Archivio per Settembre 2011

L’orgoglio di una scelta (giusta)

postato il 10 Settembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

Pier Ferdinando Casini ha appena concluso il suo discorso conclusivo alla convention di Chianciano 2011. È stato un discorso bellissimo, forte e chiaro come ormai quasi tutti quelli che fa nell’ultimo periodo: sono quei discorsi che, pur non cadendo mai nella banalità o nella foga retorica, puntano tutto sui contenuti, sulle proposte e sui progetti, abbandonando quella cripticità e quell’ambiguità che a giudizio comune facevano troppo vecchia Dc; sono quei discorsi che non fanno sconti a nessuno, senza per questo giocare con il vecchio vizio dello scaricabarile; sono quei discorsi che a partire dall’intervento alla Camera del mese scorso, hanno fatto guadagnare a Casini molti e nuovi consensi e stima anche sul mondo della Rete, di solito non esattamente tenero nei nostri confronti. Oggi, mentre Casini sul palco tuonava contro l’insufficienza del governo e rilanciava le nostre ricette per il salvataggio del Paese, ha trasmesso un entusiasmo e un’energia ai militanti e alla platea incredibili. A un certo punto alcuni settori del pubblico non si sono più potuti trattenere e sono esplosi in un’ovazione, urlando “Casini Presidente, Presidente, Presidente!”, in modo così spontaneo ed energico da far scattare in piedi anche me, che non sono certo un novellino di queste iniziative e so bene come spesso cose del genere siano concordate ex ante: ma non era questo il caso.

Stavolta in quell’esplosione di gioia e di festa c’era un sentimento sincero e antico: l’empatia e la soddisfazione che si provano quando ci si sente pienamente rappresentanti dal proprio leader. Eppure, per me, non è stato solo questo: c’è un’altra motivazione che mi ha spinto a “esplodere”: ed è, principalmente, una questione di “orgoglio”. Sì, proprio “orgoglio”. Perché l’edizione di Chianciano 2011 è stata per me la riprova “finale” che la scelta fatta l’anno scorso di restare nell’Udc siciliana, in un momento in cui sembravamo tutti destinati ad essere trascinati via dalle follie dell’autunno di un vecchio patriarca, in un momento in cui tanti amici preferirono lasciare la casa comune e veleggiare verso lidi che non potevano e non potranno mai essere “nostri”, non era solo “coraggiosa” o magari “ingenua”. Era giusta.

Grazie Pier, per avermelo confermato.

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Serve uno sforzo di pacificazione nazionale

postato il 10 Settembre 2011

Concordare con il premier l’agenda di fine legislatura

Il presidente del Consiglio deve fare un passo indietro, ma deve farlo anche l’opposizione che non puo’ salvarsi la coscienza solo proponendo a Berlusconi di andarsene via. Dobbiamo essere disponibili a concordare con lui e con il Pdl l’agenda di fine legislatura, perché si realizzi un grande sforzo di pacificazione nazionale: nelle divisioni e nelle liti c’è la rovina dell’Italia e di tutti noi.
Non possiamo essere ridotti a mendicare fuori dalla porta la benevolenza dei governanti europei. Non aspettiamo che ci salvino gli altri, siamo noi che dobbiamo farlo. Ma maggioranza e opposizione insieme non bastano se non ci sarà un coinvolgimento della società civile: non l’evocazione di uomini della provvidenza ma la chiamata al lavoro di personalità già sperimentate a livello europeo che siano garanzia per i mercati, gli investitori e i nostri partner comunitari di un’Italia che finalmente vuole fare sul serio. Un governo politico con le migliori energie del Paese.

Pier Ferdinando

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Il Mediterraneo, tra Europa e Primavera Araba

