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Perché non si legifera sul conflitto d’interessi?

postato il 26 Settembre 2012

di Giuseppe Portonera

La polemica sul cosiddetto conflitto d’interessi è stata, per lungo tempo, uno dei fronti caldi della cronaca politica italiana: era una sorta di spartiacque, tra chi chiedeva una legge subito e tra chi invece lo riteneva uno strumento “punitivo” nei confronti di uno dei principali protagonisti della scena politica, Silvio Berlusconi. Basti ricordare il caso, emblematico, della Commissione Bicamerale per le Riforme, presieduta da Massimo D’Alema, che – naufragata per diversi motivi – fu presto accusata di essere nata col peccato originale di escludere dal suo campo d’azione proprio una legge sul conflitto d’interessi. Era il 1998, siamo arrivati al 2012 e di una legge che regolamenti (come dovrebbe essere regola in un Paese civile, in cui l’interesse privato è ben tenuto separato da quello collettivo) il conflitto d’interessi non c’è traccia. Perché? Abbiamo avuto governi sia di centrodestra che di centrosinistra, come è possibile che in nessuno dei due casi si sia arrivata a una soluzione, completa o pur anche di mera mediazione?

I governi presieduti da Silvio Berlusconi scontavano ovviamente la presenza del principale imputato in causa: proprietario del più grande polo televisivo privato nazionale e di un’importantissima squadra calcistica, a lungo uomo più ricco d’Italia. Ma davvero questo può essere un ostacolo, un freno per un per un uomo di Stato? Se pensiamo, per fare l’esempio più celebre, a uno dei più illustri predecessori di Berlusconi, Camillo Benso di Cavour, la risposta ovvia è no: il Conte, divenuto Presidente del Consiglio dei Ministri, vendette tutte le sue partecipazioni economiche in aziende e imprese varie, proprio perché non voleva che la sua azione governativa fosse in alcun modo influenzata da interessi o timori personali. Ma si sa, o tempora o mores! E i governi presieduti da Romano Prodi, allora? Loro non presentavano, almeno in modo così evidente, conflitti di interesse: eppure anche in questi casi non si è riusciti ad arrivare alla tanto agognata meta. Sembra una legge non scritta della nostra politica: più una riforma è importante, più è probabile che non sarà varata mai (o quasi) da nessuno.

Perché, tutto questo? Probabilmente, perché il conflitto d’interessi serviva più ai vari soggetti in campo per delimitare il loro spazio, il loro campo. Roberto Rao, intervenendo a tal proposito su L’Espresso, ha giustamente ricordato che è tutta una questione di incapacità a legiferare con lungimiranza: «ampi settori della politica invece di pensare all’interesse generale hanno preferito non risolvere mai il problema, per utilizzarlo come arma di ricatto minacciando a favore o contro il Cavaliere. Per questo il tema deve essere affrontato oggi che non si vive in una situazione di emergenza e si può intervenire senza pensare di colpire o salvare qualcuno. L’Italia è piena di conflitti di interesse che devono essere risolti una volta per tutte». L’appello è ovviamente, in prima istanza, al Parlamento, perché nel clima di strana maggioranza, possa riuscire a trovare almeno una soluzione di mediazione (come potrebbe essere il blind trust). Ma è esteso anche all’esecutivo, che con l’impegno diretto del Premier Monti e del Ministro Severino, ha dimostrato più volte di aver intenzione di riformare la giustizia partendo dai punti urgenti e non più rinviabili. E così, se all’anticorruzione, alle intercettazioni, alla responsabilità civile dei magistrati e alla situazione (vergognosa) delle carceri italiani, ci aggiungessimo pure la legge sul conflitto d’interessi, male non sarebbe.

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Trasparenza: unico antidoto agli scandali della politica

postato il 25 Settembre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Marta Romano

Non c’è cosa più brutta che aprire il giornale e trovare le pagine dedicate alla politica piene di parole come scandali, truffe e malaffare. I soldi pubblici, i soldi dei cittadini italiani, usati per rimpinguare le casse personali di consiglieri, assessori o parlamentari, fatture false per arricchire le tasche di pochi furbi ai danni della collettività e soldi sprecati in feste e festini in cui sembra quasi lecito pensare al “bere comune”, piuttosto che al Bene comune.

Non è questa la politica che mi piace e non è questa la politica di cui il nostro Paese ha bisogno. L’Italia ha bisogno di onestà: è l’unico antidoto per questo triste vortice in cui l’amministrazione pubblica sta precipitando.
Per questo motivo, è bene sottolineare la nascita di  iniziative che  vertono in questo senso, che promuovono la trasparenza nell’amministrazione pubblica:la nascita di un Anagrafe pubblica delle proprietà immobiliari della città capoluogo d’Italia, per esempio. Sarà una vera e propria “rivoluzione della trasparenza”, per utilizzare le parole del capogruppo UdC al Comune, Alessandro Onorato, autore della proposta di delibera, approvata all’unanimità lo scorso 20 settembre.
L’Anagrafe sarà pubblica e facilmente consultabile sul sito del comune (nella sezione “Trasparenza”, appunto), in modo che, con un semplice clic, tutti i cittadini potranno venire a conoscenza di tutte le caratteristiche dell’immobile di proprietà del Comune: l’indirizzo completo (compreso il piano) il valore catastale, i metri quadrati di superficie, la destinazione d’uso, il tipo di locatario (persona fisica o giuridica, associazione no profit, pubblica amministrazione), il canone mensile di affitto, le eventuali morosità.
Un passo avanti per avvicinare i cittadini alla politica, per renderli partecipi e più vicini all’amministrazione, ma anche per rendere più consapevoli  gli amministratori di Roma Capitale  dell’immenso patrimonio e delle immense potenzialità che questa grande città possiede. In più, un grande esempio di semplificazione amministrativa e sburocratizzazione.
Insomma, “Cambiare davvero si può”, come dice lo stesso Onorato. L’importante è volerlo fare, per riscrivere le pagine di giornali e riempirle di queste due parole: onestà e trasparenza. 
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Lavoro: i giovani la priorità per il futuro di tutti

postato il 23 Settembre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Francesco Morello

L’appuntamento della presentazione del Rapporto sul mercato del lavoro 2011-2012, avvenuta martedì 18 settembre nel “Parlamentino” affollatissimo del CNEL, è occasione quanto mai utile per fermarci un attimo a riflettere sugli importanti e profondi cambiamenti in corso nella struttura produttiva e nelle norme che regolano gli assetti occupazionali nel nostro Paese.

Il rapporto tenta di soddisfare, a detta del Prof. Dell’Aringa direttore del gruppo di lavoro che ha curato lo studio, sia l’esigenza di illustrare una lettura prospettica delle variazioni intervenute durante l’ultimo periodo, che quella di offrire una previsione delle linee di tendenza per i prossimi anni.

Le condizioni critiche del mercato del lavoro hanno origine nei contesti macroeconomici di crisi di sviluppo e produttività. I dati sconfortanti forniti dall’Istat sull’occupazione, specie giovanile, diventano quindi il termometro della recessione che attanaglia l’Italia.

Già lo scorso luglio lo studio dell’OCSE, “:Employment Outlook 2012”, dal quale il Rapporto del CNEL muove le mosse, aveva evidenziato che a maggio erano circa 48 milioni i disoccupati nell’area dell’Ocse (con un tasso di disoccupazione del 7,9%): quasi 15 milioni in più rispetto all’inizio della crisi finanziaria iniziata alla fine del 2007.

