Tutti i post della categoria: Esteri

Migranti: estendere a Libia modello Turchia

postato il 22 Aprile 2016

Conferenza stampa con il vice presidente del governo libico di unità nazionale, Ahmed Maitig ed il presidente della Commissione esteri della Camera, Fabrizio Cicchitto.
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L’ idea é quella di estendere la cooperazione che l’Europa ha realizzato in Turchia anche in Libia e nei Paesi limitrofi. La strada é questa. E’ inutile vagheggiare operazioni militari che hanno già dato pessimo esito in passato.
Il governo al Sarraj, insediato a Tripoli, lavora per riunire i libici. Non servono interventi militari stranieri, ma piano di sostegno Ue.

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Regeni: Ora Mogherini faccia muovere l’Europa

postato il 11 Aprile 2016

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L’intervista di Umberto De Giovannangeli a Pier Ferdinando Casini pubblicata su L’Unità

«Fa bene l’Italia con il governo Renzi a  pretendere dall’Egitto verità e giustizia sul caso Regeni. Un Paese che sta cercando di esercitare una leadership nel Mediterraneo, non può dimenticare che nel corpo martoriato di Regeni c’è la dignità di una Nazione».
Ad affermarlo è Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato. Attraverso L’Unità, Casini rivolge un invito all’Alto rappresentante per al politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini: «Io mi auguro che come il ministro Gentiloni ha provveduto al richiamo del nostro Ambasciatore, così la responsabile della diplomazia europea studi, proponga e attui analoghe iniziative ritorsive. Non chiediamo questo alla Mogherini in quanto italiana, glielo chiediamo come europea».
Presidente Casini, è ormai crisi aperta tra Italia ed Egitto. Condivide la decisione del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni di richiamare per consultazioni il nostro ambasciatore al Cairo?
«Si tratta indubbiamente di una linea rischiosa ma d’altra parte non aveva- mo, non abbiamo alternative. Non è detto che in questo modo otterremo quanto giustamente intendiamo prefiggerci. Ma se seguissimo una linea diversa vorrebbe dire che rinunceremmo per cinismo politico a difendere la dignità del Paese. C’è di più. L’Italia è un grande Paese che col governo Renzi sta cercando di esercitare una funzione di leadership nel Mediterraneo. Ed anche per questo che l’Italia non può dimenticare che nel corpo martoriato di Giulio Regeni c’è la dignità di una Nazione. Mi lasci aggiungere che in questa ottica, il richiamo dell’ambasciatore Massari è il primo, dovuto passo. Al quale devono però farne seguito altri, se le autorità egiziane continueranno nell’opera di depistaggio e di mancata collaborazione. Misure che non siano solo simboliche. Ad esempio, si potrebbe inserire l’Egitto nella “black list” aggiornata dalla Farnesina dei Paesi ritenuti non sicuri, sconsigliandone i viaggi ai nostri turisti e ricercatori. Non sarebbe peraltro una forzatura, perché la vicenda di Gilio Regeni dimostra che oggi l’Egitto tutto è tranne un Paese sicuro».
Attorno a questa rivendicazione di verità e giustizia, attorno alla difesa della dignità nazionale, è possibile, a suo avviso, costruire una iniziativa comune che superi, a livello politico, le divisioni tra maggioranza e opposizione. È quanto dalle colonne de l’Unità si augura e propone Walter Veltroni.
«Non solo me lo auguro ma lo ritengo opportuno e fattibile. Io in Parlamento, a parte i toni come sempre scomposti dei Cinque Stelle che sono perennemente accecati dall’antirenzismo, ho registrato una ampia convergenza nazionale, e sono convinto peraltro che una linea diversa non poteva essere seguita. Si potrebbe discutere se il richiamo dell’Ambasciatore dovesse essere fatto una settimana prima o una dopo, ma stiamo davvero parlando del nulla, perché l’essenziale è che l’Italia abbia reagito dopo la conferma, molto triste, che le autorità egiziane non volevano collaborare. Noi siamo stati pazienti».
Qualcuno aggiungerebbe anche troppo…
«Non sono di questo avviso. Era giusto esserlo, pazienti, perché l’Egitto è un Paese amico e perché abbiamo sperato che anche nel regime maturasse la consapevolezza dei danni che questa triste vicenda provocherà all’Egitto, perché tutti abbiamo da perderci, ma loro più degli altri, e non solo per le misure ritorsive, ad esempio intervenendo sul turismo, ma per l’immagine che passa nella Comunità internazionale, che sta incominciando a maturare che questo regime, guidato dal presidente al-Sisi, è addirittura peggiore di quello di Mubarak. In due mesi, dall’Egitto abbiamo avuto solo ricostruzioni inverosimili, offensive, dichiarazioni pasticciate e nessuna risposta vera. E questo, lo ribadisco, è assolutamente inaccettabile».
Presidente Casini, in gioco c’è la verità sul caso Regeni o anche altro?
«L’Italia sta sollevando una questione di diritti umani e civili che riguarda tutti. Per questo l’Europa non può chiamarsi fuori. L’Europa è chiamata con i fatti e non con le chiacchiere, a sollevare il problema con le autorità egiziane. Io mi auguro che come il ministro Gentiloni ha provveduto a richiamare il nostro Ambasciatore per consultazioni, così la responsabile della politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini, studi, proponga e attui analoghe misure ritorsive. Sia ben chiaro: noi chiediamo questo alla Mogherini non in quanto italiana, in quanto europea. Perché l’Europa nel Mediterraneo rappresenta una comunità di valori e di ideali che non sono in vendita».