postato il 10 Settembre 2011

Riceviamo e pubblichiamo di Jacob Panzeri

Il termine Mediterraneo deriva dalla parola latina Mediterraneus, che significa “in mezzo alle terre”. Vero e proprio ponte tra territori, è la culla di alcune tra le più antiche civiltà del pianeta e uno straordinario crocevia di genti e di culture. Ma da tempo le acque del Mediterraneo sono inquinate, e non solo per le 500 tonnellate di frammenti di plastica che vi galleggiano, ma per l’incapacità di creare una reale politica in grado di abbracciare  i popoli Mediterranei. Venire incontro all’inesauribile desiderio di libertà protagonista della primavera araba dovrebbe essere un diritto e un dovere per l’Europa, e non con il mero scopo di  preservare o rafforzare i propri accordi economici, ma per creare una vera realtà mediterranea. Un abbraccio in cui potenziarci a vicenda che si avvalga di una seria campagna immigratoria non propagandistica (il numero dei clandestini giunti in Italia tramite i famigerati barconi sono soltanto il 2-3% dei clandestini che per lo più si intrufolano ottenendo un permesso temporaneo, un visto turistico, per poi rendersi latitanti). Occorre una nuova prospettiva in cui guardare non solo alle braccia ma al cuore e al cervello, respingere con durezza chi non desidera davvero  migliorare la propria vita e rendere un servizio all’Italia e  allo stesso tempo accogliere con maggiore efficacia e umanità i giovani dei paesi mediterranei che potranno un giorno diventare protagonisti della vita del loro paese, migliorarlo e conseguentemente migliorare anche noi. Ecco perché è una prospettiva sbagliata quella condotta per oltre trent’anni e cioè avallare regimi con limitazione delle libertà personali e sociali che possono essere definite delle vere e proprie dittature in cambio della stabilità politica del territorio ed economica per i nostri interessi.

L’età media dell’Egitto è 22 anni, è un paese con un altissimo tasso giovanile che vuole sentirsi protagonista, è in contatto con tecnologie come internet che gli permettono di avere uno sguardo globale, sono giovani che non si fanno condizionare dai radicalismi islamici e desiderano una vita migliore di democrazia e libertà. E’ il caso di Abdu Azzab, giovane egiziano al terzo anno di economia dell’Università di Trento che ci ha reso una preziosa testimonianza del suo paese. I giovani egiziani sono stati 18 giorni in piazza Tahir a chiedere le dimissione del governo Mubarak e una nuova speranza per l’Egitto. Gli estremisti hanno tentato durante la rivolta a più riprese di prenderne la testa ad esempio con il tentativo di sabotaggio dell’ambasciata israeliana del Cairo ma venendo anch’essi sconfitti dalla sete di libertà dei giovani. Ci racconta Abdu che oggi Piazza Thair ha raggiunto per lui davvero un valore sacro e uno dei segni che più lo ha emozionato è stata la preghiera interreligiosa tra cristiani e musulmani. Oggi i principali esponenti del governo Mubarak sono agli arresti e l’Egitto è in attesa delle prime elezioni democratiche dopo trenta anni. Auguriamo all’Egitto e agli altri paesi oppressi di poter finalmente vedere la luce e a questi giovani di abbeverarsi continuamente alla loro speranza per costruire un futuro migliore. Insieme. Per un nuovo grande Mediterraneo.

 

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Rassegna stampa, 10 settembre ’11

postato il 10 Settembre 2011
A Chianciano le cose si fanno sempre più interessanti: ieri grande confronto sul nostro palco tra Pezzotta, Bonanni, Passera e Marcegaglia, a cui i giornali di oggi dedicano molto spazio. Dal Messaggero, trovate un articolo di Alberto Gentili sulle strategie che sembrano emergere dall’incontro tra noi e le varie forze responsabili del Paese, che si traducono in una richiesta secca al Premier Berlusconi: si dimetta e indichi un successore per un nuovo, grande governo di “responsabilità nazionale”, perché se no – come sostiene Casini – anziché “favorire la successione, ne verrà travolto”, con le ovvie conseguenze. La Marcegaglia, infatti, è stata durissima nei confronti dell’esecutivo: deve essere credibile, altrimenti ne tragga le ovvie conseguenze e passi la mano; non si può pensare di continuare a galleggiare, aggrappandosi all’ancora di salvataggio lanciata dalla BCE e dall’UE; anche perché lì le cose stanno cambiando molto rapidamente: ieri si è dimesso il commissario tedesco nel board BCE, Stark, contrario alla politica di salvataggio europeo da proseguire comprando titoli di debito pubblico dagli Stati membri; per questo, chi si barcamena nel difficile sport di indovinare quanta vita resta a questo governo, deve sempre mettere in conto il fatto che qui non si tratta più di una contrapposizione tra maggioranza e opposizione all’interno dei confini di uno stato sovrano, ma tra il governo di quest’ultimo e le grandi forze sovranazionali della politica e del mercato. Come si può pensare che l’UE compri a “fondo perduto” il nostro debito? Lo hanno ribadito anche la Marcegaglia e Passera: bisogna ripartire subito con la crescita, abbiamo tutti i mezzi per riuscirci in autonomia (certo, c’è anche da sottolineare la tradizionale diffidenza che Stark e la Germania in genere hanno sempre avuto nei nostri confronti, come ricordano in un’intervista al Corriere, il Presidente Ciampi, e in un fondo su La Stampa, Mario Deaglio). Oggi, poi, interverrà il leader dell’Api, Francesco Rutelli, che rilancia l’appello fatto ieri dal coordinatore siciliano di Fli, Briguglio: il Terzo Polo deve unirsi “davvero”, per aprirsi alle forze migliori della politica e costruire l’alternativa all’attuale sistema (mica si può pensare di lasciare il monopolio della novità alla Sinistra? Lo sostiene oggi sul Riformista anche il deputato Pd Merlo, figuratevi). La strada è segnata, anche se – come spiega bene oggi Cisnetto su Liberal – ci sono prima “quattro macigni” da superare: l’atteggiamento di Berlusconi, gli errori strategici del Pd, la mancata coesione delle opposizioni, la legge elettorale. Lavoriamo per questo.

