Tutti i post della categoria: Giovani

I giovani padani costretti alla “clandestinità”

postato il 20 Novembre 2010

In questo mondo globalizzato e sempre più straripante di terroni ed extracomunitari pronti ad invadere la paradisiaca ed eterea Padania, arriva la drammatica legge del contrappasso a punire quei ragazzotti nordici che adorano (adoravano?) il partito Leghista. Il forum ufficiale dei giovani padani, infatti, è stato oscurato in seguito alla mole considerevole di messaggi negativi comparsi nelle ultime settimane nei vari topic.

Critiche, asprissime, al sempre meno tollerato governo Berlusconi ed allo stesso Carroccio, hanno spinto gli admin del forum ed il coordinatore dell MGP Massimo Grimoldi a decidere per la chiusura dello spazio virtuale (senza alcun preavviso, nè spiegazione). Del resto “i panni sporchi si lavano in famiglia”: meglio evitare di apparire all’esterno come deboli e litigiosi; meglio censurare le critiche al buon Renzo “trota” Bossi ed alle escort del Premier.

E così, i giovani padani, infame ironia della sorte, sono passati essi stessi allo status di clandestini; costretti cioè ad “emigrare” su questo nuovo spazio web aperto tramite forumfree. Il tutto, ovviamente, per continuare ad essere “padroni a casa nostra”; come si sloganeggia gagliardamente sul sito dei giovani padani di Saronno (dotato di un trashissimo sottofondo midi che richiama melodie celtiche).

In ogni caso, dopo aver visto in rete il video che ritrae alcuni consiglieri leghisti mentre ruttano, dicono parolacce e bestemmiano mezzi ubriachi nella cattedrale di Monaco di Baviera, sorge automatico e pressante il dubbio che i giovani padani, pensando agli adulti che dirigono il partito, hanno molto più da censurare che da essere censurati.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Germano Milite

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Addio Università, verso la cancellazione delle borse di studio

postato il 3 Novembre 2010

Aula Informatica di peppedilupoNel mondo del XXI secolo, globalizzato, dove le barriere tra i paesi sono ormai quasi inesistenti, dove il mondo è a portata di click e soprattutto dove la veloce circolazione dei mezzi, degli uomini e della conoscenza ha permesso all’umanità di fare passi da gigante, ma al contempo nello stesso mondo che combatte ormai da anni contro una crisi economica devastante, che lotta contro le emergenze umanitarie e che si batte per una ripresa rapida e duratura, sembra strano il torpore, quasi voluto, in cui si trova l’Italia. Torpore non solo economico ma soprattutto culturale.

La notizia dei tagli alle borse di studio operati dal ministro Gelmini nel penultimo consiglio dei ministri evidenza una sostanziale miopia nel focalizzare le priorità di un paese alla deriva. Dal prossimo anno verranno ridotti di oltre l’85% i finanziamenti erogati agli studenti che, rientrando per merito e situazione economica familiare, potrebbero accederne. Potrebbero perché da quando il pensiero forte dell’esecutivo è indirizzato alla carestia economica e al rigoroso controllo dei conti pubblici attraverso minacciosi tagli, coloro che ne fanno le spese sono sempre i meno abbienti.

La riflessione è doverosa quando il tema della discussione non sono opinabili visioni dell’economia ma la formazione culturale e professionale.

Il diritto allo studio del cittadino e il dovere dello stato a provvedere ad un’adeguata istruzione non entrano in conflitto con l’economia ma ne sono essi stessi volano di sviluppo nelle società mature. L’istruzione non è uno spreco sterile di denaro ma un investimento sicuro con la più importante rendita: la cultura.

L’investimento, soprattutto se cospicuo, nelle scuole, nelle università e nella ricerca consente ad un paese come il nostro, povero di materie prime e con una economia sempre più precaria, di poter sopravvivere puntando sull’innovazione, sulla qualità ma soprattutto sulla competenza.

La formazione di personale qualificato, di docenti preparati e di ricercatori floridi di idee porta con sé diversi ritorni, tra questi il ritorno culturale e quello economico, strettamente legati l’uno all’altro. Il ritorno culturale è di gran lunga il più prezioso. Attraverso lo sviluppo delle competenze si sviluppa di pari passo la qualità e con essa l’economia. La paura è che la cecità di chi governa non solo tarpi le ali ai giovani ma uccida la creazione di coscienze mature e soprattutto dia la spinta definitiva al nostro paese a cadere in un baratro senza possibilità di appello.

Qui non si parla di rifiuti, di ricostruzioni o di temi eticamente sensibili, dove ognuno, legittimamente, ha una personale opinione. Qui si parla di istruzione, di cultura, di crescita, e l’opinione dovrebbe essere uguale per tutti. Non dovrebbe esistere chi ritiene superfluo l’insegnamento. Può esistere, e deve esistere, chi lo ritiene inadeguato o superficiale ma a ciò si deve accompagnare un atteggiamento propositivo per il cambiamento in meglio dello stato attuale. Costruire un paese senza puntare fortemente nell’istruzione equivale a costruire nel vuoto o meglio a non costruire affatto.

La riduzione delle borse di studio taglia fuori migliaia di studenti che meritatamente hanno investito il loro tempo nella loro formazione per costruire non solo il loro futuro.

Dispiace che i ministri Tremonti e Gelmini non comprendano che l’istruzione universale, la formazione di figure altamente qualificate, il know-how (come lo chiamano gli inglesi) sono le reali risorse fin qui inesaurite del nostro paese. Attraverso l’apprendimento si concedono gli strumenti ad un paese per eccellere. Attraverso l’apprendimento si concedono gli strumenti ad un paese per vivere.

Certamente il problema richiede ulteriori e più approfondite analisi, da un lato l’assenza di reale meritocrazia paralizza il sistema, dall’altro la qualità dell’insegnamento spesso non è adeguata alle aspettative di un paese, ma non ci si può nascondere dietro fantomatiche scuse, sempre più improbabili e sempre meno credibili.

Come si può pretendere l’eccellenza se non si forniscono gli strumenti adatti nemmeno alla sufficienza?

Di certo le borse di studio da sole non risolvono né risolveranno il problema, ma sicuramente garantiscono a tanti studenti per nulla facoltosi di poter accedere a delle risorse fondamentali per garantirsi un’istruzione il più possibile adeguata, e soprattutto garantiscono ai più meritevoli di continuare gli studi indipendentemente dal censo. E chissà se tra i tanti studenti che dall’anno prossimo non beneficeranno più della borsa di studio, e che saranno costretti a rinunciare o a ritardare gli studi per ovvi motivi economici, non ci sia un futuro premio nobel.

Siamo disposti noi oggi ad assumerci questa responsabilità?

“Riceviamo e pubblichiamo” di Antonio Cannatà

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Concorso Notai: una storia di professioni e mancate liberalizzazioni

postato il 2 Novembre 2010

oniric notary vision di ste 71Il Concorso per notai tenutosi, o meglio dovremmo dire non tenutosi, recentemente, offre l’opportunità di fare alcune riflessioni.

Vorrei tuttavia evitare quella più scontata, inerente i fatti specifici che hanno portato alla decisione di annullare il concorso perchè, su questo, si concentreanno sia la politica parlamentare, col Ministro che immagino dovrà riferire in Parlamento, sia, probabilmente, la magistratura. Perché, come ha detto l’on. Roberto Rao si è data l’idea di non tutelare il diritto, il merito ed i giovani.

Preferirei quindi soffermare il ragionamento su alcuni aspetti piu generali che non interessino esclusivamente l’episodio del concorso o la professione notarile.

In primo luogo vale la pena ricordare come questo ministro non sia stato particolarmente fortunato con i concorsi. Il Concorso per magistrati tenutosi a novembre 2008 ebbe un epilogo molto simile: in quel caso non furono le tracce ad essere contestate ma il fatto che alcuni candidati furono amessi a sostenere gli scritti con dei codici commentati, contro il regolamento previsto dal bando, con conseguenti ed ovvie contestazioni delgli altri. Insomma, come si suol dire, se un indizio non fa una prova, due iniziano a farsi sentire. Se a questi poi volessimo sommare le frequenti problematiche che sorgono negli esami di abilitazione per la professione forense, sempre di competenza ministeriale, la prova, quantomeno che nel sistema attuale vi siano pesanti lacune, pare assodata.

Forse tuttavia vale la pena porsi una domanda ancora piu radicale:vale veramente la pena mantenere un sistema rigidamente chiuso in cui anche le semplici abilitazioni professionali vengono gestite come veri e propri concorsi, dove si vive sempre con la sensazione che interessi diversi dal puro merito aleggino in queste sedi d’esame, vale la pena avere una nobilitas come la classe notarile che svolge funzioni pubbliche ritenute strettamente necessarie, con le caratteristiche della libera professione, anzi di una delle meglio retribuite fra le libere professioni?

Ha senso alimentare il business dei corsi di preparazione ai vari esami o concorsi che costringono i candidati a pagare ingenti cifre perlopiù sulla presunzione che gli organizzatori possano in qualche modo avere notizie in anticipo sulle prove concorsuali, cosa che, a quanto pare, a volte accade realmente? Non sarebbe invece il caso di puntare parte del rilancio del paese su una politica seria di liberalizzazioni accompagnata da una altrettanto seria riforme universitaria che consenta ad un laureato di conoscere realmente le basi della professione che andrà a svolgere?

Mi piacerebbe che l’occasione consentisse di affrontare seriamente queste domande e, soprattutto che la politica si occupasse di dare le risposte, possibilmente con l’obiettività e la terzietà dagli ordini professionali che le è fin qui mancata.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Alberto Evangelisti

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Fiat: Marchionne ha ragione e non va demonizzato

postato il 25 Ottobre 2010

Marchionne non va demonizzato, anche se la Fiat ha ricevuto ingenti contributi dallo Stato, ha cento ragioni, come quando parla di perdita della competitività in Italia o degli stranieri che non investono nel nostro Paese o della grande angoscia in cui versano i giovani costretti ad andare all’estero.
Dice cose sacrosante, non riesco a dargli torto. Bisogna guardare in faccia la realtà, non illudersi che sia diversa. Altrimenti l’alternativa per i lavoratori italiani e’ che si tiri giù la saracinesca delle aziende targate Fiat in Italia e si vada in Serbia.

Pier Ferdinando

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Arginare la rabbia

postato il 24 Ottobre 2010

C’è una belva che di notte corre per le città addormentate e penetra nelle case e poi, all’alba, si unisce al branco che batte le contrade d’Italia. Questa belva è la rabbia che la nostra società, rimbambita dalla televisione, sta vedendo riemergere da un passato lontano e ormai dimenticato. E’ una rabbia che nasce dalla povertà, dallo sfruttamento, dalla precarietà e soprattutto dalla mancanza di speranza e di futuro. E’ un sentimento che nasce nel cuore di vecchi con pensioni da fame, di adulti senza più il lavoro e di giovani depredati dei loro sogni. E’ una rabbia sacrosanta per le ingiustizie perpetrate da un sistema immobile e vorace, ma che purtroppo si sta traducendo sempre più spesso in violenza contro il sistema e anche contro se stessi.

Sono le cronache di questo tempo triste a ricordarci le frequenti esplosioni di questa rabbia: il fumogeno contro Bonanni, gli assalti e le intimidazioni a Cisl e Uil, la rivolta di Terzigno e quella dei pastori sardi, senza contare l’aumento esponenziale di suicidi fra precari e disoccupati.

Ma sono ancora segnali troppo deboli per la nostra classe dirigente, impegnata a preservare potere e privilegi, e per la intorpidita coscienza civile degli italiani; eppure c’è un’aria strana, qualcosa cova sotto la cenere di alcune vite, alcuni oltre a tirare la cinghia serrano anche i denti e i pugni per riuscire a trattenere il malcontento che cresce giorno dopo giorno. La rabbia cresce e si diffonde in particolare tra i giovani che non sono soltanto bamboccioni o aspiranti tronisti e veline, ma sono anche ragazzi e ragazze che desiderano un lavoro dignitoso e che non vogliono, con tanto di laurea appesa al muro, ridursi a lavorare in un call center. Chi può scappa via da questo insulso Paese, ma chi rimane è vittima sacrificale di una spietata dittatura generazionale, come scrisse già nel 1995 Ferruccio De Bortoli, dove i padri hanno realizzato i sogni di uguaglianza e sicurezza sociale delle vecchie generazioni a spese della gioventù attuale, che è stata caricata di uno schiacciante fardello di debito pubblico.

In un contesto clientelare e dove il pensiero critico fa fatica ad affermarsi continuano a prevalere “fuga” (la celebre fuga dei cervelli all’estero) e “accettazione passiva” (astensione crescente alle elezioni), ma la rabbia degli impotenti continua ad accumularsi. La domanda allora è la seguente: cosa accadrà quando questo sistema, che già manda sinistri scricchiolii, crollerà definitivamente?

La rabbia, quella bestia che adesso crediamo in gabbia, verrà liberata e farà strage nelle tenere carni dei corpi. Non è questa la fosca previsione dell’ennesimo profeta di sventura, ma è l’esito scontato della rabbia e della disperazione che stanno seminando a piene mani nei cuori degli italiani. C’è un modo per fermare questa corsa verso il baratro? Evitare il disastro è possibile, e se la presa di coscienza della classe politica di fronte ai problemi del Paese resta ad oggi soltanto una chimera, rimane la possibilità di incanalare la rabbia e la delusione in un sentiero democratico fatto di impegno e partecipazione. Trasformare la rabbia in passione è la sfida per chi vuole veramente salvare l’Italia; dire basta alle pastoie gerontocratiche e clientelari è quanto di più coraggioso e saggio si possa fare in questo momento per un Paese che ha disperato bisogno di riforme e di risorse per l’istruzione, la ricerca e lo sviluppo, un Paese che ha disperato bisogno di futuro.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Università, il governo metta i soldi per la riforma

postato il 18 Ottobre 2010

I buoni propositi sono inutili se mancano le risorse

Ho fatto un giro nella mia vecchia Università, ho incontrato il Rettore e abbiamo parlato anche della riforma Gelmini. Sono convinto che senza soldi, anche i buoni propositi diventano inutili perché le nozze coi fichi secchi non si fanno. Nel disegno di legge Gelmini, in fase di discussione in Parlamento, ci sono alcune cose positive, ma è necessario che il Governo faccia un investimento politico serio mettendoci le risorse.

