppiate.
E noi Italiani? Ebbene io vedo attorno a me tanti Italiani che hanno paura di parlare, che si svegliano al mattino con la paura di iniziare la giornata, la gente è triste, sfiduciatia, le famiglie non arrivano più alla fine del mese, le famiglie vendono la casa, perché
temono il minimo imprevisto (una malattia, un guasto alla macchina). Spero vivamente e con tutto il cuore che le PMI, i dipendenti, anzi tutti gli italiani percepiscano bene quello che sto scrivendo e che inizino a combattere per le nostre idee, ma soprattutto che i nostri Governanti, governino e non stiano solo a parlare.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Cristina Meglioli

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Centocinquanta anni di Italia. L’unità da compiere

postato il 11 Marzo 2011

L’intervento al convegno promosso dalla ‘Fondazione Liberal’

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Inquietanti le parole di Berlusconi su Tangentopoli

postato il 10 Marzo 2011

Unita' ItaliaLa Costituzione non è un tabù, può essere rivista e modificata. Certo che è inquietante sentire Berlusconi che dice che con questa riforma della giustizia Tangentopoli non ci sarebbe stata. Che cosa vuol dire? Che non ci sarebbero stati i ladri o che non sarebbero stati scoperti?

Pier Ferdinando

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Rassegna stampa, 10 marzo ’11

postato il 10 Marzo 2011
Il delicato tema della giustizia domina la nostra rassegna stampa: apre l’editoriale di Massimo Franco, che sul Corriere ci spiega come proprio intorno “all’epocale riforma” (Berlusconi dixit), si giocano i destini e gli equilibri futuri; il Nuovo Polo – come spiegano diffusamente i quotidiani di oggi – ha scelto una posizione di aperta cautela: riformare la giustizia è fondamentale, ma non saremo mai complici di un massacro “ad personam” (a questo proposito, leggete l’intervista a Roberto Rao, che punta l’obiettivo sulla giustizia civile). Alfredo Mantovano, Pdl, sul Giornale, attacca l’Anm (definito un “partito d’opposizione”) e difende la proposta, che giura, “sarà a costo zero”: è proprio così? Non proprio, come puntualizza Fabio Chiusi, su Lettera43: il costo totale dell’operazione, potrebbe ammontare a quota 40 milioni di euro (bazzecole!). Salvatore Dama, su Libero, introduce poi un interessante aspetto della questione, l’ennesima “grana” dei Responsabili: nel gruppone dei nostri cari amici, infatti, sono esplose rivalità e invidie e il rimpasto di governo appare sempre più lontano; il Tempo si spinge oltre e sposa quello che noi sosteniamo da tempo: i Responsabili sono solo degli Irresponsabili doc. Ahi, mal di poltrona!

Un inizio tormentanto per una riforma-crocevia dei prossimi equilibri (Massimo Franco, Corriere)

Rao: “Ma la vera urgenza è ridurre i tempi del processo civile” (Francesco Ghidetti, QN)

Giustizia, quanto mi costi (Fabio Chiusi, Lettera43.it)

Una mano (sporca) lava l’altra (Marco Travaglio, Il Fatto)

Oggi consultazione tra Fli e centristi (Libero)

Nuova grana. Per dire sì ad Alfano, i responsabili alzano il prezzo (Salvatore Dama, Libero)

Mantovano: “L’Anm? E’ un partito di opposizione” (Anna Maria Greco, Il Giornale)

Il terzo polo sceglie una cautela tattica (Lina Palmerini, Sole24Ore)

Il Pd boccia il testo. Il Terzo Polo resta prudente (Mario Stanganelli, Il Messaggero)

Il mal di poltrona colpisce i Responsabili (Alberto Gentili, Il Messaggero)

Governo, la rivolta dei “responsabili”. Maggioranza sconfitta sugli alpini (Carmelo Lopapa, La Repubblica)

Gli Irresponsabili. Il gruppo scoppia e la Polidori protesta (Fabrizio dell’Orefice, Il Tempo)

Dat, la legge va avanti. Il voto ad aprile (Pier Luigi Fornari, Avvenire)

Csm, nessuna incompatibilità per Vietti (La Repubblica)

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La paura della verità che viene detta ridendo

postato il 10 Marzo 2011

Ogni martedì la trasmissione di Giovanni Floris “Ballarò” è aperta da Maurizio Crozza che con la sua satira pungente commenta l’attualità politica e puntualmente, mentre Crozza fa il suo monologo, la telecamere indugia sugli ospiti colpiti dalle sue battute. Tra questi si distinguono i rappresentanti della maggioranza, di volta in volta i vari Bondi, Ravetto, Cicchitto e Brambilla che non ridono e anzi guardano in cagnesco il comico genovese in attesa di chiedere a Floris di poter replicare alle battute. In tutto il mondo ci sono spettacoli di satira, ma da nessuna parte del globo ho visto politici chiedere di poter replicare alle battute. Anche perché mi sono sempre chiesto: ma come si replica ad una battuta? Forse facendone una più bella? Raccontando una barzelletta?

Purtroppo, a parte il Presidente del Consiglio, non mi pare di vedere in giro grandi barzellettieri e quindi quell’aria seriosa e di sufficienza davanti alle battute del comico di turno mi sembra davvero ridicola e indice di scarsa intelligenza. Fortunatamente c’è anche chi come Pier Ferdinando Casini che pubblica sulla sua pagina Facebook una puntata del programma satirico “gli Sgommati” dove bonariamente viene preso in giro da un pupazzo di gommapiuma che ne riproduce le fattezze. Il leader dell’Udc si colloca in una consolidata tradizione italiana di politici amanti della satira: Giovanni Spadolini ad esempio non si arrabbiò mai con Giorgio Forattini che lo disegnava pachidermico e nudo, così come Amintore Fanfani per l’imitazione di Alighiero Noschese, e Giulio Andreotti andava addirittura al Teatro Margherita a godersi la sua imitazione fatta da Oreste Lionello. Saper ridere di sé non è solo una grande qualità umana, ma è anche un antidoto efficace contro i deliri di onnipotenza, al contrario, la serietà ostentata davanti ai lazzi dei comici, gli “editti bulgari” per combattere le barzellette e le querele per le vignette satiriche non sono solo riconducibili ad una pochezza intellettuale e culturale e ad una forma di violenza, ma sono anche il sintomo di una paura: la paura della verità che viene detta ridendo.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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