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Regeni: Se Egitto non collabora fermiamo i turisti

postato il 10 Aprile 2016

L’Europa vari misure serie assieme a noi
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L’intervista di Marco Ventura a Pier Ferdinando Casini, pubblicata su Il Messaggero.

E se il richiamo dell’ambasciatore non bastasse a convincere l’Egitto a collaborare?
«Esaurito l’elenco delle misure simboliche, bisognerà adottarne di nuove – avverte Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Esteri del Senato -. Per esempio, si potrebbe inserire l’Egitto nella ‘lista nera’ dei paesi pericolosi compilata dalla Farnesina, sconsigliarlo come meta per i nostri turisti e ricercatori. La vicenda di Giulio dimostra proprio questo: che nessuno può sentirsi più al sicuro in Egitto».

Richiamare l’ambasciatore è stato giusto?
«Renzi ha difeso il decoro della nazione. Come ho detto subito al Tg arabo di Al Jazeera, noi italiani siamo tristi di questa decisione perché siamo, ci sentiamo, amici dell’Egitto, lo consideriamo un partner essenziale. Però siamo anche delusi: per due mesi siamo stati deliberatamente presi in giro con l’invenzione di verità di comodo presto rivelatesi improbabili, con un depistaggio perfino nei confronti dei nostri magistrati. Gli egiziani hanno sbagliato a considerare la visita a Roma poco più che una scampagnata».

Adesso tocca fare di più?

«Il richiamo dell’ambasciatore è un atto simbolico ben meditato e la scelta dei tempi probabilmente giusta, anche se io l’avrei fatto prima. Ma è una scelta che impone conseguenze: o gli egiziani capiscono che facciamo sul serio, oppure siamo obbligati a procedere con nuove misure».

L’indicazione dell’Egitto meta pericolosa va fatta subito?
«Sì, se nell’arco dei prossimi giorni non ci saranno risposte positive dal Cairo. Il regime egiziano e Al Sisi rischiano di sottovalutare la situazione, di non capire che da quello che forse considerano un granellino può venire giù una valanga. Il caso Regeni è solo la goccia che fa traboccare il vaso rispetto ad altri comportamenti egiziani poco convincenti: nello scenario libico il generale Haftar e il Parlamento di Tobruk, condizionati dal Cairo, continuano a opporsi al governo voluto dall’Onu e insediato a Tripoli. C’è chi continua a sostenere l’idea di tripartizione della Libia con la Cirenaica appannaggio dell’Egitto. Non è più solo un problema, noto, di diritti civili, ma anche di politica e scelte strategiche dell’Egitto».

 Stavolta riusciremo ad avere dalla nostra l’Europa?
«Chiediamo che la Ue su questa vicenda sia corresponsabile con l’Italia. L’Europarlamento l’ha già fatto con una mozione. Federica Mogherini ha un’occasione irripetibile per dare un contributo da commissario europeo. Le parole sono tante, ora bisogna passare ai fatti».

Anche noi abbiamo parecchio da perdere nel braccio di ferro…?
«Certo. Nello scontro tra due paesi amici a perdere sono entrambi, anche se l’Egitto ha da perdere più di noi. La contabilità di ciò che si può perdere non può però farci arretrare davanti ai valori indisponibili. Pur nel naturale cinismo della politica estera, che notoriamente non è un ballo per dilettanti, gli europei devono saper riconoscere i confini da non superare. Regeni è l’Italia, e la verità su Giulio è un valore insuperabile».

