C’era una volta la politica

postato il 2 Febbraio 2023

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Il mio sogno è rivedere un Papa in Parlamento

postato il 13 Novembre 2022

La visita di Wojtyla 20 anni fa e la spinta decisiva di Ciampi

La mia intervista al Corriere a cura di Paolo Conti

«Non voglio solo ricordare la straordinaria visita di Giovanni Paolo II a Montecitorio di vent’anni fa, il 14 novembre 2002. Perché ho un sogno per oggi: rivedere un Pontefice come Francesco in Parlamento. Abbiamo capito da tempo che la Chiesa non è solo una grande risorsa per la Nazione: le opere di volontariato, il sostegno alla crescita dei giovani, il richiamo permanente alla centralità dell’uomo. C’è anche la presenza della Santa Sede sul nostro territorio: l’importanza diplomatica dell’Italia in varie aree del mondo è possibile grazie a questa particolarità, così come una diplomazia “parallela” come quella di sant’Egidio…». Pier Ferdinando Casini accolse, da presidente della Camera, Giovanni Paolo II nel 2002. Ora ricorda quelle ore, da decano del Parlamento, guardando anche al nostro tempo.

Che ricordo ha di quel giorno e di quel clima?
«Fu un atto che sancì la fine di una pagina di storia. La frattura tra Stato e Chiesa era già alle spalle ma il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi la visse così. Ricordo anche che, quando mi misi al lavoro per la visita in collaborazione con il presidente del Senato Marcello Pera e in linea con il solco tracciato dai nostri predecessori Luciano Violante e Nicola Mancino, come deve avvenire in una corretta logica di continuità istituzionale, registrammo un po’ di freddezza dalla macchina del Quirinale».

E per quale motivo? Ciampi non era d’accordo?
«Mi riferisco alla struttura burocratica del Quirinale che aspettava da tempo una visita di Stato del Papa sul Colle e ne rivendicava la precedenza. Capii che quell’ostacolo avrebbe potuto intralciarmi. Ne parlai direttamente con Ciampi che aveva un fantastico rapporto con Wojtyla e, con una sua immediata sfuriata, raddrizzò la rotta. Volle essere presente al centro dell’Aula: a un azionista come lui, anche se cattolico praticante, non sfuggiva la valenza storica dell’evento».

Una frase che le rimane in particolare nella memoria?
«Tantissime. Ma in particolare quel suo “Dio benedica l’Italia”. Un atto d’amore verso il nostro Paese da parte di un Papa polacco, il primo pontefice straniero dopo secoli, sempre vissuto lontano da Roma che però si era intimamente identificato nella nostra Nazione. Tanti della mia generazione lo hanno visto come il nostro Papa».

Ci furono difficoltà politiche?
«Temevo freddezze dall’anima non laica ma laicista di alcune parti. Temevo anche, vista la base che ci aveva eletti, che potesse apparire un’operazione marcata politicamente: per questo ci richiamammo molto ai nostri predecessori. Ma il problema non si pose per fortuna: i più entusiasti furono alla fine proprio quelli che potevano destare maggiori preoccupazioni, inclusa l’estrema sinistra. Ricordo lo spessore molto importante del discorso di Pera che non a caso sarebbe diventato di lì a poco l’interlocutore privilegiato di Benedetto XVI. E ricordo alcuni siparietti di politici presentati al Papa. Bossi gli disse: “Santità, qui ci sono solo due stranieri, lei che è polacco e io che sono padano”».

Altri ricordi dal punto di vista umano?
«Vidi il Papa in tv e mi accorsi delle sue difficili condizioni fisiche. Telefonai al suo segretario, oggi cardinale, Stanislao Dziwisz. Chiesi come avrebbe potuto fisicamente raggiungere l’Aula dall’ingresso della Camera. Lui rispose: “Ci penserà la Provvidenza”. E così andò. Non ci fu bisogno della sedia a rotelle che avevamo preparato».

In quanto ai temi trattati da Giovanni Paolo II?
«Penso a un tema che gli era molto a cuore, da polacco: l’identità cristiana dell’Europa. Ma anche al dialogo interreligioso, all’impossibilità di qualsiasi guerra nel nome di Dio, ai carcerati. Ricordo che nelle carceri ci furono manifestazioni di entusiasmo e il Parlamento rispose all’appello del Papa, anche se troppo timidamente. Tutti temi che appartengono alla sensibilità di papa Francesco che pure viene da un mondo diverso: nella storia della Chiesa c’è più continuità di quello che a volte sembra».

