Archivio per Febbraio 2013

La vera sfida dell’università italiana

postato il 15 Febbraio 2013

“Riceviamo e pubblichiamo” di Ludovico Abenavoli*

Nel periodo in cui nascono, nel cuore del Medioevo, le istituzioni universitarie si propongono di trasformare le riunioni assembleari delle Accademie, da uno studio di tipo generale e complesso, ad uno studio finalizzato e ordinato. Oggi che le idee e le conoscenze sono diventate essenziali nella generazione del benessere, all’Università è attribuito un ruolo centrale nella formazione e nell’innovazione. Un compito da svolgere, come stabilisce il trattato di Lisbona, attraverso la gestione razionale e programmata dei tre poli del triangolo della conoscenza e cioè formazione, ricerca ed innovazione.

Il futuro di ogni società risiede nella capacità di investire in cultura, ricerca, formazione ed è proprio investendo sulla conoscenza che i grandi Paesi offrono maggiori opportunità ai loro cittadini. Quindi risulta necessaria anche in Italia una strategia di sostegno alla realizzazione di una economia della conoscenza e di una reale società delle idee. Le sfide che condizionano il futuro del mondo, in particolare competizione globale e coesione sociale, impongono questo passaggio. La diffusione del sapere è un fattore qualificante dello sviluppo ed un obiettivo efficace per la vitalità dell’Università, che così trasforma il processo innovativo da aspetto tecnico ad interesse comune.

L’Università è promotrice attiva della società della conoscenza. Le scelte politiche degli ultimi decenni, non sono riuscite a fornire una risposta alla domanda: “quale Università per quale sviluppo”. Così le iniziative legislative sono nate in modo disordinato, lasciando il sistema universitario impantanato in visioni ormai lontane e superate. Ne consegue l’assenza di certezze sul modello di Università che si vuole realizzare nel nostro Paese.

La disponibilità di risorse finanziarie ed umane è l’aspetto dal quale si può iniziare a ragionare. La percentuale del PIL che l’Italia dedica a ricerca e sviluppo è pari a 1.23% nel 2008, mentre la media europea è dell’1.84%. Anche riguardo al numero dei ricercatori la situazione è analoga: in Italia 3.65 ricercatori ogni 1.000 unità di forza lavoro, contro 5.78 nell’EU. Un secondo aspetto da analizzare è la parcellizzazione delle strutture pubbliche di ricerca. Una situazione che rende difficile creare una reale strategia per l’eccellenza, che produce al contrario inefficaci duplicati e che tende a legittimare una distribuzione a pioggia dei finanziamenti. Pertanto è necessario prestare attenzione al miglioramento della produttività scientifica anche grazie ad un efficiente sistema di valutazione.

L’importanza di creare sistemi locali orientati all’innovazione è ampiamente condivisa, essa non nega la natura globale della conoscenza, ma esprime l’esigenza di realizzare un modello di sviluppo che permetta agli stessi sistemi di essere vitali, valorizzando le varietà delle risorse presenti. Il confronto continuo tra le conoscenze che il sistema produce, con quelle prodotte ed acquisite dall’ambiente esterno, rappresenta il vero cuore pulsante di tale percorso. L’impegno attivo ed integrato dell’Università, dei governi e delle imprese locali deve essere rivolto ad organizzare questo confronto ed a costruire le interdipendenze per la gestione delle conoscenze.

Dalla riforma del mondo accademico attualmente in atto, emerge che il banco di prova della diversificazione e della competizione tra gli Atenei sarà rappresentata dall’attrattività che ogni singola Università riuscirà ad esercitare verso docenti, ricercatori, studenti, capitali pubblici ed investimenti privati. L’Università italiana sarà più europea quanto più il suo profilo sarà autonomo, responsabile, imprenditoriale e competitivo.

Appare chiaro quindi come il sistema universitario italiano si debba impegnare ad allargare le sue prospettive, enfatizzando il proprio ruolo di volano socio-economico. Infatti proprio perché l’Università rappresenta il luogo per la formazione della classe dirigente di un Paese, essa non può sottrarsi alla sfida educativa rappresentata dal tema della consapevolezza del ruolo e della responsabilità sociale degli individui. In tal senso sarebbe auspicabile una maggiore e fattiva attenzione di quei soggetti che sono i naturali interlocutori degli Atenei. Mi riferisco agli enti territoriali, ai mezzi di comunicazione, alle realtà associative, al mondo della cultura, tutte componenti delle comunità nelle quali le Università operano.