Renzi dice che non finirà come con i marò…
«Il rischio purtroppo c’è, perché le decisioni non dipendono solo da noi. Il governo sta mettendo tutta la determinazione, ma il pericolo che ci si vada a impantanare come con l’India esiste. E proprio considerando la relazione esemplare che c’era tra Italia ed Egitto, ulteriori reticenze da parte egiziana fotograferebbero un regime che non può permettersi alcun atto di verità. Da amici di Al Sisi diciamo: attento, i tuoi tanti nemici traggono alimento da questa vicenda per delegittimarti».

Si arriverà a sanzioni economiche?
«Scoraggiare i turisti dall’andare in Egitto sarebbe una misura concreta: gran parte del flusso di turisti è italiano e già è diminuito per il terrorismo. Sarebbe concreto pure il blocco di nuovi accordi commerciali e economici, e sarebbe un concreto dato negativo per l’Egitto operare nel Mediterraneo in una condizione di freddezza con un paese come l’Italia. Tanto più se l’Unione Europea sarà compartecipe delle nostre decisioni».

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Tunisia: l’incontro con il Presidente Essebsi

postato il 29 Marzo 2016

Nella missione parlamentare anche le visite al Primo Ministro, Habib Essid; al Presidente dell’Assemblea dei Rappresentanti del Popolo, Mohamed Ennaceur e al Ministro degli Esteri, Khemaies Jhinaoui.
Missione in Tunisia

Questa mattina a Tunisi, con una delegazione parlamentare, abbiamo incontrato il Presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi. E proprio oggi il Parlamento tunisino ha votato una legge contro la tortura: un fatto indicativo dello sforzo che i paesi arabi moderati stanno facendo per superare certe pratiche che sono inaccettabili.

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Cristiani costretti alle catacombe

postato il 29 Marzo 2016

L’Europa non ammaini la bandiera dei nostri valori

Pier Ferdinando CasiniL’intervista di Roberta D’Angelo a Pier Ferdinando Casini pubblicata su Avvenire

Era a Tunisi per la messa di Pasqua del vescovo Antoniazzi il presidente della Commissione esteri del Senato Pier Ferdinando Casini quando c’è stata la strage in Pakistan.
«Sono in un Paese dove c’è una certa tolleranza religiosa. Ma se penso ai cristiani della Nigeria o a quelli dell’Africa subsahariana, o a quelli del medioriente, e al Pakistan, penso che oggi siamo in una fase della storia in cui essere cristiani in gran parte del mondo significa tornare alla logica delle catacombe dell’antica Roma, significa nascondersi. E questo deve far prendere atto alla società occidentale che deve reagire. Penso che tutti dobbiamo fare un po’ un esame di coscienza, perché ce lo dimentichiamo troppe volte».
Che intende per reagire?
Siamo una società secolarizzata e utilitaristica, dove alla fine quello che capita al vicino e le notizie delle persecuzioni cristiane che suscitano tanta pietà e indignazione ce le dimentichiamo in 48 ore. Si brucia l’indignazione nello spazio di un mattino.
Questo è stato un problema diffuso quando i drammi erano solo lontani da noi. Ma ora che ci si avvicinano?
Serve una strategia vera. Ma non là. Bisogna iniziarla a casa nostra. Davanti a decine di milioni di musulmani che vengono in Europa, ammainare i nostri simboli come condizione per una convivenza pacifica è un errore micidiale, storico. Diventiamo noi propagatori di un secolarismo generalizzato. Ma questa è esattamente la direzione opposta che bisogna prendere. Noi dobbiamo accettare la professione di fede degli altri, ma senza dimenticare le nostre radici. Non dobbiamo mimetizzarci qui, perché così diamo una enorme legittimazione alla persecuzione dei cristiani lì.
L’Europa la sua scelta laicista l’ha fatta da anni. [Continua a leggere]

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Caso Regeni: schiaffo alla collaborazione. “Vogliamo verità, non false piste”

postato il 26 Marzo 2016

Pier Ferdinando Casini
L’intervista di Giovanni Rossi a Pier Ferdinando Casini pubblicata sul Resto del Carlino

Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera, oggi guida la Commissione Affari esteri del Senato ed è docente di Geopolitica mediterranea alla Lumsa di Roma. Le ultime soffiate dal Cairo sulla morte di Giulio Regeni, il 28enne ricercatore italiano dell’università di Cambridge trovato morto il 3 febbraio scorso in Egitto, lo lasciano basito: «Al Senato ho ereditato la stanza di Giulio Andreotti: ‘a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca’ diceva lui. E io concordo».