La tela di Casini per il dopo: Silvio indichi il successore (Alberto Gentili, Il Messaggero)

Passera fa la star alla festa Udc (Secolo d’Italia)

Marcegaglia: il Governo agisca o vada via (Nicoletta Picchio, Sole24Ore)

Marcegaglia attacca: l’esecutivo sia credibile o tragga le conseguenze (Lorenzo Fuccaro, Corriere)

L’ultimatum della Marcegaglia: “Se non ce la fa, il governo lasci” (Vladimiro Frulletti, l’Unità)

L’ultimatum della Marcegaglia: Italia in pericolo (Roberto Giovannini, La Stampa)

Napolitano: “Crescita problema drammatico” (Umberto Rosso, La Repubblica)

Rutelli: “Caro Casini, uniamoci davvero” (Errico Novi, Liberal)

Ciampi: “Stark? Su noi nell’euro scoppiò a ridere” (Marzio Breda, Corriere)

Germania, troppa virtù fa male (Mario Deaglio, La Stampa)

Ci sono quattro macigni da superare (Enrico Cisnetto, Liberal)

Pd, l’alternativa di sinistra non è credibile (Giorgio Merlo, Il Riformista)

La verità del Quirinale (Miguel Gotor, La Repubblica)

Il coraggio di dirlo al Cavaliere (Emanuele Macaluso, Il Riformista)

Fazio: “Abolire questi ticket iniqui e tassare il tabacco” (Avvenire)

Conservatori e immobilisti (Ernesto Galli Della Loggia, Corriere)

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Da Chianciano arriva l’agenda per la crescita

postato il 10 Settembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Cosa ci vuole per fare crescere l’Italia?

In una giornata nerissima per i mercati finanziari, funestata dalle dimissioni di Stark, membro tedesco del board della BCE , la domanda è attuale e assume ancora più importanza.

Stark era il membro tedesco nel board della BCE ed era sempre stato in aperto contrasto con i piani di intervento della BCE per sostenere i paesi a rischio, ovviamente le sue dimissioni pongono dei dubbi sulle politiche future della BCE e questo ci riguarda direttamente visti gli interventi dei gironi scorsi per sostenere i nostri titoli di Stato.

Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, durante il meeting di Chianciano ha riconosciuto che l’Italia è in pericolo, anzi ha detto testualmente: «O i problemi li diciamo chiaramente – ha aggiunto – o se li lasciamo fuori dal tavolo, se facciamo finta che non ci siano, facciamo un danno al Paese».
La Presidente di Confindustria ha anche richiamato l’attenzione su un cambiamento della percezione verso l’Italia da parte degli investitori esteri, e ha rilevato che “si sta allargando anche lo spread a nostro sfavore tra noi e la Spagna. Siamo considerati meno credibili della Spagna che aveva una situazione politica difficile, poi Zapatero ha detto “non ce la faccio più, non ho più la credibilità dei mercati, vado a elezioni”.

