Il divo Pier

postato il 17 Aprile 2022


L’intervista pubblicata su L’Espresso a cura di Susanna Turco

L’essenza del ruolo di Pier Ferdinando Casini nella politica italiana la riassume, inconsapevolmente, il commesso di palazzo Giustiniani che, per indicare la via allo studio senatoriale del “presidente” (come è noto, nulla è più longevo in Italia dell’appellativo di presidente), spiega: «Lei sale al primo piano, c’è una porta aperta e una porta chiusa: lei ignori quella aperta. Spinga l’altra porta, che non è davvero chiusa: arriverà dal presidente».
Sembra una scorciatoia, un giochetto, un vicolo cieco, si rivela una via: la porta chiusa non è chiusa, ti conduce dove previsto. Ecco la cifra. Come quando, nel 2018, Pier Ferdinando Casini, nato con la Dc, fondatore del Ccd con Mastella, nel Polo delle libertà con Berlusconi e Bossi, leader dell’Udc con Cesa, eletto con Monti, trentacinque anni in Parlamento e mai un incarico di governo, si presentò infine con il Pd, facendo gridare allo scandalo i puristi di entrambi gli schieramenti (taluni ex comunisti di Bologna minacciarono il suicidio): eppure era l’anticipo del governo largo, alla Draghi. Oppure come quando, a fine gennaio 2022, l’ex presidente della Camera spuntò come soluzione politica all’impasse sul Quirinale, finendo così per sbloccare il gioco che avrebbe re-incoronato Sergio Mattarella. È stato sufficiente, anche stavolta, spingere una porta apparentemente chiusa. Casini in effetti è lì, nello studio damascato che fu di Giulio Andreotti: ai tempi del Divo originale era rivestito d’azzurrino, adesso col Divo Pier è color ocra e lui lo misura a passi larghi, interamente vestito di toni chiari come ad armonizzarsi con l’ambiente e i suoi lapsus, tra una foto di papa Ratzinger (manca Bergoglio) e una foto con Giorgio Napolitano (manca Mattarella).

E comincia proprio da Andreotti e dalla guerra in Ucraina, e i suoi abissi, per misurare la distanza tra ieri e oggi, nei giorni in cui in Francia Emmanuel Macron comincia la sua complicata corsa verso il secondo turno, dopo un primo che ha visto «i sovranisti populisti superare, nel complesso, il 50%». Dice Casini: «Qua siamo nella stanza di Andreotti, che è la mia stanza. E lui col male parlava: con Breznev e Gromyko l’Italia i rapporti li aveva, però nella chiarezza delle prospettive. Dobbiamo invece prendere atto che la nostra generazione è figlia di un abbaglio collettivo. Abbiamo pensato che, caduto il Muro e finita l’Urss, ci potesse essere un avvicinamento della Russia alle democrazie per come le intendiamo noi. L’idea che democrazia e libertà sarebbero stati i minimi comuni denominatori del nuovo mondo. Tutto questo si è rivelato falso. Oggi abbiamo capito che il vero nemico di Putin non è la Nato, come si finge di credere, ma la democrazia: per lui è inaccettabile la democrazia ai confini della Russia».

La politica si è unita nel voto sul decreto Ucraina, ma i sondaggi dicono che gli italiani la pensano diversamente. Secondo Ipsos solo uno su tre è d’accordo con le sanzioni.
«Non mi meraviglio. Se avessimo sondato gli italiani sull’installazione degli euromissili contro gli SS sovietici, forse avrebbero risposto nello stesso modo. Il compito della politica non è – come è stato in questi anni – quello di cavalcare le pulsioni, ma di guidare opinione pubblica, è saper dire di no alle scelte emotive».

Bella descrizione, ma è realistica?
«No, e la crisi della politica è tutta qui. La postura del governo è giusta, il Parlamento ha mostrato responsabilità. Ma veniamo da anni in cui la politica è stata completamente delegittimata. Fenomeni imbarazzanti di dilettantismo. Campagne elettorali in cui lo slogan per chiedere il voto era: non ho mai fatto politica. A me, da vecchio politico, verrebbe voglia di dire: “si vede!”». [Continua a leggere]

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Ucraina: Se non vogliamo subire un ricatto crescente dalla Russia dobbiamo fare dei sacrifici

postato il 9 Aprile 2022

In realtà Putin non teme l’allargamento della Nato ma la democrazia. Dall’Ucraina alla Bielorussia non può accettare il “contagio democratico” ai suoi confini

L’intervista sul Corriere della Sera a cura di Paola di Caro

La «postura» di Mario Draghi mostrata fin dal primo momento e anche ponendo il Paese davanti ad una scelta drastica — «O la pace o i condizionatori» — è per Pier Ferdinando Casini «ineccepibile». E lo dice pur convinto che «non esistono uomini della Provvidenza: una democrazia solida non deve averne mai bisogno». Così come, un plauso va «alla triade, Draghi appunto ma anche i ministri di Esteri e Difesa Di Maio e Guerini» che stanno dando prova di «grande affidabilità istituzionale».

L’ex presidente della Camera, della commissione Esteri, in corsa fino all’ultimo per il Quirinale — che sostiene le ragioni dell’invio delle armi e anche di sanzioni severissime, fino allo stop dell’importazione del gas russo — non ha dubbi sulla linea di fermezza sposata dal governo italiano e sostenuta sostanzialmente da tutti i partiti, seppure con i distinguo di Lega e M5S. Ma ai «giovani colleghi» dall’alto della sua «lunga esperienza» dà un consiglio che è quasi un monito di chi vede che qualcosa non va: «La diplomazia parlamentare è una cosa seria. È importante avere rapporti e relazioni, ma quando un parlamentare gira il mondo e lo fa su terreni e con Paesi “pericolosi”, o comunque non nostri alleati come la Russia e la Cina, per non creare problemi seri a sé e al Paese, deve essere libero».

Significa che non si devono avere rapporti troppo intensi con certi Paesi, come il M5S e la Lega magari hanno fatto?
«Non intendo questo, perché al di là del merito o del giudizio politico su certe relazioni, voglio credere che a livello di prima linea nessuno sia così sprovveduto da prendere soldi da questi Paesi. Mi auguro che a tutti stia a cuore la propria libertà».

Si sta riferendo allora al monito di Draghi al Copasir ai parlamentari a muoversi «in trasparenza»? O magari al presidente della commissione Esteri Petrocelli, filo-putiniano? Secondo lei dovrebbe dimettersi?
«Mi riferisco a tutti quelli che, forse difficilmente ricandidabili in futuro e molto disinvolti nei loro rapporti di diplomazia con potenze straniere, si muovono in modo da cagionare problemi al Paese, magari pensando alle proprie prospettive personali. Di Petrocelli non parlo: è ovvio che la posizione è come minimo imbarazzante».

Parliamo allora di Draghi, dell’atteggiamento dei partiti italiani rispetto alla guerra…
«Bravo lui, bravi Letta, Renzi, Meloni, Tajani, che hanno concorso a rinsaldare la posizione seria dell’Italia. Il problema di questa guerra semmai si trova a monte: noi ci siamo illusi di ritenere che i russi fossero soddisfatti dell’occupazione della Crimea (dove alcuni politici sono anche stati in visita…), poi del Donbass, poi abbiamo sperato che l’invasione non si verificasse… Tutte previsioni errate. In realtà Putin non teme l’allargamento della Nato ma la democrazia. Dall’Ucraina alla Bielorussia non può accettare il “contagio democratico” ai suoi confini».

Ci sono partiti come M5S e Lega che fanno molta fatica a mantenere la posizione interventista dell’Italia.
«Devo dire che in Parlamento hanno votato coerentemente, ma il loro “sentiment” mi lascia molto perplesso… ».

Però gli italiani non sono così compatti sulla linea dell’intransigenza, dall’invio delle armi alle sanzioni.
«Io, da credente, sono stato molto felice invece di vedere il Papa con la bandiera ucraina. Perché il ruolo della Chiesa è chiedere pace, ma non si può confondere mai l’aggredito con l’aggressore. E sulle armi la mia risposta è in una sola domanda: la Resistenza italiana è stata fatta con i fiori o con le armi? E sul territorio ucraino ci sono truppe straniere o no?».