Siamo alla versione numero 5. Incidente stradale, tossicodipendenza, rapporti con servizi segreti, apparati deviati decisi a danneggiare al-Sisi. Ora un commando di rapinatori specializzati in stranieri.

Non è un’offesa all’intelligenza?

«Capisco le difficoltà degli egiziani, ma servire ai media una pista così improbabile, con i rapinatori – guarda caso – tutti morti e con i documenti di Giulio Regeni che – guarda caso – ricompaiono intatti a casa della sorella di uno dei presunti assassini, è uno schiaffo all’asserita volontà di cooperazione». [Continua a leggere]

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A chi tocca dopo Bruxelles?

postato il 25 Marzo 2016

Ospite di Otto e Mezzo, insieme a Marco Travaglio, nello spazio di approfondimento di Lilli Gruber, in onda su La7
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Contro terrorismo serve strategia Ue, no intervento in Libia

postato il 24 Marzo 2016

L’intervista di Sonia D’Ottavio ai microfoni del Tg2

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«Ormai è chiaro che siamo in guerra, serve fermezza»

postato il 23 Marzo 2016

«Necessari un controllo delle frontiere europee e scambi di informazioni»
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L’intervista di Filippo Passantino a Pier Ferdinando Casini pubblicata sul Giornale di Sicilia

Considera gli attacchi terroristici a Bruxelles «il fallimento del lavoro dell’intelligence», reputa necessario«un controllo esterno delle frontiere europee molto chiaro». Il presidente della Commissione Esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini, spiega quali cortocircuiti dell’Unione europea hanno favorito i terroristi e indica le soluzioni, già suggerite in Parlamento al presidente del Consiglio, Matteo Renzi, per prevenire episodi come quelli che ieri hanno macchiato di sangue il cuore politico dell’Europa: «L’Italia deve creare un asse con i grandi Paesi fondatori dell’Unione europea, come la Germania e la Francia – spiega -. Si tratta di una forma di collaborazione che consenta di mettere in comune l’intelligence, di difendere assieme le frontiere e di avere una polizia capace di coordinarsi realmente, cioè scambiandosi le informazioni».

Tornando ai fatti di Bruxelles, secondo lei, qual è la ragione di questi attacchi?
«Non credo alla coincidenza con l’arresto di Salah, perché nessuno in due giorni è capace di organizzare attentati di questo tipo. In realtà, penso che già fossero pianificati a prescindere dall’arresto. Le autorità belghe lo avevano capito. Infatti, c’era stato un monitoraggio più intenso nei giorni scorsi, ma non sono riuscite a impedirli, perché probabilmente la rete di terroristi è molto estesa tra Belgio e Francia, nell’asse Bruxelles-Parigi». [Continua a leggere]

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Libia: non prendiamo lezioni dagli ambasciatori

postato il 6 Marzo 2016

L’Italia sa cosa fare. Un intervento ora manderebbe allo sbaraglio i nostri ragazzi
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L’intervista di Francesca Schianchi a Pier Ferdinando Casini pubblicata su La Stampa

«Trovo irrituali e mi meravigliano le interviste degli ambasciatori americano e inglese in Italia». Sono «amici», premette il presidente della Commissione esteri del Senato, Pier Ferdinando Casini, «e dagli amici si può accettare anche qualche eccesso di zelo», ma i colloqui rilasciati nei giorni scorsi sulla questione libica – dal rappresentante diplomatico britannico Christopher Prentice e dal collega Usa John R. Phillips, che ha parlato di un contributo dell’Italia con circa cinquemila militari – «in situazioni così delicate contribuiscono ad alimentare la confusione, non a fare chiarezza».

Pensa che gli alleati stiano facendo troppa pressione per intervenire in Libia?
«È un po’ inusuale assistere a un bollettino di guerra enucleato dai rappresentanti diplomatici a Roma sui giornali italiani. Non mi risulta che il nostro ambasciatore a Washington spieghi agli americani cosa devono fare, o quello a Londra agli inglesi». [Continua a leggere]

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