Eppure, la nostra economia, è più solida, basti pensare che la Spagna ha una disoccupazione ufficiale oltre il 20%, mentre noi siamo tra l’8 e il 9%, quindi noi dovremmo essere un investimento più appetibile rispetto la Spagna, eppure non lo siamo. Perché?
Perché il governo spagnolo ha avuto il coraggio di fare scelte difficili, guidate non dai sondaggi, ma da un alto senso etico e dello Stato: Zapatero ha preso atto dei problemi del suo paese, ha fatto approvare delle misure per il rilancio dell’economia spagnola e poi si è dimesso, con la conseguenza che la Spagna andrà ad elezioni anticipate questo autunno. Questa scelta non è stata vista come irresponsabile, ma anzi come una garanzia di solidità e affidabilità.

Noi invece abbiamo un serio problema di affidabilità, come ha rilevato la presidente di Confindustria che dice: «Abbiamo un problema di credibilità. O il governo, molto velocemente dimostra che è in grado di fare una grande operazione, in termini di quantità ma anche di equità, superando i veti, oppure penso che dovrebbe trarne le conseguenze perché non possiamo restare in questa incertezza».

La Marcegaglia ha criticato duramente la manovra perché «per il 60% è composta da nuove tasse. Passiamo a una pressione fiscale pari al 44,5%, cioè il massimo storico in Italia. È una manovra depressiva». Inoltre, ha insistito il presidente di Confindustria, «non contiene interventi strutturali: bisogna affrontare il nodo pensioni, fare le liberalizzazioni e le privatizzazioni».

Il capo degli industriali ritiene che si debba intervenire anche sui costi della politica «senza fare demagogia perché in un momento complicato come questo non bisogna accendere la miccia
dell’antipolitica». Ma per riuscire a tornare a crescere dobbiamo risolvere due problemi: le pensioni di anzianità, perché è inammissibile essere gli unici ad avere pensionati di 58 anni, e il lavoro femminile. Sono due problemi che devono essere risolti perché siamo molto distanti dall’Europa su questi due punti. “Quindi tutti facciano sacrifici a partire da chi ha di più: bisogna mettere insieme un sistema per cui abbassiamo le tasse su chi tiene in piedi il paese cioè i lavoratori e le imprese e alzarle sul resto: Iva, patrimoni, rendite, su tutto quello che è necessario”. Dobbiamo anche considerare i costi della politica ed è inaccettabile che con la fiducia sulla manovra il Governo abbia fatto sparire i tagli alle indennità parlamentari e agli enti inutili, mentre gli enti locali hanno circa 1 milione e duecentomila abitazioni di proprietà pubblica che costano il doppio di quanto rendono e che invece potrebbero essere usate per azzerare le situazioni debitorie degli enti locali e ridurre il debito dello Stato.

Da questo panorama emerge una cosa strana, cioè che, se dal panorama eliminiamo il fattore politico, osserviamo che in questi mesi abbiamo esportato tanto quanto la Germania e siamo il secondo paese manifatturiero europeo dopo i tedeschi, e siamo anche percepiti come partner affidabili. Quindi abbiamo un sistema economico vitale, che regge la concorrenza straniera, ma quando si guarda il “sistema Italia” inserendo nell’analisi anche la politica, diventiamo inaffidabili. E questo francamente non è accettabile, e quindi il Governo dovrebbe agire prendendo anche atto dei suoi fallimenti ed errori.

In questo solco si è inserito l’amministratore delegato di Banca Intesa, Corrado Passera, il quale ha affermato: “noi vogliamo salvarci da soli, e’ ora di finirla di pensare che l’Europa ci salvi, e’ una cosa mortificante. Abbiamo tutti i numeri per tenerci insieme e per ristrutturarci e per rilanciarci. Finché – ha detto ancora – saremo il Paese che deve essere salvato, con un membro Bce che getta la spugna e batte i pugni sul tavolo e se ne va, siamo un Paese che non conta più nulla”. Al contrario, ”se noi vogliamo essere parte della sala di regia dove siamo stati nel momento migliore dell’Europa, se vogliamo tornarci e non essere la Grecia 2 come stiamo diventando, noi dobbiamo metterci a posto da soli e possiamo farlo”.

Anche perché il nostro sistema bancario finora è stato tra i più solidi e affidabili dell’Europa, l’unico che finora ha superato tutti gli stress test, senza avere banche in crisi di liquidità, o che hanno avuto bisogno di aiuti statali o di ristrutturazioni. Le nostre banche sono, come tutto il nostro sistema economico, estremamente solide e oculate nei loro interventi e investimenti. E quando il tessuto bancario è solido, la gente ha un’arma in più, ovvero la fiducia che i loro risparmi sono al sicuro.