Fino a che punto possiamo spingerci con le sanzioni senza pagare un prezzo troppo alto?
«Dalla caduta del Muro ci siamo illusi che il sistema democratico fosse ormai acquisito permanentemente, non fosse più in discussione. Abbiamo commesso errori politici, come dipendere per il 40% del nostro fabbisogno energetico di gas dalla Russia. Ma oggi è tutto cambiato. Dobbiamo riaprire gli occhi e pensare che se i poveri ucraini pagano con le loro vite, a noi toccherà farlo con le nostre comodità. Sono stati troppo a lungo sottovalutati i problemi di non autosufficienza alimentare ed economica, si è persa la lezione di De Gasperi che 70 anni fa chiedeva una difesa europea, una integrazione dei bilanci europei. Siamo in drammatico ritardo. Ma oggi, se non vogliamo subire un ricatto crescente e continuo, dobbiamo essere pronti a sacrifici».

Quindi rinunciare anche al gas russo
«Dobbiamo salvaguardare la nostra indipendenza e autonomia politica. Per essere liberi non si può essere sotto perenne ricatto. Ridurre la dipendenza energetica dalla Russia è una strada senza ritorno che costerà a noi non meno che a loro. Non si cambiano i destinatari di forniture di gas dal mattino alla sera: anche loro avranno problemi immensi a ricollocare il loro gas».

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Ucraina: «Kiev combatte pure per noi. Nato forte per avere la pace»

postato il 26 Marzo 2022

«Ucraina frontiera d’Europa, difende la nostra libertà e la democrazia. Va aiutata. Su Putin abbaglio collettivo, non si continui a chiudere gli occhi: è un aggressore e va fermato»

L’intervista di Alberto Gentili  pubblicata sul Messaggero

Presidente Casini, in Parlamento a Draghi è stato dato del falco, del guerrafondaio perché ha sostenuto la necessità di armare gli ucraini per difendersi dall’aggressione di Putin. Cosa ne pensa?
«È triste che in Italia si continuino a usare luoghi comuni e categorie del passato senza capire che il mondo ci impone dei mutamenti epocali. Draghi ha risposto in Parlamento in sintonia con il capo dello Stato, sapendo distinguere l’aggredito dall’aggressore e mostrando la solidarietà che si deve a un Paese che vive sul suo territorio un’invasione russa ed è martoriato con bombe che cadono a grappoli. E Draghi sarebbe un falco? Dico solo e semplicemente che questa è la risposta che le persone per bene e in buona fede devono dare».

Però Salvini dice che non riesce ad applaudire quando si parla di armi e Conte è ancora più critico…
«Mi sembra che in Italia molti uomini politici siano più preoccupati di coltivare il proprio orticello e le piccole rendite di posizione, piuttosto che guardare in faccia la realtà e svolgere analisi serie. Certo, è difficile davanti a un’opinione pubblica spaventata e a sacrifici che bisogna mettere in conto, dire la verità. La vecchia politica che tanto si critica aveva il coraggio di assumersi le proprie responsabilità: quando i sovietici puntarono gli SS20 contro le città italiane, fu una scelta dolorosa per Cossiga e Craxi decidere di installare gli euromissili in Italia. Ma quella scelta ha garantito l’equilibrio e la pace negli anni successivi». [Continua a leggere]

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Noi con Kiev. Qui non c’è Ponzio Pilato 

postato il 20 Marzo 2022

Da Mosca toni irricevibili. Il paragone con Hitler? Guai a ripetere gli errori del passato, anche Putin non si fermerà. Difesa comune UE e Nato devono essere progetti in sintonia. Giusto il riarmo, è per difenderci

L’intervista di Ettore Maria Colombo pubblicata sul Resto del Carlino.

Presidente Casini, la Russia ci minaccia. Con altre sanzioni, dice il loro ministero degli Esteri, ci saranno “sanzioni irreversibili”. Come rispondere?

