Archivio per Agosto 2011

Un anno senza Cossiga

postato il 17 Agosto 2011

Esattamente un anno fa Francesco Cossiga si spegneva al Policlinico Gemelli di Roma in una calda giornata agostana. A distanza di un anno in pochi hanno sentito la necessità di ricordare questo politico di rara intelligenza e di grandi doti umane e politiche, forse perché Cossiga rimane un personaggio scomodo avendo egli avuto la rara qualità di dire e di fare sempre quello che pensava e sentiva. Prezioso il ricordo di Enzo Carra che si chiede cosa avrebbe detto oggi Cossiga, davanti alla crisi economica e soprattutto alla manifesta incapacità politica di coloro che in situazioni difficili scelgono di non scegliere. Cossiga visse momenti ben più difficili e dolorosi di quello che noi stiamo vivendo e ricordava che i suoi capelli bianchi e le macchie sulla pelle erano dovuti proprio a questi travagli del Paese che diventarono i suoi personali, eppure egli seppe sempre scegliere, seppe prendersi le sue responsabilità fino alle estreme conseguenze. Francesco Cossiga concepiva la politica come l’arte di saper prendere delle scelte ma considerava anche doveroso essere responsabili di queste scelte. Ricordare oggi Cossiga significa invitare la classe politica tutta, in specie quella che ha compiti di governo, a saper fare delle scelte e a sapersi assumere la responsabilità di queste avendo come unico criterio il bene del Paese e la salvaguardia della Repubblica.

Adriano Frinchi

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Forse di cultura non si vive, ma senza si è già morti

postato il 16 Agosto 2011

“Qualcuno spieghi al governo che l’Accademia della Crusca non è una scuola professionale per mugnai” .

Questi e altri sono i messaggi di sdegno, a volte sarcastici, sono rimbalzati in questi giorni su twitter. Si, perché in una placida serata agostana di falò sulle spiagge, accordi di chitarre e barbecue si è levata anche piano piano la voce di malessere di un’importante accademia italiana. Non un’istituzione qualunque, ma il baluardo della lingua italiana nel mondo. Tutto a causa di un paragrafo della recente manovra finanziaria che ordina, senza alcuna discriminazione, la chiusura di tutti gli enti e le fondazioni culturali con meno di 70 dipendenti. Una manovra scritta dallo stesso ministro che nell’ottobre 2010, in vista dei pesanti tagli alla cultura, aveva pontificato :” Di cultura non si vive. Adesso vado alla buvette a farmi un bel panino alla cultura e inizio dalla Divina Commedia”. Parole saccenti e arroganti non degne di rivolgersi alla cultura italiana.

L’Accademia della Crusca nasce a Firenze 428 anni fa, nel 1583, grazie ad alcuni rinomati filologi dell’epoca che chiedevano maggiore indipendenza dall’Accademia Fiorentina del potente Cosimo de’ Medici. Fu Lionello Salviati a darle il nome scegliendo la simbologia della farina con l’intento di studiare e separare il fior di farina (la buona lingua) dalla volgare crusca. Furono loro a stampare nel 1612 il primo vocabolario della lingua italiana, un’inestimabile testimonianza della lingua fiorentina trecentesca e un modello lessicografico considerato e stimato da tutte le altre accademie europee. Ma questa storia illustre non basta a salvarla dalle fauci affamate del “pecunia non olet”, i soldi non puzzano, anzi profumano in periodo di crisi.

