Archivio per Gennaio 2012

Casini: «Il governo va bene e deve fare ancora tante riforme per l’ltalia»

postato il 9 Gennaio 2012

L’intervista pubblicata su l’Unità di Susanna Turco

Con Monti l’Italia è tornata al centro del ring, e ora i compiti li devono fare tutti, Merkel compresa». «La politica italiana deve autoriformarsi in fretta, a partire dalla riduzione dei parlamentari». «Il referendum? A prescindere dalla Consulta, la legge elettorale va cambiata comunque». Di ritorno da una vacanza alle Maldive oggetto di polemiche che liquida con una battuta («sì, stavo in un club esclusivo con cinquecento italiani») Pier Ferdinando Casini, leader Udc e grande sponsor dell’attuale governo, parla della fase due che va a incominciare: per l’esecutivo, e per i partiti. Con sguardo lungo sul Centro: «Un grande rassemblement dei cattolici? Più che temerlo lo auspico. Chi lo condivide, nel Pdl e nel Pd, non dovrebbe sottrarsi».

Prima Sarkozy, a breve la Merkel: come giudica la missione europea di Monti?
«Finalmente siamo di nuovo al centro del ring. L’Italia è sempre stata un Paese fondamentale per gli equilibri europei, e oggi torna ad essere indispensabile. La fase è delicatissima, ma è importante che ci sia chi, come Monti, parla del nostro Paese dicendo ciò che va detto anche a Francia e Germania. Abbiamo fatto i compiti a casa, adesso tutti devono farli. Intendo dire che anche la Merkel deve porsi il problema. Comprendo le motivazioni del suo pressing perché ci sia una presa di coscienza e si cambi passo: ma una volta provocato l’elettroshock, se la Germania non è lesta rischia di finire anche lei sotto le macerie dell’Europa». [Continua a leggere]

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La differenza tra imprenditori disperati e i soliti furbetti.

postato il 7 Gennaio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Roberto Dal Pan

La cronaca giornalistica riesce, a volte, a costruire scenari talmente intrisi di cinismo e disperazione che non sfigurerebbero nelle opere romanzesche di Scerbanenco, Lucarelli o Carlotto; la differenza essenziale è che quello che viene raccontato è tutto tremendamente vero. Così, nei giorni scorsi, l’inchiostro delle rotative di buona parte della stampa nazionale ha disegnato un incredibile rincorrersi di situazioni che ci impone almeno alcune riflessioni e non poche domande.

A metà del mese di dicembre, quando tutto sembrava rarefarsi nell’atmosfera natalizia e le case erano già adorne di luci ed alberi agghindati a festa, un uomo della provincia di Padova, un piccolo imprenditore, un padre e un nonno la cui impresa era in realtà una prosecuzione ideale della sua famiglia, si è tolto la vita per non aver retto al carico dei debiti da cui si sentiva oppresso, non per avere dilapidato i suoi averi ma per non essere riuscito a riscuotere quanto gli era dovuto.

Un paio di settimane dopo, il 29 dicembre quando tutti si preparavano a festeggiare la fine dell’anno, la stampa ci dava notizia di un altro piccolo imprenditore astigiano, padre di tre figlie che, preso dalla disperazione di dover licenziare i propri dipendenti per mancanza di liquidità, non trovava di meglio che tentare una goffa rapina alle poste armato di cacciavite. Lo stesso giorno le cronache riportavano che nella dorata realtà di Cortina d’Ampezzo la locale Guardia di Finanza identificava quattro persone che per il fisco risultavano nullatenenti ma che in realtà avevano occultato patrimoni per più di 500 mila euro. Dei cinque protagonisti delle cronache sopra ricordate, il solo a finire in carcere è stato l’imprenditore in rovina, così come prevede la Legge.

E’ delle ultime ore la notizia del controllo, invero un poco muscolare, del personale dell’Agenzia delle Entrate nella stessa Perla delle Dolomiti che ha dato, a quanto si apprende dalla stessa Agenzia, risultati insperati facendo fiorire l’economia locale dato che la presenza degli ispettori tributari avrebbe fatto salire gli incassi di alcuni esercizi fino al 3-400% (altro che decreto “Cresci-Italia”) oltre ad aver fatto scoprire una schiera di poveri pezzenti al volante di automobili da decine di migliaia di euro di valore.