Passera ha ribadito che ”possiamo crescere, abbiamo i numeri per farlo, abbiamo le risorse”. Dunque, ha concluso il manager, ”dopo la manovra, che ha dei limiti, dobbiamo mettere in moto un piano ampio per salvarci da soli e tornare a essere protagonisti”.

Ma basta parlare di economia per capire un paese? Probabilmente no, e a tal proposito voglio chiudere ricordando le parole di Pezzotta che ha aperto il dibattito con una riflessione: bastano le privatizzazioni e le liberalizzazioni per la crescita di un paese? Basta il PIL a misurare la crescita di un paese? Evidentemente no, perché la crescita deve basarsi anche sull’etica e la formazione. Dobbiamo rilanciare la tradizione economica mediterranea rispetto all’economia di stampo anglosassone, dominata dall’ossessione del PIL. Il PIL è un metro di misura, ma non è l’unico, bisogna anche considerare la crescita morale, etica e culturale, ma ovviamente questi ultimi punti non devono essere usati per coprire leggerezze in politica economica.

Quindi, va bene usare il PIL come metro di misura, ma bisogna affiancarlo ad altre misure che tengano conto di altri aspetti “più umani” della vita sociale, senza che questi ultimi siano usati per giustificare l’irresponsabilità economica come è avvenuto in passato.

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A Chianciano si ragiona di economia e di futuro.

postato il 10 Settembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

Si è appena conclusa la tavola rotonda “L’Agenda per la Crescita”, incontro clou della giornata di oggi. Sul palco della nostra convention si sono confrontati – in una giornata nera per l’economia mondiale, con lo spread italiano arrivato a oltre quota 350 e con le dimissioni del commissario tedesco nel board BCE, Stark – ospiti d’eccezione, quali Emma Marcegaglia, Presidente di Confindustria, Raffaele Bonanni, segretario generale della CISL, Corrado Passera, Chief Executive Officer di Intesa Sanpaolo, Alberto Orioli, vicedirettore del Sole 24 Ore, e il nostro Savino Pezzotta, Presidente della Costituente di Centro. Si è ragionato di economia e di prospettive future, partendo dalle difficoltà della crisi che stiamo vivendo in questi mesi, in modo concreto e stimolante: in un periodo in cui il nostro Paese è sempre più teatro di lotte intestine, di incomprensioni, di scelte di campo eternamente divergenti (del resto, ieri Pisanu si è chiesto, sconsolato: “che razza di Paese siamo diventati? Non riusciamo più ad unirci nemmeno in questi casi!”), vedere i rappresentanti dell’Industria, delle Banche e dei Sindacati trovare un punto di interlocuzione comune e sviluppare una discussione comune, non è sicuramente un fatto da sottovalutare. E che ciò sia avvenuto proprio sul palco della nostra convention, altro non è che la riprova che i nostri appelli alle “responsabilità nazionale” e agli “sforzi comuni” non sono solo parole al vento: sono, piuttosto, il presupposto per poter cercare delle soluzioni coraggiose e strutturali ai nostri problemi. Perché, come ha ben detto Pezzotta, non si può pensare di trovare riparo in scorciatoie ed escamotage “tecnici”: la risposta deve venire dalla politica, ma da una politica che sappia – finalmente – diventare “responsabile” e, quindi, “istituzionale”.

