Tutti i post della categoria: Esteri

«La scelta di Obama? Una prova di democrazia»

postato il 3 Settembre 2013

Pier Ferdinando CasiniL’intervista a Pier Ferdinando Casini pubblicata su “Avvenire” di Lucia Capozzi

Non è un segno di debolezza. Tutt’altro. È l’esatto contrario: una prova di democrazia, sagacia e lungimiranza». Dopo aver plaudito allo stop imposto dal Parlamento inglese al premier David Cameron, ora, Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato, approva la scelta di Barack Obama di sottoporre al voto del Congresso la decisione di intervenire in Siria. «È la dimostrazione che i Paesi democratici hanno una carta in più – aggiunge Casini -. E quella carta sono i Parlamenti». Questi ultimi – come dimostrano i casi inglese e statunitense – sono tornati gli arbitri della situazione. «Meno male, direi. In un momento tanto delicato, non è opportuno espropriare i rappresentanti diretti del popolo del loro potere decisionale».

Crede che il Congresso Usa seguirà l’esempio del Parlamento britannico?
Purtroppo penso di no. E commetterà un errore.

Perché?
Perché considero profondamente sbagliata un’iniziativa militare nello scenario siriano. E non di certo per stima nei confronti di Assad: il regime di Damasco si è macchiato delle peggiori atrocità. Dobbiamo, però, considerare con attenzione la situazione. Ad opporsi alla dittatura non è un movimento liberale e democratico ma una compagine eterogenea in cui sono infiltrati stabilmente elementi jihadisti. Si corre, dunque, il rischio di passare dalla padella alla brace. Di abbattere un tiranno per far posto ai terroristi. Mi domando: il caso egiziano non ci ha insegnato niente? Là, abbattere il dittatore Mubarak ha coinciso con la nascita di un sistema democratico? [Continua a leggere]

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Per l’ambasciatore kazako adesso va chiesta la rimozione

postato il 17 Luglio 2013

Pubblichiamo da ‘Il Corriere della Sera’

II presidente della commissione Esteri Casini: per l’ambasciatore kazako adesso va chiesta la rimozione

ROMA – Pier Ferdinando Casini, presidente della commissione Esteri del Senato, trova «grave» per l’ltalia l’incidente kazako e punta il dito sull’ambasciatore di quel Paese. «Ho fiducia in Alfano e sono convinto che abbia portato in Parlamento la verità. La verità di cui è in possesso, che spero che coincida con la verità dei fatti. Una cosa mi sembra inconcepibile e intollerabile: che ci sia un signore che si aggira per Roma con uno stuolo di funzionari, che contatta in proprio, fuori dai canali ufficiali della Farnesina, il ministero dell’Interno e i magistrati, senza che nessuno eccepisca che questo va ben oltre il ruolo di rappresentante legale di uno Stato estero in Italia. Per altro l’ambasciatore del Kazakistan Yelemessov, ammesso e non concesso che si prestasse per conto del suo governo alla ricerca di un pericoloso terrorista, una volta appurato che non si trova, a quel punto si rende complice di fatto di una sorta di deportazione forzata di una donna e di una bambina».

Come reagire, dunque?
«Mi chiedo se il governo italiano non trovi doveroso chiedere a quello kazako un po’ di rinnovamento nella rappresentanza diplomatica».

L’ltalia, però, non ci ha fetta una bella figura.
«E’ vero, lo dice anche il governo. È stato un incidente grave. Ma oggi abbiamo due cose da fare: far capire al governo kazako che tutto quello che succederà a questa signora pregiudicherà la nostra relazione con loro ed evitare che si ripetano fatti di questo tipo».
Al. T.

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L’incontro con la stampa estera

postato il 24 Gennaio 2013

Rispondo alle domande dei corrispondenti nella sede di via dell’Umiltà

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I frutti della ritrovata credibilità all’estero

postato il 20 Novembre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

A chi si lamenta della “scarsa incisività” del governo Monti segnalo che le cose stanno cambiando: i primi risultati della cura Monti si vedono e stanno portando vantaggi concreti.