Ironie a parte, nel Nord Est si contano ormai all’incirca 40 casi di suicidio tra imprenditori, tutti piccoli o piccolissimi e per i quali l’impresa è vissuta come una parte della vita famigliare e molto spesso ne è infatti strettamente connessa; il legame con il territorio ed i rapporti che si instaurano con i collaboratori impediscono al “padrone” di estraniarsi dalla sorte dell’azienda quel tanto che basta per non farsi coinvolgere dai rovesci della fortuna, se poi alla crisi vanno a sommarsi i problemi col credito, la concorrenza sleale ed una certa insensibilità delle amministrazioni pubbliche il quadro è completo.

A far da contraltare a questa situazione si trovano però altre realtà in cui, come il caso Cortina dimostra ed i recenti dati fiscali confermano, si verifica che circa il 42% dei possessori di barche dichiara meno di 20.000 euro di imponibile mentre tra i possessori di aeromobili la percentuale è del 26 % e sempre sotto il limite dei 20.000 euro di imponibile si trovano un terzo dei possessori di auto con più di 185 chilowatt di potenza.

A fronte di questi dati, le indignate dichiarazioni di protesta che si sono levate dopo i controlli effettuati dal personale dell’Agenzia delle Entrate forse andrebbero quantomeno riviste ed anzi sarebbe auspicabile che analogo fervore fosse riservato al ricordo di quei piccoli imprenditori che, di fronte all’onta del fallimento spesso causato dai mancati pagamenti da parte delle pubbliche amministrazioni, hanno optato per la tragica scelta del suicidio.

Quel piccolo imprenditore padovano con il suo tragico gesto ha forse voluto far intendere che quello era, per lui, l’unico modo per uscire dalla situazione in cui si trovava e dimostrare la sua assenza di colpe, esattamente come nel suicidio rituale dei samurai giapponesi. Le reazioni sopra le righe, anche di alcuni personaggi molto noti, alle legittime iniziative di controllo dell’amministrazione finanziaria fanno invece pensare a tutt’altra predisposizione d’animo.

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Se Calderoli (smemorato) ci indigna

postato il 6 Gennaio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

Il fatto è questo e ve lo espongo molto chiaramente, senza giri di parole o ironia alcuna. Un ex ministro della Repubblica italiana, il leghista Roberto Calderoli, ha depositato un’interrogazione in Senato – mica caramelle, un’interrogazione ufficiale – per richiedere chiarimenti al Presidente del Consiglio, Mario Monti, circa una presunta festa privata da lui organizzata per la notte di San Silvestro a Palazzo Chigi. La risposta del Premier, arrivata a stretto giro di posta, è stata un capolavoro di strategia politica – come ha notato Francesco Costa, dopo vent’anni ci ha dimostrato com’è che si tratta con la Lega – e di magistrale ironia, che ha fatto scatenare Twitter e fatto ridere me per delle ore.

La storia sembrava essere finita lì, con l’interrogante leghista messo a tacere dietro la lavagna. E invece no, visto che Calderoli, evidentemente non soddisfatto della magra figura ottenuta, intervistato oggi da Michele Brambilla su La Stampa ha spiegato di non voler ritirare la sua interrogazione, perché urge «una risposta nelle sedi istituzionali, non mi accontento certo di un comunicato stampa». Ecco. Il punto è proprio questo: l’Italia si è abituata a un tale grado di impunità dei politici, da non indignarsi di fronte a queste parole? Davvero possiamo accettare di sorbirci gli sproloqui di un uomo che ha partorito la riforma elettorale più brutta della nostra storia, che è celebre per gli incidenti diplomatici causati dalla sua straripante ignoranza e che è protagonista della pagliacciata del rogo taglia-leggi e dei Ministeri al Nord? Personalmente mi rifiuto. Ne ho fin sopra i capelli di doverlo sopportare. I leghisti hanno gridato per anni a Roma Ladrona, mentre si appollaiavano comodi sulle poltrone governative: ora che sono stati tagliati fuori – finalmente – dal circuito delle decisioni, sono tornati a fare quello che gli riesce meglio. Niente.

