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Una nuova Scuola per i nativi digitali

postato il 4 Luglio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Francesco Scavone

Le nuove tecnologie ed internet, sempre più spesso, sembrano essere sinonimi di futuro. Un futuro che, proprio partendo dalle ottime opportunità che pc, ipad, cellulari offrono, possa sfruttarle al massimo per creare nuove prospettive di crescita e sviluppo.

Sono gli stessi cardini sui quali è stata incentrata la ricerca del Censis in Calabria sui Nativi Digitali, i giovani studenti nati dopo il 1980 che fin dall’infanzia hanno interagito, si sono formati e comunicano attraverso le nuove tecnologie. L’indagine, che si e’ svolta nei mesi scorsi ed ha riguardato 2300 studenti e 1800 genitori, si è soffermata sull’uso del tempo di studio e del tempo mediato da questi strumenti, sugli effetti delle tecnologie digitali nella relazione con gli altri, sulle modalita’ di apprendimento, nel rapporto con la scuola.

I presupposti sono semplici. Le giovani generazioni sono sempre più parte di una “società digitale”; si informano, comunicano, interagiscono con i nuovi mezzi sul web: queste trasformazioni investono inevitabilmente i processi di apprendimento e di istruzione. Da qui nascono diverse questioni: possiamo considerare come risorse per l’apprendimento le tecnologie digitali? Possono essere uno stimolo sincero per la curiosità e lo spirito di iniziativa dello studente? E ancora, possono migliorare le capacità di concentrazione e riflessione, generando risvolti didattici positivi?

Molti rispondono in modo affermativo a questi interrogativi, con la consapevolezza che le nuove tecnologie sono imprescindibili per cercare un dialogo con i ragazzi e per svolgere al meglio la funzione didattica. Così la riflessione si sposta altrove, interessando un altro aspetto preoccupante: il divario esistente tra la scuola dei nostri giorni e le nuove generazioni. E Il campione geografico che è stato oggetto della rilevazione non ha certamente aiutato a disegnare un quadro migliore.

Il ministro Profumo, stamane, ha cercato di interpretare questo gap, prospettando margini di soluzione e innovazione. “Guardate i ragazzi in classe, guardateli negli occhi, vedrete quanto si annoiano con noi” – ha detto, osservando anche mestamente “sono sorpreso che in questa sala non ci siano ragazzi, noi siamo un altro mondo.” Insomma, il ministro ha confermato tutto il suo impegno per raggiungere nuovi obiettivi. Il problema non sono i nativi digitali ma il divario di cultura digitale. Ancora, gli insegnanti devono essere il nodo dell’inserimento delle tecnologie digitali nella scuola e saperle padroneggiare. Come per dire: inutile riempire le classi di pc e tablet se poi gli insegnanti non sanno che farci nella didattica. Un discorso condivisibile, che ovviamente non passa per la totale rottamazione della scuola tradizionale: la scuola pensata e disegnata dai nostri padri – lo dico da studente – è una risorsa, ma va ripensata e ridisegnata al passo con i tempi. I giovani d’oggi possiedono le competenze per interagire con diversi strumenti, attingono informazioni in maniera diversa da come avveniva prima che la rivoluzione digitale prendesse piede. E la scuola deve tenere presente i cambiamenti che stanno avvenendo.

Il ministro ha poi continuato: “Dobbiamo rinnovare profondamente la scuola. Pensiamo alle aule e ai corridoi: fanno parte di un altro mondo, le nuove scuole dovranno essere progettate in modo diverso.” Affermazioni importanti, se unite anche a quelle di un mese fa: ”Questo Governo e il mio ministero hanno un obiettivo: migliorare il livello medio del paese. Solidarieta’ e merito devono stare insieme. Dare un riconoscimento a chi eccelle vuol dire mettere i meritevoli al traino dell’intera classe e innalzare il livello medio.

Una dichiarazioni di intenti da non trascurare. C’è tanto da fare, e dovrà essere fatto bene. Chissà se, dopo anni di disattenzione per il settore dell’istruzione, si possa davvero iniziare a sperare. Dopotutto il solo titolo della conferenza, che conteneva l’espressione “emergenza educativa”, riassumeva in sintesi la situazione italiana.

