I fondi sequestrati alla mafia vadano allo sviluppo territoriale
postato il 10 Luglio 2011Il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa nella sua ultima intervista, rilasciata nell’agosto 1982 a Giorgio Bocca per la Repubblica, sottolineava che “la mafia non è soltanto una questione criminale fine a se stessa, ma anche economica e sociale”, così dicendo pose le premesse di una lotta alla mafia che colpisse anche gli interessi economici e le ricchezze accumulate con i traffici illegali. Da allora tanto si è fatto e grazie ad una legislazione ad hoc e al lavoro congiunto della magistratura e delle forze dell’ordine si è potuto colpire ripetutamente gli interessi economici mafiosi e, soprattutto, è iniziata una preziosa opera di confisca e reimpiego di beni e di denaro sottratti alla criminalità. Le somme di denaro e dei proventi derivanti dai beni confiscati attualmente affluiscono al Fondo Unico Giustizia, che va distinto dal Fondo Unico di Amministrazione, ed è disciplinato dall’art.61, commi 23 e 24, del D.L. 25.6.2008 n. 112 (convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, L. 6 agosto 2008 n. 133) e dall’art. 2 del D.L. 16 settembre 2008 n. 143 (convertito don modificazioni, dalla legge 13 novembre 2008, n. 181). Nel Fondo Unico Giustizia arrivano le somme sequestrate nell’ambito di procedimenti penali o per l’applicazione di misure di prevenzione (ordinarie o antimafia) o di irrogazione di sanzioni amministrative ed i proventi derivanti dai beni confiscati nell’ambito di procedimenti penali, amministrativi o per l’applicazione di misure di prevenzione.
L’art. 2 del D.L. 16 settembre 2008 n. 143, convertito in legge con modifiche il 5.11.2008, ha ampliato il contenuto del Fondo in quanto ha stabilito che in esso confluiscono anche:
- le somme di denaro ovvero i proventi relativi a titoli al portatore, a quelli emessi o garantiti dallo Stato anche se non al portatore, ai valori di bollo, ai crediti pecuniari, ai conti correnti, ai conti di deposito titoli, ai libretti di deposito e ad ogni altra attività finanziaria a contenuto monetario o patrimoniale oggetto di provvedimento di sequestro nell’ambito dei procedimenti penali o per l’applicazione di misure di prevenzione o di irrogazione di sanzioni amministrative;
- le somme di denaro ovvero i proventi depositati presso Poste Italiane S.p.A., banche e altri operatori finanziari, in relazione a procedimenti civili di cognizione, esecutivi o speciali, non riscossi o non reclamati dagli aventi diritto entro cinque anni dalla data in cui il procedimento si è estinto o è stato comunque definito o è divenuta definitiva l’ordinanza di assegnazione, di distribuzione o di approvazione del progetto di distribuzione ovvero, in caso di opposizione, dal passaggio in giudicato della sentenza che definisce la controversia.
La gestione del Fondo Unico Giustizia è affidata ad Equitalia Giustizia S.p.A.ed ha la finalità di finanziare: a) il Ministero dell’Interno per le attività di tutela della sicurezza pubblica e del soccorso pubblico; b) il Ministero della Giustizia per il funzionamento ed il potenziamento degli uffici giudiziari e degli altri servizi istituzionali; c) il bilancio dello Stato. In particolare il testo emendato dell’art.2 del DL143/08 specifica che le risorse del Fondo unico Giustizia, anche frutto di utili della loro gestione finanziaria, vanno destinate in misura non inferiore ad un terzo al Ministero dell’Interno ed in misura non inferiore ad un terzo al Ministero della Giustizia. Le quote di assegnazione saranno indicate ogni anno con DPCM, di concerto con i Ministri dell’interno e della Giustizia. E’ facile comprendere l’entità delle somme che confluiscono nel Fondo Unico Giustizia, basti pensare che, su oltre 600.000 libretti di risparmio postali aperti per ragioni di giustizia, sono attualmente depositati presso le Poste SPA più di un miliardo e seicentomila euro. Il fatto che queste risorse vengano reimpiegate nel comparto giustizia, e dunque servano in parte a rendere sempre più efficace la lotta contro la criminalità organizzata, è sicuramente una cosa lodevole, ma considerata l’entità delle somme sequestrate e dei proventi derivati dai beni confiscati sarebbe auspicabile che queste venissero impiegate anche per sostenere lo sviluppo economico delle comunità locali e dei territori danneggiati dalle mafie. I loschi affari della criminalità organizzata, oltre che a finanziare attività illecite di ogni tipo, danneggiano seriamente le economie locali che bloccate dal cancro mafioso non crescono con evidenti nefaste conseguenze per il territorio e i cittadini.
Da una terra come la Sicilia, che quotidianamente conta i danni economici provocati dalla Mafia, arriva una proposta in questo senso di cui si fatta promotrice l’onorevole Giulia Adamo, capogruppo dell’Udc all’Assemblea regionale siciliana, che ha presentato uno schema di progetto di legge da proporre al Parlamento della Repubblica concernente la destinazione delle somme e dei proventi affluiti nel Fondo Unico Giustizia. Il disegno di legge voto nn. 508-527, approvato dal Parlamento siciliano il 14 aprile 2010, prevede che nel rispetto dei principi del federalismo fiscale il denaro e i proventi dei beni confiscati, affluiti nel Fondo unico giustizia, siano destinati allo sviluppo economico delle comunità locali e dei territori danneggiati dalla criminalità organizzata, con una specifica attenzione per il miglioramento delle infrastrutture, per il sostegno alle forze dell’ordine e per tutti gli altri interventi previsti dalla normativa regionale per il contrasto alla criminalità organizzata (Legge regionale n.15 del 20/11/2008). Qualcuno, specie dalle parti della sede leghista di via Bellerio, potrebbe storcere il naso davanti alla proposta dell’onorevole Adamo, pensando all’ennesima occasione di spreco alla siciliana, eppure il progetto di legge della deputata centrista ha dei contorni ben precisi che non solo mettono in pratica, in maniera corretta, i principi del federalismo fiscale ma stabiliscono un prezioso criterio di giustizia per cui le terre penalizzate e depredate dal fenomeno mafioso sono risarcite con infrastrutture, investimenti, caserme e scuole. Non si tratta dunque di togliere fondi al ministero della giustizia o a quello dell’interno, ma la destinazione di queste risorse alle comunità locali afflitte dal fenomeno mafioso risponde ad una logica di lotta alla criminalità che non è fatta esclusivamente dell’azione della magistratura e delle forze dell’ordine ma anche dall’azione di promozione sociale ed economica nella convinzione che la lotta alle mafie si fa anche con una economia libera, con infrastrutture decenti, con case, scuole ed ospedali.
“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi