Archivio per Settembre 2012

L’arcobaleno del cardinale Martini

postato il 3 Settembre 2012

di Adriano Frinchi

Si è scritto tanto in questi giorni sul cardinale Carlo Maria Martini, credenti e non si sono cimentanti in un ricordo, in un commento, in un messaggio di addio, ma probabilmente il messaggio più bello e significativo non è stato vergato da mano umana ed è stato felicemente notato dall’assessore alla cultura di Milano Stefano Boeri su Twitter:

 L’arcobaleno nella Sacra Scrittura è il segno dell’alleanza di Dio con l’uomo è il segno visibile della sua benedizione. A tanti è piaciuto pensare a questo arcobaleno nelle stesse ore della nascita al cielo del vescovo Carlo Maria come una delicatezza del Padre celeste per questo suo figlio innamorato della Parola divina.

L’arcobaleno sul cielo grigio di Milano è segno di speranza, di consolazione per tutti noi pellegrino su questa terra, ma è anche la chiave per comprendere la figura e il messaggio di Carlo Maria Martini che è vissuto nella e per la centralità della Parola di Dio.

Scriveva Martini nella sua ultima lettera pastorale alla diocesi ambrosiana:

Sulla tua parola getterò le reti : le getterò continuando a nutrirmi di ogni parola che esce dalla tua bocca e offrendola a coloro a cui mi hai inviato. Le getteremo insieme, rilanciando con entusiasmo l’impegno dell’ascolto, della meditazione perseverante e amorosa, dell’annuncio della Parola di vita. Le getterò nei mari calmi della fede accogliente, come in quelli tempestosi del dubbio e della tentazione di non credere. Le getterò a tempo e fuori tempo, perché sempre e solo dalla tua Parola nasca ogni mia parola, e perché in ogni sua scelta la Chiesa da te affidatami sia la creatura docile e fedele del tuo Verbo di vita.

Forse in queste poche righe c’è tutta la vita e il messaggio del cardinale Martini e quell’arcobaleno è segno del compimento di quanto scritto dall’arcivescovo emerito di Milano.

Ci sarà tempo per riflettere e scrivere sull’opera di Martini, ma per adesso ci basta questo arcobaleno che interroga, proprio come fece il vescovo Carlo Maria, credenti e non credenti.

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Casini: “Bersani isoli gli anti-governativi. Alleanze? Corriamo soli”

postato il 3 Settembre 2012

Casini su Renzi: “Ha posizioni interessanti che però mischia a un qualunquismo di fondo”. Sull’Udc: “Adesso faccio fatica a identificare la conclusione del cammino che faremo a Chianciano: qui non c’è predellino”

Intervista pubblicata su Qn di P.F. De Robertis

ROMA, 3 settembre 2012 – Pier Ferdinando Casini ha trascorso la serata di venerdì alla festa del Pd di Reggio Emilia, poi sabato sera ha avuto una colica…

Presidente Casini, un brutto auspicio per ipotetiche alleanze.
«No, guardi, lasciamo stare. Qui non c’entra la festa ma solo un eccesso di tagliatelle alla bolognese. L’accoglienza del Pd e il clima a Reggio Emilia sono stati ottimi. La pensiamo uguale su molte cose, in modo diverso su altre. Il paese ha bisogno di collaborazione. E questo vale per il Pd come per il Pdl».

Tutti danno per scontato che il giorno dopo il voto vi troverete alleati di Bersani & C.
«Lo vedremo, non è scritto da nessuna parte. In realtà tutti sanno che senza un centro moderato l’Italia non si governa».

L’accordo sulla legge elettorale che va profilandosi favorisce questo scenario.
«Noi ci presenteremo da soli cercando di creare un’area moderata il più grande possibile tra Berlusconi e Bersani. Se non vinceremo le elezioni, andremo realisticamente a vedere come sono le forze in campo. Ma non ci sono alleanze precostituite e come sempre decideranno gli elettori». [Continua a leggere]

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Spesa pubblica e produttività

postato il 3 Settembre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Dire che il problema non è il deficit pubblico, come fanno alcuni, significa sviare il problema senza indagarne le cause. Il punto è: come è originato questo deficit? Che natura ha questo deficit? Se è un deficit per investimenti produttivi, ben venga. Ma se è un deficit per foraggiare rendite parassitarie, allora non ci sarà mai una vera ripresa.