E’ vero, ministro Tremonti, le do pienamente ragione, di cultura non si vive. E lo dimostrano ampiamente tutti i giovani cervelli in fuga all’estero che non trovano né considerazione del loro merito né gli strumenti necessari per portare avanti le loro ricerche in Italia. Di cultura non si vive. Lo dimostra la stazione Anton Dohrn di Napoli, il più grande centro di ricerca europea di biologia marina. Ma lei probabilmente ribatterà con aria sussiegosa che non ci importa di pesci e molluschi quando dobbiamo salvare i conti dell’Italia. Le ultime ricerche del centro Dorhn riguardano una molecola organica, un isomero del decadienale prodotto da alcune alghe unicellulari, le diatomee, che potrebbe rivelarsi un’arma potenziale contro la cura dei tumori perché in grado di distruggere le cellule proliferanti e non differenziate, come appunto quelle tumorali. Ringraziamo il presidente della Repubblica Napolitano che l’ha supplicata l’anno scorso di togliere la stazione Anton Dohrn dai tagli alla cultura. E’ vero, ministro Tremonti, di cultura non si vive. Lo dimostrano i ricercatori della Fondazione Ebri di Rita Levi Montalcini, uno dei più prestigiosi centri di ricerca neurologica mondiale che ogni hanno rischia la chiusura per la mancanza di fondi e sostegno, miracolosamente salvato quest’anno da un miliardario cinese e dalla passione di tanti giovani che continuano nelle loro ricerche e nel loro lavoro nonostante per mesi e mesi non recepiscono lo stipendio. Pensi che addirittura c’è un dottore, il Dr. Campanella, che ha abbandonato l’University College di Londra e un prestigioso stipendio per venire a gestire la fondazione Ebri. Ma forse per i suoi criteri di giudizio essi sono solo dei sognatori o mal che vada degli imbecilli testardi che si ostinano sulla loro strada. E’ probabile. Guardi Ministro Tremonti, non c’è l’ho con lei a cui tra l’altro le mie righe non giungeranno mai e che sicuramente non la farebbero una piega, penso che già il marchese di Sade, in viaggio in Italia nel 1775 si metteva le mani nei capelli e imprecava contro il popolo italiano custode di un patrimonio culturale immenso ma incapace di amare e preservare; eppure me lo immagino con il sussiego che la contraddistingue ribattere al mio scritto con:” credo sia logico e preferibile avere un tetto sulle spalle da analfabeti che acculturati sotto i ponti”.

E’ vero, ministro Tremonti, di cultura non si vive. Ma senza si è già morti.

Leggo proprio ora che ho finito di scrivere l’articolo che il ministro Galan ha alzato la voce e l’Accademia della Crusca non chiuderà. E’ una buona cosa, ma il succo del discorso non cambia.

Riceviamo e pubblichiamo Jakob Panzeri

 

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Carceri, diamoci subito da fare in Parlamento

postato il 15 Agosto 2011

Dobbiamo accettare la giusta provocazione radicale di occuparci di più delle carceri italiane e arrivare con dei provvedimenti veri in Parlamento.

Presso la casa circondariale di Borgo San Nicola di Lecce ho trovato una situazione difficile perché c’è il doppio di carcerati di quelli che potrebbero essere ospitati. Di positivo ho trovato un grande sforzo della polizia penitenziaria e una grande civiltà da parte dei detenuti. 

Il sovraffollamento è un elemento di cui prendere atto. Certo, bisogna lavorare, fare qualcosa di concreto, incisivo, anche con ipotesi di depenalizzazione. Le misure alternative sono una priorità assieme all’edilizia carceraria, non stabilirei delle classifiche. Forse bisognerà pure depenalizzare alcuni reati.
Soprattutto, più della metà degli ospiti del carcere di Lecce sono detenuti in attesa di giudizio definitivo. Ciò è vergognoso, intollerabile, incivile. Ci siamo occupati di processi brevi, processi lunghi occupiamoci finalmente di snellire queste procedure infinite, che sono indegne di un paese civile.

Pier Ferdinando

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Il contrappasso del Cavaliere: più tasse per tutti

postato il 15 Agosto 2011

Cominciamo dagli elementi di contorno di tutta la vicenda. Gli aspetti emotivi, per esempio: Berlusconi ha affermato che ha il cuore che “gronda sangue”. E possiamo anche credergli, visto che il suo leitmotiv dal 1994 ad oggi è stato “non metteremo le mani nelle tasche degli italiani”, uno slogan che riecheggiava nei salotti televisivi come nelle adunate di partito e campeggiava sui manifesti 6×3 delle varie campagne elettorali, come sui titoloni dei giornali dei tanti anni di governo Berlusconi. Stiamo assistendo a un passaggio epocale: la cura da cavallo contenuta nella manovra correttiva varata dal consiglio dei ministri mette una definitiva pietra sopra a tutte le belle intenzioni contenute nel libro dei sogni dei berlusconiani. Si volevano ridurre le tasse, oggi in buona sostanza aumentano.

Dunque il cuore della maggioranza sanguina per il dolore provocato da queste misure imposte e non volute. Ma gronda, e tanto, anche quello dei cittadini contribuenti che in tanti anni non hanno mai avuto un’incertezza, e hanno sempre pagato le tasse per sostenere una politica economica che restituiva in termini di servizi la metà di quello che si prendeva. I cari contribuenti italiani, lavoratori dipendenti, onesti autonomi che dichiarano il proprio reddito e famiglie in difficoltà che vedranno ridotti servizi e assistenza offerta dagli enti locali sono le prime vittime della mazzata di ferragosto.