“Sono toni inaccettabili. Già nella lettera dell’ambasciatore russo in Italia inviata al Parlamento erano stati usati toni che, un tempo, avrei definito imperialisti. Un rappresentante di un governo presso l’Italia deve mostrare maggiore responsabilità. Oggi c’è stato un pericoloso inasprimento di quei toni. Erano sbagliati i primi e i secondi. In ogni caso hanno ottenuto l’effetto opposto a quello che si erano prefissato. Hanno rafforzato l’unità della Ue. Saldato il rapporto tra gli Stati Uniti e la Ue. Restituito una chiara identità alla Nato. Se i russi pensavano che l’Italia fosse l’anello debole dell’alleanza si è sbagliato di grosso. L’Italia sceglie la Ue, la Nato e l’alleanza con gli Usa nei momenti più drammatici della storia”. [Continua a leggere]

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Ecco perché oggi bisogna essere a Firenze per “Cities stand with Ukraine”

postato il 12 Marzo 2022

Vogliamo la pace per l’Europa, per i nostri figli. E sappiamo bene dalla storia che non c’è pace vera senza libertà

L’intervento pubblicato su La Nazione

Nei giorni scorsi il sindaco di Firenze Nardella ci ha chiesto di esprimere la nostra solidarietà agli ucraini. “Cities stand with Ukraine” è il motto della manifestazione giallo-blu che si svolgerà oggi nella città.

Io penso sia doveroso rispondere a questo appello, il minimo che possiamo fare come italiani ed europei, mentre i nostri fratelli ucraini aggrediti nel territorio della loro patria muoiono sotto le bombe dell’esercito di Putin.

Io sarò lì come cittadino, prima ancora che come parlamentare che si è assunto già la responsabilità di una scelta, perché credo che questa piazza sia un po’ diversa dalle altre. Qui ci saranno le stesse bandiere della pace ma si avrà il coraggio di sventolare il giallo-blu degli aggrediti, si avrà il coraggio di chiamare per nome fatti e cose, si prenderà una posizione seria e ferma contro Putin e la sua inaccettabile invasione che mira, prima ancora che a bloccare la Nato, a bloccare la democrazia ai nostri confini.

Mentre sarò in piazza il mio pensiero andrà anche al grande e amico popolo russo, che è senz’altro la seconda vittima di questo conflitto. I ragazzi, tutti, non meritano di morire lontano dalle loro famiglie per una guerra imposta che non hanno mai voluto. La testimonianza dei prigionieri è emblematica e triste, non meno delle immagini delle città devastate.

Grazie Firenze, grazie Sindaco, per questa opportunità che è nel solco della grande storia di Giorgio La Pira, solidale con il popolo vietnamita durante gli anni ’60 ed impegnato in estenuanti mediazioni per la pace.

Noi vogliamo la pace per l’Europa, per i nostri figli. E sappiamo bene dalla storia che non c’è pace vera senza libertà.

 

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Ucraina: Dico di no al pacifismo equidistante. L’Occidente è a rischio

postato il 10 Marzo 2022

Sabato sarò in piazza a Firenze. In queste ore dobbiamo esser grati agli ucraini che ci ricordano chi siamo, chi siamo stati e chi dovremmo essere

L’intervista pubblicata su Repubblica, a cura di Francesco Bei. 