Pochi giorni fa annunciavamo, tra le varie cose positive, il provvedimento per estendere “l’iva per cassa” alle piccole aziende che fatturano fino a 2 milioni di euro, andando incontro alle richieste di artigiani e piccoli imprenditori; oggi possiamo dare due belle notizie figlie della ritrovata credibilità internazionale dell’Italia.

La prima riguarda la visita di questi giorni nel Medio Oriente del presidente Monti, che sta portando un risultato molto tangibile: dal Qatar arriveranno massicci investimenti nelle società italiane che operano nell’alimentare, nella moda, nel lusso e in generale nel made in Italy.

Si formerà infatti una joint venture tra il Fondo Strategico Italiano (gestito dalla Cassa Depositi e Prestiti) e la Qatar Holding che porterà in dote due miliardi di euro al sistema produttivo italiano. Si creerà la “Iq Made in Italy Venture”, una joint venture che partirà subito con 300 milioni che diventeranno due miliardi nei prossimi anni. Questa jv nasce grazie alle eccellenti relazioni tenute da Monti e dalla ritrovata credibilità internazionale dell’Italia e , oltre ai soldi, mette a disposizione delle aziende italiane due partner con competenze complementari che possono portare opportunità e stimoli per migliorare la competitività.

L’altra notizia invece riguarda la possibilità di un accordo con la Svizzera per tassare i capitali all’estero.

Dopo mesi di lavoro, il governo è sul punto di chiudere l’accordo con la Svizzera, addirittura si dice che dovrebbe accadere già entro la prima metà di dicembre.

In pratica con questo accordo, similarmente a quelli stretti con altre nazioni, la Svizzera si impegna a tassare i capitali degli italiani lì depositati e a girare tali proventi al governo italiano, in cambio manterrebbe l’anonimato dei correntisti, tutelando il segreto bancario.

La tassazione avverrebbe in due modalità, ma sempre con le stesse aliquote in vigore in Italia: la prima sarebbe una sorta di sanatoria con il passato e quindi si parla di una percentuale di prelievo molto più consistente del ridicolo 7% del precedente governo: il governo Monti vuole accordarsi per una aliquota pari a circa il 35-40% da applicare su un capitale complessivo stimato sui 160 miliardi di euro. In pratica, la cifra che dovrebbe entrare nelle casse dello stato dovrebbe aggirarsi sui 48-60 miliardi di euro.

Ma non ci si ferma qui, perché, oltre a questa tassazione (che varrebbe per il passato), vi sarebbe anche un prelievo sui rendimenti dei conti correnti da effettuare ogni anno e che sarà in linea con quello già applicato in Italia (pari a circa il 20%) e che, nelle ipotesi più conservative, potrebbe portare a un introito annuo di circa 6-10 miliardi di euro.

Ottimi risultati, che premiano gli sforzi del governo Monti e di chi ha creduto in lui.

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Il mio saluto, a nome dell’Idc, al Santo Padre

postato il 22 Settembre 2012

Santità,

le esprimo profonda gratitudine a nome dell’Internazionale Democratico Cristiana e di Centro per la straordinaria opportunità che Ella ci ha concesso d’essere qui, oggi, a Castel Gandolfo.

C’è in noi un anelito, certo insufficiente ma sincero, per la libertà, per la difesa della dignità dell’uomo, per la intangibilità della vita, per l’affermazione dei diritti dei più deboli, siano essi donne, minori o minoranze etniche e religiose, contro ogni sopraffazione e violenza.

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Trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza

postato il 22 Settembre 2012

Pubblichiamo, in italiano ed inglese, il discorso che il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto ai partecipanti all’Incontro promosso dall’Internazionale Democratico Cristiana.

Signor Presidente,

onorevoli Parlamentari,

distinti Signore e Signori!

