Tutti i post della categoria: Esteri

Tunisia e Libia: Ospite a L’Aria che tira

postato il 20 Marzo 2015

Alla trasmissione condotta da Mirta Merlino su La7 si parla degli ultimi avvenimenti di politica internazionale

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“Su terrorismo e immigrati l’Europa sta sbagliando tutto”

postato il 20 Marzo 2015

“Devono capire che il problema è la Libia: blocco navale per le armi e trattative fra le parti”

Pier Ferdinando CasiniL’intervista di Giovanni Miele a Pier Ferdinando Casini pubblicata su “Libero”

Presidente Casini, di fronte a episodi come quello di Tunisi con i primi morti italiani per mano di terroristi islamici, cresce nel paese un senso di paura e di sconcerto. Possiamo ancora dire che le nostre frontiere sul mediterraneo sono sicure?
Questo attentato terroristico segue una strategia precisa. Si mira a destabilizzare l’ultimo avamposto di stabilità che c’è in un’area delicatissima. Le primavere arabe sono fallite ovunque, forse solo in Tunisia hanno avuto uno sbocco positivo, con un parlamento legittimato democraticamente e un governo che sta scegliendo la strada delle riforme, favorendo un processo che porti ad un islamismo temperato, così come deve essere. Per cui siamo sicuri per come lo si può essere nel mondo di oggi, perché certamente siamo sotto assedio e dobbiamo reagire con fermezza e con determinazione.

Però la sensazione è che le Istituzioni, il mondo politico e soprattutto l’Europa siano piuttosto incerti sul da farsi.
Bisogna essere chiari. L’Europa per anni ha ritenuto che il suo problema fosse quello del Nord est, dei Paesi che si avviavano alla democrazia, uscendo dall’Unione Sovietica e per anni ha ritenuto che il tema del Mediterraneo fosse un tema secondario. L’Europa da questo punto di vista ha sbagliato tutto e continua a sbagliare perché continua a non ritenere che sia quella del Mediterraneo l’area da dove derivano le principali potenzialità, ma anche i principali problemi.

Soprattutto quello dell’invasione di migranti provenienti dal Nord Africa?
Certamente, ritenere che il tema dei rifugiati sia un tema che riguarda soltanto l’Italia, la Spagna o i paesi rivieraschi significa non capire che c’è una bomba atomica ai nostri confini. Invece, come Europa, nelle politiche di vicinato, dobbiamo indicare come priorità quella del Mediterraneo. [Continua a leggere]

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LIbia, blocchiamo navi e petrolio

postato il 8 Marzo 2015

Pier Ferdinando CasiniL’intervista di Marco Ventura a Pier Ferdinando Casini pubblicata sul Il Messaggero

 

«Il blocco navale alla Libia sotto l’egida dell’Onu va fatto, è necessario. E bisogna pensare pure al blocco delle importazioni di petrolio come spinta verso una soluzione politica». Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato, invita a non confondere «blocco navale e missione Mare Nostrum o Frontex. Il blocco servirebbe contro l’afflusso di altre armi leggere e pesanti in Libia. Solo l’arsenale dei gruppi di Misurata è stimato in 800 carri armati per 40mila uomini, più le forze islamiste di Tripoli e quelle di Tobruk: una “bomba atomica” nel deserto, davanti alle nostre coste».

C’è ancora spazio per una soluzione politica?

«La nostra strategia dev’essere il dialogo politico con una mano e il blocco navale con l’altra, a supporto del dialogo. Bisogna poi far leva su tutte le parti in guerra che ricevono denaro dalla vendita di petrolio attraverso la Banca centrale libica. Quanto meno, dovremmo minacciare di bloccare le importazioni. Il petrolio libico non è indispensabile come prima. I blocchi, navale ed energetico, possono contribuire a far camminare la mediazione».

Errori da evitare?

«Guai se il Parlamento “legittimo” di Tobruk nutrisse l’illusione pericolosa di poter normalizzare da solo il Paese. Né le potenze coinvolte, dal Qatar alla Turchia, né il popolo libico potranno mai accettare un governo sotto l’influenza diretta dell’Egitto».

I nostri partner Ue sono consapevoli della situazione?

«Sono reduce da un incontro tra membri delle Commissioni Esteri e Difesa dei Parlamenti Ue a Riga e ho constatato con amarezza che molti nostri colleghi vedono l’Europa proiettata solo sullo scacchiere nord-orientale, non su quello meridionale, mentre le opportunità ma anche le insidie maggiori per l’Europa vengono dal Mediterraneo.»

Sembra difficile addirittura far parlare tra loro i libici…

«Questa difficoltà non deve scandalizzarci. L’Onu e il suo inviato Bernardino Leon stanno facendo un buon lavoro».