Pier Ferdinando

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I tagli lineari non risolvono nulla

postato il 15 Ottobre 2010

I tagli lineari non sono mai la soluzione di niente.
Uno Stato che abdica a tagli ragionevoli non fa la cosa giusta. Bisogna tagliare gli sprechi nella pubblica amministrazione e investire sull’educazione dei nostri figli:  chi non riesce a fare questa distinzione e va avanti con i tagli lineari perde l’occasione per riformare lo Stato e ricreare le basi di una solidarietà vera e generazionale per il futuro del Paese.

Pier Ferdinando

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Riforma dell’Università? A costo zero è irrealizzabile

postato il 14 Ottobre 2010

I tagli lineari stanno uccidendo il futuro dei nostri figli. Fare una riforma a costo zero dell’Università è semplicemente impossibile.
Per cui, il ministro Tremonti e il Presidente del Consiglio si assumano le loro responsabilità: spieghino al Paese che la Gelmini ha scherzato e che questa riforma così, senza soldi, è irrealizzabile.

Pier Ferdinando

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I giovani, il presente della politica

postato il 10 Settembre 2010

INTERMEZZO incontro al sole di paololongo48Da stamattina si susseguono ininterrottamente gli interventi al Parco Fucoli di Chianciano. Tra i tanti temi toccati, i relatori, oltre a quelli immancabili come la crisi economica e l’attualità politica, hanno indirizzato i lavori su temi un po’ più “politici”.

In platea, al di là delle prime file occupate dai Big, tra i più “esperti” della politica spuntanno sopratutto tantissime facce giovani, è questo è segno di qualcosa di importante, di qualcosa che si muove.

Giovani facce mai annoiate o distratte, ma attente ai lavori, a non perdere il filo della discussione, contrariamente alla tendenza di chi oggi si allontana dalla politica, attenti al costituendo Partito della Nazione, che attira sempre più persone e simpatie.

E sono sempre più ragazzi e ragazze che si avvicinano al dibattito sul “Centro”, non luogo geografico ma, oggi più che mai, fucina delle idee. Giovani che si incontrano, che dibattono, che intervengono portando il loro contributo per la costituzione di questo nuovo soggetto politico, aperto, moderato, innovatore, in altri termini un partito al centro.

Per rimarcare  la scommessa sui giovani, qui a Chianciano è stato organizzato l’EstremoCentro Camp, domani dalle 10 alle 13, per poter dibattere dei temi principi delle nuove generazioni. È un’occasione importante per chi, oggi giovane, vuole portare avanti le proprie idee.

Senza tralasciare l’evento maggiore, ricco di relatori di spessore, lo spazio concesso ai giovani è un segnale fondamentale. Dall’ascolto deve nascere l’azione politica, dall’ascolto, soprattutto dei giovani, bisogna trarre ispirazione per la crescita del nostro paese.

È per questo che il motto che prende sempre più piede è: i giovani al centro. Al centro dell’attenzione e del dibattito, per essere protagonisti, oggi e domani, alla costruzione di un futuro migliore, il nostro futuro.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Antonio Cannatà

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Immigrati di seconda generazione, italiani come noi

postato il 4 Settembre 2010

Esiste un’immigrazione silenziosa, che non fa scalpore, integrata, che non va sui media nazionali ma che ogni giorno convive con i nostri figli nelle scuole e nelle università italiane. Sono gli italiani di seconda generazione, figli di immigrati, per lo più nati in Italia o arrivati qui molto piccoli. Giovani che hanno studiato la lingua, l’arte, la storia, la cultura italiana ma che nonostante questo sentono di essere italiani a metà perché privati di diritti legittimi. Non possiamo consentire che lì dove l’ integrazione ha superato ogni diversità e ne ha fatto elemento di arricchimento umano e culturale per i nostri figli, sia la burocrazia ad alzare le barriere.
Ad Amine, e a quelli come lui che vogliono vivere nella libertà e che hanno fatto propri i valori della nostra Costituzione, l’italianità non può essere negata.

Pier Ferdinando

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