Archivio per Dicembre 2012

Totale sintonia con Napolitano

postato il 17 Dicembre 2012

Il lavoro di Monti ha bisogno di continuità
Siamo in totale sintonia col Presidente della Repubblica, rammaricati per l’incapacita’ delle maggiori forze politiche di riformare una legge elettorale che restituisse ai cittadini la possibilita’ di scegliere i propri parlamentari. Conveniamo che il lavoro svolto da questo Governo ha bisogno di una necessaria continuita’: operiamo perche’ vi siano le condizioni politiche per un governo politico europeista e riformista.

Pier Ferdinando

 

 

 

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Rimontiamo l’Italia, perché il lavoro continua

postato il 16 Dicembre 2012

di Giuseppe Portonera

Il lavoro di Mario Monti non è finito. Dodici mesi non possono essere sufficienti per sollevare un Paese dalla situazione in cui era finito. L’Italia, il Grande Paese che vogliamo costruire, ha ancora bisogno di essere rimontata, pezzo per pezzo. Per questo la vera partita da giocare e vincere è cominciata solo ora. Per farlo, però, la figura – salda, credibile, autorevole – di Mario Monti non è sufficiente: serve una forza politica che possa sostenerlo e supportarlo come si conviene. Serve, cioè, il Partito Monti, che in una prima fase può anche essere il Partito di Monti, ma che poi deve essere capace di restare come presenza forte nel Paese. Un partito che nasce nel solco del PPE e che come tale imiti i suoi corrispettivi e omologhi europei: alternativo a chi chiede più spesa pubblica, più intervento statale, meno libertà economica; liberale (socialmente e economicamente) e conservatore (che può sembrare un’offesa solo a chi confonde “progressista” con “comunista”); rigoroso e moderno.

Non abbiamo bisogno – come sostengono molti con alterità, spocchia e tanta, tanta fifa – di “aggrapparci” a Monti, perché in presunta assenza di “idee”, “valori”, “progetti”. Perché noi montiani lo siamo da prima che questo termine facesse capolino nella vita politica italiana. Perché le cose che Mario Monti ha fatto, le cose che avrebbe fatto ancora meglio se non avesse avuto vari impedimenti e ostacoli, le cose che non ha mancato di sottolineare come “necessarie” nei suoi vari interventi in Italia e all’estero, fanno parte del nostro DNA, da sempre. Per questo siamo consapevoli che questo è il momento di mettere ordine tra di noi: se la “Lista per l’Italia” deve essere un modo per superare meno dolorosamente possibile le prossime elezioni, allora è meglio salutarsi qui. L’assunto da cui bisogna partire, se non vogliamo commettere questo errore, è quello che ha fissato Pier Ferdinando Casini nella sua intervista al Corriere, ieri: «Il nostro progetto è limpido e va oltre le scelte personali di Monti. Offriremo agli italiani un programma che parta dal lavoro portato avanti dal suo governo. Per più di un anno è stato come il medico al capezzale di un malato grave. E per salvarlo ha somministrato la pesante medicina dei sacrifici. Sarebbe assurdo che dopo le elezioni questo malato, che è l’Italia, riprendesse la vita dissoluta di prima». Ecco a cosa serve la “Lista per l’Italia”. Ed è per questo che il 20 dicembre ci vedremo a Roma, all’evento “Rimontiamo l’Italia” – organizzato dagli ottimi Gianluca Galletti, Benedetto Della Vedova e Linda Lanzillotta. Perché, come ha scritto Carmelo Palma, la situazione dell’emergenza è passata ed è giunto il momento di rendere “ordinaria” l’esperienza “straordinaria” del Governo Monti: “una continuità di governo, sul piano dei contenuti, prima che degli uomini, non potrà risultare che dalla presenza e dall’affermazione di una forza elettorale che rivendichi i meriti e rinnovi le ambizioni dell’esecutivo chiamato dal novembre 2011 a ‘salvare l’Italia’. Nessuna continuità potrà essere assicurata se a prevalere sarà semplicemente una delle coalizioni in tutto o in parte ‘anti-montiane’”. Perché il lavoro continua. Con Mario Monti Premier.