Per ritornare ai livelli pre-crisi occupazionale servirebbe la creazione di circa 14 milioni di posti di lavoro. La creazione di posti di lavoro, sottolinea lo studio presentato a Parigi, “continuerà a restare debole in molti Paesi dell’Ocse” e il tasso di disoccupazione “potrebbe rimanere intorno all’8% anche nel 2013” (8% nel 2012 e 7,9% nel 2013) e la situazione occupazionale dei giovani e delle persone scarsamente qualificate “rimane particolarmente preoccupante”.

Sulla stessa scia lo studio condotto dall’ ILO, “World of Work Report 2012. Better jobs for a better economy” (aprile 2012) in cui, riguardo la situazione italiana, si rende noto che le categorie più colpite dalla crisi sono state quelle dei giovani e dei disoccupati di lunga durata. La ripresa economica viene frenata dalla contrazione del consumo privato (diversi studi statici di associazioni dei consumatori o dei commercianti hanno rilevato questo fattore) a causa delle politiche di austerità fiscale condotte per risanare il debito pubblico e adempiere ai patti europei sul fiscal compact.

Una delle cause principali della crisi nell’Eurozona, sottolineano Natasha Xingyuan e Antonio Spilimbergo è la differenza di reddito e produttività fra i paesi, con il ritardo di quelli più periferici. Le riforme strutturali possono essere un ottimo strumento per aiutare lo sviluppo delle regioni più arretrate di un paese.

Le politiche suggerite dall’ILO, anche nel Rapporto “Eurozone job crisi and policy responses”, di riduzione del debito pubblico senza danneggiare la crescita economica, di aumento degli investimenti per creare occupazione, di maggiore accesso al credito da parte delle imprese e di riforma del mercato del lavoro per migliorare i risultati dell’occupazione, richiedono uno sforzo notevole affinchè siano tradotte in misure concrete.

Quale ruolo possono assumere allora le politiche del lavoro per i giovani? Essenzialmente due: di accompagnare “>i processi di crescita e limitare i danni della recessione.

Infatti il rischio di far cadere il potere produttivo dell’Italia, in un lento processo di deindustrializzazione, è aumentato dalla disoccupazione di lunga durata che si trasforma in strutturale.

I Paesi che hanno meglio resistito alla crisi economica, in primis Cina e Germania, sono quelli che hanno puntato in via prioritaria su una crescita basata sulla competitività dell’industria manifatturiera, trainata dalle esportazioni e dagli investimenti in ricerca e innovazione.

Inoltre, i paesi che riescono a contenere la caduta del PIL sulla massa salariale e sulla disoccupazione sono quelli che hanno approntato buone relazioni industriali, e favorito il lavoro stabile e non temporaneo.

L’Italia dal 2008 ha perso più di un milione di posti di lavoro tra gli under 34 anche in considerazione del fatto che ha registrato una caduta del PIL maggiore che negli altri paesi dell’Eurozona.

L’Istat nell’ultima rilevazione riferita al terzo trimestre 2012 (i dati del Rapporto si riferiscono al primo semestre 2012) evidenzia che il tasso di disoccupazione (dati grezzi) è pari al 10,5%, in crescita di 2,7 punti percentuali rispetto a un anno prima; l’indicatore passa dal 6,9% del secondo trimestre 2011 al 9,8% per gli uomini e dal 9% all’11,4% per le donne. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni sale dal 27,4% del secondo trimestre 2011 al 33,9%, con un picco del 48% per le giovani donne del Mezzogiorno.” Bisogna notare che a fini statistici esistono diverse dimensioni della disoccupazione ovvero disoccupati (con altrettante definizioni alternative), scoraggiati, cassintegrati e par-time involontari che insieme costituiscono la forza lavoro.

Il Rapporto sull’andamento della domanda di lavoro sottolinea che a causa del forte deterioramento dei bilanci familiari è aumentata l’offerta di lavoro, ovvero i cd. “lavoratori aggiuntivi” coloro che prima della crisi non erano in cerca di occupazione.

Sono cresciuti i lavoratori part-time involontari, e si registra anche un sensibile aumento del ricorso alla CIG connessa, in parte ma non del tutto, alla riduzione degli orari di lavoro.
Per effetto delle riforme previdenziali che hanno alzato i requisiti di età, l’ultima in ordine di tempo quella cd. “Monti-Fornero”, è aumentato il numero di occupati anziani. Necessarie pertanto politiche che tengano conto dell’invecchiamento demografico e dell’aumento delle esigenze legate alla cura degli anziani.

La crescita modesta dell’occupazione nel 2011 si è interamente concentrata sulla componente immigrata (che svolge un lavoro regolare e quindi conoscibile dallo Stato) poiché indirizza la domanda verso un tipo di mansioni di basso profilo non ricoperte dai lavoratori italiani.

Sono cresciuti i giovani con un’occupazione a termine involontaria (ossia di coloro che non hanno trovato un lavoro a tempo pieno) così come i part-time involontari, perché il lavoro flessibile permette maggiori margini di manovra alle imprese in una fase di elevata incertezza.

Molto grave è la rilevazione dello scollamento tra i risultati del sistema formativo e la domanda di lavoro, che va ad incrementare il fenomeno noto come (lavoro a bassa specializzazione svolto da lavoratori con un livello di istruzione medio-alto) che si traduce spesso in uno scarso livello di valorizzazione del capitale umano.

Tale disfunzione è il prodotto di anni di politiche formative non rapportate ai fabbisogni del mercato del lavoro che crea un fra le caratteristiche settoriali della domanda e quelle dell’offerta di lavoro. Il contratto di apprendistato, nelle tre diverse articolazioni di cui al T.U. d.lgs. 167/2011, ha l’obiettivo di formare gli apprendisti, in assetto di lavoro, così da essere immediatamente utili e produttivi per l’azienda. Diventa pertanto una leva di placement che tenta di far convergere domanda e offerta di lavoro puntando sulla formazione di competenze e professionalità richieste dal mercato.

Garantire una occupazione permanente (la tipologia contrattuale del tempo indeterminato è considerata dalla Riforma come la principale, in linea con il documento delle tre grandi OO.SS. confederali sottoscritto a fine 2011) o stabile attraverso un sistema italiano e non di mera importazione di flexicurity, è tanto necessario quanto urgente.

Si è ulteriormente aggravato, evidenzia il Rapporto, il fenomeno dei (not in employment, education or training) circa il 24 % dei giovani tra i 15 e i 29 annie degli scoraggiati, ovvero chi ha smesso di cercare attivamente un lavoro.

In quest’ottica si propone la formazione come leva di sicurezza e stabilità occupazionale che deve essere continua e modulata in base alle diverse competenze e professionalità dei singoli lavoratori o aspiranti tali.

La formazione e quindi il saper fare un determinato lavoro, rappresenta la vera sicurezza nella flessibilità poiché, se un lavoratore è produttivo, sarà sempre ricercato dal mercato.

Tutti questi numeri, dati e diagrammi del Rapporto per essere davvero utili devono però essere messi al servizio di domande scomode. Domande che muovendo dal contesto attuale e cercano di comprendere in che modo poter modulare le opportune risposte.

