postato il 11 Agosto 2011 | in "Economia, In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo"

Basta chiacchere, servono soluzioni. Il Nocash day?

Ieri il Governo ha parlato con le parti sociali, le quali al termine dell’incontro hanno dichiarato che il Governo non ha comunicato nulla enunciando solo generiche prese di posizione. Quasi contemporaneamente vi erano nuovi crolli in tutta Europa e a Milano le banche nel loro complessivo avevano una capitalizzazione di 50 miliardi di euro (di cui 37 erano quelle di Banca Intesa e Unicredit, seguite da Monte Paschi di Siena che vale 5 miliardi). Tutta l’Europa in questi giorni ha avuto cali vistosi, in particolare ieri, complice una voce, subito smentita, di un downgrade (ovvero di un peggioramento del giudizio di affidabilità) per l’economia francese. Tutto ciò è la testimonianza di un forte nervosismo che serpeggia tra gli investitori sia europei che americani, basti pensare che la banca Societè Generale ha perso ieri circa il 20%.

Il problema è principalmente legato alle incertezze dei politici che non hanno il coraggio di prendere decisioni forti, anche impopolari, preoccupati del consenso, delle elezioni, dei sondaggi, eppure dovrebbe essere chiaro a tutti che l’immobilità sta peggiorando la situazione. Personalmente sono convinto che la gente possa accettare sacrifici, ma solo se vi è un obbiettivo chiaro.

Ricordiamo tutti che nel 1992 Amato fece un prelievo forzoso per risollevare la crisi italiana; e quando Prodi fu eletto la prima volta, chiese ed ottenne una tassa una tantum per entrare nella UE. Sono due esempi di come, se si pongono obbiettivi chiari e si parla con sincerità alla gente, si ottiene una risposta positiva dalle persone. E’ inutile fare le battute, o dire che tutto va bene, perché non è così. Continuando a comportarsi in questo modo, il Governo è percepito in maniera negativa, anzi gli Italiani si sentono presi in giro. Non è il momento delle promesse vuote o delle prese di posizione ideologiche. Bisogna invece portare avanti proposte concrete, realistiche e spiegarle alla gente. Dire alla gente cosa si vuole ottenere, perché e come. Solo così la gente sarà disposta a nuovi sacrifici.

Bisogna combattere ferocemente l’evasione fiscale che in un anno è pari a 120 miliardi di euro (e non la si combatte di certo con i condoni e i colpi di spugna); se vi aggiungiamo lavoro nero, economia sommersa, riciclaggio arriviamo alla cifra di 560 miliardi di euro annui. Eppure non si riesce a scalfire questo “monte” di illegalità.

Ma non è l’unico problema, perché vi è anche l’inefficienza della macchina burocratica: prendiamo il caso di Equitalia Giustizia, costola dell’Agenzia delle entrate che dovrebbe gestire il patrimonio di beni confiscati ai malavitosi, multe milionarie ai truffatori, patteggiamenti, automobili sequestrate, beni immobili pignorati. Questi attivi si limitano a finanziare le intercettazioni: circa 268 milioni nel 2009, mentre tra il 2008 e il 2010 sono stati recuperati 4 miliardi di euro. Ebbene questo denaro finisce in depositi postali pressoché infruttiferi invece di essere rimesso in circolo per finanziare la disastrata amministrazione della macchina della Giustizia. Perché non si sbloccano questi 4 miliardi? A causa di cambi di governo, e difficoltà regolamentari, questo “tesoretto” non può essere usato.

