Tutti i post della categoria: Esteri

Libia, l’Italia ha bisogno di unità maggioranza-opposizione

postato il 20 Marzo 2011

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Politica estera italiana: fioccano bombe e dubbi

postato il 20 Marzo 2011

Mentre le bombe e i missili della coalizione fioccano su Tripoli e sulle forze libiche fioccano anche dubbi e domande. Dubbi e domande, che non mettono in discussione la necessaria azione militare contro il regime di Gheddafi, ma la gestione internazionale e italiana della crisi. Come per le crisi degli altri paesi del Maghreb la comunità internazionale  è apparsa impreparata ed inadeguata ad affrontare la situazione e ha esitato troppo nello schierarsi accanto a chi reclamava pane e libertà. Accanto all’impreparazione delle diplomazie nazionali l’insufficienza, ormai cronica, delle istituzioni internazionali: l’Onu si è dimostrato ancora una volta una organizzazione non più all’altezza dei compiti e delle aspettative, mentre l’Unione europea si è nuovamente dissolta davanti ai personalismi diplomatici dei paesi europei più importanti.

Questo generale quadro di debolezza diplomatica impone una riflessione perché non è detto che debbano essere sempre i capi di stato maggiore con le loro armi a dover togliere le castagne dal fuoco ai governi occidentali. La soluzione diplomatica delle crisi, è bene ricordarlo, deve essere sempre la prima opzione, ma ciò richiede preparazione, attenzione e collaborazione, tutte cose che evidentemente in questo caso sono mancate. Particolarmente opaca è a tratti imbarazzante è stata la politica estera del governo italiano. Il governo è stato latitante nelle crisi tunisina ed egiziana ma ha dato il peggio di sé nella crisi libica, non solo per le imbarazzanti relazioni pregresse con il regime libico ma per le incertezze dimostrate davanti al precipitare della situazione.

Il governo italiano dapprima ha perseguito una incomprensibile accondiscendenza verso la Libia di Gheddafi, con la firma di un trattato oneroso ed umiliante e durante la recente crisi ha svolto un ruolo decisamente marginale, per usare un eufemismo, subendo l’iniziativa francese ed inglese. Il decisionismo francese ha sbloccato la situazione ed ha probabilmente evitato la caduta di Bengasi e la vittoria del Rais, e ha dato forza e consistenza alla risoluzione 1973 delle Nazioni Unite attorno alla quale ha raccolto una coalizione di “volenterosi”. Anche di fronte a questa iniziativa il governo italiano, pur concedendo l’utilizzo della basi aeree e “iscrivendosi” nella coalizione, ha mantenuto una sorta di ambiguità (diamo le basi ma non ci alziamo in volo) che non consente neanche al Colonnello Gheddafi di sapere se siamo nemici o amici. Evidentemente a Roma sono più impegnati con i “responsabili” che con i “volenterosi”.

Nelle prossime ore le bombe continueranno a fioccare così come i dubbi e le domande: che progetti ci sono per la Libia? Quando le armi taceranno, e si spera presto, chi sostituirà Gheddafi? Ma soprattutto chi metterà le mani sul petrolio libico? L’ardua sentenza, per questa volta, non dovrebbe andare ai posteri ma, per quel che riguarda l’Italia, al Presidente del Consiglio e al Ministro degli esteri.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Libia, governo non sopravvive se Lega non vota missione

postato il 20 Marzo 2011

Rammarico che ci sia opposizione responsabile e governo diviso

Tra La Russa, Berlusconi e Bossi ci sono linguaggi diversi sulla crisi in Libia. Ci rammarica che davanti a una situazione così complessa ci sia un’opposizione responsabile e un governo diviso. Il governo non potrebbe sopravvivere a una dissociazione della Lega sull’intervento, ma credo che alla fine la Lega si piegherà, si accoderà a votare con la sua maggioranza e con l’opposizione responsabile come ha fatto anche su tante altre cose. Mi auguro Bossi abbai ma non morda, perché sarebbe negativo per il Paese.

Pier Ferdinando

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Sulla Libia governo irresponsabile

postato il 19 Marzo 2011

Intollerabile la dissociazione della Lega

Gheddafi e’ un criminale di guerra ma in Italia, purtroppo, c’e’ un’opposizione responsabile e un governo da irresponsabili. La dissociazione della Lega e’ semplicemente intollerabile. Non potrebbe avvenire in nessun Paese serio che la principale forza di governo assieme al Pdl possa dissociarsi in questo modo.
Il presidente del Consiglio non puo’ far finta per l’ennesima volta di non vedere quello che sta capitando perche’ altrimenti siamo un Paese di buffoni.

