Archivio per Settembre 2011

Ci tocca essere insolenti

postato il 17 Settembre 2011

di Gianpiero Zinzi

Domenica scorsa, dal centro della scena di Chianciano, ho riscoperto un’attenzione da ultimo giorno di scuola.

Proprio così, perché l’ultimo giorno non c’è professore che interroghi,  che assegni compiti da mal di pancia o che usi la retorica per insegnarti ad avere fiducia e a rispettare il sistema.

L’ultimo giorno, se sei fortunato, spunta un professore, quello più premuroso (e che ha meno da perdere), che, usando la cruda verità, prova a darti qualche buon consiglio da amico.

Quando ha preso la parola Pier Luigi Celli è accaduto proprio questo. Il suo “Siate insolenti” ha suonato un po’ come lo “Stay hungrystay foolish” (“Siate affamati, siate folli”) di Steve Jobs di fronte agli studenti di Stanford.  Discorso di Steve Jobs ai neolaureati di Stanford

E così, la mia attenzione è cresciuta fino a diventare curiosità per quello che stava accadendo. In platea, i più adulti sembravano stupiti di fronte a quelle parole e ai tantissimi applausi dei più giovani.

C’era tanto coraggio in quella esortazione, almeno quanto ne abbia lasciato a noi.

Proveremo ad essere affamati, folli e soprattutto insolenti per strappare un pezzo di presente dalle mani di chi vorrebbe solo lasciarci continuare a sperare nel futuro.

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Crisi: unire il Paese, meno male che Napolitano esiste

postato il 17 Settembre 2011

In una fase di crisi come quella che stiamo vivendo servono risposte unificatrici, straordinarie ed emergenziali. C’è bisogno di riunificare il Paese, chiedendo alle forze responsabili di dare vita a un governo con l’ausilio di personalità credibili anche all’estero. Questo è il modo migliore di rispondere all’appello del nostro presidente della Repubblica, e meno male che Napolitano esiste.

Pier Ferdinando

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La manovra? Fatta per l’80% di nuove tasse

postato il 17 Settembre 2011

Una manovra fatta di rattoppi, ripensamenti, non è una manovra strutturale che non affronta i problemi della crescita. Berlusconi ha detto che non avrebbe messo le mani nelle tasche degli italiani, e invece questa manovra è fatta per il 65% da nuove tasse, che arrivano all’80% con i costi per le famigli e i tagli ai servizi locali.
Siamo in un uragano europeo, ma affrontare la tempesta con una barca che fa acqua da tutte le parti significa presumibilmente andare a fondo. Vedo che chi ci governa pensa a tutto tranne che a guidare il Paese.

Pier Ferdinando

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Governo irresponsabile, dietro l’angolo c’è la Grecia

postato il 16 Settembre 2011

L’opposizione ha mostrato grande amore per l’Italia

Ci vuole più amore e rispetto per l’Italia. Sfido chi conosce i fatti degli uomini della politica e del mondo a cercare un altro Paese dove in pochi giorni l’opposizione ha consentito di fare una manovra che non condivideva, rinunciando alle sue legittime rivendicazioni. Questa opposizione ha mostrato grande amore per l’Italia e gli italiani. Qui l’unica cosa irresponsabile e’ l’atteggiamento della maggioranza. Se c’è chi ritiene che le cose vadano bene il governo andrà avanti perché ha la maggioranza siamo all’irresponsabilità perché dietro l’angolo c’e’ la Grecia.
Quando la maggioranza non ascolta e non fa un doppio passo indietro, si assume la responsabilità di andare avanti su un percorso che prego non sia accidentato per il nostro Paese, ma lo temo.

Pier Ferdinando [Continua a leggere]

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Meglio una cattiva manovra che nessuna

postato il 16 Settembre 2011

Il Governo Berlusconi ha varato una manovra raffazzonata che fa leva sulle tasse e non prevede alcuna riforma strutturale. Non si incide sulla crescita, né sul Mezzogiorno perché quando al Sud si eliminano gli incentivi per il potenziamento della banda larga, si lancia un messaggio preciso: si ferma la crescita, si blocca lo sviluppo. Così si impedisce ai ragazzi e alle giovani generazioni di comunicare con internet.
A distanza di anni, dopo aver fatto una lunga traversata nel deserto senza che alcuno ci desse neppure una borraccia d’acqua, possiamo dire che avevamo ragione. Sì, avevamo ragione sia quando siamo stati all’opposizione del Governo Prodi, sia ora che ci opponiamo a quello di Berlusconi. Detto questo, pero’, meglio una cattiva manovra che non averne alcuna. Dovevamo dare un segnale all’Unione europea che ce lo chiedeva con insistenza e l’abbiamo dato.