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Chiedo i negoziati ma la Russia si ritiri da Kiev

postato il 6 Novembre 2022

L’intervista pubblicata su La Repubblica a cura di Matteo Pucciarelli

Pier Ferdinando Casini è stato il primo politico di peso ad arrivare in piazza Sempione. A differenza degli altri, però, non è andato nel retropalco, ha seguito i vari interventi tra il pubblico. Perché ha scelto questa piazza?
«Mi hanno invitato in tempi non sospetti, non ieri, e condividendo pienamente l’obiettivo della manifestazione, cioè chiedere la pace giusta, sono venuto. Ho sentito tante voci diverse dal palco ma concordo: non c’è pace vera senza giustizia».

Cosa pensa della manifestazione romana?
«Rispetto profondamente tutti coloro che chiedono la pace, ne colgo un anelito autentico di libertà e giustizia. Sono il primo ad aver paura della guerra ma non mi piacciono quelli che mettono una manifestazione contro l’altra, come qualcuno ha fatto a Roma».
Però anche in questa di Milano si sono dette cose anche pesanti rispetto alla piazza romana.
«Beh sì qualcuno ha ripetuto lo schema a parti inverse, quando parlano in tanti possono scappare dei toni fuori misura».
In un intervento un ragazzo ha detto che l’obiettivo è fermare la Russia, anche a costo di distruggerla.
«Una sciocchezza totale detta da un giovane delle scuole superiori, mi sembra che obiettivamente non sia stato quello il senso generale delle cose sentite».
Le due piazze sarebbero potute stare insieme?
«Entrambe rappresentano l’Italia, non dobbiamo chiedere a tutti di avere la stessa sensibilità. Però sono in linea con ciò che il mio schieramento politico ha assunto in questi mesi, un quadro di responsabilità chiare dove non si confondono le vittime con gli aggressori e viceversa. Chiedo i negoziati ma il presupposto è che la Russia si ritiri dai territori occupati fuori dal diritto internazionale, diritto che è stato violato. Poi spero che l’obiettivo di pace significhi che i due popoli, al termine di un percorso, si prendano per mano e non coltivino l’inimicizia».
Alimentare il conflitto con altre armi non è un rischio?
«Quando la richiesta arriverà in Parlamento ne discuteremo con serietà e senza strumentalizzazioni. Finora i nostri aiuti militari hanno evitato che l’Ucraina venisse sopraffatta. Che il Parlamento non verrà espropriato di una decisione del genere è una ovvietà, ma è importante che ci siano una unità di intenti come avvenuto finora. Mi auguro che come in passato con FdI all’opposizione che votò a favore di un sostegno, in futuro possa avvenire lo stesso. E che nessuno voglia lucrare politicamente».
Si riferisce ai 5 Stelle?
«Certo non parlo del Pd che finora è stato coerente e questo può essergli costato caro. Non è un caso che il Pd era in piazza a Roma e in diversi qui a Milano».
Spesso si accusa Conte di putinismo o qualcosa del genere, perché lo si fa meno con Berlusconi che invece, a conti fatti, ha detto e fatto ben di peggio?
«Ma perché Berlusconi ne dice una e la smentisce il giorno dopo e non ci si sta più dietro».
La piazza di Milano è stata un tentativo politico di unificare un’area cosiddetta riformista?
«Si tratta di un tentativo che non mi interessa…».
Ha incrociato Letizia Moratti?
«No, mi sono accomodato in piazza per non stare in mezzo al chiacchiericcio, davvero avevo in mente l’argomento della manifestazione».

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Serve rispetto tra i poli, solo così si aiuta il Paese

postato il 2 Ottobre 2022

Pd, il totonomi non basta

L’intervista di Mario Ajello pubblicata sul Messaggero

Presidente Casini, lei è il decano dei parlamentari. Che Parlamento sarà questo che sta per inaugurarsi?
«Ci sono sfide inedite, anche di carattere istituzionale. La riduzione del numero dei parlamentari, 200 senatori e 400 deputati, speriamo che non incida in negativo nella operatività delle Camere. Perché è essenziale il buon funzionamento. Per quanto riguarda poi l’aspetto politico, mi sembra che sia emersa una maggioranza chiara e con numeri ampi. Bisognerà capire se, in termini di coesione interna e di chiarezza programmatica, riuscirà a dimostrare la propria autosufficienza. I numeri ci sono, sarà la politica a darci il verdetto».