Sono lieto di ricevervi durante i lavori del Comitato Esecutivo dell’Internazionale Democratico Cristiana, e desidero, anzitutto, rivolgere un cordiale saluto alle numerose Delegazioni, provenienti da tante nazioni del mondo. Saluto in particolare il Presidente, On. Pier Ferdinando Casini, che ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto a vostro nome. È trascorso un lustro dal nostro precedente incontro ed in questo tempo l’impegno dei cristiani nella società non ha cessato di essere vivace fermento per un miglioramento delle relazioni umane e delle condizioni di vita. Questo impegno non deve conoscere flessioni o ripiegamenti, ma al contrario va profuso con rinnovata vitalità, in considerazione del persistere e, per alcuni versi, dell’aggravarsi delle problematiche che abbiamo dinanzi.

Un rilievo crescente assume l’attuale situazione economica, la cui complessità e gravità giustamente preoccupa, ma dinanzi alla quale il cristiano è chiamato ad agire e ad esprimersi con spirito profetico, capace cioè di cogliere nelle trasformazioni in atto l’incessante quanto misteriosa presenza di Dio nella storia, assumendo così con realismo, fiducia e speranza le nuove emergenti responsabilità. «La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, diventando così occasione di discernimento e di nuova progettualità» (Enc. Caritas in veritate, 21).

E’ in questa chiave, fiduciosa e non rassegnata, che l’impegno civile e politico può ricevere nuovo stimolo ed impulso nella ricerca di un solido fondamento etico, la cui assenza in campo economico ha contribuito a creare l’attuale crisi finanziaria globale (Discorso alla Westminster Hall, Londra, 17 settembre 2010). Il contributo politico ed istituzionale di cui voi siete portatori non potrà quindi limitarsi a rispondere alle urgenze di una logica di mercato, ma dovrà continuare ad assumere come centrale ed imprescindibile la ricerca del bene comune, rettamente inteso, come pure la promozione e la tutela della inalienabile dignità della persona umana. Oggi risuona quanto mai attuale l’insegnamento conciliare secondo cui «nell’ordinare le cose ci si deve adeguare all’ordine delle persone e non il contrario» (Gaudium et spes, 26). Un ordine, questo della persona, che «ha come fondamento la verità, si edifica nella giustizia» ed «è vivificato dall’amore» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1912) ed il cui discernimento non può procedere senza una costante attenzione alla Parola di Dio ed al Magistero della Chiesa, particolarmente da parte di coloro che, come voi, ispirano la propria attività ai principi ed ai valori cristiani.

Sono purtroppo molte e rumorose le offerte di risposte sbrigative, superficiali e di breve respiro ai bisogni più fondamentali e profondi della persona. Ciò fa considerare tristemente attuale il monito dell’Apostolo, quando mette in guardia il discepolo Timoteo dal giorno «in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole» (2 Tm 4,3).

Gli ambiti nei quali si esercita questo decisivo discernimento sono proprio quelli concernenti gli interessi più vitali e delicati della persona, lì dove hanno luogo le scelte fondamentali inerenti il senso della vita e la ricerca della felicità. Tali ambiti peraltro non sono separati, ma profondamente collegati, sussistendo tra di essi un evidente continuum costituito dal rispetto della dignità trascendente della persona umana (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1929), radicata nel suo essere immagine del Creatore e fine ultimo di ogni giustizia sociale autenticamente umana. Il rispetto della vita in tutte le sue fasi, dal concepimento fino al suo esito naturale – con conseguente rifiuto dell’aborto procurato, dell’eutanasia e di ogni pratica eugenetica – è un impegno che si intreccia infatti con quello del rispetto del matrimonio, come unione indissolubile tra un uomo e una donna e come fondamento a sua volta della comunità di vita familiare. E’ nella famiglia, «fondata sul matrimonio e aperta alla vita» (Discorso alle Autorità, Milano, 2 giugno 2012), che la persona sperimenta la condivisione, il rispetto e l’amore gratuito, ricevendo al tempo stesso – dal bambino al malato, all’anziano – la solidarietà che gli occorre. Ed è ancora la famiglia a costituire il principale e più incisivo luogo educativo della persona, attraverso i genitori che si mettono al servizio dei figli per aiutarli a trarre fuori («e-ducere») il meglio di sé. La famiglia, cellula originaria della società, è pertanto radice che alimenta non solo la singola persona, ma anche le stesse basi della convivenza sociale. Correttamente quindi il Beato Giovanni Paolo II aveva incluso tra i diritti umani il «diritto a vivere in una famiglia unita e in un ambiente morale, favorevole allo sviluppo della propria personalità» (Enc. Centesimus annus, 44).