Il decreto che fa piangere il cuore pretende un “contributo di solidarietà” sulla quota eccedente dei redditi superiori a 90mila euro (5 per cento) e 150mila euro (10 per cento) dei dipendenti del settore privato. Ovvero quelli che da sempre pagano le imposte sul proprio lavoro visto che le tasse vengono trattenute dalla busta paga. Per i furbi vedremo cosa fare, intanto per ora vessiamo gli onesti. Oltretutto un poco rischioso, questo prelievo dallo stipendio dei lavoratori, gabella camuffata con l’edulcorato eufemismo di “contributo di solidarietà”, rischioso perché non si guarda al di là della tempesta: una volta che la fase di emergenza passerà, riprenderanno i consumi, ma i lavoratori con meno soldi in tasca quali consumi potranno rilanciare? Si toglie soldi a chi può spenderli, l’economia ringrazia.

Ma anche le fasce più basse, quelle che in busta paga non hanno 90mila euro ma fanno fatica a organizzare le spese, avendo a carico figli, magari piccoli, magari in età scolare, anche costoro piangono per la manovrona del governo. In maniera indiretta, ma accusano il colpo. Un colpo che sentiranno bene in autunno, quando le famigerate spese si riaffacceranno sui bilanci familiari: il governo ha tagliato qualcosa come 9,5 miliardi di euro in due anni a province, comuni, regioni (ma non si voleva dare più potere agli enti locali?). Concentriamoci sui comuni: le amministrazioni si trovano con meno soldi perché i trasferimenti vengono ridotti (praticamente lo Stato si tiene tutto per sé) e dove rivolgeranno le loro preoccupate attenzioni per sopravvivere? Certamente sui servizi offerti alla popolazione: asili nido, buoni mense, trasporto pubblico, tassa rifiuti, e si colpiranno presumibilmente quelle fasce che ancora oggi possono godere di qualche agevolazione, e allora parliamo di famiglie numerose che non vivono nell’abbondanza, pensionati che non hanno pensioni da ex-dirigenti di banca e studenti che vedranno gli abbonamenti dei bus aumentare o diranno addio ai prezzi convenzionati di ristorazione, cultura, spettacoli. Una manovra che chiede sacrifici a chi di sacrifici ne ha già fatti, mentre gli intoccabili rimangono intoccabili. Il sistema, insomma, non cambia.

Sì, perché chi non paga le tasse continuerà a non pagare le tasse. Chi dà lavoro in nero continuerà a dare lavoro in nero. Chi deposita i denari nelle cassette di sicurezza di Zurigo o Lugano continuerà a depositare. L’evasione fiscale per il governo è qualcosa di cui non dobbiamo preoccuparci, qualcosa che non ci riguarda. Del resto Berlusconi anni orsono andava in giro a dire che qualche volta l’evasione è giustificata se lo Stato ti chiede troppo. E tutti a dirgli che lo Stato ti chiede troppo perché ci sono cittadini che non danno niente, tante primavere sono passate ma siamo ancora al punto di prima. Gramellini, vicedirettore della Stampa, ha scritto un editoriale bellissimo in cui scandisce queste parole:  “Gli Irrintracciabili. Scommettiamo che il più facoltoso di loro dichiarerà al fisco 89.999 euro? Li disprezzo”. E come non sottoscrivere? Un governo serio e consapevole del fatto che giustizia sociale significa che tutti i cittadini proporzionalmente alle proprie possibilità si sobbarcano il carico fiscale complessivo mette la lotta all’evasione al primo posto, forma una guardia di finanza incorruttibile e non al soldo dei faccendieri e stana tutti i disonesti, da Nord a Sud. Un impegno di questo genere non avrebbe portato alle misure di oggi che infieriscono in modo odioso e ingiusto su quelli che pagano sempre, e magari anche volentieri perché sanno che questo significa far andare avanti un Paese.

Berlusconi dice che questa manovra gli è stata imposta e non ha potuto farci niente. Ma signor Presidente, di grazia, il capo del governo è lei o un gabelliere medievale che tasserebbe anche l’aria che respiriamo? Se i responsabili di questa stangata (che tra l’altro è la tomba del federalismo) stanno piangendo per la durezza di queste misure guardino al passato recente e riconoscano di non aver fatto nulla per evitare che si arrivasse a questo. E si facciano promotori di una lotta all’evasione senza sconti. È tutta l’Italia onesta che lo chiede.