Pier Ferdinando

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Aiuteremo il governo per le azioni stabilite dall’Onu

postato il 18 Marzo 2011

Il Governo non ha avuto nessuna linea sulla Libia: è passato dal baciamano a Gheddafi, a schierarsi contro Gheddafi, alle tesi dei principali Paesi europei, fino ad arrivare al punto di essersi fatto scippare dalla Francia e dall’Inghilterra la leadership di un’azione militare a garanzia degli insorti. Peggio di così le cose non potevano andare per il nostro Paese, perché in entrambi i casi – sia che Gheddafi resista, sia che se ne vada come auspico – saremo del tutto irrilevanti.
Noi però siamo responsabili e oggi vogliamo aiutare il Governo a partecipare alle azioni militari che, in sede Onu, sono state stabilite. Lo vogliamo fare senza se e senza ma perché o i diritti vengono salvaguardati sempre oppure finiremo per essere dei piccoli opportunisti che, come tali, non hanno nessun peso in Europa e nel mondo.

Pier Ferdinando

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I copti tra l’incudine mubarakiano e il martello salafita

postato il 16 Marzo 2011

Una testimonianza diretta dall’Egitto.

Mentre gli occhi dei media europei e americani sono tutti puntati sull’Egitto post-rivoluzionario che si avvia verso una massiccia partecipazione alla cosa pubblica, lontano da telecamere e taccuini è in atto una tragedia che si consuma in silenzio. La cronaca è lunga e tediante ma non si può farne a meno se si vuole capire le dimensioni di questa tragedia. Già nel mentre i giovani rivoluzionari di piazza Tahrir gridavano “abbasso il dittatore”, a Rafah, al confine egiziano con la Striscia di Gaza, veniva bruciata una chiesa copta e sui suoi muri venivano scritte, con bombolette spray, la shahada islamica e insulti ai cristiani “politeisti”: “No ai nasara (termine coranico per cristiani) in terra d’Islam”; nelle stesse ore, in un villaggio nel sud dell’Egitto venivano ammazzate trenta cristiani (tra cui un bambino di 3 mesi); veniva attaccata la chiesa di San Giorgio in un piccolo villaggio vicino Tahta perché i parrocchiani avevano osato costruire un campanile; ad Assyut un sacerdote copto e un gioielliere cristiano venivano sgozzati. Lo stesso esercito, che non ha ostacolato la rivoluzione e si è schierato a favore di un “nuovo” Egitto, ha attaccato il monastero di Abba Pishoy nel deserto occidentale per un muro di cinta irregolare (malgrado si trovi in mezzo a un oceano di edilizia abusiva). Gli ultimi attacchi: 4mila musulmani bruciano e distruggono a martellate una chiesa a Sol, piccolo villaggio a 80km dal Cairo dove era corsa voce di una relazione sentimentale tra un cristiano e una musulmana (vietata dalla shari‘a). Gli echi di questo assalto di massa si sono avuti sul colle del Muqattam, un quartiere del Cairo a prevalenza cristiana, dove gli zabbalin, responsabili della raccolta dei rifiuti urbani, sono stati aggrediti da un gruppo di musulmani armati mentre manifestavano per la chiesa distrutta a Sol: tredici i morti e più di 110 i feriti.

Non si sa chi si celi esattamente dietro questi attentati. C’è chi parla di elementi dell’ex regime che vorrebbero seminare il caos nel Paese. Giocando con il fuoco confessionale. Questo è, infatti, l’unico modo sicuro per mettere in subbuglio l’Egitto e per far passare alla gente il messaggio: si stava meglio quando si stava peggio. La tecnica è nota: uccidere il copto (inerme) per accusare il musulmano estremista. Così pare sia andata anche con l’attentato di Alessandria del capodanno 2011 quando sono morte circa trenta persone fatte saltare in aria da un’autobomba posizionata all’uscita dalla Chiesa. Per quell’attentato è attualmente sotto accusa l’ex ministro degli Interni, Habeeb el Adly, che avrebbe assoldato un gruppo salafita egiziano chiamato “I soldati di Dio”. A facilitare questa continua persecuzione è l’assenza delle forze dell’ordine: l’Egitto è, infatti, ancora nel caos. L’insicurezza regna ovunque. La polizia non è infatti ancora ritornata del tutto nei quartieri e i conflitti a fuoco tra delinquenti sono all’ordine del giorno, soprattutto nelle grandi città. Aggressioni in casa, furti, intimidazioni a mano armata, appropriazione indebita di immobili e negozi, rapine, omicidi sono il normale bilancio quotidiano in questi giorni terribili. L’esercito, che è ancora schierato, assolve anche le funzioni di ordine pubblico, ma solo parzialmente. Difendersi è compito dei cittadini e in questo farwest è chiaro che a rimetterci sono i più deboli: i copti. Non bisogna pensare però che dietro ogni fatto di cronaca contro i copti ci sia lo Stato. Lo Stato stesso, quando è mandante, fa leva sui sentimenti di odio irrazionale, profondo e indomabile che dominano i cuori di certi musulmani.