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La vera sfiga di questo Paese

postato il 2 Luglio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

Ieri sera ho scelto vedere la partita in piazza perché pensavo potesse essere, indipendentemente dal risultato, un bel momento per stare insieme ad altre persone e condividere passione sportiva ma anche amore per il nostro Paese. Purtroppo mi son dovuto ricredere già al momento dell’inno nazionale quando le telecamere hanno inquadrato il premier Mario Monti ed è partito dal pubblico presente qualche fischio e qualche contestazione. Alla fine della partita ho avuto ulteriori conferme vedendo gente che fino a qualche giorno fa celebrava Prandelli e gli azzurri manco fossero i 300 delle Termopili, insultarli e criticarli manco fossero stati i responsabili della rotta di Caporetto. Ciliegina sulla torta alcuni commenti diffusi in rete e prontamente ripresi da giornali come Libero su un presunto ruolo da iettatore di Mario Monti.

Premessa una cosa lapalissiana come quella che nello sport vince il più forte,  e francamente da una squadra che racimola 2 pareggi, 1 vittoria contro una squadra materasso, 1 vittoria ai rigori, 1 vittoria vera (di misura) e 1 sconfitta non mi aspettavo così tanto, provo un certo fastidio per  quel difetto tutto italiano di essere sempre pronti a celebrare vittorie, anche immeritate, e di avere la medesima prontezza di abbandonare il campo nel tempo della sconfitta.

Diceva Jason Leonard, un grande rugbista britannico, che “chi non sa rimanere umile nella vittoria e cortese nella sconfitta, non merita di giocare a rugby“, figuriamoci a calcio. La vera sfiga di questo Paese, non è certo Mario Monti, ma questa mancata solidarietà nella sconfitta e nella difficoltà. E’ sempre colpa di qualcun altro, una cosa così lontana da quel buonsenso espresso da Enzo Biagi con il suo “giusto o sbagliato è il mio Paese”.

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Serve una fase ri-costituente, un polo del buon senso

postato il 2 Luglio 2012

Riceviamo e pubblichiamo, di Valentina

Nessuno sente la mancanza dell’Ulivo. Nè dell’arcobaleno, nè dell’unione. Inoltre, i tempi permettono unicamente di portare avanti con saggezza la gestione corrente e mi sembra inutile invocare la necessità di avere una coalizione plurale e ampia. Io non avrei mai neanche immaginato di scrivermi con un democristiano ma, da cittadina che vuole essere libera, non posso che invocare una fase ri-costituente. Benvenuti a coloro che hanno voglia di cedere sulle proprie posizioni piuttosto che negoziare per portare avanti i propri interessi. IDV punta solo a rimanere in parlamento e SEL a rientrarvi. Non c’è nessun progetto civile o politico che li accomuni. Le quote che vantano nei sondaggi tengono conto della situazione attuale. Ma una volta isolati saranno annientati dal polo “saggio” (PD-UDC) dai liberali e dagli antagonisti. Grillo andrà da solo perchè non seguirà la parabola dipietrista.

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La vittoria di Monti per le imprese e per le famiglie

postato il 1 Luglio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Carmelo Cutrufello

Monti vince la battaglia sul firewall anti speculazione e le borse ieri reagiscono in modo quasi scomposto: Milano, la migliore, guadagna più del 6 per cento (circa 15 mld di euro di capitalizzazione), ma Atene, Madrid, Parigi e Francoforte non sono da meno.

Perché la guerra allo spread è così importante e perché se lo spread cala le imprese aumentano il loro valore? Intanto vediamo cos’è lo spread. In parole povere è la differenza di rendimento tra due titoli finanziari (nel nostro caso il Bund tedesco a 10 anni e il Btp italiano a 10 anni) di pari durata. In valore assoluto il tasso di interesse rappresenta il costo al quale un Paese può contrarre (quindi vendere il proprio) debito, nello specifico lo spread rappresenta la differenza tra il rendimento dei titoli tedeschi e italiani. Ma quanto vale questo spread? Un sacco di soldi. Considerate che il nostro debito pubblico è di circa 1966 miliardi di euro (e Monti non ne ha causato nemmeno un euro) quindi ogni 100 bp (basis point) di rendimento (il famoso 1%) vale la bellezza di 19,66 miliardi di euro. Per capirci l’aumento di un punto percentuale dell’iva previsto per ottobre vale 4,5 miliardi. Ieri, dopo la conferenza di Monti, lo spread è sceso del 10% facendo scendere a sua volta il costo del nostro debito futuro dello 0,5% il che si traduce in un risparmio di circa 8 miliardi di euro sul costo del debito. L’obiettivo del Governo è tirare fuori dal pantano del debito il Paese riportando lo spread a circa 130 bp sul tedesco. Se succedesse questo si tradurrebbe in un risparmio sul costo del debito di quasi 60 mld di euro. Non solo, a quel tasso di interesse il nostro debito sarebbe assolutamente sostenibile nel lungo periodo e potremmo permetterci di far scendere la pressione fiscale.