Ma non è l’unico caso. Esistono oltre 450 miliardi di imposte accertate negli ultimi dieci anni che sarebbero “solamente” da esigere. Ma la raccolta prosegue con il contagocce: nel 2010 ne hanno recuperati circa 10 miliardi. E gli altri soldi? La lentezza della macchina burocratica, le leggi che cambiano e spesso sono retroattive (si vedano i vari condoni fiscali), le leggi di favore (vi ricordate quando parlammo delle somme perse con il condono fiscale perché le cifre accertate non furono mai richieste dallo Stato in quanto vi era una norma che “favoriva” l’evasore che pagava un anticipo?? Questo blog ne parlò esattamente un anno fa. E intanto questo tesoro di 450 miliardi si eleva al ritmo di circa 120 miliardi di euro annui, ma potrebbero essere molti di più, infatti secondo i dati 2010 del ministero dell’Economia, la metà dei contribuenti dichiara un reddito inferiore ai 15mila euro, due terzi non più di 20mila, l’1% più di 100mila, cioè 77mila persone in tutto. E per le piccole imprese e i professionisti c’è un altro dato: secondo Bankitalia è stato sottratto fra il 2005 e il 2008 il 30% della base imponibile dell’Iva, pari a 30 miliardi l’anno, come dire due punti di Pil ogni 12 mesi.
Il problema, dicono i magistrati, è che si sta andando indietro in tanti settori, dalla lotta all’evasione fino a quella alla criminalità economica vera e propria. Ancora una volta, le farraginosità dell’amministrazione pubblica (alimentate dal sospetto che una vera lotta al malaffare non convenga a tanti) fanno abbondantemente la loro parte. Il governo in carica, con la motivazione dei tagli al bilancio, ha cancellato con un colpo di penna prima la commissione anticontraffazione e poi addirittura l’Alto commissariato anticorruzione come entità indipendente (con 120 persone di staff). Al posto dell’Alto commissariato è stato insediato un miniorganismo con 20 dipendenti fra cui solo 3 magistrati, con la sede in tre stanzette in un sottoscala, alle dipendenze del ministero della Funzione pubblica che però sarebbe uno degli organismi da controllare.

Eppure le soluzioni ci sarebbero, ad esempio la tracciabilità dei flussi di denaro e in questa direzione va il Nocash day inventato dal manager Geronimo Emili, che dice: «Uno sconcertante 52,1% dei cittadini, ad un nostro sondaggio, ha risposto che usa il contante solo per mancanza di abitudine all’uso della moneta elettronica». L’iniziativa ha avuto la sponsorizzazione della MasterCard, ma anche l’appoggio di Abi e Confcommercio. Il vantaggio della moneta elettronica è la assoluta tracciabilità degli scambi di denaro e quindi l’emersione dei pagamenti in nero.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati.

2 Commenti
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citoyenne
citoyenne
13 anni fa

Carissimo sig. Mario Pezzati,
nell’apprezzare il lavoro da lei svolto per elencare tutte le inadempienze di questo governo (ma anche di altri) per recuperare fondi che dovrebbero servire per sanare la grande malata italiana, l’economia, le ricordo che il partito del presidente Casini faceva parte del governo, quando ci fu la crisi finanziaria a seguito dell’11 settembre. Niente di quanto da lei scritto è stato messo sul tavolo, anche allora si misero le mani in tasca agli inermi contribuenti, non attraverso tassazioni dirette, ma attraverso tagli agli enti periferici che si rivalsero con tagli ai servizi da erogare ai cittadini.
A come vede l’idea politica in Italia e dell’Italia è ancora quella obsoleta dei vari governi Craxi, Andreotti, Forlani: noi facciamo i debiti, a pagare ci penserà il popolo bue!
Una citoyenne

mario pezzati
mario pezzati
13 anni fa

carissima sig.ra (o signorina?) Citoyenne, ha ragione nel citare la crisi del settembre 2001.
Ha anche ragione chi, dati alla mano, dimostra che il debito pubblico odierno è nato e cresciuto tra il 1976 e il 1992.
Cosa sarebbe accaduto se negli anni 80 la gestione della cosa pubblica fosse stata migliroe, magari con uno stato che non speperava, pagando anche i conti dei cittadini? Meno debito oggi, ma anche meno crescita allora.
Oggi, però la situazione è diversa dagli anni 80 e dal 2001: oggi la necessità impone certi mutamenti. Non si può pensare di spostare al futuro decisioni importanti (magari emettendo btp che poi pagheranno i nostri figli come è accaduto negli anni 80) o facendo finta di niente (come nel 2001).
Che significa? significa che necessariamente qualcosa dovrà mutare?
Il mutamento sarà grande o sarà piccolo? non lo so, ma le ricordo che nel 1992-1993 vi fu tangentopoli. Grande movimento che ebbe solo un piccolo difetto: tolse i protagonisti di allora, ma non cambiò il sistema paese.
Oggi sono fiducioso (mi illudo forse…) che gli italiani non si fermerebbero ad una opera di facciata.
Nei forum di finanza, ad esempio,. si discute molto, ma pur avendo tutti posizioni differenti, vi è una generale insofferenza verso una realtà che deve cambiare.
E quando l’insofferenza è così generale, di solito il vento del cambiamento (mi perdoni la citazione) non tarda ad arrivare.



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