Se non sapessimo che è una cosa impossibile, chiederemmo al Sen. Calderoli di smettere di rendersi ridicolo a tutte le ore del giorno e della notte. Ma siccome lo sappiamo, chiediamo almeno ai nostri giornalisti di evitare di garantirgli una visibilità che non merita: così noi avremo più tempo di occuparci e di discutere delle cose che contano veramente.

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Rassegna stampa, 6 gennaio 2012

postato il 6 Gennaio 2012
Mentre il Premier Monti si trova Bruxelles per una delicata missione “europea” (come ci spiega Franco sul Corriere), in Italia arrivano dati preoccupanti: Bocciarelli sul Sole ci descrive l’ennesimo rialzo del tasso di disoccupazione, arrivato all’8,6%, che lascia a casa ben un terzo dei giovani in età da lavoro. Ecco perché si rende sempre più necessaria un’organica e completa riforma del mercato del lavoro: il Ministro Fornero continua ad incontrare le varie parti sociali, ma la sua idea sembra ormai essersi ben delineata, come ci racconta Mania su La Repubblica: si dovrebbe assumere come soluzione una via di mezzo tra i disegni di legge Nerozzi-Garibaldi e quello del Senatore Ichino (che oggi, su Europa, si dice favorevole a questa scelta). Interessante a questo proposito, sul miraggio del posto fisso e l’inevitabile flessibilità, è il commento di Carlo Dell’Aringa sul Sole; da integrare nella lettura anche il pezzo di Dini e Di Natale, sul Corriere, sulla necessità di procedere a un alleggerimento liberista dello Stato, dopo la “fase 2” del Governo Monti.

Disoccupazione all’8,6%. A casa un giovane su tre (Rossella Bocciarelli, Sole24Ore)

Consulta, avanza l’ipotesi di uno stop al referendum (Sole24Ore)

Missione insidiosa con il sostegno del Quirinale (Massimo Franco, Corriere)

Reddito minimo, meno precariato ma licenziare sarà più facile (Roberto Mania, la Repubblica)

Da Marini un ottimo compromesso (Pietro Ichino, Europa)

Se l’attesa del primo posto diventa strutturale (Carlo Dell’Aringa, Sole24Ore)

Uno Stato leggero dopo la fase due (Lamberto Dini e Natale D’Amico, Corriere)

Il vero lumbard (Massimo Gramellini, La Stampa)

Il Pdl rifà la squadra e cerca il nuovo Giulio (Fabrizio de Feo, Il Giornale)

Liyan, Zhou e gli amici italiani. La mamma: ho rincorso i banditi (Rinaldo Frignani, Corriere)

Il prezzo della vita (Giancarlo De Cataldo, La Repubblica)

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Ungheria, una prova per l’Ue

postato il 5 Gennaio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

Quanto sta accadendo in Ungheria è assai preoccupante. Il locale governo di centrodestra ha, cavalcando l’onda lunga della crisi economica, scelto di imboccare una via autoritaria, procedendo a una revisione profonda della Costituzione nazionale e minando il principio liberale della separazione tra i poteri (trasformando, di fatto, in enti subordinati la Corte suprema e la Banca Centrale). Il protagonista assoluto di questa manovra è il Premier Viktor Orbán, leader del partito di maggioranza Fidesz, che ha deciso, da una parte, di sbattere in faccia la porta all’Ue e al FMI – sostenendo che «non c’è nessuno al mondo che possa dire ai deputati eletti dal popolo ungherese quali leggi possono o non possono votare» – e, dall’altra, di rilanciare la demagogia del nazionalismo, tornando ad agitare il sogno di una Grande Ungheria.