Un autentico progresso della società umana non potrà dunque prescindere da politiche di tutela e promozione del matrimonio e della comunità che ne deriva, politiche che spetterà non solo agli Stati ma alla stessa Comunità internazionale adottare, al fine di invertire la tendenza di un crescente isolamento dell’individuo, fonte di sofferenza e di inaridimento sia per il singolo sia per la stessa comunità.

Onorevoli Signore e Signori, se è vero che della difesa e della promozione della dignità della persona umana «sono rigorosamente e responsabilmente debitori gli uomini e le donne in ogni congiuntura della storia» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1929), è altrettanto vero che tale responsabilità concerne in modo particolare quanti sono chiamati a ricoprire un ruolo di rappresentanza. Essi, specialmente se animati dalla fede cristiana, devono essere «capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza» (Gaudium et Spes, 31). Utilmente risuona in questo senso il monito del libro della Sapienza, secondo cui «il giudizio è severo contro coloro che stanno in alto» (Sap 6,5); monito dato però non per spaventare, ma per spronare e incoraggiare i governanti, ad ogni livello, a realizzare tutte le possibilità di bene di cui sono capaci, secondo la misura e la missione che il Signore affida a ciascuno.

Auguro quindi ad ognuno di voi di proseguire con entusiasmo e decisione nell’impegno personale e pubblico, e assicuro il ricordo nella preghiera affinché Dio benedica voi e i vostri familiari. Grazie per l’attenzione.

***

Mr President,

Honourable Members of Parliament,

Ladies and Gentlemen,

 I am delighted to be able to receive you during the course of the work of the Executive Committee of the Christian/Centrist Democrat International. I would like, first of all, to address my cordial greetings to the numerous delegations from many countries around the world and, in particular, to your President, the Honourable Pier Ferdinando Casini, whom I thank for the courteous words he addressed to me in your name. Five years have passed since our last meeting, during which time the involvement of Christians in society has not ceased to enliven and improve human relations and living conditions. This commitment must not lessen or decrease; rather, it must be proffered with renewed vitality, in view of the persistence and, in some cases, the worsening of the problems we are facing.

 The current economic situation is becoming increasingly serious, and its complexity and gravity rightly arouse concern. Yet, in the face of this situation, Christians are called to act and express themselves with a prophetic spirit – that is, a spirit capable of seeing in these transformations the unceasing and mysterious presence of God in history – and thus to shoulder their newly emerging responsibilities with realism, confidence and hope. «The current crisis obliges us to re-plan our journey, to set ourselves new rules and to discover new forms of commitment … [it] thus becomes an opportunity for discernment, in which to shape a new vision for the future» (Enc. Caritas in veritate, 21).

In this way, with confidence not resignation, civil and political activity must be given new incentives to seek solid ethical foundations, the lack of which in the economic field has helped to create the current global financial crisis (Address at Westminster Hall, London, 17 September 2010). Your political and institutional commitment must not, then, be limited to responding to the requirements of market logic. Rather, its central and indispensable goal must remain the search for the common good, correctly understood, and the promotion and protection of the inalienable dignity of the human person. The teaching of Vatican Council II that «the order of things must be subordinate to the order of persons, and not the other way around» (Gaudium et spes, 26) is today more timely than ever. This order of persons «is founded on truth, built up in justice, and animated by love» (Catechism of the Catholic Church, 1912), and it cannot be discerned without constant attention to the Word of God and the Magisterium of the Church, especially by people such as you, who draw the inspiration for their activities from Christian principles and values.