Il Ministro Fornero nel suo intervento alla presentazione del Rapporto ha difeso la bontà della riforma dagli attacchi degli ultimi giorni di una parte politica che vorrebbe abrogarla tramite referendum. Ancora è presto per dire, dati alla mano, se la riforma raggiungerà l’obiettivo di orientare e rendere più inclusivo e dinamico il mercato del lavoro. Di certo come tutte le cose umane è perfettibile ma credo sia stato un buon inizio, quanto meno per dare un segnale forte di stabilità e coesione politico-sindacale ai mercati. Per tale ragione, sulla falsa riga di quanto già teorizzato dalla Legge Biagi del 2003, la fase del monitoraggio degli effetti delle nuove norme in tema di: tipologie contrattuali e di flessibilità in uscita e tutele del lavoratore (Art.1), Ammortizzatori sociali (Art.2),Tutele in costanza di rapporto di lavoro (Art.3), sarà essenziale per comprendere quali correttivi approntare.

In effetti dopo alcuni giorni dall’entrata in vigore della riforma si è scelto, tramite il decreto sviluppo di Agosto di posticipare l’entrata a regime dell’ASPI.

Il Governo nell’ultimo Consiglio dei Ministri di fine agosto ha presentato l’agenda per la crescita con il fine di implementare la produttività aprendo a nuove opportunità di impresa e lavoro secondo gli obiettivi posti dalla Stategia Europea 2020 (Crescita intelligente, sostenibile e solidale). L’azione programmatica del Governo Monti necessita però, in via preliminare, di portare a compimento le riforme approvate in Parlamento tramite l’emanazione di più di 340 decreti attuativi anche in tema di incentivi e aiuti al lavoro giovanile. Di recente infatti sono stati approvati i decreti che prevedono uno sconto del 50%, grazie all’attivazione di 142 milioni del Fondo Sociale Europeo, sul costo del lavoro per chi assume al sud o i benefici fiscali, disciplinati dal cd. decreto “Salva italia” per chi assume gli under 34.

Per risanare il mercato del lavoro è necessario prima risanare la nostra economia con una solida riforma fiscale accompagnata da investimenti in tecnologia e innovazione. La semplificazione amministrativa insieme agli altri fattori di contesto, quali il miglioramento delle infrastrutture e l’abbattimento del costo energetico, saranno garanzie più forti per gli investitori che vogliono scommettere nel nostro Paese, anche più delle nuove norme sul licenziamento

E’ necessario allora aumentare la produttività, anche accogliendo la proposta della Cisl di detassazione del salario di produttività, non solo per ragioni di competitività internazionale, ma soprattutto per migliorare la qualità dell’ industria e riqualificare l’ apparato produttivo italiano.

Costo monetario del lavoro e produttività del lavoro devono andare allora di pari passo, così come in Germania, che raggiunge livelli ottimi di produttività grazie a innovazione e gestione partecipata con i lavoratori dei processi industriali (in Italia il cammino verso la partecipazione è ancora in salita).

L’implementazione di un sistema politico liberale, incentrato su regole condivise di libera concorrenza, e su una forte Unione Europea che sappia fronteggiare insieme le flessioni del mercato, è allora un compito non solo strettamente “economico”, ma soprattutto compito sociale al servizio della persona umana.

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Chianciano, appunti al femminile

postato il 23 Settembre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Antonella Russo

Siamo state in molte le donne della Sicilia e di tutte le regioni d’Italia alla Convention di Chianciano, che ha segnato una svolta storica nel partito dell’UDC di Casini, ora UDC-ITALIA, per scelta meditata operata da Casini, da Cesa e dai vertici nazionali e dagli eletti nelle istituzioni.
Il significato del cambiamento operato è stato colto, con tempestiva prontezza, dai partiti che si sentono esclusi o quasi dalla triade governativa, accanto alle testimonianze ed alle presenze, mai prima così significative, della società civile, delle professioni, del terzo settore, dei movimenti sindacali, sociali e imprenditoriali laici e di ispirazione cristiana, quasi a sancire la memoria e la storia positiva dei cattolici a servizio dell’Italia e dell’Europa nella rinnovata condivisione di una laicità della politica e di una forte volontà di concorrere con le presenze, le idee, i progetti al futuro della politica del Paese.

Alla vigilia della Convention avevo espresso al Presidente Casini, da presidente provinciale UDC di Palermo, assieme al Dipartimento Provinciale delle donne, (presenti a Cianciano con la responsabile Valentina Petralia), il nostro impegno nel Partito dell’Unione Democratico di Centro, testimonianza premiata ottenendo tra le donne delle liste UDC del nostro paese, ove si è votato a maggio, il più elevato numero di consensi tra le donne presenti come candidate per i consigli comunali, contribuendo così alla affermazione del partito in una Sicilia, dove gli amici-nemici ci davano in declino o perdenti.

Con questi risultati abbiamo superato ogni previsione a Palermo ed in quasi tutte le province ed il coordinatore regionale, il senatore Gianpiero D’Alia a cui bisogna riconoscere il merito, anche grazie all’apporto generoso dei parlamentari regionali UDC e l’impegno di nuovi aderenti, provenienti dal mondo sociale, sindacale e dalle rappresentanze nelle amministrazioni locali, di aver consentito al nostro partito di essere la terza forza politica della Sicilia.

Ora in Sicilia siamo alla pre-vigilia elettorale, per il dopo Lombardo, banco di prova per le prossime elezioni nazionali, di cui opportunamente non si è molto parlato nella Convention, per l’anticipo politicamente voluto, forse per calcoli nazionali o per la rovinosa situazione del bilancio della Regione, quale che sia la scadenza naturale o anticipata per dare al paese un Governo politico per il dopo Monti e possibilmente con Monti, come ha precisato Casini, con un osanna dell’assemblea dei presenti, e con l’invito alla più larga coalizione parlamentare, da eleggere, nei nostri auspici, con la proporzionale e le preferenze .

Come donne di Palermo, nella citata lettera aperta, avevamo chiesto che ai temi delle alleanze elettorali,(in Regione e nel Paese, Montezemolo forse non se ne è accorto), si anteponessero nella Convention le voci, le idee, le proposte della base del Paese dei giovani, delle donne, dei disoccupati, delle famiglie, degli imprenditori per essere attenti ai progetti , alle proposte, alle intuizioni, ai valori che si desiderano interpretati dalla classe dirigente nel tempo che viviamo.

E la prima risposta è venuta dalla Convention aperta, sul piano della comunicazione, come il volto del nuovo partito all’Italia moderna, che ha potuto ascoltare gli interventi, in diretta, di Cesa, Casini, Pezzotta, Buttiglione, Adornato, Passera, Clini, Riccardi, Ornaghi, Martone, Catania, Capotosti, Vietti, Marcegaglia, Bonanni, Olivero, Marini, Guidi, Marino, Rossi, Melchiorre, Guerrini, Forlani, che ha potuto seguire e partecipare in internet, a “Le primarie delle Idee per la rinascita dell’Italia”.

Portare infatti, come partito, le voci reali del paese, dei giovani e delle donne , per contribuire a definire, con i partiti di buona volontà, nuove piattaforme di intesa e Patti nazionali e regionali sui problemi economici, sociali, culturali, valoriali delle famiglie, delle aziende, dei lavoratori e dei disoccupati, della crescente povertà delle famiglie, delle drammatiche situazioni delle città del mezzogiorno e tra queste Palermo e Napoli, non solo sulla base dei sondaggi ( talvolta manipolati), ma dall’ascolto diretto del popolo, che guarda spesso con diffidenza i luoghi, gli incontri, le proposte della classe politica, è uno dei tentativi sperimentati nella Convention, costituenti il piano relazionale dell’UDC- Italia e dei numerosissimi siti, blog, diffusi in tutta l’Italia.