In questi mesi, si è lungamente ragionato sui “limiti” della politica, che a detta di molti avrebbero rappresentato uno delle cause principali dell’esplosione dello strapotere dei mercati. Noi, da parte nostra, più che di “limiti” della politica, abbiamo sempre preferito parlare di “assenza di coraggio”, di incapacità di dettare la linea ai mercati, anziché farsela da loro dettare; ecco, perché i veri “limiti” della politica sono ben altri e ben più semplici (forse): sostanzialmente, ha ribadito Pezzotta, l’errore fondamentale sta nel fatto che i politici italiani hanno smarrito una visione di insieme e di futuro, dimenticando che la loro grande missione sta proprio in questo, nella capacità di saper interpretare i tempi e di guardare al momento di “crisi” non come una fase depressiva da domare, ma come un’occasione per fare quelle riforme strutturali ormai improrogabili per il nostro “sistema Paese”: “dobbiamo smetterla – ha tuonato il Presidente della Costituente – di scaricare le nostre colpe sui mercati. Il vero problema non è speculazione, ma  la cronica insufficienza del Governo!”. Sulla stessa linea d’onda anche gli altri intervenuti: la Marcegaglia, infatti, molto applaudita e gradita dalla nostra platea, ha impostato il suo discorso sulla necessità di un rilancio della crescita economica, da conseguire attraverso l’adozione di diversi provvedimenti in grado di contemperare le richieste di tutte le categorie sociali (per cui, sì anche alla patrimoniale, se questo volesse dire sgravi fiscali, liberalizzazioni e privatizzazioni): e, stuzzicata da una domanda del moderatore Orioli, non ha avuto problemi nel dire che se questo Governo dovesse continuare a percorrere, come ha fatto finora, la strada dell’indecisionismo,  un cambio di guida diventerà indispensabile e irrinunciabile (meraviglioso il passaggio: “noi, per salvare 158 mila pensionati 58enni padani, stiamo pagando un prezzo altissimo: è inaccettabile”). Ancora più esplicito e diretto è stato poi Corrado Passera, che ha battuto insistentemente su un punto fisso: l’Italia ha tutte le carte in regola per uscire dalla crisi da sola, non c’è bisogno di restare aggrappati all’ancora di salvataggio lanciataci dalla BCE e dalla UE. Per riuscirci, basta fare un ragionamento serio sulle priorità e sulle urgenze da risolvere, a partire dalla lotta all’evasione, che dovrebbe essere perseguita senza sconti e indulgenze per nessuno: è inaccettabile che, esclusi i dipendenti, siano pochissimi gli Italiani a dichiarare più di 100 mila euro l’anno. Interessante anche l’intervento di Raffaele Bonanni, che – pur sicuramente in una prospettiva diversa, ma non per questo antitetica da quella della Marcegaglia e di Passera – ha fatto leva sulla necessità di “modernizzare” l’Italia, facendo un esempio più che calzante: com’è pensabile che in Val di Susa, la Tav, un’opera che è già pronta da 4 anni in Francia e che ci chiede l’Europa, sia bloccata da un gruppo di facinorosi ed estremisti? Dov’è il decisionismo, la forza, l’autorità di chi governa? Magistrale a tal punto proprio l’intervento finale del presidente Marcegaglia che ha concluso la tavola rotonda: il compito che le forze responsabili del nostro Paese, in testa ovviamente l’Udc, deve essere quello di dare voce alla “maggioranza silenziosa” italiana che, al contrario di una “minoranza silenziosa”, si rifiuta di cedere al richiamo della demagogia e continua a sognare un Paese moderno. E, tutto sommato, normale.

 

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Quanti sistemi sanitari esistono in Italia?

postato il 9 Settembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Jakob Panzeri

Il 39% delle donne del meridione effettua analisi di screening del tumore alla mammella contrariamente al 68%,con punte superiori al 70% del Nord Italia. Questo significa che una donna campana ha una probabilità doppia rispetto a una donna lombarda di ammalarsi. Quanti sistemi sanitari esistono in Italia? Ufficialmente uno solo, il servizio sanitario nazionale istituito nel 1978 da Carlo Donat Cattin, ma in realtà leggi e modifiche costituzionali come il titolo V della Costituzione sulla Sussidiarietà hanno spinto le regioni ad avere un peso determinante nella gestione sanitaria, tanto da poter contare all’interno dell’unico sistema nazionale 20 o 22 servizi sanitari diversi (considerando anche le province autonome di Trento e Bolzano).

E se questo aspetto ha giovato agli enti regionali che hanno saputo ben organizzare la gestione sanitaria, in altre ha contribuito a creare una disparità abissale nello sviluppo di tecnologie diagnostiche, farmaci innovativi, servizi offerti ai cittadini. E’ il caso dei viaggi della speranza che riguardano circa 1 milione di persone che ogni anno si muovono dal meridione verso il nord e in particolare verso gli ospedali della Lombardia per ottenere cure migliori. E’ il caso dell’ospedale San Gerardo di Monza, punta di eccellenza del sistema sanitario lombardo e italiano, in cui è avvenuto recentemente un eccezionale intervento chirurgico, un doppio trapianto di mani. L’ospedale San Gerardo si è anche reso responsabile, una delle strutture prime in Europa, nella conservazione dei cordoni ombelicali per la ricerca in cellule staminali etiche. Ogni regione ha la possibilità di organizzare la gestione sanitaria in modo indipendente, ad esempio nell’Emilia Romagna di Vasco Errani strutture private sono praticamente inesistenti mentre in Regione Lombardia il privato svolge un ruolo determinante ed è stata una priorità del governo regionale garantire la libertà di scelta nelle cure, aprendo alla mutua strutture ospedaliere come l’ospedale San Raffaele (che certo soffre problemi di cattiva gestione manageriale ma non pecca assolutamente nella fruizione dei servizi sanitari).