Per alcuni Monti sta cercando una svalutazione del salario tramite disoccupazione, chi afferma ciò però sbaglia clamorosamente. L’intervento pubblico c’e stato in passato, c’è e ci sarà. In fondo quando Monti rilancia le infrastrutture usando i fondi FAS, non è forse intervento (e spesa) pubblico? Il punto è portare avanti le liberalizzazioni e semplificaziopni chieste da imprenditori e cittadini (e Monti lo sta facendo seppur tra mille problemi) e soprattutto riqualificare la spesa pubblica passando da una spesa improduttiva, ad una spesa produttiva. E qui il problema è enorme, perché bisogna cambiare la mentalità degli Italiani. In Italia il tempo dedicato al lavoro è visto come un sacrificio, come tempo rubato alla vita, come un sopruso perché altrimenti potremmo vivere una vita migliore e piena. Negli altri paesi, forse per l’influsso del pensiero calvinista e protestante, il concetto è diverso: il lavoro è visto come una benedizione, come tempo speso bene e in maniera produttiva, come qualcosa che ti rende orgoglioso di quello che fai e proprio per questo motivo sei stimolato a farlo al meglio.

In Italia, il punto non è il diritto al lavoro, che è sacrosanto, ma il diritto allo stipendio. Con questo non si vuole certo dire che dobbiamo lavorare gratis. Assolutamente no. Ma se noi parliamo di diritto al lavoro, noi parliamo di una attività per la quale riceviamo uno stipendio. In altre parole nel momento in cui parliamo di diritto al lavoro, in senso pieno, noi incentriamo il discorso sul fatto che riceviamo uno stipendio in cambio di una nostra controprestazione (il lavoro appunto) che deve essere svolta al meglio. Oggi molti parlano di diritto al lavoro, ma in realtà intendono diritto allo stipendio, senza considerare la controprestazione lavorativa, e quindi passiamo dal concetto di reddito a quello di rendita, ovvero, percepisco del denaro indipendentmente dalla mia attività lavorativa.

E questo non va.

Altro punto è la riqualificazione della spesa pubblica. E a tal proposito è interessante leggere un libro di circa 5 anni fa, scritto da Geminello Alvi e intitolato “una repubblica fondata sulle rendite”, dove è possibile trovare dati interessanti. Analizziamone qualcuno.

Nel 2004 in italia vi erano 17,5 milioni di lavoratori. Di questi, 3,5 milioni erano lavoratori statali. Restano 14 milioni di alvoratori. A questi rapportiamo una cifra: 16 milioni e trecentomila. Bel numero, vero? Ebbene, erano, nel 2004, i pensionati. Significa che per ogni lavoratore non statale, vi erano 1,2 pensionati con un ammontare medio lordo di 12.039 euro. Se noi togliamo i dipendenti statali vediamo che i pensionati, nel 2004, erano più dei lavoratori. Queste sono le cifre ufficiali. E non è finita qui. Di questi 16,3 milioni di pensionati, 4 milioni e novecentomila erano pensionati tra i 40 e i 64 anni (età che dovunque è considerata lavorativa,da noi invece già buona per la pensione) e questo porta ad un fatto: il tasso di occupazione della nostra economia nella fascia di età tra i 55 e i 64 anni arriva solo al 30,5% (dati del 2004), quello generale è di 17,1 punti al disotto dei danesi e di 2,1 punti inferiroe persino ai greci. Chi lavora? Al 90% lavoravano i maschi tra 35 e 54 anni, e meno della metà delle donne. Ma torniamo alle pensioni. Se togliamo 4,9 milioni da 16,3 milioni di pensionati e rapportiamo di nuovo i pensionati ai lavoratori non statali otteniamo 0,8 pensionati per lavoratore. Ovviamente la differenza tra ai contributi e le pensioni erogate, chi le pagava? Lo stato che nel 2004 trasferì all’INPS il 5,1% del PIL. Oltre ai contributi, insomma, gli attivi pagano agli inattivi, in rendite sussidiate, l’equivalente di 1.600.000 salari lordi, l’11% di tutti i salari produttivi.