La vera sfida dell’Università moderna, quindi non è costituita solo dall’acquisizione di competenze che consentano di rispondere alle aspettative di inserimento nel mercato del lavoro ed ai bisogni del mondo produttivo. La vera sfida è rappresentata dalla formazione di una nuova classe dirigente, consapevole delle responsabilità a cui sarà chiamata, capace di coniugare i legittimi obiettivi personali con i più generali interessi sociali, su chiari e imprescindibili principi etici. In quest’ottica l’UDC che rivendica con orgoglio la sua natura di partito laico di ispirazione cristiana, che fà riferimento alla dottrina sociale della Chiesa e incentra la sua azione sui principi del bene comune, della solidarietà e della sussidiarietà, è senza dubbio la forza politica in cui queste dinamiche possono trovare la loro naturale realizzazione.

*Responsabile Università UDC Calabria

 

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16 febbraio, Firenze

postato il 14 Febbraio 2013

Ore 15.30 – Palazzo degli Affari – Piazza Adua

Manifestazione pubblica in vista delle prossime elezioni politiche

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Casini in videochat su Corriere Tv

postato il 14 Febbraio 2013

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Tra riforma dello Stato e riforma della Chiesa: il contributo di Dossetti

postato il 14 Febbraio 2013

“Riceviamo e pubblichiamo” di Rocco Gumina

 Il 13 febbraio del 1913 nasceva Giuseppe Dossetti, una delle figure più eminenti, rappresentative e discusse del panorama cattolico in ambito politico ma anche ecclesiale. Il contributo della sua esperienza è indubbiamente molto importante e ancora da sviscerare e cogliere pienamente. Una figura atipica di politico, di sacerdote e monaco che ha vissuto con intensità stagioni di grande cambiamento per il nostro Paese e per la Chiesa cattolica: il periodo della resistenza; l’assemblea costituente; gli anni dei governi De Gasperi; il Concilio Vaticano II e la Chiesa alla prese con la contemporaneità. In tutta la sua vita pare abbia vissuto sempre nel tentativo di comprendere la dimensione di passaggio e di crisi della nostra epoca.

Alla costituente gettò le basi, insieme ad altri cattolici e non e al gruppo dei professorini di cui era promotore primario, per una visione personalistica e comunitaria dello Stato; ai lavori del Vaticano II contribuì, come perito del vescovo di Bologna Lercaro, su alcuni temi come la chiesa povera, la pace e come moderatore dei lavori conciliari.

Da politico della seconda generazione democristiana formatasi sui testi di Mounier e Maritain, la prima era ancora rappresentata da De Gasperi e altri come Piccioni, fu il leader della cosiddetta sinistra DC che in quegli anni rappresentò un pungolo per l’azione di governo e un modo di vivere e realizzare la politica sempre alla ricerca della realizzazione di una democrazia sostanziale che significava concretamente l’avvio di una reale stagione di riforme per il cambiamento del Paese. Da sacerdote e poi monaco, contribuì grandemente nella diocesi di Bologna alla recezione del Vaticano II anche con la fondazione di un Istituto di Scienze religiose che preparò con una raccolta di studi i lavori del Concilio.Successivamente fondò una comunità monastica, la Piccola Famiglia dell’Annunziata, la quale con la sua direzione si stanziò in medio oriente e in altre parti del mondo compresa l’Italia.

Ricordare Giuseppe Dossetti a cento anni dalla nascita, significa anzitutto riconoscerlo come una figura importante, per alcuni aspetti determinante, per la nostra storia nazionale e per lo stesso vissuto ecclesiale.

Ricordare Dossetti indica anche il poter prendere spunto dalle sue intuizioni, dalla sua passione, dalla sua testimonianza. Fra i tanti temi e le tante azioni che possono essere narrate per riconoscere la statura della sua persona e del contributo che ha dato al Paese, credo che sia opportuno citare due tratti per alcuni aspetti “minori” che ci possono servire da chiave di lettura per comprendere la nostra realtà: in ambito politico, l’esperienza alle comunali bolognesi del ’56, nelle quali grazie alla sua presenza si riuscì ad elaborare quello che solo anni più tardi sarà chiaro fra i cattolici italiani, ovvero la coscienza di essere minoranza e come tale chiamati a dare un contributo al Paese in ogni livello; nella chiesa, la relazione “Eucarestia e città” che tenne in occasione di un congresso eucaristico, dove si può scorgere il legame indissolubile tra la vita liturgico – sacramentale del cristiano e la sua azione per e nella città. A cento anni di distanza dalla nascita vale la pena prendere sul serio la lezione di un padre della nostra nazione e di un testimone credibile della Chiesa. Dossetti è una guida per la nostra epoca: seppe leggere e capire la crisi di un mondo e di una civiltà e il sorgere di un altro periodo da sostanziare di nuovi contenuti per la società intera e per la stessa comunità ecclesiale. La sua lezione può permetterci di capire maggiormente la nostra identità culturale e poter innalzare con chiarezza il nostro sguardo verso il presente e il futuro.

