Tutti i post della categoria: In evidenza

E’ sempre la solita “Lega cadrega”

postato il 20 Giugno 2012

di Adriano Frinchi

E’ ufficiale in Parlamento c’è qualcuno che lavora per Beppe Grillo. Ieri Pier Ferdinando Casini su Twitter aveva un sospetto:

Questa mattina è arrivata la conferma, non sul caso Lusi ma sulla scottante questione del taglio dei parlamentari: con un blitz congiunto Lega e Pdl sono riusciti a far slittare l’articolo 1 sulla riduzione dei parlamentari ponendo subito ai voti le norme sul Senato federale. La proposta è partita dal presidente dei senatori della Lega, Federico Bricolo ed è stata prontamente condivisa dal vicepresidente dei senatori del Pdl Gaetano Quagliariello.

Udc e Pd hanno immediatamente protestato. Roberto Rao, su Twitter, ha parlato senza mezzi termini di “4 accattoni”:

Già 4 accattoni che lavorano per Grillo, anche se purtroppo sembra essere solamente la solita “Lega cadrega” con tanto di Pdl compiacente.

Commenti disabilitati su E’ sempre la solita “Lega cadrega”

Attacchi a Monti frutto di una politica egoista!

postato il 19 Giugno 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Gattestro

Caro Presidente, ciò che lei con tanta forza denuncia, è sotto gli occhi degli italiani ormai da parecchio tempo.
La sgradevole verità, quella che molti italiani non vogliono sentire né vedere tappandosi occhi e orecchie, è che nella nostra classe politica abbondano persone e personaggi che non hanno a cuore nient’altro che se stessi, la propria posizione di privilegio e la gestione del potere.
Tutto qui.
Per questo motivo non mi stupiscono affatto determinate prese di posizione o dichiarazioni contro il governo Monti da parte di chi, almeno in teoria, dice di sostenerlo.
Ancora peggio quando queste forze politiche sono le stesse ( proprio le stesse con gli stessi uomini e donne! ), che ci hanno portato sull’orlo del baratro, magari dichiarando che evadere le tasse è in qualche modo giustificabile e facendo spot assurdi che invitavano a spendere di più (ma se a causa del carovita, della pressione fiscale e dei salari da miseria i soldi non ce li ho, come faccio a spenderli ?).
Anzi. Questi personaggi fino a novembre scorso ci dicevano che la crisi era passata e tutto andava bene.
Manco abitassero su Marte.

La stessa Lega, oggi forza di opposizione, tuona contro l’imu, “dimenticando” che solo pochi mesi fa, quand’era forza di governo, aveva già deciso di reintrodurla. Ma si sa, la coerenza non è il loro forte: hanno gridato “Roma Ladrona” e con questo slogan sono entrati nel Palazzo e adesso i ladri ce li hanno in casa (e ai massimi vertici!). Forse sperano che strepitando contro Monti, gli italiani dimentichino lo scandalo enorme in cui sono precipitati.

Non mi stupisco, dicevo. Perché in realtà l’unica cosa di cui hanno veramente paura è perdere il consenso. Vedersi ridurre le poltrone.
E’ questo (e forse solo questo) che fa strepitare pdl e pd contro Monti.

Buona serata e (mi si passi la parentesi sportiva) forza azzurri!

2 Commenti

Decreto Sviluppo: in arrivo 80 miliardi per la crescita

postato il 18 Giugno 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Il Decreto Sviluppo può essere una enorme iniezione di fiducia, ma soprattutto di risorse per rilanciare la crescita dell’Italia, nonostante già in queste ore i primi scettici si facciano avanti.

Gli 80 miliardi messi in campo dal governo andranno a coprire moltissime aree produttive italiane, ma gli investimenti più corposi saranno nel settore casa e infrastrutture.

Oltre ai soldi, questo decreto contiene anche alcuni punti che riguardano l’ecologia e le nostre coste: è stato stabilito di elevare, per olio e gas, la fascia di rispetto per le nuove trivellazioni in mare a 12 miglia dalle precedenti 5 miglia dalla costa e l’impulso dato allo sviluppo giovanile nella green economy (tramite finanziamenti agevolati, per un totale di 470 milioni, per quei progetti che prevedono assunzioni a tempo indeterminato).