Questa campagna elettorale, per lei che ne ha fatte tante fin dal 1983, è stata diversa dalle altre?
«Lo è stata per due ragioni. La prima: quando cominciai esistevano i partiti, la mobilità elettorale era molto più ridotta e c’era ancora la conventio ad excludendum per la sinistra. Il muro di Berlino nell’83 non era ancora caduto. E forze politiche radicate nel Paese e motivate ideologicamente fidelizzavano maggiormente gli elettori. Era diverso anche il ruolo delle leadership. È vero che avevamo grandi personalità, penso ai leader democristiani, a Berlinguer, a Craxi, a Spadolini, ma quelli non erano partiti costruiti sulla persona.
Oggi, invece, abbiamo il partito della Meloni, il partito di Berlusconi, i 5 stelle che sono diventati il partito di Conte e via così. Forse, solo il Pd è rimasto con una leadership plurale. Il che è positivo. Però vedo che anche da queste parti l’evocazione dell’uomo forte rischia di essere una suggestione sempre più potente». [Continua a leggere]

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Rappresento il Pd senza alcun imbarazzo. Sgarbi? Non casco nelle sue provocazioni

postato il 18 Settembre 2022

Città speciale, non solo di sinistra. Del partito ho apprezzato il senso dello Stato e le scelte coraggiose che ha fatto, come sostenere lealmente il governo Draghi

L’intervista di Adriana Logroscino pubblicata sul Corriere della Sera

Contrariato dalla sconfitta del Bologna — «ma tifare una squadra che non vince sempre tempra il carattere, come ho detto a mio figlio quando era piccolo» — Pier Ferdinando Casini lascia lo stadio per un’altra serata tra i cittadini del suo collegio. Con un solo dubbio: «Non ho voluto indossare i pantaloni rossi portafortuna, perché in campagna elettorale è un po’ troppo». Sulla scelta, dopo una vita al centro, di rappresentare il centrosinistra nella rossa Bologna, invece, non ha dubbi.

Presidente Casini, come va la campagna elettorale in città?
«Bologna è speciale. Chi ne parla etichettandola come semplicemente “di sinistra” spesso non la conosce davvero: quando c’è la processione della Madonna di San Luca tutta la città è lì, senza distinzioni politiche o di fede».

È stato accolto bene anche alle iniziative della festa dell’Unità?
«Ero ospite con Cuperlo che è molto apprezzato da quella platea. Ma ho strappato applausi anch’io. Io sono stato candidato in questo collegio anche cinque anni fa. E rappresento senza alcun imbarazzo la posizione del Pd di cui ho apprezzato il senso dello Stato e le scelte coraggiose che ha fatto, come sostenere lealmente il governo Draghi. Il muro di Berlino è caduto da quasi 35 anni. Tenerlo in vita artificialmente è ridicolo». [Continua a leggere]

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Elezioni: partita apertissima, Bologna può fare la differenza

postato il 11 Settembre 2022

L’intervista a cura di Luca Orsi, pubblicata su Il Resto del Carlino

Senatore Pier Ferdinando Casini, candidato per il Pd al seggio uninominale di Bologna per il Senato, che cosa ne pensa?
“Per rispetto degli elettori e dei partiti– spiega l’ex presidente della Camera, in una pausa nel tour de force della campagna elettorale– ho sempre ritenuto utili tutti i voti. Però…”.
Però?
“C’ è un elemento da cui non si può prescindere”.
Quale?
“Nei collegi uninominali, a partire dalla città di Bologna, o viene eletto il candidato del centrodestra o quello del centrosinistra”.
Nel suo caso, o lei o Sgarbi?
“O vengo eletto io, o viene eletto Vittorio Sgarbi. Non ci sono altre possibilità”.
Resta il fatto che il voto al proporzionale pesa di più.
“È vero che i due terzi dei voti si giocano nel proporzionale. Ma la differenza la farà il terzo dei seggi che saranno distribuiti con l’uninominale”.
Sgarbi ora si fa disegnare come un supereroe che disintegra un busto che la ritrae. Come replica?
“Conosco Sgarbi da una vita. Non ho mai demonizzato gli avversari, che vanno sempre rispettati. Non cambio certo adesso che ho passato i sessant’anni”.
In caso di vittoria del centrodestra vede, come alcuni, il rischio di una deriva fascista?
“Non ho questa paura. Ho una paura diversa”.
Quale?
“Temo che in un momento drammatico per l’Italia, in cui dalla guerra discendono problemi gravissimi che riguardano l’energia e l’alimentazione, il Paese, la nostra casa comune, finisca nelle mani di incompetenti che non ne sapranno risolvere i problemi”.
Non è un giudizio un po’ prevenuto?
“Quando Giorgia Meloni evoca il blocco navale…”.
Che ne pensa?
“Può essere forse un’idea pubblicitaria. Ma va contro i trattati internazionali, nessuno l’ha mai attuato. E non riuscirà a farlo neanche la Meloni”.
Calenda chiede voti agli elettori di centro, assicurando che il Terzo polo diventerà il‘baricentro’ della prossima legislatura. Che ne pensa?
“Se fossi in lui e Renzi, anch’io mi inventerei qualche argomento per raccogliere voti”.
Non sembra dare molte chance al Terzo polo.
“Ripeto: nei collegi uninominali, che fanno la differenza, o c’ è il candidato di centrodestra o di centrosinistra. Tertium non datur”.
Lei era favorevole a un’alleanza fra il Partito democratico e Calenda?
“Io avrei voluto fare l’accordo con Calenda. E segnalo che Enrico Letta l’aveva fatto. Poi è saltato tutto, ma la responsabilità non è stata certo del segretario Pd. Lui, l’accordo l’aveva voluto e fatto”.
Calenda e Renzi, intanto, puntano a conquistare il 10% per poi confermare premier Mario Draghi.
“È inutile tirare Draghi per la giacchetta”.
Lei, dai banchi del Pd in Senato, ha difeso il premier fino all’ultimo.
“Se c’ è un argomento su cui il Pd non deve prendere lezioni da nessuno è l’appoggio dato a Draghi. Fino al voto della mia mozione, il Pd è rimasto schierato al fianco del premier, anche rischiando di perdere voti. Ha scelto di privilegiare l’Italia invece di fare altri calcoli”.
Dal centrodestra, intanto, si chiede a Draghi di mettere in campo misure anticrisi. Che ne pensa?
“Trovo singolare che Lega e Forza Italia chiedano al premier di assumere provvedimenti di emergenza”.
Perché?
“Perché facendo cadere il governo hanno lasciato l’Italia nel mare in tempesta senza un nocchiero a bordo. Per non dire dei Cinque stelle…”.
Dica.
“Hanno aspettato di maturare la pensione e poi hanno fatto cadere il governo”.
I sondaggi danno il centrodestra in largo vantaggio. Ritiene possibile un recupero del centrosinistra in sole due settimane?
“La partita è apertissima. I sondaggi rilevano delle tendenze, ma sono sempre poco credibili”.
Si prevede una vera e propria fuga dalle urne. Teme un possibile forte astensionismo?
“Io spero che il 25 settembre tutti vadano a votare. La forza della democrazia è questa: sperare che tutti vadano alle urne. Non solo quelli che votano per te”.
Lei è candidato a Bologna, e si sta impegnando in un tour del territorio. Che situazione ha trovato?
“Bologna è la città che amo. E dico che dobbiamo ritenerci fortunati. La città e la Regione sono amministrate molto bene da Matteo Lepore e Stefano Bonaccini. Con tutti i difetti, sono largamente fra le migliori amministrazioni in Italia”.
Beh, i problemi certo non mancano neppure qui. Né sotto le Due Torri né in giro per la regione.
“I problemi esistono anche qui, non siamo in un’isola felice. Ma stiamo infinitamente meglio che nel resto d’Italia. Basta vedere la qualità dei nostri servizi ospedalieri e dei nostri servizi assistenziali. Ed è proprio qui, da queste terre, che il 25 settembre possiamo davvero fare la differenza”.

 

 

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Programma Politiche 2022

postato il 28 Agosto 2022

 

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Capisco i Circoli del Pd perché io ho un’altra storia, ma servono alleati come me

postato il 28 Agosto 2022

L’intervista pubblicata sull’edizione di Bologna di La Repubblica a cura di Silvia Bignami

«Certo, non mi ha fatto piacere la reazione di alcuni circoli Pd alla mia candidatura, ma la capisco e la rispetto. È chiaro che una candidatura come quella di Sandra Zampa è molto più parte della storia della sinistra di quel che puó essere la mia. Perché è vero: io ho una storia diversa». Pier Ferdinando Casini, candidato dal Pd nel collegio senatoriale di Bologna contro Vittorio Sgarbi del centrodestra e Marco Lombardo per il Terzo Polo racconta come ha vissuto il disagio di una parte dei militanti Pd sulla sua candidatura a Bologna.

Casini, è passato qualche giorno: cosa direbbe agli iscritti scontenti per la sua corsa col Pd?
«Che li rispetto profondamente, perché conosco la loro passione. Quando nel quartiere Mazzini con la sezione Kennedy organizzavamo le Festa dell’Amicizia, i nostri della Dc chiedevano consigli ai più esperti delle Feste dell’Unità. Eravamo popoli diversi? Forse sì, ma con una passione civile e politica comune. E non è poco».
Peró la reazione di una parte del Pd l’ha ferita.
«Certamente non mi ha fatto piacere, ma ripeto: capisco. Voglio dire, uno come Virginio Merola è la storia di questo partito, io no. È offensivo dirlo?
No, è realistico ed è anche giusto.
Tuttavia proprio per questo io insisto sul valore della diversità, perché non capire il valore della diversità in una coalizione significa precludersi delle possibilità. Diceva Churchill: “La cosa peggiore di avere un alleato fastidioso è non avere alleati”. E se si ritiene questo un momento straordinario, allora avere alleati è logico ed auspicabile».
Il momento è straordinario perché questa destra è pericolosa e neofascista?
«Evocare il rischio fascismo per me è un errore. Difendere la Costituzione invece è doveroso. Intendiamoci: l’elezione diretta del Capo dello Stato è democratica e tante esperienze lo dimostrano, dagli Usa alla Francia. Ma introdurla da noi significa scassare l’unica istituzione che ha dato di sé un’ottima prova. Io voglio continuare ad avere un presidente arbitro, non un giocatore coinvolto nelle risse quotidiane. Non è un caso che tutti gli italiani vedano in Sergio Mattarella un pater familias da cui si sentono rappresentati e garantiti».
Se sarà eletto resterà nel gruppo Pd. E sul Ddl Zan voterebbe a favore?
«Stare in un gruppo parlamentare significa esprimere le proprie opinioni e poi decidere collegialmente coi colleghi. In questa logica ho votato per le unioni civili e a questa logica mi atterrò. Peraltro sui diritti bisogna tener presente anche il tema generazionale. Quando parlo con mia figlia diciottenne dello Zan vedo che sul tema della sessualità ci sono sensibilità diverse. Non c’entra solo la destra e la sinistra, ma anche la generazione cui si appartiene».
Sua figlia sostiene il ddl Zan?
«Assolutamente. Ma d’altra parte io credo che un militante della Festa Pd di 66 anni come me, sarebbe forse più vicino alle mie posizioni. Si tratta anche di retaggi generazionali».
Lei conosce bene Prodi. Vi siete sentiti?
«Con Prodi ci sentiamo spesso e non lo inseguo certo in campagna elettorale. Detesto i candidati “petulanti”. Penso che il tempo abbia collocato Prodi dove merita di stare, cioè tra le grandi personalità italiane ed europee».
Errani dice di evitare di inseguire la destra, e consiglia al Pd di parlare della sua idea di Paese. È d’accordo?
«È una domanda difficile. Vede, io dalla mia prospettiva, conosco solo una parte degli elettori del Pd. E come candidato mi sforzerò di parlare anche con personalità che in passato hanno votato magari per il centrodestra. È mio compito avvicinare quei mondi. Letta invece deve tenere tutto insieme: deve rassicurare gli elettori Pd e aprire ad altri. Oggi il Pd, secondo me, è il partito dell’Italia. Il partito che s’è sacrificato per l’Italia nei momenti difficili: da Monti e Draghi. Sacrifici essenziali per salvare il Paese dal baratro, per me. È il partito che più di tutti coltiva il valore della diversità. E questa è una ricchezza, perché il resto è faziosità. Altrimenti tanto vale chiudersi nella propria parte e rinunciare a vincere.»
La sua candidatura, per effetto del Rosatellum, sarà “gemellata” a quella di Pippo Civati: votando lei si vota Civati e viceversa. Farete iniziative insieme?
«Diciamo che questa legge elettorale strana non l’ho concepita io… Comunque posso avere opinioni diverse da Civati, ma lo stimo. Non lo conosco bene, ma vede quante opportunità fornisce la politica? Ad esempio, io conoscevo Elly Schlein solo superficialmente. Dopo averle parlato a lungo posso dire che ha una marcia in più, e un po’ di esperienza per giudicare ce l’ho. Anche con Civati, dopo il 25 settembre, ci conosceremo meglio».