L’esercito stesso sta cercando di dare un colpo al cerchio e uno alla botte: attacca il monastero di Abba Pishoy ma promette di ricostruire la chiesa di Sol a sue spese. La ricostruzione pare sia davvero iniziata ed è un buon segno. La costruzione delle chiese in Egitto, infatti, non solo è estremamente complessa burocraticamente – anche solo per costruire una porta ci vuole l’autorizzazione del governatore della regione (!) che spesso non arriva mai – ma anche a totale carico della diocesi, mentre le moschee sono costruite spesso con il denaro pubblico. Che l’esercito si incarichi della ricostruzione di una chiesa è quindi davvero una buona novità.

Ma resta l’unica. Infatti i problemi reali rimangono e vanno ben al di là della costruzione di una Chiesa. E’ infatti in gioco la mentalità degli egiziani. Se il regime se n’è andato (e neanche del tutto, a quanto pare), non se n’è andata una diffusa mentalità intollerante e dittatoriale capace di ricreare un tiranno e un regime in quattro e quattr’otto.

Per questo l’educazione è la soluzione numero uno al problema confessionale. Bisogna insegnare alle nuove generazioni ciò che accomuna copti e musulmani, non ciò che li divide. Copti e musulmani mangiano lo stesso cibo, vivono negli stessi quartieri, ascoltano la stessa musica, ballano le stesse danze e hanno molti eventi storici che li accomunano. Copti e musulmani devono separarsi solo davanti alla porta della chiesa e della moschea e devono tornare a mescolarsi e lavorare e cooperare quando escono dai loro luoghi di culto. Premere sul nazionalismo (senza arrivare alla malattia dello sciovinismo) significa attenuare le tensioni confessionali e offrire un nuovo campo di azione, l’Egitto, che distrae i “contendenti” dal farsi la guerra. Se si insegna al bambino il rispetto dell’altro in quanto egiziano-come-te che ha diritto a credere in ciò che vuole purché ciò non vìoli la legge (e arriviamo anche alle legge…), la situazione migliorerà fin da subito e quando le attuali generazioni saranno passate a miglior vita, l’Egitto sarà più tollerante e più unito. Se si insegna al bambino un po’ di storia del cristianesimo egiziano, affianco all’onnipresente islam (lo studio dell’islam in tutte le salse è obbligatorio per i cristiani) in quanto parte integrante della storia di questa Nazione, le speranze di un cambiamento non potranno che rafforzarsi. Un cambiamento che si realizzerà presto se si insegna, fin da ora, al bambino che la religione riguarda il nostro intimo rapporto con Dio e che la Nazione, essendo super partes, garantisce la pacifica convivenza tra tutti i cittadini, uguali davanti alla Legge.