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Il nostro impegno per una nuova politica agricola

postato il 13 Febbraio 2013

di Mario Pezzati

Ieri, Pier Ferdinando Casini e il Ministro delle politiche agricole, ora nostro candidato alle prossime elezioni per la Camera dei Deputati, Mario Catania hanno incontrato la Coldiretti, nell’ambito di un ciclo di incontri e dibattito sul documento che proprio la grande associazione dei Coltivatori diretti ha preparato, dal titolo “L’Italia che Vogliamo”.

Proprio Mario Catania, che nel suo anno di Governo ha combattuto un’ottima battaglia in difesa del comparto agricolo italiano – difendendo in Europa gli agricoltori onesti e dismettendo la politica di acquiescenza sulle quote latte portata avanti dalla Lega, ha affermato che il negoziato condotto da Monti in sede UE è stato ottimo, perché ha ribaltato il pessimo accordo raggiunto nel 2005 da Berlusconi, che penalizzava l’Italia con un saldo negativo di 6 miliardi di euro. Grazie al Governo Monti, invece, anche se abbiamo perso qualcosa sugli aiuti diretti, è pur vero che abbiamo guadagnato tantissimo sul sostengo allo sviluppo rurale che è la vera sfida che può fare crescere ulteriormente l’agricoltura in Italia (mentre resta aperto il tema della contribuzione netta italiana, visto che non sappiamo usare bene i fondi europei che spesso tornano indietro, mentre dovrebbero essere uno stimolo fondamentale della nostra politica economica).

A tal proposito, Catania ha giustamente sottolineato che per aiutare gli agricoltori si deve distinguere a livello fiscale tra chi è agricoltore “attivo” e chi semplicemente possiede la terra, ma non è un imprenditore agricolo.

Tra le varie proposte di Catania e dell’Udc, merita menzione particolare quella per la certificazione “all’origine” dei prodotti agricoli, che permetterebbe di rilanciare il vero made in Italy e impedirebbe i furti di identità da parte di quei prodotti che di italiano non hanno nulla e sono fatti con prodotti stranieri.

Altro punto fondamentale è concentrare tutte le risorse disponibili verso gli agricoltori veri, e per quanto riguarda la regionalizzazione si deve procedere in maniera certosina per evitare strappi che danneggiano questa o quella azienda. Infine c’è da riscrivere la politica economica per il Mezzogiorno, che in questi anni è stata fallimentare, in quanto ha privilegiato una industrializzazione a forte impatto ambientale, e ha dato mano libera alla speculazione edilizia.

Pier Ferdinando Casini ha sottolineato la grande competenza, universalmente riconosciuta, di Mario Catania, che proviene da questo mondo e che meglio di tanti altri ne comprende le esigenze di sviluppo futuro.

Proprio Casini ha ricordato che “o il comparto agricolo diventa una delle priorità del paese, perché è una chance di questo paese, o perdiamo una grande occasione”. Per questo è fondamentale puntare ad un agroalimentare che parli il linguaggio del territorio, che sia alfiere della italianità e che sia da argine all’illegalità, alle frodi, alle cattive abitudini alimentari. Per riuscirci, è fondamentale rilanciare il tema della tracciabilità dei prodotti, rendendo al contempo il Ministero per le politiche agricole un ministero fondamentale e portante per la politica economica italiana.

Altro punto fondamentale, portato avanti da Casini è il taglio della spesa pubblica per alleggerire il peso fiscale: obiettivo che si raggiunge con proposte concrete e non con slogan e facili illusioni. Questo perché, mentre noi proponevamo di ripensare, snellendola, la macchina dello Stato (vedi abolizione delle province), gli altri, tutti presi dalla febbre del federalismo (Pd compreso), hanno preso ad inseguire la Lega sul sogno del federalismo fiscale. Con il risultato di aver causato una gran confusione amministrativa e di aver raddoppiato i centri di spesa raddoppiati (visto che, in dieci anni, complice la riforma del Titolo V, il falso federalismo leghista ha fatto aumentare le tasse del 50%, con le imposte pagate da cittadini e imprese aumentate del 31,6%, mentre le richieste dello Stato centrale non sono diminuite). Come costruire una casa senza fondamenta!