Compito, non solo del nostro partito, è quello di riportare alla politica quanti si astengono o protestano contro le caste politiche, amministrative, aziendali, succubi di una antipolitica, o meglio di una antipartica esternazione , strisciante e perniciosa, che sfocia nelle liste elettorali, come in Sicilia, bizzarre e fantasiose, dai Forconi al nipote di Sturzo, ai sindaci, ai localismi territoriali, ai simboli del genere leghista, al partito del Sud e della Trinacria (depositati 47 simboli con tanti giochini), per contenere ,all’insegna di Berlusconi e delle future elezioni nazionali, quanti in ritirata (dai disastri incorsi), cercano riferimenti solo elettoralistici, per ridurre il consenso all’UDC –Italia (effetto laboratorio per futuri sondaggi nazionali e previsioni conseguenti alla preannunciata riforma elettorale).

Abbiamo pertanto potuto ascoltare nella Convention le voci e le aspirazioni di un futuro politico diverso per il Paese, di un rinnovamento dei partiti e della sua classe dirigente, ai quali chiede “voce e risposta” la base del paese, esternando le proprie idee, predisponendo, nel contempo, strumenti nuovi della comunicazione, per dare al consenso elettorale ed al controllo degli eletti quanto di meglio possano offrire i sistemi elettorali più consolidati.

Il tema della riforma elettorale e delle preferenze è stato, pertanto, al centro dei più significativi interventi e dell’incontro delle delegate delle Pari Opportunità donne d’Italia, presieduto a Chianciano, dalla Responsabile nazionale Pari Opportunità Maria Teresa Fagà, per ridare all’elettorato maggiori possibilità nella scelta della classe dirigente ed assicurare la presenza delle donne nei governi politici e in quelli delle Aziende e delle amministrazioni pubbliche.

L’argomento è stato opportunamente trattato, più che per calcoli partitici particolari, per dare una svolta al rapporto tra cittadini, parlamentari e classe dirigente politica, rapporto distrutto nell’ultimo ventennio e ancora monco per quanto riguarda la partecipazione femminile e quella del mondo intellettuale, dei sindacati, delle professioni, del terzo settore.

Nel 150° dell’Unità d’Italia, a Marsala ,dove sbarcò Garibaldi, abbiamo riconquistato con l’UDC della Sicilia il comune con una donna, Giulia Adamo, oggi sindaco della città, pure presente a Chianciano. Un segnale per le altre amministrative del 2013

Si spiega in questo contesto l’entusiasmo delle partecipanti alla Convention destato dall’intervento di Emma Marcegaglia, quasi regina degli applausi tributatile, estimatrice degli interventi politici dell’UDC-Italia, una delle aspettative politiche del Paese.

Ed a Passera è toccata la stessa sorte nel lungo intenso dialogo con i giovani speranzosi di un futuro diverso e possibile.

Come donne, si è detto nella Convention, aspiriamo al rinnovamento ed alla integrazione della classe dirigente del Paese, partendo dalla base, dal popolo d’Italia, dai giovani, dalle famiglie ,dagli intellettuali ,dagli imprenditori, da “ascoltare” ed a cui, nei giorni scorsi ci ha richiamato, ancora una volta , il cardinale Bagnasco, invitando le forze del Paese ed i singoli cittadini alle responsabilità, per operare “assieme”, come afferma il presidente della CEI, per superare le difficoltà del momento e convergere al bene comune.

La nostra tradizione laica e non confessionale, ci permette di ricordare, talvolta con insistenza, le indicazioni dei vescovi per formare e fare emergere una nuova classe dirigente ai massimi livelli politici nazionali e locali, espressione delle diverse realtà, culture e voci del Paese .

Ed ora ci prepariamo alle assemblee provinciali ed a quella regionale delle donne di Sicilia, in vista della Convention nazionale programmata per i prossimi mesi.

Vogliamo contribuire a dare al nuovo simbolo, UDC-Italia tutto il carattere di una ricca prospettiva partitica, aperta maggiormente alle donne, alla società articolata e propositiva, all’attenzione di tutte le aree geografiche, culturali e sociali d’Italia ed a quella del Mezzogiorno, in particolare, ove le richieste di una legalità diffusa, giustizia, pari opportunità, sono legate ad un possibile ritorno alla politica non separatista, ma unitaria ed europea.

Qui viviamo il dramma della crescente disoccupazione giovanile e delle donne al limite della tollerabilità, mentre assistiamo all’esplosione degli incendi dolosi, dei boschi e delle discariche, alle carenze infrastrutturali dei trasporti, alla occupazione delle Chiese, ultima speranza di solidarietà e di accoglienza dei precari dagli incerti salari, dei lavoratori dalla forzata, quanto possibile,cassa integrazione per la chiusura delle fabbriche, dei super mercati, dei cantieri ferroviari e stradali, (Fiat, Raffinerie, Aerotrasporti, industrie elettroniche, ),mentre i migliori cervelli emigrano in Germania e nel mondo, impoverendo le comunità rurali come le grandi città.

Ed i precari, i disoccupati, i disamorati dalla politica, gli intellettuali, cercano energie, fuori dei partiti, o dentro improvvisati contenitori partitici, privi di contenuti.

Come donne, in particolare, vorremo dare, con un supplemento di attivismo degli enti locali e delle loro risorse produttive, il nostro apporto ad una reale sussidiarietà dei servizi alle famiglie ed alla gioventù, attestarci a recuperare , i ragazzi e i giovani che abbandonano gli studi, attraverso il potenziamento delle strutture scolastiche e parascolastiche, universitarie, di ricerca, di formazione professionale, per le potenziali risorse umane e di lavoro che potremo offrire in un domani, per i servizi, così necessari per la competitività dell’economia della Sicilia, (nel commercio, nel turismo, nell’agricoltura di eccellenza, nell’agroalimentare ), nella sua strategica posizione per l’Europa e la cooperazione con tutti i paesi mediterranei e l’Africa .

Vorremmo, nella tradizione culturale di Sturzo, di Sciascia, di La Pira, di Nigro, Abbate, Mazzamuto, Rabbito, Lauricella, Consolo, Bufalino e per le virtù mostrate dei tanti eroi civili e religiosi della nostra terra (da Falcone a Borsellino,a don Pino Puglisi, a Diana,) che il pessimismo che traspira da letterati come Matteo Collura, venisse superato da una eroica testimonianza dei partiti e dall’UDC-Italia, tra questi .

Non vogliamo più leggere amare considerazioni, come quelle dell’editoriale di Collura: ” I politici, gli intellettuali, i preti, noi giornalisti non facciamo altrochè illuderci ed illudere che ancora vi sia spazio per correttivi e terapie in grado di allontanare dal baratro le regioni del Sud, mentre chi ha occhi per vedere e meningi per ragionare si rende conto che il limite è stato già superato e quella che appare come vita non è altro che la fermentazione di un cadavere”.

Noi siamo ancora tra coloro che credono nella capacità reattiva e creativa degli uomini e delle donne, senza dimenticare la memoria di chi ci ha preceduto nell’interesse del bene comune dell’Italia.

Non rinunciamo, pertanto, alla fatica del vivere e del partecipare, con le idee e le testimonianze, anche nei Partiti, con i contenuti ed il patrimonio che come cattolici portiamo, per dialogare, a servizio del paese ,”legittimamente senza complessi e autorevolmente, sia all’interno di tutte le famiglie politiche europeiste, democratiche, riformiste, non populiste e attente a unire più che a dividere, sia in nuovi soggetti politici ”, come ci pare orientata una recente nota della presidenza dell’Ac, senza con ciò subire, pur rinnovando, come alla Convention di Chianciano, simbolo e strategie dell’UDC-Italia per il futuro del Paese e dell’Europa, il fascino di nuovi soggetti improvvisati o contenitori senza storia e senza contenuti.