Unfortunately the cursory, superficial and short-term responses to the most fundamental and profound human needs are numerous and strident. This makes the words of the Apostle sadly appropriate for our own time, when he warned Timothy of the day in which «people will not put up with sound doctrine, but having itching ears, they will accumulate for themselves teachers to suit their own desires, and will turn away from listening to the truth and wander away to myths» (2 Tim 4:3).

The areas in which this decisive discernment is to be exercised are those touching the most vital and delicate interests of the person, the place where the fundamental choices regarding the meaning of life and the search for happiness are made. These areas are not separate from one another but profoundly interconnected; they possess a manifest continuum which is constituted by respect for the transcendent dignity of human beings (cf. Catechism of the Catholic Church, 1929), rooted in the fact that they were made in the image of the Creator and are the ultimate goal of any authentically human social justice. The commitment to respecting life in all its phases from conception to natural death – and the consequent rejection of procured abortion, euthanasia and any form of eugenics – is, in fact, interwoven with respecting marriage as an indissoluble union between a man and a woman and, in its turn, as the foundation for the community of family life. It is in the family, «founded on marriage and open to life» (Address to the Authorities, Milan, 2 June 2012), that human beings experience sharing, respect and gratuitous love, at the same time receiving – be they children, the sick or the elderly – the solidarity they need. The family, moreover, constitutes the principal and most significant place for the education of the person, thanks to the parents who place themselves at the service of their children in order to draw out («e-ducere») the best that is in them. Thus the family, the basic cell of society, is the root which nourishes not only the individual human being, but the very foundations of social coexistence. Blessed John Paul II was right, then, to include among human rights, «the right to live in a united family and in a moral environment conducive to the growth of the child’s personality» (Enc. Centesimus annus, 47).

The authentic progress of human society cannot forgo policies aimed at protecting and promoting marriage, and the community that derives therefrom. Adopting such policies is the duty not only of States but of the International Community as a whole, in order to reverse the tendency towards the growing isolation of the person, which is a source of suffering and atrophy for both individuals and for society.

Honourable ladies and gentlemen, if it is true that the defence and promotion of human dignity «have been entrusted to us by the Creator” as a duty that pertains strictly and responsibly to “men and women at every moment of history” (cf. Catechism of the Catholic Church, 1929), it is equally true that this responsibility particularly concerns those called to political office. They, especially if animated by Christian faith, must be «strong enough to provide coming generations with reasons for living and hoping» (Gaudium et Spes, 31). In this sense, the warning contained in the Book of Wisdom to the effect that «severe judgement falls on those in high places» (Wis 6:5) is highly beneficial, a warning given not to frighten but to spur and encourage those in government, at all levels, to achieve all the good of which they are capable, in keeping with the mission the Lord entrusts to each one.

 In the hope, then, that each of you will continue to fulfil your personal and public commitments with enthusiasm and determination, I assure you all of a remembrance in my prayers, and I invoke God’s blessings upon you and your families. Thank you for your attention.

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Il futuro da scegliere

postato il 21 Settembre 2012

di Vincenzo Pezzuto

Decisamente in sintonia con l’esigenza di un futuro più sicuro e responsabile (più che di una politica responsabile) appare l’analisi di Fabbrini su “Il Sole 24 di Ore”. Parlare di scollamento tra l’establishment del Paese (che teme il ritorno ad una competizione politica irresponsabile) e la politica, significa parlare di due visioni che trasversalmente attraversano (come ha precisato il capogruppo Udc alla camera, Galletti) la società e la classe politica: chi considera Monti tecnocrazia e chi invece crede che stia lavorando per il bene dell’Italia.
Un quadro simile mal si concilia con la precaria situazione economica italiana (secondo debito pubblico di Europa e tra i più alti al mondo), che impone serietà e senso di protezione finanziaria.
La ricetta per risanare tali fratture potrebbe essere quella (come propone Fabbrini) di individuare quattro doveri che i partiti dovranno rispettare, con la consapevolezza che un clima di tensione e di politica urlata avrà pesanti ripercussioni sul Paese.
A farsi avanti per proporre la lista degli ingredienti è stato Pier Ferdinando Casini:

Si attendono i dettagli della proposta, ma possiamo affermare già di averli e sono frutto della politica responsabile di questi ultimi mesi. Perchè gli impegni e le proposte nei confronti del futuro di un Paese non si improvvisano dalla sera alla mattina, ma si elaborano con consapevolezza ed un pizzico di lungimiranza.

1) Quale Europa sarà necessario avere in mente? Quale futuro per la moneta unica?
L’Europa che gli europei hanno in mente è la stessa che propone l’Udc: gli Stati Uniti d’Europa. Non si può prescindere dal rilancio della crescita e degli investimenti, dalla creazione di posti di lavoro, dalla sussidiarietà e dal mutualismo reciproco. A fare da collante dovrà esserci un elemento cardine, la maggiore unità politica. Questo è il quadro che dovrà interessare l’UE e chi lo rispetta (come l’Udc) ha votato con convinzione il pareggio di bilancio in Costituzione e il fiscal compact). Occorre stare alla larga da chi pone a repentaglio il futuro dell’assetto comunitario (e soprattutto dei cittadini e milioni di lavoratori europei) riproponendo vecchie trovate populistiche dagli effetti catastrofici.

2) Quali le priorità da soddisfare (con copertura finanziaria)?
Combattere il populismo significa essere chiari nei confronti degli elettori. Significa individuare delle priorità da soddisfare. Il fine ultimo non dovrà essere quello di riempire paginone di programmi utili solo al proprio tornaconto elettorale. Significa individuare dei punti realizzabili con mezzi e risorse finanziarie realmente disponibili e nel rispetto dei vincoli finanziari esterni. La differenza rispetto al passato consterà nella bravura di certa classe politica nella ricerca non di facili consensi (grazie alle solite furbizie) ma promettendo dei sacrifici e misure per la crescita (ma veramente realizzabili). Non è plausibile sentir parlare ancora di abolizione dell’Imu da chi non ha mai fornito giustificazioni finanziarie sull’abolizione dell’Ici (con i risultati che tutti sappiamo). Ai pacchetti (anzi “pacchi”) programmatici preconfezionati ad arte non crede più nessuno ed in particolar modo i mercati.

3) Posizione in merito a mercato del lavoro, pensioni, evasione fiscale?
La strada è in salita (e lo si sapeva) ma è già delineata e collaudata dai fatti (del resto l’Italia non ha fatto la fine di Grecia e Spagna): continuità con l’Agenda Monti e le riforme. Riforme che interessano il lavoro, le pensioni e i giovani non si votano perchè proposte da un Governo tecnico o perchè imposte dallo stato di emergenza. Si attuano perchè sono le uniche in grado di dare riposte alle prospettive dei giovani. In questi restanti mesi di Governo e dal 2013 è e sarà doveroso puntare: – alla riduzione dell’Irpef per le famiglie con redditi bassi ed in base al numero dei figli (compatibilmente con le coperture finanziarie); – alla sburocratizzazione del sistema amministrativo ed all’approvazione della riforma della Giustizia in modo da rendere appetibile il mercato italiano agli investitori nazionali ed esteri; a rendere operativa l’Agenda Digitale, che potrà dare un contributo del 5% alla crescita del Pil da qui al 2020; – alla redazione di un piano strategico per il rilancio del mezzogiorno (si badi: in netta antitesi con le disattese promesse del passato); – ad ulteriori fasi della spending review; – a combattere chi vive alle spalle della gente onesta che giornalmente contribuisce al mantenimento della cosa pubblica (e che potremmo definire “ladro” né più né meno di chi prende tangenti nella Pubblica amministrazione – come già dichiarato dal leader Udc).