Riceviamo e pubblichiamo Stefano Barbero

 

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Ferragosto in carcere, una battaglia di civiltà

postato il 15 Agosto 2011

Ferragosto è una festa per l’uomo. Sacro e profano si intrecciano, falò in spiaggia e pontificali in cattedrale in fondo hanno un comun denominatore: lo splendore della vita umana che nella gioia e nel riposo del giorno festivo viene oggi vissuto e che viene celebrato nella festa della Dormizione della Madre di Dio come sconfitta della morte. Ma questa giornata così bella e luminosa, questa celebrazione dell’umanità splendente viene offuscata dal dramma che si consuma nelle carceri italiane. Forse non è un caso che ogni anno nel giorno di Ferragosto i riflettori si accendano, anche se per un momento fugace, sulle carceri italiane e sulle condizioni di coloro che lì vivono e purtroppo anche muoiono. Negli istituti penitenziari italiani in molti casi non c’è vita, nel senso che tra le spesse mura delle celle, i chiavistelli e le grate la vita muore lentamente per mancanza di spazio, di attenzione, di rispetto delle più elementari regole di civiltà. Ci sono fiumi di inchiostro sull’emergenza carceri ma c’è soprattutto l’impegno dei radicali di Marco Pannella che ogni anno rompono con coraggio la spensieratezza di questa giornata per ispezionare un carcere, per confortare e denunciare, per portare avanti una battaglia di civiltà che è cominciata nel lontano 1976, quando i quattro radicali eletti per la prima volta in Parlamento e i loro supplenti, Franco De Cataldo, Roberto Cicciomessere, suor Marisa Galli e Angelo Pezzana, cominciarono ad andare su e giù per carceri. Dal 1976 non ci sono Natale, Capodanno o Ferragosto senza che i radicali non facciano visita alla “massa dannata” che sopravvive nelle discariche del nostro sistema giudiziario e il loro impegno ha fatto scuola se anche oggi 2mila persone aderiscono alla loro protesta pacifica e se c’è una nuova sensibilità tra i politici su questo problema. Ne è consapevole il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini che oggi visiterà il carcere di Lecce ma che ieri ha sentito anche la necessità di ringraziare i Radicali Italiani e Marco Pannella. Occorre però che la politica non si limiti alla compassione, che fa piacere ma di cui la varia umanità detenuta se ne fa ben poco, ma è necessario che finalmente intraprenda azioni significative e condivise per porre fine al dramma delle nostre carceri. Ha ragione Roberto Rao (Udc) quando afferma che “la politica e’ chiamata a restituire dignità a chi sconta la pena nelle carceri italiane (dove quasi la metà dei detenuti e’ in attesa di giudizio definitivo) e a chi vi opera in condizioni estreme, con grande professionalità ed umanità e spesso ben oltre quelli che sono i propri compiti”. Oggi è il giorno delle visite, della protesta non violenta, del digiuno e della riflessione personale e collettiva, ma domani dovrà essere il giorno della responsabilità; è il momento dell’impegno perché ogni giorno della vita sia una festa per l’uomo e dell’uomo, perché viva la sua vita pienamente e in dignità, anche in carcere.

Riceviamo e pubblichiamo Adriano Frinchi

 

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Casini: «Ora è invotabile. Modifiche serie e ne riparliamo»

postato il 15 Agosto 2011

Via il contributo di solidarietà, si alzi l’Iva e si riformino le pensioni

L’intervista a Pier Ferdinando Casini pubblicata su ‘Il Corriere della Sera’ di Monica Guerzoni

Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc e del terzo polo, non volta le spalle al governo nel momento dell’emergenza. Ma contesta con forza i sacrifici imposti alle famiglie e al ceto medio e lancia una «grande mobilitazione» per convincere Berlusconi e Tremonti a fare marcia indietro sul contributo di solidarietà.

L’Udc voterà la manovra, presidente?
«Per noi è invotabile, non è nel novero delle cose possibili. Perché mai dovremmo approvarla? È una stangata che la gente per bene non si meritava. Colpisce i soliti noti e non stana Invasione spaventosa che c’è. Chiede sacrifici al ceto medio e alle famiglie, ma soprattutto a coloro che nella loro vita non hanno mai evaso dieci lire. È veramente una cosa iniqua».

Il cuore del premier gronda sangue…
«Per anni Berlusconi si è vantato che non avrebbe mai messo le mani nelle tasche degli italiani, ora invece ce le ha messe davvero. Se il governo vuole la collaborazione dell’Udc e del terzo polo, questa manovra va cambiata profondamente».