 

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Trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza

postato il 22 Settembre 2012

Pubblichiamo, in italiano ed inglese, il discorso che il Santo Padre Benedetto XVI ha rivolto ai partecipanti all’Incontro promosso dall’Internazionale Democratico Cristiana.

Signor Presidente,

onorevoli Parlamentari,

distinti Signore e Signori!

Sono lieto di ricevervi durante i lavori del Comitato Esecutivo dell’Internazionale Democratico Cristiana, e desidero, anzitutto, rivolgere un cordiale saluto alle numerose Delegazioni, provenienti da tante nazioni del mondo. Saluto in particolare il Presidente, On. Pier Ferdinando Casini, che ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto a vostro nome. È trascorso un lustro dal nostro precedente incontro ed in questo tempo l’impegno dei cristiani nella società non ha cessato di essere vivace fermento per un miglioramento delle relazioni umane e delle condizioni di vita. Questo impegno non deve conoscere flessioni o ripiegamenti, ma al contrario va profuso con rinnovata vitalità, in considerazione del persistere e, per alcuni versi, dell’aggravarsi delle problematiche che abbiamo dinanzi.

Un rilievo crescente assume l’attuale situazione economica, la cui complessità e gravità giustamente preoccupa, ma dinanzi alla quale il cristiano è chiamato ad agire e ad esprimersi con spirito profetico, capace cioè di cogliere nelle trasformazioni in atto l’incessante quanto misteriosa presenza di Dio nella storia, assumendo così con realismo, fiducia e speranza le nuove emergenti responsabilità. «La crisi ci obbliga a riprogettare il nostro cammino, a darci nuove regole e a trovare nuove forme di impegno, diventando così occasione di discernimento e di nuova progettualità» (Enc. Caritas in veritate, 21).

E’ in questa chiave, fiduciosa e non rassegnata, che l’impegno civile e politico può ricevere nuovo stimolo ed impulso nella ricerca di un solido fondamento etico, la cui assenza in campo economico ha contribuito a creare l’attuale crisi finanziaria globale (Discorso alla Westminster Hall, Londra, 17 settembre 2010). Il contributo politico ed istituzionale di cui voi siete portatori non potrà quindi limitarsi a rispondere alle urgenze di una logica di mercato, ma dovrà continuare ad assumere come centrale ed imprescindibile la ricerca del bene comune, rettamente inteso, come pure la promozione e la tutela della inalienabile dignità della persona umana. Oggi risuona quanto mai attuale l’insegnamento conciliare secondo cui «nell’ordinare le cose ci si deve adeguare all’ordine delle persone e non il contrario» (Gaudium et spes, 26). Un ordine, questo della persona, che «ha come fondamento la verità, si edifica nella giustizia» ed «è vivificato dall’amore» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1912) ed il cui discernimento non può procedere senza una costante attenzione alla Parola di Dio ed al Magistero della Chiesa, particolarmente da parte di coloro che, come voi, ispirano la propria attività ai principi ed ai valori cristiani.

Sono purtroppo molte e rumorose le offerte di risposte sbrigative, superficiali e di breve respiro ai bisogni più fondamentali e profondi della persona. Ciò fa considerare tristemente attuale il monito dell’Apostolo, quando mette in guardia il discepolo Timoteo dal giorno «in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, pur di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo i propri capricci, rifiutando di dare ascolto alla verità per perdersi dietro alle favole» (2 Tm 4,3).

Gli ambiti nei quali si esercita questo decisivo discernimento sono proprio quelli concernenti gli interessi più vitali e delicati della persona, lì dove hanno luogo le scelte fondamentali inerenti il senso della vita e la ricerca della felicità. Tali ambiti peraltro non sono separati, ma profondamente collegati, sussistendo tra di essi un evidente continuum costituito dal rispetto della dignità trascendente della persona umana (cfr Catechismo della Chiesa Cattolica, 1929), radicata nel suo essere immagine del Creatore e fine ultimo di ogni giustizia sociale autenticamente umana. Il rispetto della vita in tutte le sue fasi, dal concepimento fino al suo esito naturale – con conseguente rifiuto dell’aborto procurato, dell’eutanasia e di ogni pratica eugenetica – è un impegno che si intreccia infatti con quello del rispetto del matrimonio, come unione indissolubile tra un uomo e una donna e come fondamento a sua volta della comunità di vita familiare. E’ nella famiglia, «fondata sul matrimonio e aperta alla vita» (Discorso alle Autorità, Milano, 2 giugno 2012), che la persona sperimenta la condivisione, il rispetto e l’amore gratuito, ricevendo al tempo stesso – dal bambino al malato, all’anziano – la solidarietà che gli occorre. Ed è ancora la famiglia a costituire il principale e più incisivo luogo educativo della persona, attraverso i genitori che si mettono al servizio dei figli per aiutarli a trarre fuori («e-ducere») il meglio di sé. La famiglia, cellula originaria della società, è pertanto radice che alimenta non solo la singola persona, ma anche le stesse basi della convivenza sociale. Correttamente quindi il Beato Giovanni Paolo II aveva incluso tra i diritti umani il «diritto a vivere in una famiglia unita e in un ambiente morale, favorevole allo sviluppo della propria personalità» (Enc. Centesimus annus, 44).

Un autentico progresso della società umana non potrà dunque prescindere da politiche di tutela e promozione del matrimonio e della comunità che ne deriva, politiche che spetterà non solo agli Stati ma alla stessa Comunità internazionale adottare, al fine di invertire la tendenza di un crescente isolamento dell’individuo, fonte di sofferenza e di inaridimento sia per il singolo sia per la stessa comunità.

Onorevoli Signore e Signori, se è vero che della difesa e della promozione della dignità della persona umana «sono rigorosamente e responsabilmente debitori gli uomini e le donne in ogni congiuntura della storia» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1929), è altrettanto vero che tale responsabilità concerne in modo particolare quanti sono chiamati a ricoprire un ruolo di rappresentanza. Essi, specialmente se animati dalla fede cristiana, devono essere «capaci di trasmettere alle generazioni di domani ragioni di vita e di speranza» (Gaudium et Spes, 31). Utilmente risuona in questo senso il monito del libro della Sapienza, secondo cui «il giudizio è severo contro coloro che stanno in alto» (Sap 6,5); monito dato però non per spaventare, ma per spronare e incoraggiare i governanti, ad ogni livello, a realizzare tutte le possibilità di bene di cui sono capaci, secondo la misura e la missione che il Signore affida a ciascuno.

Auguro quindi ad ognuno di voi di proseguire con entusiasmo e decisione nell’impegno personale e pubblico, e assicuro il ricordo nella preghiera affinché Dio benedica voi e i vostri familiari. Grazie per l’attenzione.

***

Mr President,

Honourable Members of Parliament,

Ladies and Gentlemen,

 I am delighted to be able to receive you during the course of the work of the Executive Committee of the Christian/Centrist Democrat International. I would like, first of all, to address my cordial greetings to the numerous delegations from many countries around the world and, in particular, to your President, the Honourable Pier Ferdinando Casini, whom I thank for the courteous words he addressed to me in your name. Five years have passed since our last meeting, during which time the involvement of Christians in society has not ceased to enliven and improve human relations and living conditions. This commitment must not lessen or decrease; rather, it must be proffered with renewed vitality, in view of the persistence and, in some cases, the worsening of the problems we are facing.