Ma cosa contengono le 70 pagine che compongono il decreto?

Dovranno obbligatoriamente essere pubblicati su Internet dati e informazioni relativi alle somme di danaro superiori a 1.000 euro erogate a qualsiasi titolo dalla pubblica amministrazione o soggetto “ad essa funzionalmente equiparato” (concessionari di servizi pubblici o società a prevalente partecipazione o controllo pubblico) a imprese e altri soggetti economici; decreto istituisce anche un “Fondo per la distribuzione di derrate alimentari agli indigenti”, che sarà gestito da Agea e a cui sarà assegnata per il 2012 una dotazione iniziale pari a un milione di euro. I processi dovranno concludersi entro 6 anni con sentenza definitiva per essere di “ragionevole durata”. Non più di tre anni per il primo grado, due per l’appello e uno per il giudizio in Cassazione. Per ogni anno in più ci sarà un indennizzo tra i 500 e i 1.500 euro.

Come detto la parte del leone la faranno i provvedimenti per la casa e gli investimenti in infrastrutture, complessivamente 40-45 miliardi di euro, in particolare le agevolazioni fiscali per i lavori di ristrutturazione prorogati fino al 30 giugno 2013 con soglie di detrazione innalzate al 50% fino a un massimo di 96.000 euro e proroga delle agevolazioni per le riqualificazione energetica fino a metà 2013 con detrazione al 50%; il ripristino Iva per cessioni e locazioni di nuove costruzioni; semplificazioni in materia di autorizzazioni edilizie.

Per quanto riguarda gli investimenti, oltre allo blocco dei cantieri già approvati, vi sono misure per accelerare le procedure per gli investimenti anche per i cantieri da approvare.

Un capitolo è dedicato al credito d’imposta (pari al 35%) per l’assunzione di personale “altamente qualificato” allo scopo di incoraggiare le assunzioni di lavoratori di ogni età, anzi nel decreto si legge che è previsto il “vincolo di trattenere il personale assunto per almeno 3 anni. Sono stabilmente destinati alla misura 50 milioni di euro all’anno rinvenienti dalle risorse che provengono annualmente dalla riscossione delle tasse sui diritti brevettuali. Il contributo potrebbe favorire oltre 4 mila nuove assunzioni”. lo sviluppo dell’occupazione giovanile nella green economy; apertura al mercato dei capitali per le società non quotate con cambiali finanziarie e obbligazioni con il supporto di sponsor; srl semplificata estesa agli over 35; misure per accelerare gli investimenti in infrastrutture.

Per l’Imu è stato stabilito che verranno esentati dalla tassa, le aziende per un periodo non superiore a tre anni dall’ultimazione dei lavori (immobili, magazzino, fabbricati costruiti e destinati alla vendita), mentre per l’iva si prevedono importanti novità in campo edilizio: l’attuale normativa prevede che le cessioni e le locazioni da parte delle imprese edili di nuove costruzioni destinate ad uso abitativo, oltre il termine di cinque anni dalla costruzione, siano esenti dall’Iva. Il nuovo decreto abolisce il limite temporale dei cinque anni, prevedendo quindi che le cessioni o locazioni di nuove abitazioni effettuate direttamente dai costruttori siamo sempre assoggettate ad Iva e consentendo di conseguenza alle imprese di avvalersi della compensazione

Sembra poi che l’agenda digitale e l’abbattimento del digital divide (con potenziamento della rete internet) porterà dei risultati concreti, infatti il decreto Sviluppo contiene un anticipo di alcune norme per la cosiddetta agenda digitale (l’intero provvedimento è atteso per agosto) con l’istituzione di un’agenzia ad hoc.

Come previsto sono state razionalizzazione le agevolazioni alle imprese, riunite in un apposito fondo rotativo, con una dotazione di 1,2 miliardi, istituito presso la Cdp.

Il decreto contiene infine alcune norme per accorciare i tempi della giustizia civile attraverso un filtro ai processi d’appello.