4) Commissione esterna di esperti per la valutazione delle proposte?
Affinche la prossima competizione elettorale non si trasformi in un gioco al massacro dove a pagare saranno sempre i soliti, la commissione paventata da Fabbrini potrà svolgere un ruolo interessante. A patto che si tratti unicamente di una valutazione connessa alla disponibilità finanziaria delle proposte partitiche. Il giudizio di valore spetta ai cittadini e dovrà rispondere al grado di soddisfacimento del loro benessere.

Occorre, in definitiva, “ricucire” il Paese e l’Europa, puntare con forza alla crescita, continuare con forza sulla strada del Governo Monti per il bene dell’Italia. Occorre mettere da parte i personalismi, le furbizie, la demagogia e le trovate populistiche. Più senso di responsabilità. Più proposte efficaci. Più futuro. Più Italia.

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Se Orbán torna alla carica e pensa a sostituire la democrazia

postato il 30 Luglio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

Della difficile e controversa situazione ungherese mi sono già occupato precedentemente, quando il premier di centrodestra del Paese, Viktor Orbán, aveva dato avvio a una preoccupante “svolta a destra”, smettendo i panni dell’uomo di governo moderato e liberale e indossando quelli dell’uomo forte, presunto artefice della rinascita nazionalista della “Grande Ungheria”. Avevo già all’epoca espresso profonda preoccupazione per come gli avvenimenti stavano precipitando (anche dal punto di vista economico, visto che l’Ungheria risente pesantemente della crisi) e avevo avanzato l’idea che l’Europa – a riprova del fatto che è comunità democratica, prima che sede di scelte tecniche – non potesse restare inerme mentre in uno dei suoi Paesi membri la Democrazia veniva messa a dura prova.

Ora, la situazione – che sembrava inizialmente rientrata nei binari – è tornata in una fase critica. Due giorni fa, Orbán, intervenendo a un meeting dell’associazione degli imprenditori magiari, ha addirittura evocato la possibilità di dover inventare un “nuovo sistema” che sostituisca quello democratico, perché il suo popolo, “semi-asiatico”, “capisce soltanto la forza”: “noi speriamo che non sia necessario introdurre un nuovo sistema che rimpiazzi la democrazia, ma noi abbiamo comunque bisogno di nuovi sistemi economici e di nuove idee”; mentre a un raduno studentesco nella città di Baile Tusnad ha attaccato duramente la UE, accusandola di perdere tempo dietro “ai giocattoli per maiali e allo stato d’animo delle oche, mentre centinaia di migliaia di cittadini stanno perdendo il lavoro e la moneta unica sta collassando”. Due attacchi, speculari e complementari, che chiariscono il modello di azione politica che Orbán sembra ormai deciso a portare fino in fondo: rafforzamento del potere centrale in patria (non escludendo svolte veramente autoritarie) e progressivo sganciamento dalle istituzioni comunitarie, approfittando del malcontento popolare e delle difficoltà del momento.

Già in Ungheria le reazioni sono state di sdegno diffuso. Népszava, quotidiano di sinistra sottolinea che “se qualcuno dubitava ancora che Orbán fosse un partigiano dei regimi autoritari e non della democrazia ci ha pensato lui stesso a dimostrarlo. Il suo discorso non è stato un lapsus, ma un’espressione dei suoi pensieri più reconditi. Ora sappiamo cosa pensa dell’Europa, dell’Ungheria e della democrazia”. Persino Magyar Nemzet, il quotidiano tradizionalmente più vicino al primo ministro, fa fatica a difenderlo. Secondo il quotidiano “la diagnosi sull’Unione è abbastanza pertinente: il problema è trovare il giusto mezzo tra interesse nazionale e interesse comune. Quello che abbiamo ascoltato da Orbán è un monologo, e non un dialogo. Questo non è un buon segno”. Ma le parole più nette arrivano dal settimanale liberale Magyar Narancs, che scrive: “se daremo una nuova chance a Orbán nel 2014 gli daremo ragione, perché dimostreremo che siamo veramente un popolo semi-asiatico”.