 The current economic situation is becoming increasingly serious, and its complexity and gravity rightly arouse concern. Yet, in the face of this situation, Christians are called to act and express themselves with a prophetic spirit – that is, a spirit capable of seeing in these transformations the unceasing and mysterious presence of God in history – and thus to shoulder their newly emerging responsibilities with realism, confidence and hope. «The current crisis obliges us to re-plan our journey, to set ourselves new rules and to discover new forms of commitment … [it] thus becomes an opportunity for discernment, in which to shape a new vision for the future» (Enc. Caritas in veritate, 21).

In this way, with confidence not resignation, civil and political activity must be given new incentives to seek solid ethical foundations, the lack of which in the economic field has helped to create the current global financial crisis (Address at Westminster Hall, London, 17 September 2010). Your political and institutional commitment must not, then, be limited to responding to the requirements of market logic. Rather, its central and indispensable goal must remain the search for the common good, correctly understood, and the promotion and protection of the inalienable dignity of the human person. The teaching of Vatican Council II that «the order of things must be subordinate to the order of persons, and not the other way around» (Gaudium et spes, 26) is today more timely than ever. This order of persons «is founded on truth, built up in justice, and animated by love» (Catechism of the Catholic Church, 1912), and it cannot be discerned without constant attention to the Word of God and the Magisterium of the Church, especially by people such as you, who draw the inspiration for their activities from Christian principles and values.

Unfortunately the cursory, superficial and short-term responses to the most fundamental and profound human needs are numerous and strident. This makes the words of the Apostle sadly appropriate for our own time, when he warned Timothy of the day in which «people will not put up with sound doctrine, but having itching ears, they will accumulate for themselves teachers to suit their own desires, and will turn away from listening to the truth and wander away to myths» (2 Tim 4:3).

The areas in which this decisive discernment is to be exercised are those touching the most vital and delicate interests of the person, the place where the fundamental choices regarding the meaning of life and the search for happiness are made. These areas are not separate from one another but profoundly interconnected; they possess a manifest continuum which is constituted by respect for the transcendent dignity of human beings (cf. Catechism of the Catholic Church, 1929), rooted in the fact that they were made in the image of the Creator and are the ultimate goal of any authentically human social justice. The commitment to respecting life in all its phases from conception to natural death – and the consequent rejection of procured abortion, euthanasia and any form of eugenics – is, in fact, interwoven with respecting marriage as an indissoluble union between a man and a woman and, in its turn, as the foundation for the community of family life. It is in the family, «founded on marriage and open to life» (Address to the Authorities, Milan, 2 June 2012), that human beings experience sharing, respect and gratuitous love, at the same time receiving – be they children, the sick or the elderly – the solidarity they need. The family, moreover, constitutes the principal and most significant place for the education of the person, thanks to the parents who place themselves at the service of their children in order to draw out («e-ducere») the best that is in them. Thus the family, the basic cell of society, is the root which nourishes not only the individual human being, but the very foundations of social coexistence. Blessed John Paul II was right, then, to include among human rights, «the right to live in a united family and in a moral environment conducive to the growth of the child’s personality» (Enc. Centesimus annus, 47).

The authentic progress of human society cannot forgo policies aimed at protecting and promoting marriage, and the community that derives therefrom. Adopting such policies is the duty not only of States but of the International Community as a whole, in order to reverse the tendency towards the growing isolation of the person, which is a source of suffering and atrophy for both individuals and for society.

Honourable ladies and gentlemen, if it is true that the defence and promotion of human dignity «have been entrusted to us by the Creator” as a duty that pertains strictly and responsibly to “men and women at every moment of history” (cf. Catechism of the Catholic Church, 1929), it is equally true that this responsibility particularly concerns those called to political office. They, especially if animated by Christian faith, must be «strong enough to provide coming generations with reasons for living and hoping» (Gaudium et Spes, 31). In this sense, the warning contained in the Book of Wisdom to the effect that «severe judgement falls on those in high places» (Wis 6:5) is highly beneficial, a warning given not to frighten but to spur and encourage those in government, at all levels, to achieve all the good of which they are capable, in keeping with the mission the Lord entrusts to each one.

 In the hope, then, that each of you will continue to fulfil your personal and public commitments with enthusiasm and determination, I assure you all of a remembrance in my prayers, and I invoke God’s blessings upon you and your families. Thank you for your attention.

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Il futuro da scegliere

postato il 21 Settembre 2012

di Vincenzo Pezzuto

Decisamente in sintonia con l’esigenza di un futuro più sicuro e responsabile (più che di una politica responsabile) appare l’analisi di Fabbrini su “Il Sole 24 di Ore”. Parlare di scollamento tra l’establishment del Paese (che teme il ritorno ad una competizione politica irresponsabile) e la politica, significa parlare di due visioni che trasversalmente attraversano (come ha precisato il capogruppo Udc alla camera, Galletti) la società e la classe politica: chi considera Monti tecnocrazia e chi invece crede che stia lavorando per il bene dell’Italia.
Un quadro simile mal si concilia con la precaria situazione economica italiana (secondo debito pubblico di Europa e tra i più alti al mondo), che impone serietà e senso di protezione finanziaria.
La ricetta per risanare tali fratture potrebbe essere quella (come propone Fabbrini) di individuare quattro doveri che i partiti dovranno rispettare, con la consapevolezza che un clima di tensione e di politica urlata avrà pesanti ripercussioni sul Paese.
A farsi avanti per proporre la lista degli ingredienti è stato Pier Ferdinando Casini:

Si attendono i dettagli della proposta, ma possiamo affermare già di averli e sono frutto della politica responsabile di questi ultimi mesi. Perchè gli impegni e le proposte nei confronti del futuro di un Paese non si improvvisano dalla sera alla mattina, ma si elaborano con consapevolezza ed un pizzico di lungimiranza.

1) Quale Europa sarà necessario avere in mente? Quale futuro per la moneta unica?
L’Europa che gli europei hanno in mente è la stessa che propone l’Udc: gli Stati Uniti d’Europa. Non si può prescindere dal rilancio della crescita e degli investimenti, dalla creazione di posti di lavoro, dalla sussidiarietà e dal mutualismo reciproco. A fare da collante dovrà esserci un elemento cardine, la maggiore unità politica. Questo è il quadro che dovrà interessare l’UE e chi lo rispetta (come l’Udc) ha votato con convinzione il pareggio di bilancio in Costituzione e il fiscal compact). Occorre stare alla larga da chi pone a repentaglio il futuro dell’assetto comunitario (e soprattutto dei cittadini e milioni di lavoratori europei) riproponendo vecchie trovate populistiche dagli effetti catastrofici.

2) Quali le priorità da soddisfare (con copertura finanziaria)?
Combattere il populismo significa essere chiari nei confronti degli elettori. Significa individuare delle priorità da soddisfare. Il fine ultimo non dovrà essere quello di riempire paginone di programmi utili solo al proprio tornaconto elettorale. Significa individuare dei punti realizzabili con mezzi e risorse finanziarie realmente disponibili e nel rispetto dei vincoli finanziari esterni. La differenza rispetto al passato consterà nella bravura di certa classe politica nella ricerca non di facili consensi (grazie alle solite furbizie) ma promettendo dei sacrifici e misure per la crescita (ma veramente realizzabili). Non è plausibile sentir parlare ancora di abolizione dell’Imu da chi non ha mai fornito giustificazioni finanziarie sull’abolizione dell’Ici (con i risultati che tutti sappiamo). Ai pacchetti (anzi “pacchi”) programmatici preconfezionati ad arte non crede più nessuno ed in particolar modo i mercati.