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Io scivolato a sinistra? Il baricentro della coalizione non sarà certo Fratoianni

postato il 23 Agosto 2022

L’intervista pubblicata sul Corriere della Sera, a cura di Giuseppe Alberto Falci

 

Presidente Pier Ferdinando Casini, è la sua seconda volta a Bologna da candidato del centrosinistra al Senato. Ritiene di aver fatto abbastanza per costruire un rapporto con un territorio che conosce bene e che però ha un’identità chiara e diversa dalla sua?
«Questo lo devono dire i bolognesi che mi conoscono da più di 40 anni, che sanno come sono stato sempre presente e attivo nei momenti belli e in quelli brutti della nostra comunità».

Nel 2018 come andò la campagna elettorale? Si ricorda che parlò attorniato da una corona di ritratti del comunismo italiano: Palmiro Togliatti, Antonio Gramsci, Giuseppe Di Vittorio ed Enrico Berlinguer?
«Già alle ultime elezioni fu chiaro che non si trattava e non si tratta di omologare storie diverse, ma di trovarci insieme a difendere alcuni principi. Non possiamo più rimanere prigionieri degli stereotipi di Don Camillo e Peppone, ma nessuno deve vergognarsi del suo passato. Se si è fatta politica con onestà e sentimento, significa aver dato il proprio contributo in buona fede».

Restano critiche da parte dei circoli del Pd. Come replica?
«Con rispetto ma con la convinzione che il risultato farà giustizia di molte amplificazioni giornalistiche».

La sfiderà Vittorio Sgarbi che dice: «Pier Ferdinando viene da un mondo che ora è lo stesso che propone me al suo posto».
«Sgarbi lo conosciamo tutti, può dire ciò che vuole. Per me è solo benvenuto a Bologna».

Con la sua candidatura nel Pd lei è l’unico Dc che rischia di non morire democristiano?
«Non ho capito la domanda».

Per dirla con Totò, si butta a sinistra…
«Per quanto mi riguarda la Dc è stata la mia vita e sono fiero di aver militato in questo partito. Ma la Dc dal 18 gennaio del 1994 non si presenta alle elezioni e lo stesso vale per il vecchio Pci. Per quanto riguarda la mia morte, preferirei parlarne un po’ più avanti». [Continua a leggere]

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ENTRERO’ NEL PD. LA PASSIONE POLITICA NON MUORE MAI

postato il 21 Agosto 2022

Il partito di Letta si è mosso con coerenza. Io sarò indipendente. Sì allo Ius soli, è una battaglia di civiltà: lo ripeto da vent’anni. No all’elezione diretta del Presidente: non tiene conto della Carta.

L’intervista a cura di Valerio Baroncini, pubblicata su Quotidiano nazionale.

Pier Ferdinando Casini, a 39 anni dalla prima elezione alla Camera dei deputati si ricandida per il Senato, con il Pd: non si è stancato?
«E’ una domanda che mi hanno fatto i miei figli e che mi faccio anche io tante volte: la politica, comunque, prima che una professione è una passione che non muore mai. E poi aveva ragione quel filosofo greco quando diceva che “le città si difendono con le lance dei giovani e con i consigli degli anziani”. Comunque tutti sono importanti, nessuno è indispensabile».

E a chi dice invece ‘Siamo stanchi di Casini’? I critici ci sono.
«La critica è il sale della democrazia e io non sarò mai tra quei politici che alzano le spalle. Cerco di capire, com’è mio dovere, anche se non condivido. Chi è spaventato di affrontare le critiche è bene che cambi mestiere. Certo, confesso una grande nostalgia per le preferenze, un metodo sicuro per verificare il consenso delle persone».

Perché la conferma di candidarsi ancora insieme con il Pd?
«Ho sostenuto da tempo in Parlamento governi legati al Pd (Letta, Renzi, Gentiloni) e altri in fase diverse, come Draghi, con la mozione di Fiducia presentata fino all’ultimo giorno. Il Pd, ai miei occhi, ha preso la posizione più coerente su tutti i dossier principali: interni, europei e internazionali. E sui conti pubblici ha saputo responsabilmente evitare demagogie. Monti e Draghi sono stati passaggi dolorosi, ma il Pd ha fatto prevalere l’interesse dell’Italia».

E qui viene da pensare alla Costituzione, da giorni al centro del dibattito politico soprattutto quando si evoca la vittoria del centrodestra: Enrico Letta dice che lei servirà a difendere la Carta. Ma la Carta o, a dire meglio, la democrazia è davvero sotto attacco? [Continua a leggere]

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