“Gli ucraini ci stanno mandando un grido disperato, che è non soltanto “salvateci” ma qualcosa di più importante. Ci chiedono di salvare l’Occidente. Dobbiamo esser loro riconoscenti perché, in queste ore drammatiche, ci ricordano chi siamo, chi siamo stati e chi dovremmo essere”. Pier Ferdinando Casini parteciperà sabato alla manifestazione fiorentina delle città europee a sostegno dell’Ucraina. Un’iniziativa, spiega in questa intervista, molto diversa dalle piazze pacifiste della scorsa domenica.
Dopo un primo momento di unità, la guerra sta provocando divisioni anche in Italia. Molti respingono quella che chiamano la logica dell’elmetto. E lei?
“Io penso, al contrario, che va respinto un pacifismo che mette tutti sullo stesso piano, falsifica le responsabilità e confonde la storia. Ascoltando certi slogan mi sembra di essere tornato alla mia giovinezza, quando una parte degli intellettuali e della sinistra diceva: né con lo Stato, né con le Br”.
È scorretto, come hanno fatto alcuni professori, ricordare che la Nato è arrivata a “circondare” la Russia, di fatto provocando Putin?
“Il problema di questa guerra non è la Nato. Putin sa benissimo che la Nato non si sarebbe mai estesa all’Ucraina e alla Georgia. Quello che non può accettare è che ai suoi confini ci sia un Paese democratico. È la ragione per cui viene avvelenato Navalny, si chiude la bocca ai giornalisti liberi, si obbliga all’esilio chi si oppone al governo di Lukashenko. Non sono le armi della Nato che fanno paura a Putin ma il contagio della democrazia”.
In Occidente è come se ci fossimo svegliati dopo un lungo sonno. Una reazione molto diversa rispetto a quando Putin si prese la Georgia e poi la Crimea. Cos’è successo?
“È pazzesco ma è così, è come se questa volta fosse suonata una sveglia. Quando un ex presidente degli Stati Uniti come Trump, in quella che dovrebbe essere la Nazione guida, arriva a dire che Putin è “un genio”, si capisce che quello che non va bene siamo noi, non gli altri. Non siamo più in grado di distinguere il bene dal male. E soprattutto non abbiamo più il coraggio di chiamare le cose con il loro nome”.
C’è in giro anche molta paura, si parla di terza guerra mondiale, di una nuova Chernobyl. È legittimo dire: fermatevi tutti, voglio scendere.
“La gente è normale che sia spaventata, ma la politica avrebbe il dovere di spiegare. Quando Cossiga e Craxi decisero di installare gli euromissili in Italia, come risposta agli SS20 sovietici, ci furono manifestazioni enormi. Persino Giovanni Paolo II era contrario, il mondo cattolico era spaccato. Ma i leader di allora andarono avanti lo stesso e, anche grazie a quella scelta, ci diedero 30 anni di pace”.
Adesso invece vede una politica spaventata?
“Prendiamo Salvini. È l’espressione di una politica che non esercita una leadership ma segue il vento dei social. Ma poi i social, vedi la vicenda della maglietta con la faccia di Putin, cambiano vento e ti si rivoltano contro. Guidare un Paese significa fare anche scelte impopolari”.
Come inviare armi all’Ucraina?
“Esatto, una scelta giusta, perché significa non lasciare soli i resistenti, non lasciare campo libero all’aggressore. Non fare come Chamberlain con Hitler”.
Molti opinionisti in questi giorni hanno detto: se inviamo armi agli ucraini la guerra durerà di più e aumenteranno le sofferenze per la popolazione civile. La convince questo ragionamento?
“Per niente. Davanti a un popolo che resiste e chiede aiuto, questo è un discorso vile e omissivo, ripetuto da un pacifismo equivoco che è la ragione della nostra crisi di identità”.
Eppure sia a destra che a sinistra sono in tanti a provare a spiegare, quando non a giustificare, le ragioni di Putin. Come mai?
“Non mi meraviglia questa solidarietà trasversale. Per una certa sinistra, minoritaria, si tratta di confermare i suoi paradigmi fondamentali, mentre a destra Putin trova consenso in quella destra che applaude i discorsi ignobili del patriarca di Mosca Kirill sui gay. Un consenso che include anche un certo cattolicesimo ultra-conservatore”.
Landini e la Cgil invocano l’Onu, la grande assente. [Continua a leggere]

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Ucraina: la pace si difende anche con scelte dolorose

postato il 1 Marzo 2022

Il mio intervento in Aula dopo le comunicazioni del presidente del Consiglio, Mario Draghi, sugli sviluppi del conflitto tra Russia e Ucraina.

Signor Presidente del Consiglio, viviamo tempi straordinari, in cui è necessario accantonare la propaganda superficiale e arrivare alla sostanza dei problemi. Dobbiamo rimuovere la nostra pigrizia, tornare alla bussola dei valori e degli ideali che hanno spinto tanti di noi alla politica, anche accettando, in un momento come questo, un percorso di sofferenza, perché siamo chiamati a scelte difficili. E poiché lei, signor Presidente del Consiglio, ha opportunamente citato, in conclusione del suo intervento, le parole di De Gasperi, io vorrei citare quelle di Aldo Moro: se dovessimo sbagliare, meglio sbagliare insieme. Se dovessimo riuscire, sarebbe estremamente bello riuscire insieme ed essere sempre insieme, perché questo è il senso di appartenenza alla comunità nazionale.