Appare chiaro, quindi, come le prese di posizioni di Orbán siano ben oltre il livello di guardia consentito. È qui che entriamo in gioco noi, con l’UE: se vogliamo mantenere l’Ungheria di Orbán all’interno dei limiti di una democrazia veramente tale, dobbiamo agire, scegliendo accuratamente i nostri obiettivi e il metodo da seguire (distinguendo le scelte politiche non condivisibili ma legittime, dal resto) e ribadendo la difesa dei nostri principi democratici e costituzionali. Contro ogni involuzione reazionaria e autoritaria. Contro il ritorno di spettri che questa crisi economica rischia di rendere più consistenti.

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Discorso in omaggio al Presidente Patricio Aylwin

postato il 27 Maggio 2012

Cari amici, Caro Presidente,

siamo qui oggi riuniti per omaggiare e festeggiare la figura del Presidente Patricio Aylwin, illustre esponente della democrazia cristiana cilena nonché primo presidente democraticamente eletto dopo la dittatura di Augusto Pinochet terminata nel 1990.

Sappiamo, soprattutto noi che operiamo nell’incerto e complicato scenario politico, quanto la storia spesso ci detti i parametri all’interno dei quali siamo costretti a muoverci con coscienza, senso di responsabilità e lungimiranza. Nel caso del Presidente Aylwin, tuttavia, possiamo affermare con certezza che la sua azione politica guidata dalla dignità delle idee e dalla maturità politica di chi agisce in tempi di transizione e di ricostruzione del tessuto di un paese ha essa stessa segnato la storia non solo del Cile ma dell’intero continente latino-americano in modo indelebile.   [Continua a leggere]

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Hula, la strage degli innocenti

postato il 27 Maggio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Jakob Panzeri

“Satelles i, ferrum rapte, perfundas cune sanguine”

“Vai o guardia del corpo, afferra la spada, / riempi le culle di sangue”

(Prudenzio, IV secolo, Inno epifanico in ricordo di Erode e la strage degli innocenti )

Marzo 2011: presso la cittadina di Dara’a (intervista a un siriano emigrato in Italia che racconta i drammi della sua terra), nella regione agricola e tribale di Hawran, un gruppo di ragazzini di elementari e medie scrive sui muri con i gessetti colorati “Il popolo vuole la caduta del regime”. I ragazzi vengono immediatamente sequestrati dalla polizia e imprigionati. Al terzo giorno, i capi tribù di Dara’a vanno a supplicare i rappresentati del governo per la liberazione dei bimbi, ma vengono umiliati ed insultati pesantemente. In seguito alle prime proteste che diventano sempre più vivaci, i bimbi vengono scarcerati . Hanno le unghie strappate e mostrano evidenti segni di percosse. Tranne uno che non ritornerà a casa; evirato e ucciso con un colpo di pistola alla nuca. Già nei mesi precedenti, sull’onda dei moti di protesta di Tunisia ed Egitto, erano iniziate le prime timide manifestazioni contro il regime ma ora la misura è colma. Il popolo siriano addolorato e inferocito scende nelle piazze del paese in barba alle legge del ’63 che vieta le adunanze popolare. E’ l’inizio di una rivolta che giorno per giorno non cessa di essere perseguitata e cannoneggiata dai carri armati ed elicotteri ultramoderni del presidente Assad. Ancora oggi, a più di un anno di distanza, un bilancio di sangue arriva dalla Siria: le forze governative hanno bombardato Hula, un insieme di piccoli villaggi 200 km a nord di Damasco uccidendo 92 persone tra cui 32 bambini.

La strage degli innocenti. Dopo duemila anni, ancora il sangue dei bambini bagna i ciottoli delle nostre piazza. Bambini innocenti che muoiono violentati dalle sete di potere; vittime inconsapevoli dei mostri del presente che nella loro fame smisurata vogliono recidere sul nascere il futuro.

Per approfondire:

Tarek, che sfidò il regime con i canti.

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