Il filtro all’appello, che era stato anticipato dal ministro della Giustizia Paola Severino a Reuters in un’intervista del 14 maggio scorso, “è una ricetta abbastanza semplice, che coniuga la necessità di assicurare garanzie con quella di snellire i processi”, come ha detto la Guardasigilli dopo il cdm.

“L’impugnazione è dichiarata inammissibile dal giudice competente quando non ha una ragionevole probabilità di essere accolta”, dice il decreto.

“Abbiamo anche visto che il 68% dei processi civili finisce con la conferma della sentenza di primo grado”, ha aggiunto la Severino. “Lì dunque bisogna affondare la pala, nel mucchio dei processi accumulati, senza venir meno ai principi di garanzia”.

Per finanziare questi provvedimenti, il governo procederà a tagli alla Pubblica Amministrazione, 40-45 arriveranno dai project bond e dalle misure per le pmi – ha detto il ministro – mentre altri 30-35 miliardi dalle altre misure». Il piano per la vendita di beni statali, annunciato mercoledì dal premier Mario Monti, rappresenta “una delle tre leve di sviluppo”. I Project Bond sono obbligazioni da parte dei concessionari e delle società di progetto grazie a un trattamento fiscale agevolato, lo stesso riservato ai titoli pubblici (aliquota al 12,5%). Secondo le stime gli investimenti attivabili dai project bond ammonterebbero a 10-15 miliardi.

Gli altri bacini da cui attingere risorse sono i tagli alla spesa pubblica, in particolare ai ministeri, e la lotta all’evasione fiscale. Prevista inoltre l’armonizzazione del trattamento fiscale fra le compagnie d’assicurazione italiane e quelle estere attive nel nostro Paese, che fino ad oggi non pagavano l’imposta annua dello 0,35%.

Commenti disabilitati su Decreto Sviluppo: in arrivo 80 miliardi per la crescita

Vicini ai lavoratori di Cassina de’ Pecchi

postato il 16 Giugno 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Andrea Magnano

Non è notizia nuova che le imprese straniere non vogliono più investire in Italia. Se però la multinazionale in questione è la Nokia-Siemens, allora la situazione si fa ancora più complessa.

A causa di una ristrutturazione generale dell’intera strategia, destinata a concentrarsi maggiormente sui servizi della banda larga, la società ha previsto di effettuare tagli per 17000 lavoratori, corrispondenti al 23% dei dipendenti totali.

Per questo motivo, un mese fa, Nokia-Siemens ha dato comunicazione agli enti aziendali che 580 lavoratori su 1100 del sito di Cassina de’ Pecchi (nella Provincia di Milano) saranno considerati in esubero.

Immediate sono state le risposte delle autorità locali, della Regione Lombardia e dei sindacati, che hanno chiesto un confronto tra i dirigenti della società e il Governo, per ridiscutere il piano industriale e tentare di non lasciarsi sfuggire questo importante polo industriale.

La situazione sta inevitabilmente peggiorando, il 13 giugno è stata organizzata una manifestazione di sensibilizzazione. La speranza è che, aiutati dalla Regione, che ha promesso ingenti, e dal Governo, in particolar modo dal Ministro per lo Sviluppo Economico Passera, l’azienda possa tornare ad essere fondamentale nel mondo delle telecomunicazioni.

L’importanza del settore della comunicazione nella nostra economia è nota a tutti, sarebbe perciò auspicabile un pronto intervento del Governo, che possa contribuire a stabilizzare la situazione. In ogni caso è importante ora essere vicini a tutti i lavoratori in questo difficile momento per loro e le loro famiglie.

 

Commenti disabilitati su Vicini ai lavoratori di Cassina de’ Pecchi

E se la Germania fosse la prossima vittima della crisi?

postato il 15 Giugno 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Se si pensa a nazioni in bilico, non si pensa certo alla Germania, ma a Grecia, Spagna e, purtroppo, Italia. Eppure, ci sono diversi indicatori che portano a pensare che proprio la Germania potrebbe essere la prossima sulla lista.