Pugno duro, quindi, contro l’Unione Europea, rea di voler “commissariare la democrazia nel Paese” (e dire che io una cosa del genere l’ho sentita pure qui in Italia, eh). Certo, ora che senza aiuti internazionali, la situazione economica ungherese è arrivata sull’orlo del collasso (Iva al 27%, tassi di debito oltre il 10 per cento, valore del fiorino crollato), il premier Orbán pare stia riconsiderando la sua posizione: ma il punto della discussione resta un altro. E cioè questo: come è possibile che l’Ue non abbia reagito, fin da subito, di fronte all’involuzione autoritaria del governo di Budapest? Come è possibile che i nostri organi comunitari non abbiano alzato fin da subito la voce, stroncando sul nascere le velleità di Orbán? Vladimiro Zagrebelsky, su La Stampa di oggi, ha ragionato in modo approfondito su questo punto, spiegando che è “in Europa le vicende interne agli Stati membri, siano esse economiche o relative alla democrazia e alle libertà civili, riguardano tutti, istituzioni europee e cittadini”. Il rispetto dei principi liberali e dei diritti civili in ogni Stato membro non è un affare nazionale, ma una responsabilità comune: e se uno degli Stati, come nel caso dell’Ungheria, decide di mettersi fuori dal rispetto delle basilari regole di convivenza civile, la soluzione non può certo essere il “congelamento” della sua adesione, o in caso estremo, la sua “espulsione”, dall’UE. Lo ha spiegato bene Le Monde, ieri, scrivendo che l’Europa “non può rimanere indifferente: una comunità di valori democratici condivisi ha l’obbligo di intervenire per tutelarli”.

In Ungheria è in gioco il rispetto della Democrazia. L’Unione Europea ha il dovere di intervenire per riportare l’ordine e ricordare che la nostra Unione non è solo un fatto giuridico.

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Capolavori

postato il 5 Gennaio 2012

di Adriano Frinchi

L’anno nuovo si è aperto con una interrogazione scritta del senatore leghista Roberto Calderoli in cui si chiede conto del cenone di Capodanno del Presidente del Consiglio Mario Monti. Sì, avete letto bene: Calderoli ha chiesto conto del cenone di Capodanno del Premier. La surreale richiesta, che nel testo rimanda a una presunta festa tenuta a Palazzo Chigi a spese dei contribuenti, ha ricevuto una risposta ufficiale con tanto di comunicato stampa della Presidenza del Consiglio che, senza dubbio, entrerà negli annali della politica italiana come capolavoro di ironia e stile politico. Ecco il testo della risposta del Premier, da leggere tutto d’un fiato immaginando la faccia di Calderoli.

il Presidente del Consiglio ha appreso da fonti di stampa che il Senatore Roberto Calderoli avrebbe presentato in data odierna un’interrogazione a risposta scritta con la quale chiede di dar conto delle modalità di svolgimento della cena del 31 dicembre 2011 del medesimo Presidente del Consiglio.

Il Presidente Monti precisa che non c’è stato alcun tipo di festeggiamento presso Palazzo Chigi, ma si è tenuta presso l’appartamento, residenza di servizio del Presidente del Consiglio, una semplice cena di natura privata, dalle ore 20.00 del 31 dicembre 2011 alle ore 00.15 del 1° gennaio 2012, alla quale hanno partecipato: Mario Monti e la moglie, a titolo di residenti pro tempore nell’appartamento suddetto, nonché quali invitati la figlia e il figlio, con i rispettivi coniugi, una sorella della signora Monti con il coniuge, quattro bambini, nipoti dei coniugi Monti, di età compresa tra un anno e mezzo e i sei anni.

Tutti gli invitati alla cena, che hanno trascorso a Roma il periodo dal 27 dicembre al 2 gennaio, risiedevano all’Hotel Nazionale, ovviamente a loro spese.

Gli oneri della serata sono stati sostenuti personalmente da Mario Monti, che, come l’interrogante ricorderà, ha rinunciato alle remunerazioni previste per le posizioni di Presidente del Consiglio e di Ministro dell’economia e delle finanze.

Gli acquisti sono stati effettuati dalla signora Monti a proprie spese presso alcuni negozi siti in Piazza Santa Emerenziana (tortellini e dolce) e in via Cola di Rienzo (cotechino e lenticchie).

La cena è stata preparata e servita in tavola dalla signora Monti. Non vi è perciò stato alcun onere diretto o indiretto per spese di personale.

Il Presidente Monti non si sente tuttavia di escludere che, in relazione al numero relativamente elevato degli invitati (10 ospiti), possano esservi stati per l’Amministrazione di Palazzo Chigi oneri lievemente superiori a quelli abituali per quanto riguarda il consumo di energia elettrica, gas e acqua corrente.

Nel dare risposta al Senatore Calderoli, il Presidente Monti esprime la propria gratitudine per la richiesta di chiarimenti, poiché anche a suo parere sarebbe “inopportuno e offensivo verso i cittadini organizzare una festa utilizzando strutture e personale pubblici”. Come risulta dalle circostanze di fatto sopra indicate, non si è trattato di “una festa” organizzata “utilizzando strutture e personale pubblici”.