Pier Ferdinando

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Sarkozy e Cameron in Libia, gli interessi in ballo

postato il 16 Settembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Sarkozy e Cameron, leader di Francia e Inghilterra, sono atterrati in Libia acclamati come eroi.

Dopo la guerra civile, la Libia rappresenterà, fra le altre cose, un enorme affare: la ricostruzione delle infrastrutture danneggiate, senza contare i contratti petroliferi e i punti di passaggio per il petrolio e il gas del resto dell’Africa (ad esempio il petrolio nigeriano). L’Italia che fino a ieri era il partner privilegiato della Libia, rischia a breve di essere tagliata fuori, con ripercussioni alle aziende, le finanze, i lavoratori.

Giusto per dare un’idea degli interessi che l’Italia ha in Libia, basta citare che prima della guerra civile, eravamo al primo posto per l’export e al quinto per l’import da Tripoli, con un interscambio nel 2010 che si aggirava sopra i 12 miliardi. Dalla Libia proviene quasi un terzo del petrolio e del gas che utilizziamo, senza contare che i libici possedevano circa il 7% di Unicredit, la finanziaria Lafico possiede il 14,8% della Retelit (società controllata dalla Telecom Italia attiva nel WiMax), il 7,5% della Juventus e il 21,7% della ditta Olcese. A questo aggiungiamo che Tripoli possiede una partecipazione attorno al 2,01% di Finmeccanica, e circa 100 imprese italiane in Libia, prevalentemente collegate al settore petrolifero e alle infrastrutture, ai settori della meccanica, dei prodotti e della tecnologia per le costruzioni. L’elenco è smisurato, ma, volendo restare alle più note, non possiamo non citare Iveco (gruppo Fiat) presente con una società mista ed un impianto di assemblaggio di veicoli industriali, Impregilo (i contratti stipulati con la Libia pesano per circa l’11% del fatturato della società), Bonatti, Garboli-Conicos, Maltauro, Ferretti Group (tutte società di costruzioni). Altri settori sono quelli delle centrali termiche (Enel power), impiantistica (Tecnimont, Techint, Snam Progetti, Edison, Ava, Cosmi, Chimec, Technip). Telecom è presente anche con Prysmian Cables (ex Pirelli Cavi). Nel 2008 inoltre i libici hanno formalizzato un’intesa con il ministero dell’Economia italiano che dovrebbe permettere a Tripoli di aumentare le partecipazioni in ENI (di cui già possiedono lo 0,7% del capitale) inizialmente al 5%, poi all’8%, fino a un massimo del 10%.  L’ENI è il primo produttore straniero nel paese libico, con una produzione di circa 244mila barili di petrolio al giorno, oltre al gas prodotto dai campi libici attraverso il gasdotto denominato GreenStream (che in questi giorni è stato chiuso a scopo precauzionale dall’ENI) che collega Mellitah, sulla costa libica, con Gela, in Sicilia.

Ma tutto questo era niente se confrontato con il piano di modernizzazione della Libia concepito da Gheddafi, che prevedeva investimenti per 153 miliardi di dollari per realizzare infrastrutture, progetti urbanistici e tecnologie per sviluppare l’industria estrattiva del petrolio e del gas.

Ovviamente questo piano acquista maggior peso ora che la Libia è da ricostruire interamente e in questo senso Impregilo che ha fatto molti affari in Libia: aveva vinto una commessa per la costruzione di una torre di 180 metri e un albergo di 600 camere a Tripoli, ha realizzato gli aeroporti di Kufra, Benina e Misuratah, e il Parlamento a Sirte. La stessa società ha vinto l’appalto per costruire tre università, più diversi alberghi e è in gara per la costruzione di una autostrada fino all’Egitto.

Tutto questo rischia di sparire se il governo non si muoverà per tempo come stanno facendo i governi di Francia e Gran Bretagna, ma, ed è questo il vero problema.