Cari colleghi, questo è un momento in cui tutti i Gruppi parlamentari sono chiamati a scelte di sofferenza; ma dobbiamo rimuovere la pigrizia superficiale e dire finalmente dei sì e dei no, dobbiamo superare sentimenti generici, quanto inconsistenti, e tornare, colleghi del Senato della Repubblica, alla durezza della politica. La politica è un insieme di decisioni difficili, a volte spiacevoli, a volte impopolari, e può richiedere la necessaria durezza. Vi sono cose giuste e cose sbagliate, vi sono atti buoni e atti cattivi; non si può nascondere tutto in un generico relativismo, come ormai la nostra epoca ci induce a fare. Bisogna attingere alla storia.

Questa mattina, parlando con la senatrice Craxi, mi sono ricordato di un dibattito che ha lacerato gli italiani – lei, presidente Draghi, lo ricorderà – e che ha portato lacerazioni terribili anche nel mondo cattolico: la scelta dell’Italia di rispondere con gli alleati all’installazione degli SS20 sovietici con l’installazione degli euromissili. Una scelta maturata da Cossiga e da Craxi; una scelta apparentemente di guerra, perché stavamo installando gli euromissili nelle città italiane. Ebbene, installare gli euromissili in quel momento ha consentito la più lunga stagione di pace e di distensione negli anni successivi, perché il disarmo è nato dalla decisione dell’Occidente non di esporre le bandiere della pace davanti agli SS20, ma di fare una scelta difficile e impopolare.

Oggi, colleghi, dobbiamo riconoscere tutti una cosa, chi più, chi meno; chi ha onestà intellettuale dipende da se stesso, non facciamo ognuno di noi l’esame agli altri, ma alcuni dovrebbero fare un gigantesco esame di coscienza sull’abbaglio collettivo che abbiamo preso. Nessuno di noi pensava seriamente o voleva pensare che Putin potesse muovere militarmente milioni di persone su Kiev, coinvolgendo tutte le città ucraine nel più grande assalto visto dalla Seconda guerra mondiale; al massimo il Donbass, si diceva, più o meno allargato. Eppure le cose sono andate in modo diametralmente opposto rispetto a tutte le previsioni dei saggisti di geopolitica, dei politici, degli uomini di Governo, qualsiasi essi siano; tutti noi abbiamo sbagliato. Siamo arrivati alle minacce nucleari. [Continua a leggere]

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Casini: «Politica? L’Italia ha bisogno di professionisti»

postato il 15 Febbraio 2022

Per federare un nuovo centro ci sono nuovi protagonisti

L’intervista di Rosalba Carbutti  pubblicata sul Resto del Carlino

Per guardare la videointervista clicca qui

Dopo i giorni matti e disperatissimi della partita del Quirinale, Pier Ferdinando Casini è tornato nella sua Bologna. E, in tenuta da jogging, cammina lungo i portici Unesco che portano su fino al Santuario di San Luca. In questo luogo del cuore e dello spirito, dove torna in pellegrinaggio nei momenti importanti della sua vita, il senatore parla anche di politica, la sua passione. E non nasconde un’idea: creare una scuola di politica «perché c’è bisogno di più professionalità e meno dilettantismo. Del resto adesso è difficile costruirsi una carriera come la mia, o quella di grandi protagonisti come Fanfani, Andreotti, Berlinguer. Oggi i leader si bruciano in fretta. Io sono a disposizione per chi volesse organizzare una scuola ad hoc. Oggi chi vuole fare politica non ha più riferimenti adatti, i partiti non sono più organizzati. Quando iniziai io era diverso. Di scuole di politica ce n’erano tante…Credo sia bello provarci, se son rose fioriranno».

Tutti la cercano: per fare il federatore o il leader del nuovo centro, ad esempio…

«Non voglio federare un bel niente, ci sono nuovi leader, non c’è bisogno di pescare qualcuno che ha già fatto tutto 20 anni prima».