Schauble, ministro delle finanze tedesco, esclude che l’Italia abbia una situazione grave come la Spagna e afferma che non ritiene che il contagio della crisi dalla Spagna (che ha negoziato un prestito di 100 miliardi per sostenere il suo sistema finanziario) possa trasmettersi all’Italia.

Ma se fosse la Germania a rischiare più di tutti?

La settimana scorsa 7 istituti bancari tedeschi e austriaci sono stati bocciati dalle agenzie di rating, e questa bocciatura ha riguardato anche la seconda banca tedesca, ovvero la Commerzbank a causa della pesante esposizione di queste banche verso i paesi dell’est Europa.

Ma non è tutto: la finanza tedesca, al contrario di quella italiana, è pesantemente esposta verso Grecia e Spagna: verso la Grecia avevano erogato prestiti pari a 28,9 miliardi di euro che hanno dovuto svalutare incamerando delle perdite notevoli, attualmente, infatti, l’esposizione è pari a meno di un miliardo di euro, quindi la perdita è stata molto forte. Per la cronaca, la Francia era esposta per 65 miliardi verso la Grecia.

Sempre per inciso, si ipotizza che l’uscita della Grecia potrebbe costare al sistema industriale tedesco, circa 200 miliardi di euro. Come si vede, la Germania si trova particolarmente vulnerabile sul settore “Grecia”, ma a questo dobbiamo aggiungere altri tre fattori: Spagna, Deutsche Bank e Cina.

La Spagna è, al momento, una vera mina per i conti tedeschi perché le banche tedesche hanno un’esposizione di 117 miliardi di euro verso il paese iberico; segue la Francia con 92 miliardi (anche lei abbastanza fragile, in questo momento) davanti agli istituti di credito britannici e americani. Le banche italiane sono invece esposte per poco più di 20 miliardi di euro.

Vi è quindi un rischio concreto, per le banche tedesche, di dovere contabilizzare ulteriori perdite e di avere necessità di liquidità nell’immediato.

Ci sono anche altri due fattori di rischio: la Cina sta continuando il rallentamento dell’economia  e quindi diventa un terreno meno favorevole per l’export tedesco che deve fare anche i conti con la minore propensione al consumo da parte dei paesi europei, e la Deutsche Bank che si presenta come un colosso dai piedi d’argilla bisognoso una urgente ricapitalizzazione.

Questi fattori rischiano di mettere in seria crisi prima il sistema bancario tedesco e poi quello industriale; e questo ci porta a valutare cosa potrebbe accadere nelle prossime settimane nel “giardino finanziario” di casa nostra. Qualora la crisi in Spagna perdurasse si assisterà ad un rastrellamento di liquidità, quindi vendita di titoli di stato italiani e di azioni di società italiane, per ottenere liquidità con cui puntellare le banche tedesche, ma difficilmente questa liquidità sarà bastevole per il sistema bancario tedesco. Questo metterà, nel breve periodo, sotto pressione lo spread e le nostre aziende con il risultato che la nostra Borsa possa sperimentare nuovi cali. Se il prestito da 100 miliardi alla Spagna non fosse sufficiente e se la Merkel continuerà nella sua opposizione suicida agli eurobond, nel lungo periodo i rischi maggiori li correranno proprio gli istituti finanziari tedeschi che potrebbero creare un effetto a catena in tutto il sistema produttivo tedesco, facendo vivere proprio alla Germania una grave crisi che farebbe sprofondare il sistema produttivo tedesco e la Borsa tedesca a valori molto più bassi di quelli attuali.

2 Commenti

Province, la melina del Parlamento

postato il 13 Giugno 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Stefano Barbero

È la legislatura, quella attuale, degli innumerevoli tentativi di sopprimere le province. Tentativi ormai abortiti che avrebbero potuto anche andare a buon fine, se chi a parole si professava favorevole alla chiusura degli enti intermedi avesse agito di conseguenza. La memoria corre alla  campagna elettorale 2008: anche PD e PDL per bocca dei loro candidati premier si dicevano d’accordo, ma poco o nulla è cambiato in quattro anni di attività parlamentare. L’UDC e altre formazioni che da tempi non sospetti sostengono la necessità di questo taglio insistono e in Parlamento le proposte di legge si sprecano, ma tutto è rimasto uguale per l’ostilità dei partiti maggiori che assieme alla Lega evidentemente non vogliono mettere mano all’ordinamento territoriale della Repubblica.

Una cronistoria incessante di iniziative respinte o rimandate, prima perché bisogna aspettare l’intervento del governo, poi perché le Commissioni chiedono più tempo per valutare. Di rinvio in rinvio, le province sono ancora tutte lì. I tentativi per abolirle del tutto, modificando la Costituzione e trasferendo le competenze a comuni, regioni e città metropolitane, come vorrebbero UDC e Italia dei Valori, non hanno trovato il favore delle altre forze politiche. Così il compromesso è stato un modello di razionalizzazione sotto l’egida del governo Monti, che sul finire del 2011 ha inserito nel decreto “Salva-Italia” una “road map” per il riordino amministrativo: procedere per accorpamenti, stabilendo come numero minimo di abitanti la soglia di 400mila unità e la trasformazione delle province in enti di secondo livello, con l’organo assembleare e il Presidente eletti dai sindaci e consiglieri comunali del territorio (proprio in questi giorni il disegno di legge presentato dal premier Monti e dal ministro Cancellieri è in discussione alla Commissione Affari costituzionali della Camera).

Ma l’impressione è che si pensi a tutto meno che a fare presto. Una serie infinita di dettagli, valutazioni, continui stop and go frena l’iter di questo provvedimento. Il Parlamento, luogo della rappresentanza e delle decisioni, non riesce a dare una risposta chiara a questo interrogativo:quale futuro si delinea per le nostre province? L’esecutivo ha scritto nero su bianco le sue intenzioni: si tratti pure di accorpamenti ma almeno quaranta enti devono essere chiusi con le nuove regole dettate nel decreto cosiddetto “Salva-Italia”. Ora che la posizione del governo è chiara e ora che tutte le proposte di abolizione o razionalizzazione sotto i 500mila abitanti sono state respinte, al Parlamento tocca reagire. L’UDC non può che essere favorevole alle iniziative che vanno in quella direzione. Viene il sospetto che siano i partiti a fare melina, specie quelli che hanno tante poltrone locali da difendere ma che inspiegabilmente avevano inserito nei propri programmi elettorali proprio la soppressione delle province… D’altro canto però, sembrerebbe che anche il governo tarda a dare indicazioni precise, per esempio sull’aspetto costituzionale della vicenda: la denominazione provincia viene mantenuta nella carta costituzionale, oppure viene espunta dall’ordinamento? Ma siamo sicuri che un Parlamento che volesse procedere speditamente per arrivare a un’approvazione definitiva e dettagliata solleciterebbe l’esecutivo a chiarire questo punto.

Ora tutto è nelle mani della Commissione, dell’Aula e degli ufficiali di collegamento Parlamento-Palazzo Chigi. Nel frattempo le 108 province italiane attendono il loro destino.

Commenti disabilitati su Province, la melina del Parlamento

E Willer Bordon si scoprì grillino…

postato il 12 Giugno 2012

di Adriano Frinchi

Accade che un giorno mi alzo faccio il solito giro tra siti e blog, e dando un’occhiata a quello di Beppe Grillo scopro che “il Movimento 5 Stelle è l’unica alternativa al sistema dei partiti”. Guardo perplesso, non tanto per l’affermazione ma per chi la pronuncia: Willer Bordon. Mi stropiccio gli occhi, riguardo la foto, ascolto la voce: si è proprio lui: “Tex” Willer Bordon. Il blog di Beppe Grillo lo chiama “politico italiano”, in realtà dopo brevissima ricerca su Wikipedia mi rinfresco la memoria e noto che il nuovo profeta grillino è stato parlamentare di lungo corso con incarichi di governo negli esecutivi guidati da Prodi, D’Alema e Amato. Non solo, Bordon vanta anche una militanza partitica multiforme, nell’ordine: Pci, radicali, Pds, Alleanza Democratica, Unione Democratica, Italia dei Valori, i Democratici, Margherita, Unione Democratica per i Consumatori. Così quando Bordon critica il sistema dei partiti, mi sento come se Giuliano Ferrara mi dicesse che sono grasso o Dario Argento che sono brutto. Poi subentra l’indulgeza. Forse Willer ha ragione, d’altronde lui i partiti li ha provati tutti.

P.s.

L’indulgenza comincia a venir meno quando scopro che Bordon, autore tra l’altro del libro “Perché sono uscito dalla Casta”, prende 6.507 euro lordi di pensione come parlamentare. Fuori dalla Casta, con buonuscita.

6 Commenti

L’assalto alla società civile

postato il 10 Giugno 2012

Il 4 giugno è apparso sul quotidiano “La Stampa” un interessante editoriale di Gian Enrico Rusconi che fa chiarezza sull’uso spregiudicato del termine “società civile”.

La società civile si sta decomponendo, nel momento in cui tutti parlano in suo nome. Non esiste documento politico o sociale che non faccia riferimento in termini enfatici alla società civile. C’è la rincorsa – urlata – a presentarsi come i veri rappresentanti della società civile. L’indicatore principale è l’antagonismo: contro il sistema partitico, contro la casta dei politici, sino a coinvolgere confusamente l’intero apparato istituzionale e naturalmente la politica sin qui praticata dal governo Monti. Chi fa la faccia più ringhiosa e le spara più grosse è convinto di essere ascoltato. Chi si attiene ad un discorso sobrio e razionale rischia di essere sbeffeggiato. Sarà questa la vittoria della «società civile»?

La società civile più che l’interlocutrice, l’interfaccia o il deposito dei valori e delle risorse attivabili per la politica, è considerata e invocata sempre di più come la sua antagonista. O è così soltanto nell’immaginario di chi l’ha sempre sulla bocca? Per non fare confusione, è bene chiarire che non stiamo parlando della società in generale in tutta la sua complessa articolazione, o di quella «società civile» che si sta esprimendo sotto i nostri occhi in questi giorni negli eventi luttuosi legati al terremoto: coinvolgimento, partecipazione, solidarismo, dedizione insieme alle istituzioni. In questi momenti è percepibile quel potenziale di «coesione sociale» (termine che è diventata una formula istituzionale) che dovrebbe essere il segnale del rapporto ottimale tra società civile e sistema politico. Ma non può sfuggire il fatto che proprio in queste circostanze alcune forze politiche, convinte di rappresentare in esclusiva la «società civile», hanno contestato la celebrazione del 2 giugno. Ma c’è il sospetto che dietro agli argomenti avanzati si celino altre intenzioni.

Continua a leggere sul sito de “La Stampa”

Commenti disabilitati su L’assalto alla società civile

La Serbia tra un passato che non passa e un presente da costruire

postato il 7 Giugno 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Jakob Panzeri

Fuori rosa dalla Fiorentina, cacciato dalla nazionale serba. Dopo il litigio che ha causato l’esonero di Delio Rossi, di nuovo si parla di Adem Ljajic. Si è rifiutato di cantare l’inno della Serbia nell’amichevole contro la Spagna, è stato sospeso dalla nazionale. Quello che può sembrare l’ennesimo capriccio di un ragazzino un po’ viziato è in realtà l’espressione di un malessere più grande, uno stato d’animo in cui si trova un’intera nazione. Guardando alla stabilità politica si prospetta uno scenario di non facile coabitazione fra il governo serbo di coalizione tra il partito democratico di Tadic e i socialisti con il neo-presidente Tomislav Nikolic. Da un lato la necessità di proseguire un cammino intrapreso negli ultimi anni di modernizzazione economica e avvicinamento all’Europa che ha visto il suo culmine a marzo con la richiesta ufficiale di ingresso nell’Unione Europea, dall’altro il ritorno dei nazionalismi e la vicinanza alla Russia che in un momento di crisi economica e sociale dell’Europa tornano a farsi sentire. E tutto ciò mentre regioni come il Sangiaccato- da cui proviene anche Ljajic- a maggioranza musulmana e confinanti con il Kosovo, chiedono maggiori poteri al governo centrale. Il neo-eletto presidente Tomislav Nikolic fu uno dei protagonisti dell’ascesa del nazionalismo dei Balcani, manager di stato fin dai tempi del maresciallo Tito, fu prima perseguitato e incarcerato da Milosevic per poi diventarne collaboratore, vice-ministro nel 1999 e membro del governo quando le forze della Nato- tra cui l’Italia del governo D’Alema- bombardarono la Serbia.