Ma perché Monti ha alzato le imposte? Le imposte sono state l’agnello sacrificale sull’altare dello spread. Ma se alzi le imposte le imprese e le famiglie si impoveriscono, che senso ha? Rendere sostenibile il debito, contribuisce a diminuire lo spread e quindi ad abbassare il tasso di interesse dei titoli di Stato. Poiché questo rendimento è un parametro di riferimento per le banche, rispetto al quale stabiliscono il costo del denaro per imprese e famiglie. Minore è il costo per lo Stato, minore è il costo per famiglie e imprese. Del calo dello spread quindi ne beneficiano anche famiglie e imprese. In diversa proporzione. Sul fronte del costo del debito ne beneficiano soprattutto le imprese. Facciamo finta che voi siate un magnate internazionale e voleste investire in Italia 10 milioni di euro. Quanto peserà il costo del denaro nella vostra scelta? Con un tasso al 9% per le imprese private (più o meno quello attuale) il denaro vi costerà 900mila euro l’anno; con un tasso al 5,5% il costo sarà di 550mila euro. La differenza? 350 mila euro l’anno! Voi dove investireste? Il costo del denaro è per le imprese un parametro molto importante, insieme alla stabilità politica, sul quale basare le scelte di investimento del lungo periodo perché ne determina la capacità competitiva. Le multinazionali sono andate via in massa dall’Italia a causa di questo mix mortale: Governo incapace di risolvere i problemi, costo del denaro crescente, marginalità in discesa.

E le famiglie? Beh le famiglie hanno altri benefici. Sul fronte delle imposte, con l’Imu, si ridistribuisce ricchezza: chi ha 10 case paga, chi ne ha una nella stragrande maggioranza dei casi non versa nulla. Del costo della benzina non parlo: il Governo ha costretto Eni a fare il super sconto di 20 centesimi nei week end, Eni non fallisce, e i prezzi sono tornati quelli dell’anno scorso. Era un problema di cartello, non di accise. Peccato che il governo precedente non si sia reso conto della situazione. Sul fronte dello spread le famiglie hanno benefici diretti in due casi. Primo, il mutuo a tasso variabile costa meno perché i tassi di riferimento scendono. Tre punti e mezzo in meno sul tasso di riferimento fanno scendere la rata (su 100mila euro di mutuo) di 3500 euro l’anno. Secondo, possono prendere a prestito il denaro ad un costo inferiore. Terzo, ma più importante, il basso costo del denaro costituisce un vantaggio competitivo per le imprese che possono così investire di più, e di conseguenza, assumere di più.

Ecco perché il Governo Monti, dopo aver salvato lo stipendio e le pensioni dei dipendenti pubblici Italiani, ieri ha salvato anche il sistema Paese e la sua impresa. Gli effetti benefici di questo processo finanziario si vedranno nei prossimi mesi. Nel frattempo non dobbiamo fermarci: occorre abolire le provincie, accorpare i piccoli comuni, chiudere i 3127 enti strumentali inutili individuati da Giarda, rendere trasparenti gli appalti. Alla fine sarebbe un’altra Italia, più giusta, più equa e più meritocratica. Noi ci crediamo.

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L’accordo raggiunto permette di rilanciare l’Europa

postato il 29 Giugno 2012

“Riceviamo e pubblichiamo ” di Mario Pezzati

L’accordo raggiunto ha galvanizzato le borse europee, soprattutto perché dopo le diatribe degli ultimi giorni quasi nessuno si aspettava un simile risultato. Evidente anche l’impatto sul fronte obbligazionario, tanto che lo spread BTP-Bund ha subito un forte ridimensionamento e dopo essere sceso al di sotto dei 410 punti base, ha risalito la china. Ora il differenziale tra il decennale tedesco e quello spagnolo viene fotografato poco oltre i 441 punti base, con una secca contrazione di quasi il 5,5%. In forte recupero i prezzi del petrolio che dopo l’affondo di ieri recuperano posizioni e si riportano a ridosso dei 79,5 dollari con un rialzo del 2,33%. A riattivare lo shopping sul greggio contribuisce anche l’indebolimento del dollaro, nei confronti del quale l’euro sta recuperando posizioni, scambiando a 1,257.

Sostanzialmente l’accordo raggiunto nella notte ha dato vita al meccanismo anti-spread proposto dal Presidente del Consiglio Mario Monti ed è prevista l’adozione di un sistema che permetta di tenere sotto controllo l’andamento degli spread, oltre ad un piano che consenta l’uso dei fondi europei di salvataggio volto a stabilizzare i mercati del debito e ricapitalizzare direttamente le banche rompendo, di fatto, il circolo vizioso banche/debito sovrano.

Cosa accadeva infatti? Che i problemi delle banche emergevano tardi (quando erano veramente enormi), e venivano scaricati sui bilanci degli stati, indebolendo questi ultimi e generando ulteriori problemi e costi, in un circolo vizioso. Con un intervento diretto sulle banche, invece, e soprattutto con la vigilanza preventiva (altro punto emerso dagli accordi di questa notte), gli interventi saranno tempestivi e con costi più limitati, permettendo la rottura del circolo vizioso di cui sopra, nell’ottica di uscita dalla crisi.

Si può pensare di essere nella fase finale della crisi che ha avuto inizio nella primavera del 2010? Al momento è prematuro per affermare una cosa del genere, ma gli esperti prevedono che, se si procederà ad una attenta analisi costi/benefici, l’unica conclusione sarà una soluzione basata su tre pilastri: Unione Bancaria, European Redemption Fund e cessione parziale di sovranità all’Unione europea.

L’accordo, oltre ai due fondi citati, riguarda anche altre iniziative che dovrebbero rilanciare l’economia europea, tra cui anche il pacchetto da 120 miliardi di euro da destinare agli investimenti produttivi.

La possibilità di ricapitalizzare direttamente le banche servirà non solo a rassicurare i mercati, ma permetterà interventi e controlli “prima” e non, come accade ora, dopo che i problemi diventino troppo gravi. In altre parole, con dei controlli preventivi e con le conseguenti azioni si vuole evitare che i costi degli interventi siano eccessivi e pesino eccessivamente sulle spalle dei cittadini e degli Stati.

Se andiamo ad analizzare il meccanismo anti spread, fortemente voluto da Mario Monti che aveva minacciato di non firmare le altre iniziative europee, facendo pesare i sacrifici che gli italiani avevano fatto per l’Europa, osserviamo che verrà attivato su richiesta dei Paesi che lo riterranno opportuno, ma non implicherà nuove condizioni oltre a quelle stabilite dal Patto di stabilità e crescita rafforzato, e la sua attivazione non sarà monitorata dalle istituzioni europee come nel caso dei programmi di aiuto per i paesi in bancarotta.

“Con questo accordo si capovolge il concetto di vigilanza e di condizionalità: finora la logica all’interno del patto di stabilità era impostata su verifiche ex-post dei conti pubblici e delle adeguate misure”, commenta Felice De Novellis, economista di Ref Ricerche. “Ora il controllo e la condizionalità sono spostati ex-ante: quindi la vigilanza, che certamente andrà rafforzata, dovrà verificare ex-ante se un Paese è nelle condizioni di poter avere tale tipo di sostegno”.
“Sposta la logica e ciò è un’ottima idea: un Paese sarà anche incentivato a essere e a rimanere in un sentiero virtuoso perché ciò gli consentirà di garantirsi livelli di rendimenti e politiche fiscali prevedibili. E di conseguenza un Paese diventa così anche più credibile. E’ uno strumento decisamente migliore rispetto a quello degli eurobond”, aggiunge De Novellis.

Lo stesso presidente della BCE, Mario Draghi, si è detto “molto contento” delle discussioni di ieri durante il Consiglio Ue di Bruxelles e incalza i leader a continuare oggi le trattative. “Sono stati raggiunti risultati nel breve termine. La deroga dello status di creditore privilegiato per la Spagna è uno di questi risultati”, ha aggiunto. “La futura possibilità di usare l’Esm per ricapitalizzare direttamente le banche, qualcosa che la Bce chiede da un po’ di tempo, è anche un buon risultato. E dobbiamo tenere in mente che tutte queste cose, per essere credibili, dovrebbero essere accompagnate da stretta condizionalità. Questo è essenziale”. “La Commissione europea – ha detto poi Draghi – presenterà una proposta sulla base dell’articolo 136 del Trattato per la creazione di un meccanismo di vigilanza unico, all’interno del quale la Bce assumerà il ruolo di supervisore per l’eurozona”. Per il presidente della Commissione Jose Manuel Barroso il vertice ha rappresentato un passo verso un’autentica unione monetaria della Eurozona. Sempre secondo Barroso, “i leader Ue sono stati capaci di prendere misure di breve e medio termine impensabili solo fino a pochi mesi fa”.

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E’ arrivato il tempo di volare. Non solo sui campi di calcio.

postato il 29 Giugno 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Maria Pina Cuccaru

Stamattina a svegliarmi è stato un sms, che mi annunciava un’importante vittoria ottenuta dal Premier Monti riguardo allo scudo anti-spread, che ha ottenuto il risultato di far crollare il famigerato differenziale di ben 40 punti e di far volare i mercati. Grande soddisfazione da parte del nostro Presidente del Consiglio il quale porta a casa una vittoria importante nel senso della stabilità dell’euro e della sua credibilità sul fronte dei mercati internazionali, con un grosso freno alla speculazione.

La cosa più bella di questo risultato è stata il sentimento che ha suscitato in me, qualcosa che, confesso, non provavo più da tempo: la speranza. Dentro di me ho pensato: ora si può, anzi, si deve crescere!

Questi campionati Euro2012 credo che abbiano avuto un ruolo non indifferente sullo stato d’animo degli italiani: hanno restituito loro il sentimento di speranza. Abbattuti da decenni di mala politica, uccisi da troppe tasse, senza spiragli di crescita, gli italiani avevano smesso di sperare ma anche di reagire, erano diventati apatici; ma agli abitanti del Bel Paese basta un campo di calcio e un pallone per restituire loro la speranza di poter riconquistare l’Europa. E credo non solo in campo calcistico.

Dopo tante giornate buie, abbiamo bisogno di spalancare le finestre per far entrare il sole nella vita pubblica e nel quotidiano di ciascuno di noi.

E allora via con le riforme, la crescita, il taglio degli sprechi inutili che ci portiamo da troppo tempo e la concentrazione delle risorse in ciò che può produrre ricchezza. Abbiamo troppi rami secchi, in politica e nella società: dobbiamo avere il coraggio di tagliarli! Investiamo sul merito, diamo fiducia ai giovani che vogliono far crescere l’Italia, ai piccoli imprenditori che costituiscono la maggior pare della nostra realtà imprenditoriale, alle donne che hanno diritto a dare il loro contributo nella società senza rinunciare al dono più prezioso che possono dare al nostro paese, la maternità.

L’Italia ha bisogno di un nuovo miracolo economico, ed è arrivato il momento. Questo è il tempo della crescita, della speranza, del nuovo miracolo economico. Ringrazio le forze che con coerenza e determinazione hanno sostenuto il Premier anche quando nessuno capiva perchè lo facessero (in questo l’UdC ha dato una profonda lezione di coerenza), e chiedo loro di impegnarsi ancora di più affinchè l’Italia torni a volare, perchè adesso ce lo meritiamo!

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La cittadinanza negata al Dalai Lama

postato il 27 Giugno 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Jakob Panzeri

Ieri il Dalai Lama, dopo aver visitato le popolazioni terremotate dell’Emilia, ha incontrato al Teatro Dal Verme di Milano un migliaio di studenti liceali e universitari. Un messaggio di pace e di speranza, un invito a non cedere a una crisi economica che si erge a morale trasformando i nostri sogni in un’epoca di passioni tristi, la necessità di porre sempre più un accento etico nella nostra società mettendo al centro la libertà religiosa, che comprende anche la libertà di essere a-religiosi. Il sindaco Giuliano Pisapia ha poi donato al Dalai Lama i sigilli della città.

Troppo facile. Troppo comodo sbrigarsela così.

Che tristezza vedere il Consiglio Comunale di Milano negare la cittadinanza onoraria al Dalai Lama. Un gesto vile. L’ideale che si piega alla realpolitik, alle minacce della Cina di non partecipare ad Expo 2015. O si era davvero determinati ad andare fino in fondo oppure dovevamo pensarci prima e non proporgli la cittadinanza, così abbiamo fatto una pessima figura doppia, davanti al Tibet e davanti alla Cina a calarci così le braghe. Ahi serva Italia di dolore ostello!

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No al replay di coalizioni fallimentari

postato il 27 Giugno 2012

Riceviamo e pubblichiamo di Attilio Biancalana

Il Presidente Casini dimostra ancora una volta la linearità e la forza del suo impegno politico. Fin dopo le elezioni del 2008, che avevamo affrontato da soli contro tutti, il Presidente Casini ha sempre affermato pubblicamente che avrebbe svolto una opposizione repubblicana per rispettare il mandato degli elettori; mentre in vista delle prossime elezioni politiche avrebbe cercato di evitare quella esperienza solitaria e traumatica alleandosi con quella forza politica in quel momento più vicina sia sul piano programmatico che su quello politico. L’attuale grave momento politico italiano non richiede risibili esperimenti od il replay di coalizioni fallimentari, richiede senza confusioni ideali un governo forte autorevole, determinato e coeso che è sia nella storia e nella tradizione del PPE e del PSE europei sia nella storia della democrazia italiana (DE Gasperi-Togliatti e Moro-Berlinguer).

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Un’enormità di italiani tifa per Monti

postato il 27 Giugno 2012

Riceviamo e pubblichiamo, di Stefano Tassinari

Siamo arrivati al decisivo summit UE.
Monti, sottoposto quotidianamente alla scomposta graticola destrorsa, appare debilitato. Gli è rimasto l’appoggio del centro e del team di Bersani (forse la maggioranza del Pd).
Però si deve ricordare che un’enormità di italiani è con Lui in questa fase, quindi anche se fuori forma, dovrà essere ben presente e concentrato sul pezzo e trovare energie in quantità e al momento buono trasformarsi in una belva. Killer instict allo stato puro trasudante da tutti i pori. Forza Monti.

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Dall’irrilevanza dei cattolici alla presenza dei cristiani

postato il 25 Giugno 2012

di Adriano Frinchi

Ernesto Galli della Loggia nel suo contributo sul Corriere della Sera al dibattito sull’opportunità di un nuovo partito cattolico afferma chiaramente due cose: non c’è bisogno di un nuovo partito cattolico, ma è assolutamente necessaria una voce cristiana nella politica e nella società italiana.

L’analisi di Galli della Loggia è largamente condivisibile e la diagnosi sull’irrilevanza dei cattolici è una preoccupante realtà. Ci sono soluzioni? Sì, ma non vanno cercate nella formule politiche. L’impossibilità di formare un partito cattolico e l’irrilevanza politica dei cattolici sono figli del cambiamento del cattolicesimo. La questione dunque non è politica ma squisitamente teologica, e per la precisione ecclesiologica.

Il partito unico dei cattolici oggi è impossibile perché non esiste più il monolite del cattolicesimo romano, ma, nonostante la Chiesa istituzionale si muova in senso contrario, esiste un “cattolicesimo liquido”, per usare un aggettivo caro a Zygmunt Bauman, plurale e con diverse sensibilità ai limiti dello “scisma sommerso” evocato da Pietro Prini. Il partito unico era il percorso più naturale in politica per una “cattolicità solida”, oggi per come conosciamo il mondo cattolico il modello del partito unico non è più proponibile.

La strada allora è quella di ripensare la presenza politica dei cattolici, una presenza che va ripensata alla luce del grande dibattito che inevitabilmente animerà la Chiesa cattolica nei prossimi anni.

I cattolici dovranno fare i conti con la pluralità, non solo della società ma anche del mondo cattolico. Ecco perché più che di cattolici bisognerà parlare di cristiani, per includere le diverse sensibilità, le legittime diversità ed aprirsi a livello ecumenico.

Perché i cristiani ritornino alla politica, perché riescano a tornare “lievito” per usare un’immagine evangelica, i cristiani dovranno tornare all’essenzialità liberante del messaggio evangelico. Forse negli ultimi anni si è prestato più attenzione a documenti o a note, oggi bisogna tornare senza esitazione al Vangelo. Non c’è manifesto o documento programmatico che tenga di fronte al Vangelo, e la presenza dei cristiani in politica non può prescindere da esso.

La presenza cristiana in politica non riparte dalle alchimie politiche, ma alla luce del Vangelo e concretamente, ad esempio, da una scelta fondamentale per i poveri. I poveri nella Sacra Scrittura sono gli oppressi, i curvati, secondo un termine ebraico che è entrato a far parte della spiritualità cristiana. I poveri sono gli anawîm, i sottoposti, nei confronti dei quali Dio si curva, diventa il misericordioso perchè volge lo sguardo ai miseri. L’opposto dei poveri nella Bibbia non sono i ricchi, ma i potenti, quei potenti che, nel Magnificat, “vengono rovesciati dai loro troni”.

Ecco, il posto dei cristiani nella politica e nella società è accanto ai poveri, chinati su ogni forma di povertà umana. E questa non è anti politica, e nemmeno criptosocialismo. E’ solamente Vangelo.

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