Nei commenti passati  ho parlato di produttività: ebbene nel 2004 vi erano 5.370.000 occupati nell’industria. Ebbene questo numero era abnorme se lo paragoniamo a Francia e Inghilterra: avevamo circa il 25% de i lavoratori italiani impiegati nell’industria, mentre in Francia e Inghilterra tale percentuale scendeva al 20%, con una produzione quantitativa paragonabile alla nostra: significa che quella differenza del 5% era dovuta alla nostra minore produttività ed efficienza. Inefficienza, che riguarda anche altri settori: nel 2004 Germania, Francia e Gran Bretagna vedono che l’11% della popolazione lavorativa ha la partita iva; da noi la percentuale era del 25% (più che in Portogallo e Grecia); siamo il paese delle consulenze, soprattutto delle consulenze fornite al settore pubblico, ma non si sa per cosa (forse che tra 3,5 milioni di dipendenti statali non vi siano persone con competenze pari a questi consulenti esterni? Mistero). Questa differenza di produttività si vede nel confronto tra i profitti delle imprese: le grandi hanno profitti maggiori (pur pagando stipendi in media più alti) delle piccole, anzi per quantificare tale dislivello, si sappia che le prima hanno un profitto pari al 40,5% sul valore aggiunto, mentre le piccole imprese hanno il 20,5% e sono al di sotto della redditività media europea. La retorica politica, vuole che tra il 1992 e il 1998 si risanasse l’Italia. Tutte balle, perché il risanamento fu dovuto ad un notevole risparmio negli interessi pagati dallo Stato per le manovre che ci hanno portati nell’euro: da una spesa per interessi pari al 12,6% del PIL, si passa, nel 1998 all’8%, ovvero quasi 5 punti percentuali in meno. La spesa corrente era calata, invece, solo dell’1,4%

Passiamo allo Stato italiano, anzi ai dipendenti statali. Premetto che mia madre è una 71enne ex insegnate, in pensione e lo dico per togliere ogni dubbio: quello che dirò non è per pregiudizio. Ebbene prendiamo i dati del 1993 e quelli del 2004, osserviamo che la spesa per stipendi pubblici è rimasta inalterata al netto della inflazione e anzi i dipendenti pubblici sono cresciuti, mentre in altri settori come poste e telecomunicazioni si è provveduto a tagliare. Anzi se i dipendenti statali avessero seguito il percorso di Poste e telecomunicazioni, sarebbero dovuti calare di circa 700.000 unità, e invece aumentano di 100.000 unità. Il reddito da lavoro dipendente pubblico nel 1995 era maggiore del 16% rispetto al privato; nel 2003 il vantaggio sale al 37% (cioè, per dire, se il dipendente privato prende uno stipendio pari a 100, il dipendente pubblico prende, in media, 137).

Questi sono i mali dell’Italia e, dati ISTAT e internazionali alla mano, la realtà non è molto cambiata dal 2004 ad oggi, se non in peggio a causa della concorrenza internazionale.

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Una vergogna gli attacchi al colle

postato il 3 Settembre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo”, di Patrizia

Gli insulti attacchi al colle, sono una vergogna, sembra tutta una macchinazione per costringere Napolitano alle dimissione, una macchinazione in cui sicuramente il cavaliere è l’artefice. Oggi l’elezione del Presidente della Repubblica con la maggioranza ipocrita del PDL e la Lega potrebbe favorire l’elezione a successore di Napolitano il cavaliere. Il PDL così riuscirebbe una volta per tutti a liberarsi di Berlusconi. Il Fatto,la Repubblica, Grillo, Procura di Palermo non so che ruolo abbiano in tutto questo, sembra quasi che si siano accordati con il cavaliere, lo so che la cosa possa sembrare strana ed improbabile.Ma allora perchè tutti contro Napolitano?
Spero solo che Lei Presidente Casini insieme al PD, ostacoli con tutte le forze l’elezione di Berlusconi al quirinale. Noi italiani non lo vogliamo, ne abbiamo le tasche piene della sua faccia tirata e lucida, della sua ipocrisia, delle sue volgarità, del suo continuare non fare niente per la nostra Italia.

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Rassegna stampa, 2 Settembre ’12

postato il 2 Settembre 2012
Pier Ferdinando Casini rincara la dose e torna a ricordare che con chi rifiuta l’Agenda Monti non c’è possibilità d’accordo né di alleanza. Questo Governo non rappresenta una parentesi e non è accettabile che nella prossima legislatura si lavori per smontare le riforme e i provvedimenti che ha varato: bisogna anzi procedere con più coesione e continuità sulla strada tracciata dall’attuale premier (ipotesi che dà fastidio a molti: leggete l’opinione di Mondo su La Stampa, secondo cui il vero bersaglio dell’attacco a Napolitano è proprio Monti). A proposito di strada tracciata, Rogari sul Sole indica i punti salienti della road map per la crescita del Governo, mentre Fornero – intervistata sul Corriere – spiega cosa proporrà all’esecutivo in materia di detassazione del lavoro e taglio del cuneo fiscale per le aziende più virtuose. Da leggere, infine, una serie di commenti che abbiamo selezionato per voi sul lascito morale, culturale e spirituale del Cardinale Martini.

