postato il 6 Luglio 2011
Berlusconi afferma che con questa finanziaria il Governo non mette le mani nelle tasche degli italiani e ha ragione: perché il governo dovrebbe sporcarsi le mani a “scippare” gli italiani se può comodamente incaricare altri? Il trucco è semplice: si dichiara che lo Stato chiede di meno o non chiede affatto, ma poi prende i soldi o effettua tagli, in modo che siano altri soggetti a prelevare dagli italiani. Il risultato? Che Berlusconi potrà dire che se le tasse aumentano o i soldi degli italaini diminuiscono, non è colpa sua.
Caro Presidente, forse non lo sa, ma l’Italia non è abitata da fessi o “boccaloni”, ma da gente che è capacissima di ragionare. A tal proposito diamo uno sguardo a questa “bella” finanziaria munendoci di una calcolatrice (anche quella del cellulare va bene, o anche carta e penna). Iniziamo da un piccolo provvedimento “sganciato” dalla finanziaria: la settimana scorsa hanno aumentato le accise sulla benzina di complessivi 6 centesimi al netto di iva. Quindi, in auto, si spendono 6 centesimi (più iva) per ogni litro di benzina. Quanto incassa in più lo Stato? Nel 2010 sono stati venduti circa 30 miliardi di litri di benzina; se moltiplichiamo questo quantitativo di benzina per i famosi 6 centesimi (più iva) otteniamo circa 2 miliardi di euro in più l’anno. Quindi con questo provvedimento otteniamo tre risultati: lo Stato aumenta i suoi incassi per il 2011 di circa 1 miliardo di euro, e dal 2012 di ben due miliardi di euro; otteniamo che aumenta l’inflazione diretta e indiretta (il costo della benzina è conteggiato nei panieri istat per l’inflazione e incide sui costi finali dei trasporti di merci) che è vista come il fumo negli occhi dalle autorità europee; e terzo risultato, il cittadino spende di più. Certo, formalmente il di più, noi lo paghiamo alla pompa di benzina, ma questi soldi in più vanno tutti allo Stato; quindi chi è il responsabile dell’aumento? Ovviamente il Governo che aumenta le accise.
E cosa dire della tassazione, anzi della patrimoniale, che lo Stato impone sui risparmi? Tra il 2011 e il 2014, l’aumento dell’imposta di bollo sui conti titoli porterà alle casse dello Stato, circa 8 miliardi di euro aggiuntivi, che saranno pagati dai cittadini. Questo lo dice lo stesso Governo, come si desume dalla bozza della relazione tecnica alla manovra da 47 miliardi, ancora sotto esame del Quirinale che dice testualmente: “L’incremento dell’imposta di bollo a 120 euro per gli anni 2011 e 2012 e a 150 euro per i depositi sotto i 50.000 euro (380 euro per i depositi con valore superiore a 50.000 euro) a decorrere dall’anno 2013, determina un incremento di gettito su base annua di circa 892 milioni di euro annui per i primi due anni e di circa 2.400 milioni di euro per gli anni a partire dal 2013”.
Se adesso facciamo due conti e ipotizziamo un pensionato che ha 25.000 euro investiti, supponiamo in un BTP, abbiamo che a fine anno con un tasso di interesse del 3% ottiene 750 euro lordi (da inserire nell’IRPEF), e pagherà 120 euro di bollo, con il risultato di un guadagno di circa 630 euro lordi. Se consideriamo imposte varie, il “guadagno” decresce ulteriormente. E non è che le cose cambino molto se consideriamo un investimento in azioni o in fondi di investimento. Nel tempo, la nuova imposta di bollo dovrebbe produrre 721 milioni nel 2011, 1,3157 miliardi nel 2012, 3,5813 miliardi nel 2013 e 2,4 miliardi a partire dal 2014.
Altro punto critico è l’aumento dell’IRAP per banche e assicurazioni che rischiano di rivalersi poi sui clienti: l’aumento dell’Irap dal 3,9% al 5,9% per le compagnie assicurative “va oltre la logica della partecipazione e dei sacrifici comuni” afferma Fabio Cerchiai, presidente dell’Ania (Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici), all’assemblea annuale dell’associazione, il quale spera nel corso della valutazione della manovra, questo provvedimento venga rivisto, in quanto “fuorviante e incoerente con il rilancio”.
E le stesse cose sono affermate anche dal presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, che addirittura ha usato il termine “punto di non ritorno” per quanto riguarda l’imposizione fiscale, soprattutto se si considera che le banche e le assicurazioni italiane hanno ampiamente superato gli stress test degli enti governativi, ma il provvedimento dello Stato rischia di mettere sotto pressione la tenuta dei conti degli istituti italiani.
E a tal proposito, nel corso dell’assemblea nazionale dell’ANIA è emerso che è davvero interesse generale promuovere il risparmio di lungo termine, in qualunque forma esso sia investito, purtroppo tutto ciò non è stato minimamente previsto dal governo: la manovra si è dimostrata poco lungimirante perché preleva solamente e fa poco per lo sviluppo.
Mi si consenta un’ultima notazione: in questi giorni si parla di una “norma salva Fininvest”, almeno secondo l’opposizione. Mentre per il governo si tratta di una norma che tutela tutte le aziende italiane. In sostanza, vi è un procedimenti giudiziaro tra Finivest e la CIR di De Benedetti, durante il quale Finivest è stata condannata a pagare circa 700 milioni di euro. Ovviamente Fininvest ha subito presentato ricorso, ma l’attuale normativa stabilisce che «il ricorso per Cassazione non sospende l’esecutività della sentenza» di secondo grado, lasciando tuttavia al giudice la facoltà di disporre «che l’esecuzione sia sospesa o che sia presentata congrua cauzione». Con la modifica viene meno il potere discrezionale del giudice per le condanne superiori a 20 milioni di euro, imponendogli di disporre la sospensione dell’esecuzione della sentenza d’appello se la parte ricorrente «presta idonea cauzione».
Per l’opposizione è una norma che salva l’azienda del Premier, mentre per il governo è una norma che tutela tutte le aziende. Ebbene, la mia osservazione è questa: se davvero questa norma non è stata studiata per favorire Fininvest, allora il Premier o chi per ora dirige l’azienda, faccia la scelta coraggiosa di non avvalersi di tale norma. Questa scelta meriterebbe il plauso di ognuno e fugherebbe tutti i sospetti.
Ma il Premier, avrà un simile coraggio?
“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati