Archivio per Settembre 2011

16 settembre, Polignano (BA)

postato il 15 Settembre 2011

Ore 18.00 – Piazza San Benedetto

Partecipa al convegno: ‘Quale Italia vogliamo?’ con Giuseppe De Tomaso (Direttore ‘La Gazzetta del Mezzogiorno’),  Raffaele Bonanni  (Segretario Nazionale CISL),  Giuseppe Fioroni (Responsabile Nazionale Welfare PD), Raffaele Fitto (Ministro delle Regioni)

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16 settembre, Taranto

postato il 15 Settembre 2011

Ore 15.30 – Sala convegni ‘Al Gambero’ (Piazzale Democrate, 4 )

Partecipa ad un incontro pubblico

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Per la libertà dei popoli, ma la poltrona viene prima

postato il 15 Settembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Stefano Barbero

Il partito più leninista d’Italia ci ha dato una nuova lezione di scuola di regime. I liberi sindaci del Nord manifestano tutta la loro disapprovazione per la manovra varata dal governo (e ieri dal Parlamento). Manifestano fisicamente, andando in piazza, a urlare il proprio dissenso. Lo vorrebbero fare anche i sindaci leghisti, i tesserati del Carroccio, ma via Bellerio ha posto il veto, con un diktat secco: i primi cittadini della Lega non possono aderire.

Così parlarono Bossi e la tolda di comando del partito-bifronte: un po’ di lotta, un po’ di governo. Un po’ Pontida, un po’ il Palazzo. I traguardi si conquistano con la diplomazia, il compromesso, l’intesa parlamentare. I voti si attirano con le urla, gli slogan arruffati, il populismo profondo. Ma il meccanismo si è rotto, come un carillon che gira a vuoto per troppo tempo. Questo perenne oscillare tra protesta e accordo ha rivelato il suo tragicomico paradosso: i borgomastri in camicia verde, educati ad esprimersi contro i nemici, che siano Roma ladrona, i democristiani o i vetusti centralisti, hanno reagito anche stavolta a chi colpisce le autorità locali, chi vuole soffocare le autonomie, chi vuole annientare lo spirito federalista.

Ma ecco intervenire il politburo leghista: sopita la lotta, chi dissente si accomodi alla porta. Così anche un nome di primo piano come Attilio Fontana, sindaco di Varese e presidente dell’Anci Lombardia, ha dovuto adeguarsi alla volontà del regime padano: “Sto con Bossi”, e per coerenza si è dimesso dalla presidenza dell’associazione dei sindaci che ha indetto lo sciopero.

La Lega è il movimento della libertà dei popoli ma quando le esigenze delle comunità locali vanno a cozzare contro gli interessi dei grandi capi, autoproclamatisi antispreco a Pontida ma esperti poltronari a Roma, è pronto a mettere la sordina a tutti i dissidenti. La manovra costringerà i comuni a tagliare i servizi, a non rispondere più ai problemi della gente, a limitare le spese. Ma poco importa ai mastri parolai del Carroccio che hanno fatto crescere una generazione di classe dirigente col dna della protesta: questa volta bisogna stare zitti e mosca, dissensi pur legittimi sacrificati all’altare realpolitik in salsa padana che continua a fare danni. L’ennesima contraddizione di un partito che a lungo andare non sarà più il paladino dei bisogni locali ma solo il brutto prodotto di un populismo di maniera che ha solo ingannato. Per il popolo verde è l’ultima chiamata: aprite gli occhi e rifiutate l’imbroglio.

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I disabili e la scuola: persone doppiamente svantaggiate

postato il 15 Settembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati.

In questi giorni, riaprono le scuole e si fa i conti con i numerosi tagli operati al settore, tagli che vanno ad incidere moltissimo anche su chi è già svantaggiato: i portatori di disabilità.
Anche la scuola fa loro ora pesare questa propria condizione, non agevolandoli per niente e, di fatto, acuendo il loro senso di solitudine e la distanza che li separa dagli altri, dai cosiddetti normali.
Giustamente, l’on.le Compagnon, durante un incontro con una delegazione dell’associazione “Tutti a scuola”, ha affermato che “la macelleria sociale contenuta nella Manovra bis si ripercuoterà sulle fasce più deboli del Paese. Tra le vittime dei tagli per 31 miliardi apportati per i prossimi tre anni con la riforma assistenziale e fiscale ci sono anche i disabili, in particolare i minori, e le loro famiglie già in gravi difficoltà. Occorre rivedere subito queste misure. Ci sono bambini portatori di handicap che rischiano di essere esclusi dalla scuola e ciò significa essere esclusi anche dalla società”.
Magari qualcuno leggendo sbufferà, e dirà che con questa crisi da qualche parte si deve tagliare. Giustissimo, ma prima di sbuffare, ponetevi un quesito: e se io fossi quel bambino svantaggiato? O se quel bambino svantaggiato fosse mio figlio?
Potrei inondarvi di statistiche e di dati economici e di fonti per parlarvi dei tagli alla scuola e del prezzo che pagano gli studenti disabili, ma forse vi annoierei. I dati sono freddi, asettici, e qui parliamo di bambini, che non sono freddi e asettici, ma pieni di vita e di speranza. Ma che speranza possono avere i bambini, se non vengono aiutati?
Eppure i tagli agli insegnanti di sostegno sono un provvedimento quanto meno dubbio visto che una sentenza della Corte Costituzionale del 20 Febbraio 2010 dichiara incostituzionale sia fissare un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno, sia il divieto di assumere insegnanti di sostegno in deroga. L’argomentazione della Corte Costituzionale è stata che l’art. 2, comma 413, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2008) e l’art. 2, comma 414, della legge n. 244 del 2007, violano gli artt. 2, 3, 38, terzo e quarto comma, della Costituzione, in quanto, in contrasto con i valori di solidarietà collettiva nei confronti dei disabili gravi, ne impedirebbero «il pieno sviluppo, la loro effettiva partecipazione alla vita politica, economica e sociale del Paese» ed introdurrebbero «un regime discriminatorio illogico e irrazionale» che non terrebbe conto del diverso grado di disabilità di tali persone, incidendo così sul nucleo minimo dei loro diritti.
E se tutto questo non basta, allora preferisco fare parlare una mia amica, madre di un adorabilissimo bambino disabile, che vive in provincia di Pavia.
“La prima settimana, ovviamente, il sostegno convocato non si è presentato sino al giovedì. Ed Alexander, senza un punto fisso, con gente nuova, insegnanti nuovi in un posto mai visto, ne ha patito non poco”.
Alla fine della settimana, vengo convocata in direzione.
Tavolata, stile esame di laurea, io, quattro insegnanti, i due sostegni, direttrice (incommentabile) e vicario.
“Signora, suo figlio va rieducato… e a questo proposito, da lunedì lui avrà un’aula solo per lui, così non infastidirà i compagni se vuole uscire. Tenga conto che questa è una grande fortuna, noi qui abbiamo molto spazio e possiamo dedicargliene uno”.
Quale fortuna? L’integrazione? L’inserimento nella società?
“Direttrice, mi perdoni, ma se quello spazio lo destinaste ai momenti in cui non ce la fa a stare in classe, quando magari c’è molto rumore, quando la sua soglia di attenzione cala e…”
“No, è escluso che resti nella sua classe sinchè venga rieducato in un apposito Istituto”, mi rispondono.

E poi ancora:

“Signora, non abbiamo tutte le ore coperte, purtroppo. Deve venire a prendere suo figlio a mezzogiorno, non può frequentare la mensa, nè i pomeriggi obbligatori”
Ebbravi, complimenti. Viva la scuola dell’obbligo, dove son tanto fortunata che si trovi in un edificio grande.
“Direttrice, mi perdoni. Io sono separata, non sto lavorando per curare mio figlio e farlo migliorare per fargli avere una vita, quando pensa che potrò avere 4 ore per poter avere un lavoro almeno part time al mattino, visto che fa solo 3 pomeriggi su cinque in questa scuola?”. Ed ancora: “Signora, domani Alexander ha solo un’ora coperta. Può entrare tranquillamente alle 9.30 e uscire alle 10.30″

“Ma il famoso sostegno totale che era stato stanziato?” dico io? “Il Comune non lo ha concesso, ci ha risposto “arrangiatevi. Alexander ha 11 ore scoperte su 27 e noi non possiamo tenerlo senza sostegno. Vada lei e veda se può fare qualcosa”.

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Se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto

postato il 15 Settembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

Diciotto anni fa un sicario mafioso freddava con un colpo alla nuca il parroco della borgata palermitana di Brancaccio Padre Pino Puglisi. Lasciando da parte ogni retorica credo sia importante ricordare questo uomo buono e coraggioso, questo pastore che ha saputo conformarsi totalmente all’icona del Buon Pastore fino a dare la vita per il suo gregge, soprattutto in questo momento di difficoltà del nostro Paese. Padre Puglisi nel suo ministero pastorale aveva sempre vissuto in realtà precarie se non difficili, ma aveva sempre avuto la capacità di trovare la possibilità nella difficoltà. L’esperienza di Padre Puglisi si può racchiudere tutta in una frase che lui ripeteva spesso: “se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto”. Padre Puglisi credeva in Dio, ma credeva anche nell’uomo, nella capacità degli uomini di cambiare il mondo e la  storia.  Palermo e l’Italia intera sono sfiduciate, mangiano il pane quotidiano della precarietà e dell’incertezza, allora il ricordo di Padre Puglisi lungi dall’essere  un vano esercizio della retorica antimafia  può diventare una ricetta per uscire dalla crisi politica, economica e sociale. Oggi non ci manca solo la presenza mite e rassicurante di Padre Pino Puglisi, ma ci manca soprattutto la sua fiducia negli uomini, il suo sorriso mite e rassicurante, le sue parole piene di speranza: “se ognuno fa qualcosa, allora si può fare molto”.

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Rassegna stampa, 15 settembre 2011

postato il 15 Settembre 2011
Ieri la Camera ha approvato il decreto sulla manovra finanziaria, con 314 voti a favore. Una manovra contro cui tutta l’opposizione ha votato in modo compatto, sia pure “responsabilmente” (su La Discussione trovate l’elogio a tal proposito di Casini): in momenti difficili come questi, così come ricorda Sorgi su La Stampa, Berlusconi ha il dovere di “governare”, di fare tutto quanto, cioè, è in suo potere per superare la crisi e rilanciare il nostro Paese. Il problema è che questa volontà non esiste e la manovra di ieri – necessaria ma deludente – ne è la riprova: la Marcegaglia e gli industriali la criticano infatti per l’aumento esponenziale delle tasse che colpiranno tutti (mentre, come sostiene Ricolfi su Panorama, i Paesi che crescono sono quelli che defiscalizzano chi produce ricchezza); Roberto Napoletano, sul Sole, ci va giù pesante (siamo diventati lo “Stato da vendere”, ma questo il Governo non sembra capirlo); della stessa idea anche Massimo Franco, che sul Corriere scrive di “situazione insostenibile”; Curzio Maltese, su Repubblica, sistema poi la ciliegina finale, accusando Berlusconi di essere un “clown” alla guida di un governo, che trascina l’Italia nei gorghi delle sue cattive figure in tutt’Europa (a partire dall’affaire, ancora non chiarito, della Merkel “culona inchiavabile”). La verità è, come non ci stancheremo mai di ripetere, che “superare la crisi” non basta: bisogna tornare a crescere. Come? Tre idee dalla nostra rassegna stampa: quella di Ricolfi, di cui abbiamo già scritto su; quella della Stampa, condivisibile e da rilanciare; quella di Ichino sul Corriere, sul mercato del lavoro da riformare.

Casini elogia l’atteggiamento collaborativo dell’opposizione (La Discussione)

La manovra è legge con 314 voti. Le critiche di imprese e opposizione (Monica Guerzoni, Corriere della Sera)

Marcecaglia: manovra tutte tasse (Nicoletta Picchio, Sole24Ore)

La manovra delle tasse (Franco Insardà, Liberal)

I passi obbligati per la crescita (La Stampa)

Salvo Milanese. Ma sul voto in aula è guerra nella Lega (Andrea Carugati, L’Unità)

“Asili e buoni scuola per i veneti doc”. Pd e Udc contro Zaia- discrimini i bimbi (Nicola Pellicani, La Repubblica)

Una situazione insostenibile (Massimo Franco, Corriere)

La sfiducia dei numeri (Roberto Napoletano, Sole24Ore)

Il dovere di governare (Marcello Sorgi, La Stampa)

Il segreto dei paesi che crescono? Poche tasse sulle imprese (Luca Ricolfi, Panorama)

Il regno del Carnevale (Curzio Maltese, La Repubblica)

La storia (immaginaria) di Irene spiega perché l’articolo 8 non funziona (Pietro Ichino, Corriere)

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Ospite della “Telefonata di Belpietro”

postato il 14 Settembre 2011

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Momento difficile, parliamo di crescita e di lavoro

postato il 14 Settembre 2011

In un momento così difficile come quello che stiamo attraversando la gente vuol parlare di crescita, di lavoro per i giovani, di prospettive per le famiglie. Gli italiani iniziano ad essere preoccupati per il loro futuro. Abbiamo molte persone di ceto medio che stanno scivolando nell’area della povertà, una manovra che è stata tale solo dopo cinque stesure; ci siamo fatti un po’ riconoscere da tutti, ma finalmente oggi si varerà. Questa è la questione decisiva che riguarda i prossimi mesi, le prossime ore degli italiani, perché rischiamo di fare la fine della Grecia. Chi non se ne rende conto o è in malafede o è di una sprovvedutezza clamorosa.

Pier Ferdinando

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