Casini: mai con gli anti-Monti. Bersani cerca la mediazione. (Mario Ajello, il Messaggero)

Casini sfida i nemici del premier: mai intese con chi rifiuta la sua agenda. (Avvenire)

Casini: non mi alleo con chi è contro Monti. (il Sole 24 Ore)

L’agenda per la crescita: La road map della produttività. (Marco Rogari, il Sole 24 Ore)

Fornero: Il taglio del cuneo fiscale alle imprese che coinvolgono i lavoratori. (Antonella Baccaro, Corriere della Sera)

Mali antichi insidiano il nostro fragile Paese. (Eugenio Scalfari, la Repubblica)

I malumori dei grillini: Troppi poteri al leader. (il Messaggero)

Da incoscienti assalire Napolitano. (Giampaolo Pansa, Libero)

Ma il bersaglio vero è Monti. (Lorenzo Mondo, La Stampa)

La profezia del cardinale Martini. Un concilio per una Chiesa collegiale. (Alberto Melloni, Corriere della Sera)

Una federazione di popoli diversi. (Ernesto Galli Della Loggia, Corriere della Sera)

Martini, l’uomo della speranza. (Adriano Sofri, la Repubblica)

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Rassegna stampa, 1 settembre ’12

postato il 1 Settembre 2012
Ricca rassegna stampa, oggi. L’intervento alla festa democratica a Torino, ieri, di Pier Ferdinando Casini ha riscosso molto interesse nel mondo dell’informazione e su tutti i giornali trovate dettagliate cronache dell’incontro: da non perdere quelle di Geremicca su La Stampa e di Casadio su Repubblica (tra noi e chi pensa che il Governo Monti faccia macelleria sociale c’è un abisso; non è Vendola che non ci vuole, siamo noi a ritenerlo incompatibile con noi). Continua il lavoro del Governo: Monti ha dato la scossa ai suoi ministri, c’è poco tempo ma molto da fare, per cui non sono permessi ritardi o mollezze. Due interviste “ministeriali” da segnalare: Catania, ministro dell’Agricoltura, su Avvenire spiega che un Monti è l’unico che può salvare e trasformare il Paese; Profumo, ministro dell’Istruzione, spiega a Repubblica il nuovo (finalmente!) concorso pubblico per docenti che ha avviato. Sempre alta la tensione intorno alle intercettazioni di Napolitano: Grasso, sul Corriere, se la prende con le “menti raffinatissime” che starebbero pescando nel torbido per colpire il Colle e destabilizzare il Paese, mentre Prospero – su l’Unità – attacca i partiti e i giornali che si prestano a manovre simili (è il “Partito Unico dei Populisti”, scrive). Da leggere, infine, due ricordi del defunto Cardinale Martini: Mons. Ravasi, sul Sole, ne ricorda la vita e il magistero, mentre proprio il premier Monti, sul Corriere, sottolinea la dimensione europea e sovranazionale del suo operato. 

Casini: “Se Renzi vince le primarie il Pd si spacca” (Federico Geremicca, La Stampa)

Casini incalza il Pd sulle alleanze: “Tra voi e Vendola c’è un abisso” (Giovanna Casadio, la Repubblica)

Carta d’identità elettronica e crescita. Monti dà la scossa ai ministri (Olivia Posani, QN)

“Prima c’è l’anticorruzione”. Palazzo Chigi non cambia le tappe del pacchetto Severino (Goffredo De Marchis, la Repubblica)

Catania: “Monti resti o sarà una catastrofe” (Marco Iasevoli e Vincenzo Spagnolo, Avvenire)

Profumo: “Scuola, addio alle graduatorie d’ora in poi in cattedra per concorso” (Corrado Zunino, la Repubblica)

Grasso: “Come nel ’92, attacco di menti raffinatissime a giudici e Quirinale” (Maria Antonietta Calabrò, Corriere)

Il partito unico dei populisti (Michele Prospero, l’Unità)

Non blocchiamo la riforma del lavoro prima ancora d’averla provata (Federico Vione, Avvenire)

La Memoria e il dilemma (Mario Monti, Corriere)

Le quattro stagioni di Martini (Gianfranco Ravasi, Sole24Ore)

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