3) Posizione in merito a mercato del lavoro, pensioni, evasione fiscale?
La strada è in salita (e lo si sapeva) ma è già delineata e collaudata dai fatti (del resto l’Italia non ha fatto la fine di Grecia e Spagna): continuità con l’Agenda Monti e le riforme. Riforme che interessano il lavoro, le pensioni e i giovani non si votano perchè proposte da un Governo tecnico o perchè imposte dallo stato di emergenza. Si attuano perchè sono le uniche in grado di dare riposte alle prospettive dei giovani. In questi restanti mesi di Governo e dal 2013 è e sarà doveroso puntare: – alla riduzione dell’Irpef per le famiglie con redditi bassi ed in base al numero dei figli (compatibilmente con le coperture finanziarie); – alla sburocratizzazione del sistema amministrativo ed all’approvazione della riforma della Giustizia in modo da rendere appetibile il mercato italiano agli investitori nazionali ed esteri; a rendere operativa l’Agenda Digitale, che potrà dare un contributo del 5% alla crescita del Pil da qui al 2020; – alla redazione di un piano strategico per il rilancio del mezzogiorno (si badi: in netta antitesi con le disattese promesse del passato); – ad ulteriori fasi della spending review; – a combattere chi vive alle spalle della gente onesta che giornalmente contribuisce al mantenimento della cosa pubblica (e che potremmo definire “ladro” né più né meno di chi prende tangenti nella Pubblica amministrazione – come già dichiarato dal leader Udc).

4) Commissione esterna di esperti per la valutazione delle proposte?
Affinche la prossima competizione elettorale non si trasformi in un gioco al massacro dove a pagare saranno sempre i soliti, la commissione paventata da Fabbrini potrà svolgere un ruolo interessante. A patto che si tratti unicamente di una valutazione connessa alla disponibilità finanziaria delle proposte partitiche. Il giudizio di valore spetta ai cittadini e dovrà rispondere al grado di soddisfacimento del loro benessere.

Occorre, in definitiva, “ricucire” il Paese e l’Europa, puntare con forza alla crescita, continuare con forza sulla strada del Governo Monti per il bene dell’Italia. Occorre mettere da parte i personalismi, le furbizie, la demagogia e le trovate populistiche. Più senso di responsabilità. Più proposte efficaci. Più futuro. Più Italia.

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I democratici cristiani di tutto il mondo a Roma per una nuova azione politica

postato il 20 Settembre 2012

Tra domani e sabato si svolgerà a Roma la riunione dei leader dell’Internazionale Democratica di Centro (Idc-Cdi) presieduta da Pier Ferdinando Casini.

Alla riunione, che si tiene ogni due anni, partecipano oltre 150 delegati da tutto il mondo, presidenti, primi ministri, leader di partito tra cui: Mariano Rajoy, primo ministro della Spagna, Viktor Orban, primo ministro dell’Ungheria, Sali Berisha, primo ministro dell’Albania, Enda Kenny, primo ministro dell’Irlanda, Antonio Samaras, primo ministro della Grecia. Saranno presenti anche Wilfried Martens, presidente del Ppe, Antonio Lopez-Isturiz, segretario generale Ppe, George Sabra, membro e portavoce della segreteria generale del Consiglio nazionale siriano, l’organismo che riunisce le opposizioni impegnate nella lotta contro il regime di Bashar al Assad, Amine Jemayel, ex Presidente del Libano, Eduardo Frei, ex Presidente del Cile, Carlos, il fratello di Osvaldo Paya’, dissidente cubano e leader del Movimento Cristiano di Liberazione recentemente scomparso, Jevhenija Tymosenko figlia di Julija Tymosenko, ex primo ministro dell’Ucraina, attualmente detenuta in carcere. Porterà un suo saluto anche il Presidente del Consiglio Mario Monti.

Nel corso degli incontri si discuterà della situazione politica ed economica internazionale, con particolare attenzione al Medio Oriente, alla guerra civile in Siria, alla condizione dei cristiani nel mondo.

L’internazionale nasce a Santiago del Cile nel 1961 come Unione Democratica Cristiana Mondiale per creare in legame tra le varie organizzazioni democristiane internazionali alternative alle internazionali socialiste. Nel 1982 viene rinominata Internazionale Democratica Cristiana. Fino al 1999 viene detta Internazionale Democratica Cristiana e dei Partiti Popolari, per poi ridiventare Internazionale Democratica Cristiana e dal 2001 Internazionale Democratica Centrista, accogliendo partiti non solo democristiani ma anche solo centristi.

Conta poco più di 100 membri, provenienti soprattutto dall’Europa e dall’America meridionale. L’ala europea dell’IDC è il Partito Popolare Europeo, il principale partito politico europeo. Il corrispettivo latino-americano è l’Organizzazione Cristiano Democratica d’America.

Il messaggio di cui l’Idc è portatrice, è un messaggio coerente e integrante basato sulla temperanza, il dialogo e il consenso, rappresenta la grande speranza per trovare nuove vie di azione politica. L’IDC crede che gli esseri umani e i valori legati alla persona umana (libertà, solidarietà, responsabilita e giustizia) siano le stelle maestre e l’asse definitivo del suo progetto politico.

L’internazionale Democratico Cristiana/Internazionale Democratico Centrista si affaccia a questo tempo nuovo che si apre con un progetto di maggior prosperità e pace, con un nuovo stile di azione politica che risponda ai nuovi bisogni ed alle aspirazioni dei popoli, promuovendo società efficienti, competitive e solidali sulla base del dialogo sociale. Dove la nozione di uguaglianza incrocia tutte le politiche pubbliche ed include sia il il dovere etico che l’imperativo politico, la lotta contro la povertà, per eguali opportunità. Miglioramento nella distribuzione del reddito e nella qualità della vita della popolazione. Un nuovo stile di azione politica che essendo fondato sui valori dell’umanesimo che ispirano il progetto dei democratici cristiani, è adatto alla nuova realtà dei tempi presenti al fine di anticipare un comune e incoraggiante futuro. Un nuovo stile di azione politica che offra soluzioni perché tutti gli individui raggiungano il loro destino materiale, intellettuale e spirituale.

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I finanziamenti pubblici ci sono, ma gli italiani non sanno usarli

postato il 19 Settembre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Se dico “Liberi Tutti” pensate al gioco del nascondino. Sbagliato. Se pensiamo che l’Italia è in crisi, diciamo “non ci sono investimenti pubblici”. Sbagliato. Cosa hanno in comune i due punti sopra riportati? Tutto. Perché “Liberi Tutti” è un progetto finanziato con soldi pubblici nel comune di Cortemilia (comune che ha finanziato anche il progetto definito “alla Rinsfusa”, nessun errore è proprio così) in provincia di Cuneo con lo scopo di “sviluppare politiche e servizi per l’anticipazione e gestione dei cambiamenti, promuovere la competitività e l’imprenditorialità”.