Il suo mandato sta scadendo. Romano Prodi potrebbe succedergli?

«Si farà un bilancio in sede Onu. Le Nazioni Unite potrebbero avvalersi di personalità come Prodi, ma vanno evitate polemiche domestiche che sanno di provincialismo».

Intanto si moltiplicano i barconi verso l’Italia. Che fare?

«In Albania i nostri servizi segreti bonificarono i porti affondando le carrette del mare e installammo presidi di terra. Ma c’era un governo albanese con cui fare questo accordo. Intanto, dobbiamo evitare scelte sull’onda dell’emotività».

In che senso?

«Mare Nostrum è stata un’azione meravigliosa, che però ha avuto anche l’effetto di facilitare la criminalità organizzata che tiene le fila di questo traffico umano. Addirittura nel kit dei naviganti c’è il telefono del centro operativo di Roma per i salvataggi…»

Frontex parla però di un milione di migranti pronti a partire…

«Numeri tutti da verificare e che in Commissione Esteri ci sono stati forniti dai funzionari del Ministero dell’Interno mesi fa. La strategia dev’essere quella di restaurare in Libia una qualche statualità per poi passare alla fase “albanese”.»

In che modo avremmo fatto anche il gioco dei criminali?

«Ci sono testimonianze plurime sul fatto che bambini e famiglie vengono costretti a imbarcarsi col mare in burrasca su carrette che non possono che fare qualche miglio. Quella gente mira a provocare e usare le tragedie del mare per spingere le opinioni pubbliche europee ad assumere determinati comportamenti.»

In Ucraina la situazione è migliorata rispetto a qualche settimana fa…

«Sì, ma poi? Ho verificato di persona nei Paesi Baltici e in certi settori del Nord Europa un isterismo riguardo alla Russia che non aiuta a risolvere la situazione. L’errore è che molti ritengono di poter trattare con Putin come con Eltsin o Gorbaciov. Ma Putin è un leader politico che ha consenso nel paese e cerca di tutelare gli interessi nazionali russi. Non sono a costo zero affermazioni come quelle di chi dice che bisogna portare il partenariato Ue e la Nato ai confini con la Russia.

Condivide l’approccio di Matteo Renzi?

«Sì. Da Prodi a Berlusconi a Renzi c’è una continuità nella politica verso la Russia. Sappiamo tutti che lo Stato di diritto in Russia fa acqua, ma noi dobbiamo ritrovare lo spirito che portò all’associazione della Russia alla Nato a Pratica di Mare. È facile per l’America ipotizzare sanzioni quando a pagarne il prezzo siamo soprattutto noi europei. Occorre una politica estera e di difesa comune in Europa. Abbiamo visto troppa confusione anche sul riconoscimento dello Stato palestinese. In ordine sparso siamo tutti marginali. Fa parte di una strategia anche associare l’Iran a questa sistemazione nuova del mondo.»

C’è pure la guerra ai siti archeologici da parte dell’Isis…

«Lo sfregio alla cultura è la dimostrazione che si vuole sfregiare l’umanità.»

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Libia: Onu prenda iniziativa forte

postato il 18 Febbraio 2015


Il mio intervento a seguito dell’Informativa del Ministro Gentiloni sui recenti sviluppi della situazione in Libia

Signor Presidente, innanzitutto vorrei rivolgere a lei un ringraziamento perché, finché c’è il bicameralismo, ritengo che sia giusta la richiesta che lei ha fatto nelle scorse ore al Governo di venire a riferire qui in Senato, dopo essere stato alla Camera dei deputati, perché quello che si sta svolgendo in quest’Aula è un dibattito centrale per i problemi dell’Italia e per il nostro Mediterraneo. La seconda considerazione che voglio fare è che in poco tempo è difficile affrontare un argomento così complesso come quello della Libia, ma voglio dire che sono rassicurato dalle parole che ci ha detto oggi il ministro Gentiloni, mentre lo ero molto meno dall’alternanza di voci di questi giorni, che non hanno fatto sempre chiarezza della posizione italiana. Lei oggi, signor Ministro, è stato chiaro e limpido; non ripeterò le cose che ha detto, su cui sono totalmente d’accordo. Prima di assumere o di annunciare decisioni su questioni così delicate, infatti, è necessario riflettere sul passato e sugli errori che abbiamo fatto. Vedete, colleghi, da qualcuno spesso viene detto che è stato un errore l’azione militare francese contro Gheddafi, con argomenti sostenuti peraltro da una logica: avevamo un terribile dittatore, oggi ne abbiamo tanti che emulano Gheddafi e che rendono ancora più confusa la situazione, annullando qualsiasi statualità in Libia. [Continua a leggere]