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15 febbraio, Loreto

postato il 13 Febbraio 2013

Ore 18.00 – Palacongressi – Via San Francesco

Manifestazione pubblica in vista delle prossime elezioni politiche

 

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15 febbraio, Matera

postato il 13 Febbraio 2013

Ore 11.30 – Teatro Comunale – Piazza Vittorio Veneto

Manifestazione pubblica in vista delle prossime elezioni politiche

 

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Valorizzare intelligenza, merito e creatività dei giovani: Angelo Gennaccaro

postato il 13 Febbraio 2013

Angelo Gennaccaro é nato a Bolzano il 7 Giugno 1983. Diplomato alla scuola di cinema di Cinecittà a Roma e laureato in Scienze della comunicazione editoria e giornalismo presso Università degli Studi di Verona. Dal 2009 è coordinatore regionale dei giovani UDC del Trentino Alto Adige. Nel 2010 alla sua prima candidatura entra in consiglio comunale a Bolzano con 468 preferenze; é il più votato della lista UDC e il più giovane dei consiglieri comunali eletti. In Comune, è membro effettivo della commissione cultura e Presidente della commissione Scuola Università e Tempo libero. Libero professionista nel campo della comunicazione é impegnato in diverse associazioni giovanili e di volontariato. Dalla fine del 2011 è alla guida dell’UDC dell’AltoAdige, imprimendo un forte cambiamento e avvicinando molti giovani alla politica. E’ candidato per l’UDC nel collegio del Trentino Alto Adige.

Angelo, come hai deciso di candidarti?

 In nome del cambiamento e del rinnovamento e per dimostrare che non sono necessariamente i contenitori; partiti o movimenti che siano, a fare la differenza, ma le persone nella loro unicità. Oggi piú che mai a metterci la faccia senza paura deve essere una nuova generazione. Non mi é mai piaciuto rimanere spettatore delegando semplicemente ad altri, scelte che riguardano anche il mio futuro.

Sono uno di quelli che crede ancora che le cose che non vanno all’interno dei partiti, devono essere cambiate dall’ interno, non abboccando a movimenti senza regole o a finte liste civiche piú politicizzate degli stessi partiti. Anche in Trentino Alto Adige, la mia regione, il nostro simbolo sarà uno dei più “vecchi” sulla scheda elettorale ma paradossalmente quello che ha saputo rinnovarsi di piú.

 Perché proprio nell’ UDC?

Non mi é mai piaciuto urlare o sbraitare, dimensione politica difficile da trovare se in questo partito. In questo momento cosí difficile per il nostro Paese non posso rinunciare a difendere uno stile politico educato ed attento al prossimo, fatto di valori centrali per i quali con coraggio ho deciso di spendermi.

L’ UDC crede da sempre in un cambiamento coraggioso, che sappia innovare in campo sociale ed economico senza però stravolgere principi e valori che sono alla base della famiglia e della nostra tradizione culturale.

Ci differenziamo da tutti gli altri per essere stati i primi ad aver sfidato questo bipolarismo malato che vede PD e PDL ostaggi degli estremi. Se oggi gli italiani hanno la possibilità di scegliere una nuova forza centrale e non centrista in grado di impersonare, serietà, valori ed impegno, il merito e’ solo dell’ UDC di Pier Ferdinando Casini.

 Perché votare UDC?

 Per non disperdere gli immensi sacrifici di quest’ultimo anno, l’agenda Monti è un punto di partenza importante a cui bisogna aggiungere priorità che ne valorizzino la dimensione.

Da ventinovenne dell’ UDC penso vada dato uno sguardo più diretto ai giovani, con politiche in grado di valorizzare intelligenza, merito e creatività. Vanno create le condizioni per accedere al credito dando così ai giovani la possibilità uscire di casa e creare famiglia.

Occorre innovare le attuali forme di welfare che hanno ancora un carattere troppo assistenziale e rivedere le politiche della famiglia, riducendo il carico fiscale che la schiaccia e non ne incoraggia la crescita demografica. Famiglia come principale fattore di coesione sociale e vero volano di sviluppo. La crisi che il paese attraversa è prima di tutto una crisi valoriale.

Bisogna ripartire da qui, bisogna ripartire dall’ UDC.

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