A onor del vero si deve anche riconoscere però che Nikolic ha rinnegato il suo passato, dimostrato la sua estraneità alla pulizia etnica nella regione della Slavonia , Croazia Orientale, di cui veniva accusato e ha contestato duramente l’operato politico di Seselj- ex amico e compagno del partito radicale che sarà poi estradato al tribunale dell’Aja- abbandonando il partito estremista radicale per fondare il partito nazionalista moderato che lo ha portato alla vittoria.

L’inizio non è stato esaltante. Il presidente Nikolic ha negato in diretta televisiva che Srebrenica, il massacro di migliaia di musulmani bosniaci nel luglio 1995, sia stato un genocidio. Sì, “un grave crimine di guerra compiuto da una parte del popolo serbo” ma non un genocidio. Tutto questo mentre il Tribunale Internazionale dell’Aja sta processando l’ex capo militare Ratko Mladic per crimini contro l’umanità, pulizia etnica finalizzata alla strage, tortura e genocidio.

Ma ci auguriamo che sia stata solo una brutta gaffe.

Srebrenica fu genocidio. Le atrocita’ commesse a Srebrenica sono state un crimine contro l’intero genere umano, non dovremmo mai dimenticarlo e non dovremmo

permettere che accada di nuovo, come ha prontamente ribadito la portavoce della Commissione Europea Pia Ahrenkilde e come sarà ribadito da Barroso incontrando a Bruxelles Nikolic il prossimo 14 giugno.

Tadic ha in mano una grandissima opportunità per sé e per il popolo serbo ed è questo l’augurio più grande che noi gli facciamo: poter chiudere definitivamente con il passato, dimostrare che è possibile un nuovo inizio, una nuova alba su Sarajevo, riscattare i Balcani distrutti da odi etnici e da guerre portando la Serbia in un nuovo ordine europeo e mondiale. Auguri a Tadic, auguri alla Serbia.

Scegliere l’Europa vuol dire andare avanti.

Il contrario invece ripiombare nei fantasmi di un passato che deve essere chiuso definitivamente.

 

Commenti disabilitati su La Serbia tra un passato che non passa e un presente da costruire

4 giugno: giorno di lutto, giorno di solidarietà

postato il 4 Giugno 2012

Il “Piccolo” di Trieste, il 12 gennaio 1909, pubblicò una poesia di Umberto da Monreale in cui si rievocava in versi il terremoto di Messina dell’anno precedente.L’autore era in realtà Umberto Saba. Il sonetto rimase nascosto per molti anni.

Con questi versi, ci uniamo idealmente al dolore delle vittime del sisma.

Con questi versi, soprattutto con l’ultimo, vogliamo dire a quanti rimangono che nessuno sarà mai solo.

 

 

 

Messina (1908)

Io non la vidi mai, che d’essa noto
n’era il nome e non più. Nel mio pensiero,
quanto vedevo immaginando il vero,
è quello che distrusse il terremoto.

Vedea uno stretto da varcarsi a nuoto;
di cupe frondi un dondolio leggero:
col porto di vocianti uomini nero,
sotto un meriggio eternalmente immoto,

biancheggiar la città, vasta aranciera.
ora veggo macerie, onde la fiamma
esce, o un lungo sottil braccio di cera.

Vagano cani ritornati fiere:
mentre al bimbo che piange e chiede mamma
canta la ninna-nanna un bersagliere.

 

2 Commenti


Twitter


Connect

Facebook Fans

Hai già cliccato su “Mi piace”?

Instagram