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Libia: ospite di Porta a Porta

postato il 16 Febbraio 2015

Nello spazio di approfondimento politico di Rai 1 condotto da Bruno Vespa si parla di Isis, crisi libica e delle operazioni Mare Nostrum e Triton

 

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Libia: L’ Onu convochi al più presto il Consiglio di sicurezza

postato il 14 Febbraio 2015

Non esiste l’ipotesi di un intervento militare italiano in Libia. Esiste, invece, la necessità che l’Onu si assuma la responsabilità di convocare al più presto il Consiglio di sicurezza e non si limiti al rituale invio di un suo emissario. Oggi si vedono i guai di una gestione pressappochista e sbrigativa all’indomani dell’azione militare contro Gheddafi. La minaccia di un califfato islamico a poche centinaia di chilometri dalle nostre coste richiede un’immediata assunzione di responsabilità, in un contesto multilaterale.

Pier Ferdinando

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Libia: è emergenza assoluta, diventi priorità per l’Europa

postato il 8 Novembre 2014

Pier Ferdinando CasiniLa lettera pubblicata su Il Messaggero

Caro Direttore,

mai come adesso il Mediterraneo è il crocevia di una serie di tensioni e di crisi, che impongono all’Europa di far sentire la sua voce. Sulla sponda orientale l’avanzata dell’Isis rappresenta una minaccia straordinaria alla sicurezza globale, oltre che alla stabilità regionale, e rischia di cancellare le minoranze etniche e religiose, a partire da quelle curda e cristiana. La tragedia della guerra civile siriana sembra quasi passata in secondo piano, ma continua a provocare vittime e ondate di profughi, non più sostenibili dai paesi vicini, a cominciare dal Libano.
E poi c’è la Libia. Alla situazione in questo paese dedichiamo un’attenzione ancora insufficiente. E’ un atteggiamento forse comprensibile, considerata la situazione complicata di tutta la regione, ma miope. Per l’Europa, e per l’Italia in particolare, la situazione in Libia è un’emergenza assoluta. Dalla caduta di Gheddafi, tre anni fa, il paese è precipitato in un’anarchia di cui non si vede la fine. Gli scontri tra le centinaia di milizie armate hanno distrutto ogni parvenza di statualità. L’instabilità libica continua ad avere ripercussioni in tutta la regione, dall’Algeria al Mali, mentre in Tunisia, l’unico paese in cui la “primavera araba” non ha disatteso le sue aspettative, sono affluiti già più di centomila profughi.
E se il paese è allo stremo anche noi occidentali abbiamo qualche colpa. Con l’intervento armato abbiamo favorito la caduta di Gheddafi, ma non ci siamo preoccupati di quello che sarebbe successo dopo. E’ stato un errore capitale, che ha di fatto aperto la strada al caos attuale.
Ancora peggiore è la situazione sul fronte della lotta al terrorismo. [Continua a leggere]

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Libia: l’Europa si svegli o avremo di fronte un altro Califfato

postato il 6 Novembre 2014

Pier Ferdinando CasiniIl colloquio di Vincenzo Nigro con Pier Ferdinando Casini pubblicato su La Repubblica

“L’Europa si deve svegliare o avremo un Califfato anche alle porte della Sicilia: in Libia la mediazione dell’Onu deve essere dotata di poteri persuasivi più forti. Non basta una ‘testimonianza disarmata’ del nostro inviato speciale, Bernardino Leon. Bisogna dargli mezzi, prima che il contagio si estenda a paesi come la Tunisia”.
Il presidente della Commissione Esteri del Senato Pier Ferdinando Casini sarà oggi uno degli ospiti italiani dell’Interparlamentare europea che si riunisce a Roma. “La Libia sarà uno degli argomenti principali, la nostra diplomazia parlamentare deve essere sempre più incalzante”.

Presidente Casini, di fronte al caos libico lei ha detto che quasi sarebbe stato meglio tenersi Gheddafi….
È ovvio che questo è un paradosso ma certo abbiamo prodotto troppi guai. Una volta che si decise di intervenire in Libia, la comunità internazionale e innanzitutto l’Europa dovevano continuare nella loro missione, politica e di sicurezza. Con l’Onu dal primo momento bisognava pensare a creare un quadro di garanzia per accompagnare la nascita vera e propria di uno Stato libico, per permettere alle fazioni e alle tribù di deporre le armi e iniziare a negoziare. Non avendo fatto questo abbiamo delle condizioni peggiori di quelle che garantiva Gheddafi: ma dobbiamo lavorare per cambiare le cose.

È ancora possibile fare qualcosa? Un intervento militare è possibile, è utile?
Quello che fu fatto nei Balcani negli anni ’90, quando la comunità internazionale accompagnò la ricostruzione politica con un’operazione di stabilizzazione militare, in Libia andava fatto nel 2011. Ma adesso un’azione di “contenimento militare” è indispensabile.