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La ricetta del Premier è giusta, porte aperte a quelli che ci credono

postato il 15 Dicembre 2012

L’intervista di Roberto Zuccolini a Pier Ferdinando Casini per il Corriere della Sera.

Per Massimo D’Alema una candidatura di Mario Monti sarebbe «moralmente discutibile» perché tradirebbe la sua figura «al di sopra delle parti». Che cosa ne pensa il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini? 
«D’Alema ha usato termini forti che non mi piacciono. Sono rattristato da un’asprezza che sa tanto di intimidazione. Il Pd è strano: loro sono liberi di rinunciare a Monti e Monti non è libero di fare le scelte che ritiene doverose. E poi tutti dovrebbero astenersi dal tirarlo per la giacca. È un discorso valido anche per noi».

Ma come, non siete voi centristi a reclamarlo come vostro massimo punto di riferimento? 
«Sì. Noi pensiamo che questo governo non possa essere solo una parentesi. Dopo Monti non si ritorna al passato. Nulla sarà più come prima, che si candidi o meno». [Continua a leggere]

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Addio al Quoziente Parma

postato il 14 Dicembre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Jakob Panzeri

Nella Parma guidata dal Movimento 5 Stelle non c’è più spazio per la famiglia. Il 26 novembre la giunta ha votato il Piano tariffario per l’esercizio 2013 in cui è contenuta la delibera 413/34 che sospende, a partite dall’anno prossimo, il “Fattore Famiglia”, un sistema ideato dalla precedente giunta di centrodestra e chiamato “Quoziente Parma” che consentiva alle famiglie agevolazioni  fiscali in base al numero dei figli.

Questo si legge sulle pagine dei quotidiani locali e nazionale, eppure non ci credo, i giornalisti , sapete, inventano sempre un sacco di storie.

Non aveva forse il sindaco Pizzaroti in campagna elettorale elogiato il Quoziente Parma come l’unico frutto buono dell’amministrazione corrotta che lo precedeva? E Pizzaroti è un uomo di parola.

 

Non aveva forse scritto nelle linee programmatiche 2012-2017 che i grillini si sarebbero impegnati a valorizzare il fattore famiglia? E Pizzaroti è  uomo di parola. Eppure su Avvenire Francesco Caltabianco, consigliere nazionale dell’associazione Famiglie numerose, accusa il Comune di Parma  di “aver smantellato l’Agenzia per la Famiglia, eliminato le agevolazioni per le famiglie numerose, abbandonato la Family Card ed eliminato tutta una serie di provvedimenti in favore delle famiglie. Contestualmente, invece, sono stati aumentati i fondi per alcune cooperative. Forse non si crede nella sussidiarietà della famiglia, ma nell’appalto di servizi a terzi».

Ma io sto ancora dalla parte di Pizzaroti. Forse il quoziente famiglia è vittima di una  carenza di fondi ed è stato abolito a malincuore in attesa di essere ripristinato con un maggior gettito comunale. Ma non è così perché è un sistema a costo zeroIl quoziente infatti si basa sulla modifica delle tradizionali fasce ISEE, acronimo che sta per Indicatore della Situazione Economica Equivalente, in base alle quali le famiglie pagano i diversi servizi pubblici quali asili nido, mensa e trasporto scolastico. I parametri infatti, a Parma  come ad altrove, non paiono più adeguati alle reali esigenze dei cittadini e spesso si verificano situazioni paradossali a tutto svantaggio della maggior parte delle persone che si appellano all’amministrazione comunale. Attraverso un  sistema di calcolo, che mirava a correggere le varie tariffe a seconda della effettiva composizione dei nuclei familiari, il quoziente cercava di  riportare un po’ di equità nella redistribuzione delle risorse a favore delle famiglie: il nuovo parametro, infatti, comportava per i nuclei con due o più figli l’aumento di contributi e la diminuzione dei costi dei vari servizi, con benefici in termini concreti anche di un centinaio di euro all’anno per ogni figlio.