In che modo?
«Spazzando via il contributo di solidarietà e salvaguardando quella platea di ceto medio che non ha niente a che fare con le grandi ricchezze. Se noi riteniamo una grande ricchezza un italiano che guadagna 4.000 euro o poco meno al mese, ha la moglie che non lavora e due figli a carico, abbiamo un’idea particolare del Paese». [Continua a leggere]

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Domattina visiterò il carcere di Lecce

postato il 14 Agosto 2011

Domattina visiterò il carcere di Lecce. Sento il bisogno di ringraziare i Radicali Italiani e Marco Pannella dal quale mi dividono tante cose, ma a cui devo onestamente riconoscere una grande coerenza e passione civile, su questa e altre battaglie.

Pier Ferdinando

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Una manovra che non convince

postato il 14 Agosto 2011

Dopo ben due conferenze stampa, la seconda per spiegare la prima, la nebbie misteriose che avvolgevano i palazzi del governo si sono diradate lasciando intravedere i contorni della manovra “d’urgenza” con cui l’Italia commissariata cercherà di dare convincenti risposte alle preoccupazioni della BCE.

Quello che emerge è uno scenario tutt’altro che rassicurante in quanto si tratta di una manovra ammontante ad oltre 45 miliardi di euro, aggiuntiva a quella del mese scorso e composta in grandissima parte di tagli e nuove tasse, senza alcuna misura di rilancio economico.

Questa manovra, almeno così come appare allo stato attuale, si basa sostanzialmente su due pilastri fondamentali: nuove tasse a carico di lavoratori dipendenti ed ulteriori tagli agli enti locali. Del tutto assenti gli strumenti di lotta alla grande evasione ed elusione fiscale, giacché il negoziante che non emette lo scontrino fiscale (cosa comunque sbagliata) solitamente non possiede uno yacht ormeggiato a Montecarlo con bandiera di qualche stato caraibico.

Ancora una volta, non vi è traccia nei provvedimenti di questo governo di una minima considerazione del quoziente famigliare del percettore del reddito, perseverando quindi nell’errore di penalizzare le famiglie e le persone con necessità speciali o disabilità, facendo loro scendere un altro gradino sulla scala del benessere.

Se possibile più preoccupante si presenta la parte relativa ai tagli agli enti locali, che avranno come immediata conseguenza una drastica riduzione dei servizi che gli enti stessi garantiscono ai cittadini: trasporto pubblico, scuole, politiche sociali, contributi a famiglie ed imprese verranno ridotti all’osso se non eliminati completamente. Per tentare di mantenere i servizi, gli enti locali dovranno necessariamente agire attraverso l’innalzamento delle tasse locali andando così ad appesantire ulteriormente l’impatto economico della crisi.

Emblematico in questo senso è il provvedimento di soppressione dei Comuni con popolazione inferiore ai 1.000 abitanti (una buona parte dei quali si trova nelle zone montane del Paese), provvedimento su cui merito si sarebbe ben potuto discutere in seno ai lavori preparatori della Carta delle Autonomie. Il risparmio che asseritamene ne deriverebbe è in realtà un falso clamoroso in quanto, come ben sanno gli amministratori locali, i Comuni di quella dimensione sono sovente gestiti da autentici “volontari” visto che i sindaci e gli assessori rinunciano alle indennità previste per la carica o si accontentano di rimborsi figurativi di poche centinaia di euro annue.

Ma queste situazioni non possono essere a conoscenza di molti esponenti di governo a cui manca quel “cursus honorum” che la tanto vituperata Prima Repubblica rendeva di fatto obbligatorio per chi si avvicinava alla politica attiva. Oggi si diventa ministri per meriti televisivi, o peggio, senza essere mai stati seduti sui banchi di un consiglio comunale o aver passato le notti ad attaccare manifesti: tutti nominati dal principe di turno.

Gravissimo poi che si vada a far cassa anticipando la riduzione dei F.A.S. (Fondi per le Aree Sottosviluppate) e di fatto azzerando ogni previsione di spesa, ad esempio, per interventi di tutela del territorio o per la diffusione della “banda larga”; segnali che dimostrano ancora una volta ed inequivocabilmente come si tratti di una manovra priva di prospettive rivolte al futuro ed unicamente diretta al mero saldo aritmetico.

Si tratta, in buona sostanza, di una serie di provvedimenti eterogenei e privi di un disegno organico, a scopo solo pubblicitario quando non apertamente dannosi che hanno l’unico risultato di far pagare di più chi già sta pagando e lasciare indisturbati gli evasori fiscali ed i grandi patrimoni.

Oggi il “cuore che gronda sangue” per davvero è quello dei lavoratori dipendenti e dei pensionati!

Riceviamo e pubblichiamo Roberto Dal Pan

 

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