Ma non è finita qui. Il giornalista Marco Esposito, in un suo lungo articolo intitolato “Bici e orchestre, l’Italia dei Bonus” pubblicato sul mensile Linus, ci fornisce un interessante visuale sui progetti finanziati con fondi pubblici, dopo avere spulciato tutti i numeri, che sono ufficiali e resi pubblici dal ministro Barca sul sito: http://opencoesione.gov.it/.

E così ho saputo che la Scuola agraria del Parco di Monza ha ottenuto fondi per il verde pensile.

Siete stupiti?

Non stupitevi, perché Esposito ci informa con puntualità che: un paesello in provincia di Genova, chiamato Rondandina, che ha 78 abitanti, ha procurato 90.000 euro per abitante tramite finanziamenti pubblici spesi quasi tutti per la ristrutturazione della villa Sauli Podestà del Parco del Basilico. Siete stupiti? Coraggio, ora si ride. Come possiamo prendere la notizia che le tecniche di tatuaggio artistico sono state finanziate con fondi pubblici? Sono costate 1483 euro alla UE, 1953 euro allo stato italiano e 498 euro al Friuli Venezia Giulia. Io ho appreso questa notizia con una risata.

In provincia di Verona, nel comune di Dolcè hanno costruito una pista ciclabile per collegare i percorsi ciclabili già esistenti tra Dolcè e Avio. Costo del progetto? Uno sproposito, più di un milione di euro, suddivisi così: 622.000 euro di soldi UE, 650.000 euro di soldi dello stato e 80.000 euro di soldi della regione veneta

La motivazione? Qui siamo al Nobel della fantasia: “aumento della collaborazione, della condivisione e della cooperazione tra gli enti locali al fine di armonizzare le aspettative di sviluppo e di eliminare i fenomeni di disgregazione sociale”.

Tutto questo per dire “facciamo una pista ciclabile”.

L’obiezione è: ma i lavori non sono stati appaltati con una gara? Certo. Il punto, però, è che questi progetti che impatto hanno sul PIL? Nullo.

Che impatto ha un progetto sui tatuaggi artistici? Cosa produrrà in seguito questo progetto?

Un progetto, per impattare sull’economia, deve dare vita ad una attività che perduri autonomamente nel tempo; il finanziamento pubblico deve agevolare o fungere da avvio, ma poi ci uvole un progetto che vada avanti da solo: una start up; una azienda, una strada che agevoli il commercio.

Inoltre, molti di questi progetti hanno un importo talmente basso che sfuggono ai controlli della Corte dei Conti e così abbiamo “lo studio personale in funzione dell’esecusione orchestrale”, che è costato 4.839 di fondi ue, più 8070 di fondi nazionali, più 80 euro della regione liguria e 3000 euro di un soggetto privato. Totale 16.000 euro, dati per un progetto iniziato il 27 dicembre 2011 e finito il 31 dicembre 2011, ovvero 4 giorni, per 16.000 euro.

E a Caino, in provincia di brescia, hanno finanziato con 9675 euro il “tirocinio di un individuo”. Che tirocinio era? Chi lo ha fatto? E dopo è stato assunto? Non si sa. Intanto a Bologna hanno creato un progetto (30 milioni dei quali 11 della UE e 19 dello stato), per erogare assegni formativi e nell’operoso Trentino gli assegni formativi sono erogati per “lavori di abbellimento” a Storo e Briolo. Tutti questi progetti sono stati finanziati con i fondi UE stanziati per il periodo che va dal 2007 al 2013. Siamo quasi alla fine di questo periodo, e io vorrei sapere, quante attività produttive che hanno un impatto sull’economia sono state finanziate e quanti sono i progetti inutili. Il totale dei progetti finanziati è astronomico: 467.257 progetti, di cui 339.167 sono tutti nel Nord Italia. Il bello è che questi fondi dovevano servire per le politiche europee di coesione e dovevano riguardare soprattutto il Sud e le aree svantaggiate dell’Italia. Invece, contrariamente a quello che hano affermato i leghisti per anni, chi se ne è avvantaggiato e se ne avvantaggia è prorpio il nord che mette in campo progetti “ridicoli”. La Lombardia è la regione con il maggior umero di progetti finanziati. Voi pensate all’operosità lombarda, vero? Sbagliato. Perch+è tra il 2007 e il 2013, la Lombardia ha messo in campo 194.420 progetti per un importo medio di meno di 5000 euro. Quale attività produttiva fai con 5000 euro? Allora ammettiamolo. I fondi ci sono, ma noi italiani siamo malati di assistenzialismo, preferiamo chiedere pochi soldi per un progettino con una motivazione ridicola, prendere poche migliaia di euro sapendo che non avremo controlli, visto l’importo e stop. Non pensiamo a chiedere magari più soldi per realizzare progetti che creino davvero economia e lavoro.

Di contro, esiste anche una realtà di italiani che scelgono di impegnarsi: a Mussomeli, paesino quasi al centro della Sicilia, sono fiorite moltissime attività produttive come aziende produttrici di pannelli fotovoltaici e di energie verdi; a Brolo sono sorte molte piccole realtà dell’agroalimentare; Napoli finanzia per metà con i propri fondi, la metropolitana di prossima costruzione (importo totale 1,4 miliardi di euro) e solo in minima parte con fondi UE e statali.

E altri esempi troviamo anche nel Nord Italia e nel centro. Questo per dire che forse la realtà italiana è più complessa di quello che certi slogan semplicistici vorrebbero farci credere, e che, se vogliamo uscire dalla crisi, la prima cosa da fare è che noi italiani ci impegniamo per primi, senza aspettare interventi dall’alto o scorciatoie.

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Luca Sofri: un intellettuale disinformato!

postato il 17 Settembre 2012

Riceviamo e Pubblichiamo, di Attilio Biancalana

Ho letto l’articolo del dr.Sofri su un giornale online della mia città e così l’ho brevemente commentato:

“Luca Sofri un intellettuale disinformato e velleitario!

Luca Sofri deve aver alzato il gomito per fare simili affermazioni. E di brutto anche perché non conosce la recente storia d’Italia. Il gruppo dirigente dell’Udc è notevole e non è secondo a nessuno. Si parla di intellettuali come i professori Buttiglione ed Adornato, sindacalisti come Pezzotta, giuristi come Vietti (vicepresidente del Csm), figure storiche come De Mita, costituzionalisti come D’onofrio, figure espressione del mondo cattolico come la Binetti, la Santolini, Marconi ed altri ancora. Dire che Pd o Pdl o lega od Idv o Grillo hanno una identità culturale e politica ben definita è dire una sciocchezza mentre al contrario l’Udc fa parte del PPE e dell’Internazionale democratica cristiana di cui l’on Casini è presidente.”

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Legge elettorale unico strumento per ridare credibilità alla politica

postato il 17 Settembre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo”, di Gattestro

Buonasera Presidente, concordo con lei. La legge elettorale, dal mio punto di vista, è assolutamente prioritaria, in quanto è l’unico strumento concreto per costringere i partiti a fare un passo indietro. Solo così quando i partiti formeranno le liste dovranno tener conto della loro credibilità e presentabilità agli elettori. Solo così potremo finalmente riavere un Parlamento abitato da meno “nominati” e più “eletti”. Solo così si potrà finalmente ricostruire un legame vero e diretto tra gli elettori di una circoscrizione e i propri rappresentanti inviati in Parlamento.

La legge attuale (non certo da me) definita “porcellum”, al contrario, ha consentito ai vertici dei partiti di mettere sul seggiolone chi volevano loro. Con tutto quello che ciò ha comportato.

Francamente non capisco come non si riesca a vedere una cosa così evidente.

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