No, non sto parlando per discutere l’operato di Pizzaroti o mostrare le contraddizioni dei grillini, son qui per dire quel poco che conosco del Quoziente Famiglia. E il Quoziente Parma meritava di esistere.

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Che cos’è lo Spread?

postato il 13 Dicembre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Si parla spesso di spread, ma cosa è e perché influenza la nostra vita?

Lo spread è il differenziale tra il nostro tasso di interesse (che lo stato paga sui btp) e un altro tasso di interesse preso come “pietra di paragone” e che generalmente è pagato dagli investimenti ritenuti “sicuri”. In pratica, più rischioso è l’investimento, maggiore è l’interesse che vuole chi presta il denaro. Se la cosa vi sembra eticamente discutibile, provate a riflettere: voi prestereste denaro ad una persona inaffidabile con il rischio di non averlo restituito? E se prestate questo denaro, è chiaro che maggiore è il rischio, maggiore è il guadagno che chiedete per compensare il rischio corso.
Allo stesso modo dobbiamo ragionare con lo spread e il nostro debito pubblico:  lo spread è la differenza tra il tasso di interesse pagato dallo stato italiano e quello pagato dallo stato tedesco (reputato uno degli investimenti più sicuri). Supponiamo che abbiamo un tasso pari a 6%, se quello tedesco è del 2%, allora lo spread è del 4% (6-2=4).

Da queste considerazioni discende che se uno stato, come ad esempio l’Italia, diventa sempre più inaffidabile a causa dell’andamento dell’economia o perché i governanti non fanno le riforme o si dimostrano incapaci, chiaramente il tasso di interesse che paga salirà e quindi salirà anche lo spread. Sotto questo punto di vista lo spread è un primo termometro di quanto è affidabile un debitore o una nazione che si indebita.

Ma che significa per le nostre tasche uno spread alto? Ogni mese scadono dei titoli di stato (BOT, BTP, CCT, CTZ) che in massima parte vengono rinnovati: se lo spread aumenta, aumenta anche il tasso di interesse che lo stato paga sui nuovi titoli emessi; quindi se prima pagava il 4%, poi paga il 5%. In soldoni, significa che la spesa per interessi passivi dello stato italiano, aumenta e se aumenta lo stato italiano in seguito avrà meno soldi per investimenti e avrà bisogno di maggiore liquidità e quindi dovrà tagliare servizi ai cittadini o aumentare le tasse. Il nostro debito è di 1900 miliardi di euro; aumentare di 1% il nostro spread su tutto il debito (fingendo per semplicità di rinnovarlo tutto in un colpo solo) significa che gli italiani dovranno pagare 19 miliardi di euro in più ogni anno. A questo dobbiamo aggiungere che la maggiore spesa per interessi ha un effetto depressivo sul PIL e quindi non solo paghiamo più soldi, ma con un PIL minore, diminuisce anche la nostra economia 8quindi siamo penalizzati due volte): è stato calcolato che un aumento dell’1% del tasso di interesse significa per l’Italia un aumento di spesa per interessi pari allo 0,2% del PIL il primo anno, dello 0,4 il secondo anno e dello 0,5 il terzo anno, rispetto agli stati più “sicuri” (come la Germania); se si fosse mantenuto una differenza del 4%, come ai tempi di Berlusconi, per lo stato italiano si sarebbe parlato di una spesa aggiuntiva di circa 100 miliardi di euro di interessi.

Inoltre alti tassi di interesse implicano per le banche, le imprese e le famiglie, maggiori difficoltà nel reperire i fondi necessari; in altre parole una famiglia pagherà di più come interessi per avere un prestito, ma anche le imprese pagheranno di più (due estati fa, con Berlusconi, i prestiti alle imprese erano saliti ad un tasso di interesse del 9%).

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15 dicembre, Padova

postato il 13 Dicembre 2012

Ore 11.00 – Centro Congressi Papa Luciani  (via Forcellini 170/A)

Partecipa alla manifestazione UDC:  “L’Italia chiamò”

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