La Legge, altro punto spinoso. Fino a che la Legge non sarà uguale per tutti, nulla cambierà. I copti vivono ormai da decenni nella più totale passività, disinteressati agli affari pubblici, perché sanno che non possono contare sullo Stato né influenzare il corso degli eventi. Neanche quelli giudiziari. Infatti, chi si macchia di crimini contro i copti non è mai punito. In cinquant’anni di crimi continui, nessuno è stato infatti mai condannato penalmente. Probabilmente il primo a esserlo sarà l’attentatore della chiesa di Nagaa Hammadi che uccise sei giovani copti all’uscita dalla liturgia di Natale del 2010 che i copti festeggiano il 7 gennaio. Ma c’è voluta la rivoluzione per fare emettere la sentenza di condanna. Se i Tribunali funzioneranno davvero senza distinzione di religione, come la Costituzione egiziana afferma, i musulmani intolleranti avranno molto meno voglia di fare i padroni di casa e i copti avranno molta più energia per interessarsi alla cosa pubblica perché non dovranno temere ritorsioni. La questione ovviamente riguarda non solo la giustizia ma anche la legislazione. Bisognerà infatti creare e ricreare leggi laiche che siano effettivamente applicabili a tutti “senza distinzione di religione”. Da Sadat in poi, il regime egiziano ha prodotto una serie di leggi che si basano sulla tradizione legislativa religiosa islamica per compiacere i musulmani radicali. Che ovviamente sono incontentabili. Una nuova legislazione significherebbe che le regole saranno uguali per tutti, così come anche i diritti. Significherebbe trattare i copti come pieni cittadini ed esseri umani, e non come cittadini a metà o come popolazione conquistata, come se dal VII secolo non fosse cambiato niente (vedi tutta la storia della dhimmitudine). Tuttavia, fino a che l’articolo 2 della Costituzione (che afferma che la sharia è la fonte del diritto) resterà, ciò non sarà possibile. E i Fratelli Musulmani e i salafiti sono disposti a tutto purché questo articolo resti per sempre: è la base su cui costruire uno stato islamico. Le due correnti islamiche hanno, infatti, invitato a votare “sì” al prossimo referendum per gli emendamenti costituzionali del 19 marzo in quanto obbligo islamico! Il perché è subito detto: gli emendamenti non hanno toccato l’articolo 2. Mentre i Fratelli seguono il proverbio “chi va piano va sano e va lontano” e non hanno fretta di mangiarsi la torta, i salafiti sono più irruenti e si sono detti pronti a impugnare le armi (e non nel senso metaforico) se solo l’articolo 2 verrà sfiorato con un dito. Uno di questi, Abboud El Zomor, condannato a 40 anni per complicità nell’omicidio di Sadat e recentemente rilasciato dall’esercito, ha affermato di essere pronto ad applicare le pene coraniche (el hodud) invece della legge positiva: fustigazione per gli adulteri e taglio delle mani per i ladri, soprattutto per evitare che i nuovi politici rubino di nuovo.

Un nuovo Egitto, tollerante, in cui copti e musulmani convivano e lavorino insieme, è possibile. Tutte le forze favorevoli alla tolleranza e all’unità del Paese, di entrambe le religioni, stanno già partecipando a crearlo. Ma non è affatto facile. La deludente Europa di questi mesi, è certamente invitata a far sì che questo Egitto si concretizzi, se non vuole ulteriormente approfondire la faglia mediterranea e ritrovarsi con un nuovo califfato alle porte. Le capitali europee non possono più mettere la testa sotto la sabbia, ancor più gli stati mediterranei che sono i più esposti alle sorti dei paesi arabi. Nel frattempo, i copti continueranno a mescolare lacrime e preghiere e ad affidarsi alla protezione della Vergine Maria, la Madre della Luce.

Riceviamo e pubblichiamo” di Wadie Ghadban

Video della chiesa bruciata a Rafah:

Video della chiesa bruciata e demolita a Sol:

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Fermare Gheddafi senza temporeggiamenti

postato il 14 Marzo 2011

Se non ora, quando?

La comunità internazionale, a partire dalla Ue, stanno dando una straordinaria dimostrazione di impotenza di fronte alla situazione drammatica del popolo libico.
Giungono di ora in ora tragiche testimonianze dei massacri in corso, mentre nei palazzi dell’Onu si discute e si temporeggia. Addirittura la Lega Araba ha chiesto la ‘no fly zone’, mentre l’Occidente indugia nel realizzare l’unica azione di deterrenza efficace e utile.
Chiediamo di fermare i massacri e il dittatore Gheddafi, che già tanti sodali di ieri si sono affrettati a scaricare.
Se non ora, quando?

Pier Ferdinando

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Provo profonda ammirazione per il popolo giapponese

postato il 12 Marzo 2011

Provo un sentimento di profonda ammirazione per il popolo giapponese.
Sta rispondendo al terremoto e allo tsunami con una serenità, una determinazione e una fermezza che gli fa onore.

Pier Ferdinando

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Ospite di “Porta a Porta”, puntata dedicata alla crisi libica

postato il 8 Marzo 2011

Lunedì 7 marzo, in studio con Pier Ferdinando Casini il Ministro degli Esteri Franco Frattini

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No fly zone per fermare il criminale Gheddafi

postato il 4 Marzo 2011

Il criminale Gheddafi va fermato. L’unica soluzione per impedire almeno ai suoi aerei e ai suoi elicotteri di sparare su migliaia di persone inermi è imporre al più presto una no-fly zone per iniziativa della Comunità internazionale. L’intervento umanitario è encomiabile, ma oggi va fermata in ogni modo la strage di civili. Chiediamo al governo italiano di farsi interprete di questa necessità.

Pier Ferdinando

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