Continuano a evocarla…

«Li ringrazio molto, ma temo che perdano il loro tempo. Io faccio il senatore di Bologna: è questa la mia dimensione. Per quanto riguarda il mio futuro forse ne sa qualcosa la Madonna di San Luca…». [Continua a leggere]

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Berlusconi? Adesso sa che deve unire. Prima della politica, viene sempre la vita

postato il 6 Febbraio 2022

La reputazione viene prima degli incarichi. Mi ha scritto mio figlio in un messaggio: “Papà, ci hai insegnato a rispettare sempre tutti, anche i più umili. Oggi hai vinto senza vincere”.

La mia intervista pubblicata sul Corriere della Sera a cura di Tommaso Labate

«Il fronte politico-istituzionale è un conto, quello strettamente partitico un altro. Io sono stato impegnato in politica per talmente tanti anni che una cosa l’ho capita bene. Non ha senso rifare le cose che si sono fatte in passato. Il centrodestra ha i suoi protagonisti, l’area centrale anche. Se mi mettessi a rifare le cose che ho fatto per trent’anni, sarei un protagonista consunto…».

Al dodicesimo chilometro della sua corsa a Villa Borghese, Pier Ferdinando Casini si ferma a prendere fiato. La settimana di elezioni del Quirinale l’ha consolidato nel rango di «eterno ragazzo» della politica, un po’ come il Festival di Sanremo sta facendo per il suo concittadino Gianni Morandi. La gente lo ferma per strada, i suoi social network sono pieni di messaggi di incitamento, la giacchetta è idealmente sbrindellata da chi la tira da una parte e dell’altra, Silvio Berlusconi lo incontra, i centristi lo invocano, il centrosinistra lo cerca, si spendono sulla sua figura un ventaglio di adesivi, «padre nobile», «leader», qualcuno addirittura «leader spirituale», «figura di collegamento».

È lei il grande suggeritore del Centro?
«Vede, ho imparato a mie spese che quello del suggeritore è un destino gramo. Se suggerisci quello che una persona si aspetta di sentirsi dire, il consiglio viene seguito. Altrimenti no. Lo sa come ho fatto le volte che una mia figlia mi ha portato un ragazzo a casa?».

Come?
«Vedevo questi ragazzi due o tre volte e continuavo a tacere, zitto. E allora lei a chiedermi: “Papà, vuoi dirmi che ne pensi?”. E io niente. Anzi, dicevo: “Se vuoi sapere il mio parere, me lo devi chiedere cinque volte”. Ma sono ed ero consapevole che il modo migliore per suggerire a una figlia di non frequentare un ragazzo che eventualmente non ti piace è di non farglielo sapere».

Spostando la lezione sul piano del centro, se Renzi…
«Altolà. Ma lei ha presente Renzi? È un leader a cui voglio bene, con qualità politiche indiscutibili, che tra l’altro ha confermato in questa storia del Quirinale. Ma lei ce lo vede qualcuno nei panni del suggeritore di Renzi? È ovvio che poi fa quello che gli pare. E lo capisco anche: anch’io, quando ero leader dell’Udc, ascoltavo tutti ma poi facevo di testa mia».

Si sente «padre nobile» del Parlamento?
«Se le dicessi di sì, sarei altezzoso; se le rispondessi di no, mi prenderebbero per ipocrita. Nel corso di una lunga carriera, in cui ho fatto cose positive e anche errori, ho capito che alla fine quello che ti resta è la reputazione. Anzi, che la reputazione viene prima degli incarichi. Mi ha scritto mio figlio in un messaggio che conservo: “Papà, ci hai insegnato a rispettare sempre tutti, anche i più umili. Oggi hai vinto senza vincere”».

Anche Berlusconi l’ha chiamata. Com’è stato ritrovarsi dopo tanto tempo?
«Con Berlusconi ho fatto un bel pezzo di strada e ho anche litigato. Ma il nostro rapporto umano non si è mai interrotto. Abbiamo fatto una lunga passeggiata, mi ha detto “sei ancora giovanissimo”, anche se ovviamente non è vero. Vede, per Berlusconi una volta contava vincere e farlo a ogni costo. Adesso, col passare del tempo, ha capito che il suo compito storico è quello di unire, di ridurre le divisioni. Il ritiro della sua candidatura per il Colle credo sia derivato soprattutto da questa consapevolezza».