Ogni punto in più di miglioramento del servizio sanitario nazionale equivale a un incremento dello 0.25% del Prodotto Interno Lordo: le scienze della vita hanno un ruolo determinante non solo nella nostra vita ma anche nella nostra crescita e nel nostro futuro. Non mancano i punti negativi per cui andrebbero sviluppato nuove politiche: stime ministeriali affermano che 1/3 dei ricoveri ospedalieri sono inappropriati ed è in crescita da parte dei medici di base ed ambulatori la prescrizione di farmaci ad effetto placebo, cioè privi di un efficacia terapeutica ispirata ai principi attivi ma in grado di influenzare la psicologia e le attese dell’individuo. Per non parlare ahinoi di ogni forma di malasanità.

Ricordiamolo: le scienze della vita sono il nostro futuro, lavoriamo insieme per migliorare il nostro sistema sanitario nazionale.

 

 

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Tobin tax o Eurobond?

postato il 9 Settembre 2011

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Nei giorni scorsi si è dibattuto su Tobin Tax e su Eurobond come di due strumenti alternativi per cercare di sostenere l’Europa in questa crisi e anche oggi i ministri di Germani e Francia hanno nuovamente chiesto di introdurre questa tassa.

Personalmente sono contrario alla Tobin Tax e a favore degli Eurobond, perché la prima avrebbe un effetto depressivo per i mercati, mentre con i secondi si potrebbero reperire facilmente risorse da destinare agli investimenti in infrastrutture e per la crescita.

Ma effettivamente cosa sono?

La Tobin Tax prende il nome dal suo ideatore, l’economista James Tobin, e si configurava, al momento della sua ideazione, come una tassa da fare pagare agli operatori finanziari per ogni transazione sui mercati valutari, con lo scopo di rendere poco appetibili le speculazioni di brevissimo periodo che lucravano sui piccoli scarti tra una valuta e l’altra.

L’idea è piuttosto semplice: ad ogni cambio da una valuta ad un’altra, si preleverebbe una piccola tassa, di circa  mezzo punto percentuale del montante. In questa maniera, si scoraggerebbero gli speculatori, perché molti investitori piazzano a brevissimo termine i loro soldi nelle valute. Se questi soldi vengono improvvisamente prelevati, i paesi devono alzare drasticamente i tassi di interesse in modo da mantenere attraente la valuta. Tuttavia, alti interessi sono spesso disastrosi per l’economia locale.

I ricavi della tassa per Tobin erano solamente un sottoprodotto , come da lui affermato durante la sua ultima intervista rilasciata a Der Spiegel. Inoltre facendo diminuire gli scambi, diminuiscono anche gli introiti di questa tassa.

Sbaglia quindi chi pensa di potere avere introiti consistenti su questa tassa, soprattutto perché se non viene applicata a livello mondiale, i danni sono maggiori dei benefici, come dimostrato dall’esperienza svedese che aveva messo la Tobin Tax, ma ha dovuto toglierla perché i ricavati erano infinitesimali e quasi tutti gli scambi si erano spostati dalla borsa valori svedese a quella londinese, producendo una grande depressione per i mercati finanziari svedesi.

E’ logico pensare che, se si applicasse la Tobin Tax solo nell’Europa continentale, gli scambi si sposterebbero in mercati privi di questa tassa, e quindi il suo effetto sarebbe nullo come introiti, e anzi produrrebbe una grave crisi per gli operatori dei mercati finanziari, proprio per questo moltissime nazioni europee sono contrarie all’idea di imporre la Tobin Tax.

Discorso diverso per gli Eurobond, che sono delle obbligazioni emesse da tutta l’Europa e quindi godrebbero di un buon rating e di tassi di interesse abbastanza bassi, in quanto sarebbero garantiti da tutti i paesi europei (fenomeno detto risk pooling: ossia la trasformazione di rischi individuali in frazioni di rischio collettivo ).