D’altronde il Presidente Monti evita accuratamente di utilizzare mezzi dello Stato se non per ragioni strettamente legate all’esercizio delle sue funzioni, quali gli incontri con rappresentanti istituzionali o con membri di governo stranieri. Pertanto, il Presidente, per raggiungere il proprio domicilio a Milano, utilizza il treno, a meno che non siano previsti la partenza o l’arrivo a Milano da un viaggio ufficiale.

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Equitalia, una riflessione

postato il 4 Gennaio 2012

In questi giorni, il comico Beppe Grillo ha parlato del difficile rapporto tra gli italiani ed Equitalia, culminato nei pacchi minatori e negli atti di violenza dei gironi scorsi.
Il comico genovese, pur condannando la violenza, sostiene che ormai Equitalia è diventato il terrore degli italiani, dicendo testualmente: “se Equitalia è diventata un bersaglio bisognerebbe capirne le ragioni oltre che condannare le violenze. Un avviso di pagamento di Equitalia è diventato il terrore di ogni italiano. Se non paga l’ingiunzione ‘entro e non oltre’ non sa più cosa può succedergli. Non c’è umanità in tutto questo e neppure buon senso. Monti riveda immediatamente il funzionamento di Equitalia, se non ci riesce la chiuda. Nessuno ne sentirà la mancanza”.
A questo punto vorrei fare rilevare alcune cose molto importanti: intanto che Equitalia non fa le leggi e non sceglie come agire, ma agisce secondo norme stabilite da altri e si limita a svolgere la sua funzione, ovvero di riscossione dei crediti da parte della Pubblica Amministrazione.
Faccio inoltre rilevare che, se Equitalia chiudesse, come auspica il comico ligure, si verrebbe a creare una situazione altrettanto ingiusta: lo Stato italiano non potrebbe riscuotere i crediti vantati, e alcuni italiani pagherebbero e altri no.
Con quanto sopra, non intendo dire che il funzionamento di Equitalia non sia migliorabile, ma che la protesta deve essere costruttiva, e proprio per questo motivo, ben prima che Grillo scrivesse sul suo blog, l’UDC aveva presentato in primavera una sua proposta (primo firmatario l’on. Libè) estremamente concreta su come aiutare le famiglie, portando avanti la richiesta di una moratoria di un anno verso le procedure di esazione crediti poste in essere da Equitalia.
Che significa nel concreto? Significava aiutare circa 6 milioni di famiglie e piccoli imprenditori, che hanno problemi a pagare i crediti vantati da aziende ed Enti (ad esempio INPS) e riscossi da Equitalia.
Questo aiuto sarebbe avvenuto sottoforma di moratoria, ovvero bloccando per un anno le procedure di riscossione verso i soggetti che realmente versano in stato di bisogno.
Altri punti interessanti della proposta erano focalizzati a considerare la possibilità di ridurre gli interessi delle sanzioni annesse, di prevedere un aumento del numero massimo di rate concesse nelle rateizzazioni da Equitalia (fino a 120 rispetto alle attuali 72) nonché di concedere la possibilità di compensare i debiti nei confronti di Equitalia con i crediti verso enti pubblici.
Altro punto molto interessante era quello rivolto ad ‘iniziative normative volte a utilizzare sui territori regionali i profitti che Equitalia matura dalla riscossione dei tributi insoluti’ e ‘l’istituzione di un fondo di garanzia a sostegno delle imprese in difficolta’ per le pendenze e che si troverebbero costrette a licenziare i dipendenti e fallire’. Lo scopo era quello di distinguere tra evasori (da perseguire e sanzionare) ed italiani onesti in difficoltà a causa della crisi e che devono essere aiutati.
Purtroppo questa proposta fu bocciata, inspiegabilmente, dal vecchio governo Berlusconi e anzi vorrei ricordare come si espresse l’on. Libè in quei giorni, affermando che il governo aveva ignorato ”chi per anni ha concorso a creare onestamente la ricchezza nazionale e si trova momentaneamente in crisi e che paradossalmente si trova ad essere trattato come un delinquente qualsiasi”.

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