Berlusconi era pronto a sostenerla per il Quirinale, Salvini e Meloni no.
«Meloni l’ha detto con chiarezza e da subito. Salvini non da subito ma poi è arrivato alla stessa conclusione: ha preferito Mattarella, a dimostrazione che nella vita non tutti i guai vengono per nuocere».

Lei ha attraversato tre repubbliche.
«Per me la repubblica è una sola. E comunque almeno un altro lo ha fatto senz’altro meglio di me, molto meglio. Si chiama Sergio Mattarella ed entrò con me in Parlamento nel 1983. La sua rielezione è una benedizione per il Paese. La democrazia è malata quando la politica pensa che i tecnici siano inutili ma anche quando i tecnici scalzano completamente i politici. Facendo un parallelo con l’emergenza della pandemia: Mattarella è a capo dell’ospedale e Draghi è il primario. Ma nel mezzo di una piena pandemia non mandi il primario a fare il presidente dell’ospedale. Non funziona».

Ha anche la stima dei Cinque Stelle, adesso?
«I Cinque Stelle sono maturati. Entrando nelle istituzioni, hanno capito che non erano come loro immaginavano che fossero. Una delle loro figure più importanti, di cui non faccio il nome, mi ha scritto in una lettera: “Sei la prova della distanza tra quello che pensavamo della politica e quello che la politica è davvero”».

Il Pd è il partito che l’ha riportata in Parlamento.
«Alcuni mi hanno sostenuto con grande calore, altri meno. Sento che qualcuno rimprovera a Franceschini di avermi sostenuto per il Quirinale con troppo affetto. Vede, da ragazzi io e Franceschini ci incontravamo nella nebbia del casello autostradale di Ferrara. Dario mi sosteneva nonostante il ras locale della Dc, Nino Cristofori, fosse contrario. Questo vale a riprova di quello che le ho detto finora. La politica è importante. Ma prima della politica, viene sempre la vita».

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Casini e la telefonata con Mattarella «Presidente, non la invidio davvero»

postato il 31 Gennaio 2022

Salvini? Non ho niente contro di lui. La sua una scelta politica, lo comprendo perfettamente. Voglia di centro? Ho già dato, ci sono nuovi protagonisti. Come dicono gli inglesi “non è la mia tazza di tè”

 

L’intervista di Valerio Baroncini pubblicata sul Resto del Carlino

Fratello (parola mantra), dove sei? Pier Ferdinando Casini ha dodici chilometri nelle gambe, macinati a Villa Borghese. Allenamento che spiana poi la strada per un pranzo di famiglia, nella campagna romana, sul piatto salsicce: «Sto un po’ con le mie figlie, sono sereno e tranquillo», dice spalancando un sorriso il senatore di Bologna ‘quasi’ presidente della Repubblica prima della svolta del Mattarella bis. Poi, nella domenica versione day after, ecco una telefonata a riavvolgere il nastro del romanzo Quirinale. Proprio con il capo dello Stato.

Presidente Casini, cosa vi siete detti con Mattarella?
«Ho appena messo giù. È stato molto affettuoso. Io gli ho detto che tutto è bene quel che finisce bene, che abbiamo trovato la soluzione migliore. Ma gli ho pure detto che è l’unica persona che non invidio nemmeno un po’, a gestire questa situazione uno rischia di rovinarsi la vita… Poi ora deve rivedere tutti i suoi programmi, lo capisco bene».

La sua voce non è quella di uno sconfitto.
«Allora, io sono un positivo di natura, che difficilmente si spiace delle cose, anche quando non raggiungo i miei obiettivi. Ma sono contento e soddisfatto perché non pensavo di ricevere delle attestazioni di affetto così forti».

Da chi?
«Prima di tutto dai figli (quattro, tre femmine e un maschio, ndr)».

Come hanno tifato per lei?
«Con tutti ci siamo mandati messaggi almeno due, tre volte al giorno. Mi hanno scritto cose bellissime»

Ne racconti una?
«Francesco mi ha scritto così: “Come mi hai insegnato, la cosa importante è rispettare tutte le persone, anche le più umili. Hai vinto senza vincere, sei il mio eroe“» [Continua a leggere]

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