I fondi ottenuti dagli Eurobond potrebbero poi essere usati, non solo per gli interventi della BCE e per gli Stati in crisi come la Grecia, ma soprattutto per finanziare investimenti in infrastrutture e il rilancio produttivo dell’Europa, stimolando la crescita e con effetti espansivi sui mercati.

Questo genererebbe un aumento del PIL europeo e quindi un aumento della ricchezza prodotta e del numero dei lavoratori occupati, diventando quindi uno strumento utile per il contrasto alla crisi attuale.

E’ chiaro che bisognerebbe strutturare bene gli Eurobond, soprattutto perché esistono varie tipologie: Stability Bond (Sb), UnionBond (Ub) e EuroBond (Eb) propriamente detti. Poi alcuni parlano anche di EuroUnionBond (Eub).

Gli UnionBond (Ub) furono proposti dal presidente della Commissione europea Jacques Delors nel “Libro bianco Crescita, competitività, occupazione” del 1993 e dovevano essere garantiti dal bilancio della Comunità europea per finanziare investimenti in grandi infrastrutture transeuropee i cui ricavi sarebbero andati ai promotori dei progetti medesimi (enti del settore pubblico e ditte private) onerati dagli interessi e dal rimborso degli Ub. Barroso e la Commissione Europea nel 2010 hanno sostenuto una variante degli Ub, ovvero i “projectbond” (Pb), per realizzare singole infrastrutture europee con finanziamenti nel partenariato pubblico-privato. I Pb andrebbero emessi da privati ma garantiti dal bilancio comunitario e dalla Bei. Ne esistono già alcuni varati dalla Bei e dal “Fondo Marguerite” operativo del 2008 con “core sponsors” costituiti dalle Casse depositi e prestiti (o forme affini) di Francia, Germania, Italia, Polonia, Spagna e dalla Bei. Si tratta di partecipazioni minoritarie in nuovi progetti di infrastrutture europee per trasporti, energia ed energie rinnovabili.

Gli EuroBond propriamente detti sono stati presentati come mezzo per ristrutturare i debiti pubblici nazionali degli Stati membri della UE e addirittura furono proposti nel 2010 da due ministri dell’economia: Jean-Claude Juncker (presidente dell’eurogruppo) e Giulio Tremonti.

Il vantaggio più grande degli Eurobond è che i titoli di Stato dei Paesi membri dell’euro rimangono attaccati e attaccabili, proprio perché il singolo stato ha un peso limitato sui mercati mondiali; cosa ben diversa sarebbero invece delle obbligazioni garantite da un intero continente.

Ovviamente i soldi ottenuti dagli Eurobond non dovrebbero servire a colmare i disavanzi dei vari paesi (come erroneamente ritengono molti), ma a finanziare la crescita e l’occupazione tramite investimenti produttivi, con il risultato che queste obbligazioni si ripagherebbero poi con gli introiti generati dagli investimenti.

 

 

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Chianciano 2011, indicatemi le vostre priorità

postato il 9 Settembre 2011

In questi giorni a Chianciano tanti ospiti qualificati si confronteranno con noi sull’emergenza economica e sulla necessità di riformare strutturalmente il “sistema Paese”. Ma i veri protagonisti della convention siete voi: indicatemi le vostre priorità per rilanciare l’Italia, lasciando un breve commento qui, sul mio profilo Facebook, scrivendo un tweet utilizzando l’hashtag #Chianciano o inviando un sms al 333.5716290.

Perché solo quando gli Italiani si uniscono, diventano capaci di grandi imprese.

Pier Ferdinando

 

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A Chianciano arriva lo “Speaker’s Corner”

postato il 9 Settembre 2011

Anche la convention dell’Udc di Chianciano ha il suo Speaker’s Corner (angolo degli oratori). Similmente a quello più famoso di Hyde Park anche il prato del parco Fucoli ha da quest’anno il suo angolo destinato a quanti vogliono esprimere le proprie idee e la propria opinione sull’attualità politica ed economica e sulle conferenze che si succedono a ritmo serrato. Protagonista indiscusso del microfono aperto del parco Fucoli è stato Rocco Buttiglione che ha radunato intorno al podio una piccola folla con cui ha interloquito anche animatamente su temi come le pensioni e i tagli ai costi della politica. La presenza di quest’angolo è senza dubbio una novità positiva, un segno di ascolto non indifferente ma soprattutto vuole essere una opportunità per accorciare le distanze, a volte abissali tra la gente e la classe politica.

 

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