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Truppe dell’Onu per battere l’Isis

postato il 11 Ottobre 2014

Occidente ed Europa non lascino soli i peshmerga
Casini Cicchitto
La lettera al Corriere della Sera dei presidenti delle Commissioni Affari esteri di Senato e Camera, Pier Ferdinando Casini e Fabrizio Cicchitto

Caro Direttore,
il dramma in atto nel Medio Oriente, segnato dall’offensiva della formazione terrorista dell’IS, richiede un chiarimento di fondo sia sulla sua effettiva natura sia sull’azione più efficace per contrastarla e sconfiggerla. Mentre il terrorismo di Al Qaeda era concentrato contro l’Occidente, l’IS è concentrato contro una larga parte dell’Islam e punta a costruire una sorta di statualità alternativa ed eversiva, il cosiddetto “califfato”. Questo nuovo soggetto si nutre di ingenti proventi finanziari, amministra un cospicuo mercato nero nel settore petrolifero, sperimenta inediti progetti di educazione dei giovani secondo precetti integralisti, rafforzandosi costantemente con l’apporto dei foreign fighters che proviene dal cuore delle nostre società.
Ci troviamo di fronte ad un autentico salto di qualità che ha colto tutti di sorpresa, soprattutto quei governi arabi moderati che nel passato hanno civettato in vario modo con l’estremismo islamico per mettere sotto scacco altri leader arabi e altri stati, dall’Iraq alla Siria. Adesso i Paesi del Golfo, ma anche la stessa Turchia, si ritrovano di fronte ad un demone che si sta rivoltando contro di loro. Questo atteggiamento si è purtroppo intrecciato con una catena di errori che hanno segnato negativamente l’operato dell’Occidente nel suo complesso.

Così in Libia, dopo il durissimo intervento armato per liquidare un efferato dittatore come Gheddafi, si è aperta una stagione di completo dissolvimento di ogni statualità.
Al Cairo, le improvvide aperture di credito ai fratelli musulmani hanno messo in serio pericolo anche i difficili equilibri del conflitto israelo-palestinese, prima che Al-Sisi riuscisse a rinsaldare il patto tra forze armate e popolazione.
In Iraq, nel corso del secondo intervento militare, il brusco trapasso da una trentennale egemonia sunnita ad un governo prevalentemente sciita ha provocato la radicalizzazione di una parte dei sunniti i quali sono stati tra i soci fondatori dell’IS.
In Siria, dopo aver abbandonato a se stessa l’opposizione moderata, si è pericolosamente oscillato tra l’abbattimento del regime ed il contrasto dei più temibili estremisti, che sono venuti a costituire l’altro polo dell’IS. La saldatura fra l’IS iracheno e quello siriano ha sviluppato una massa critica sul terreno militare che nel contempo dà sfogo alla sua intrinseca natura terroristica uccidendo e opprimendo altri musulmani, i cristiani, gli yazidi, insomma liquidando lo storico patrimonio multi-confessionale della regione.
Ora, quello che sta accadendo nella città di Kobane evidenzia che lo schema di contrasto nei confronti dell’IS, fondato su una divisione dei compiti e dei ruoli fra l’aviazione USA e di alcuni altri Stati e la resistenza di terra affidata ai soli Peshmerga, non funziona e rischia di produrre altre tragedie. In sostanza, ci troviamo di fronte alla contraddizione fra un giusto e sensato progetto politico, che è quello di costruire una grande coalizione fra stati arabi moderati e stati occidentali, e la sua traduzione strategico-militare, che è invece assai debole. Allora non è possibile che il mondo assista in modo sostanzialmente passivo alla tragedia che sta avvenendo. La comunità internazionale deve prendersi le sue responsabilità e quindi porre in essere un risoluto e risolutivo intervento politico-militare di contrasto all’IS, realizzato dalle forze dell’ONU che non lascino soli i Peshmerga, i quali in ogni caso stanno pagando un significativo tributo di sangue. Siamo ad uno snodo cruciale della sicurezza globale, che prescinde dalle vecchie e nuove contrapposizioni tra Est ed Ovest oppure tra Nord e Sud, e dovrebbe perciò indurre ad una mobilitazione generale, cui l’Unione europea, in particolare, potrebbe dare impulso. Se non si riuscirà a fare questo, si potrà verificare una pericolosissima contraddizione fra teoria e pratica dagli esiti imprevedibili.

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Ospite di Punto Europa

postato il 4 Ottobre 2014

Futuro dell’Ue, crisi in Ucraina, Isis e Libia al centro dell’intervista di Giuseppe Ardica
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