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17 settembre, San Martino in Campo (PG)

postato il 16 Settembre 2011

Ore 15.00 – Residenza d’epoca ‘Alla Posta dei Donini’

Partecipa alla decima edizione del Meeting Pmi organizzato dalla Confesercenti

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Rassegna stampa, 16 settembre 2011

postato il 16 Settembre 2011
“Andrà sempre peggio, prima di andare meglio”: così recita un vecchio adagio. Ma qui ci sembra, purtroppo, che non si faccia altro che continuare a scendere giù, senza vedere – nemmeno da lontano – una via d’uscita, una possibilità di risalita: la manovra economica che è stata approvata appena due giorni fa, infatti, si è già largamente dimostrata incapace di invertire la tendenza negativa e di rappresentare, quindi, un viatico per ricominciare a crescere. Sui giornali di oggi trovate a tal proposito la ripetuta “scomunica” da parte del mondo produttivo al Governo Berlusconi, accusato di aver condotto la nostra economia in una situazione di stagnazione senza precedenti, con il Pil fermo a 13 anni fa, la pressione fiscale più alta di sempre al 44% e una crescita che nel 2011 sarà dello 0,7% e nel 2012 dell’0,2% (contro lo 0,9% e l’1,1% indicati a giugno): adesso pare che a Palazzo Chigi stiano mettendo su un piano straordinario per lo sviluppo, ma chi pensate possa crederci? Hanno perso anni negando la crisi e gli  ultimi mesi dimostrando la loro incapacità nel gestirla (ecco perché il nostro Paese merita di meglio, leggete l’editoriale di Calabresi su La Stampa). E pensare che c’è stato chi, come noi, non ha fatto che chiedere più responsabilità e credibilità nella gestione dell’emergenza, e più disponibilità nel recepire i consigli e le idee di chi ne capisce veramente: lo continuiamo a fare anche oggi, proponendovi (e proponendogli), in successione, la lettura dei commenti di: Tito Boeri su Repubblica (il Governo si è convinto, sbagliando, che l’Italia da sola non possa farcela); Il Foglio, che analizza il “manifesto sviluppista” messo su dagli editorialisti del Corsera, Alesina e Giavazzi (più investimenti, meno spese, riforma dell’art.8); Dani Rodrik sul Sole (che si dice favorevole all’idea degli eurobond, a patto che l’Europa vigili sui vari Stati membri, impedendo loro di indebitarsi e creare deficit oltremodo).
Casini a Genova non ci mette la faccia. Sulle primarie nessun accordo col Pd (Antonio Calitri, ItaliaOggi)

Il sindaco punta agli ex di An. Governatore, patto con gli azzurri (Alberto Gentili, Il Messaggero)

Crescita zero e benessere indietro di 10 anni: dal lavoro al fisco, l’Italia non riparte più (Roberto Mania, La Repubblica)

Confindustria: Pil fermo a 13 anni fa (Antonella Baccaro, Corriere)

Il nodo è nella politica fiscale (Dani Rodrik, Sole24Ore)

Il manifesto sviluppista di Alesina e Giavazzi (art. 8 incluso) (Il Foglio)

La ricetta della crescita (Tito Boeri, La Repubblica)

L’Italia merita di meglio (Mario Calabresi, La Stampa)

Le province intoccabili (Sergio Rizzo, Corriere)

Il Pdl e il dubbio che cresce: c’è un problema di credibilità (Francesco Verderami, Corriere della Sera)

Intercettazioni, il Pdl riparte dal vecchio Ddl (Lina Palmerini, Sole24Ore)

Si riscrive lo statuto della Pa (Francesca Mialno, Sole24Ore)

Referendum e giochi di prestigio (Michele Ainis, Corriere)

United colors of School (Corrado Giustiniani, L’Espresso)

(Avete notato? Nella nostra rassegna stampa di oggi non c’è nessun riferimento all’ennesimo scandalo sessuale che ha coinvolto di recente il nostro Premier, Silvio Berlusconi. È una scelta voluta, perché riteniamo che in momenti come questo le urgenze siano ben altre e, ahinoi, sempre le stesse: a partire della grande crisi che non accenna a placarsi, dalla politica che continua a non capire, dalle famiglie che soffrono e hanno bisogno di aiuto. Tutte le bassezze, le piccolezze, le tristezze che emergono immergendosi nel nuovo “affaire Lavitola” ci disgustano, soprattutto perché allontanano l’opinione pubblica dal discutere le vere priorità della nostra agenda politica, economica e sociale. Noi preferiamo occuparci ancora, anche a costo di sembrare scontati e ripetitivi, di politica, di crescita, di riforme strutturali, di economia: ecco perché la nostra rassegna stampa di oggi potrà sembrarvi “strana”, “straordinaria”; ma, vi diciamo noi, è semplicemente “normale”).


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