Tutti i post della categoria: In evidenza

Le 13 bugie che vi hanno raccontato su Mario Monti

postato il 10 Gennaio 2013

La saggezza popolare ci ricorda che “le bugie hanno le gambe corte”, se poi le bugie sono dette da Berlusconi sembra che siano ancora più corte. E non è una questione di “statura accademica”. Il Cavaliere nel tentativo disperato di una improbabile rimonta sta riversando, oltre agli insulti più classici nei confronti di Pier Ferdinando Casini, tonnellate di falsità su Mario Monti. Un nostro lettore si è preso la briga di smascherare tutte le bugie messe in circolazione sul Presidente del Consiglio. Una lettura interessante, un antidoto contro la disinformatia berlusconiana.

di Michael Surace

1) MONTI NON HA FATTO NULLA PER RISOLVERE LA CRISI Falso. In 1 anno, a tempo di record, ha promosso leggi e decreti che hanno portato lo Spread da 550 a 270, praticamente dimezzato. Vuol dire più di 6 Miliardi di debito in meno. E l’Italia, al contrario di altri Paesi in difficoltà (Spagna e Grecia), non ha fatto ricorso ai prestiti europei, ma ce l’ha fatta da sola senza indebitarsi.

2) LO SPREAD È UNA BUFALA, NON INCIDE SULLE FAMIGLIE ITALIANE. Falso. L’aumento del differenziale tra i titoli di Stato italiani e quelli tedeschi impatta non solo sulle finanze pubbliche, ma anche su quelle di famiglie e imprese. Sulle famiglie, in quanto l’aumento dei rendimenti per il rischio-Paese ha effetti rialzisti pure sui prestiti e tassi dei mutui. E le imprese subiscono le conseguenze negative di un rialzo dei tassi dei BTP, in quanto sono costrette ad offrire un premio più alto sui mercati dei capitali (o alle banche) per finanziarsi. E il divario dei rendimenti tra imprese italiane e straniere (ad esempio, tedesche) penalizza le prime, in quanto le grava di un costo maggiore, rendendole meno competitive. Nei mesi scorsi, ad esempio, le aziende italiane hanno dovuto corrispondere il 5,5% medio di interessi sui loro prestiti, mentre quelle tedesche intorno al 3,5%. Ciò ha avuto anche l’effetto di spiazzare gli investimenti in Italia, con beneficio della Germania.

3) MONTI NON HA TOLTO I PRIVILEGI ALLA CASTA POLITICA, NON HA APPROVATO LA LEGGE ELETTORALE. Falso, non è stato Monti. La casta della politica si è autodifesa, , tra Monti e il Partiti di maggioranza si reggeva sulla ripartizione di ruoli: il Governo si sarebbe occupato di questioni economiche e il Parlamento di riforme istituzionali, compresi legge elettorale, stipendi, province… E come si è visto tutto affossato grazie a PD-PDL!

4) MONTI HA FAVORITO LE BANCHE. Falso, semmai ha fatto qualcosa che le ha fatte infuriare; pensate alla gratuità dei conti corrente per i pensionati con ISEE inferiore a 7.500 euro o con una pensione fino a 1.500 euro/mese e l’inserimento di una tassa bancaria sui conti oltre un certo reddito. Per non parlare della richiesta franco-italiana a livello europeo della Tobin tax. E infine l’aver “disturbato” le regine delle banche mondiali, le banche svizzere, con un accordo in cantiere tra il governo presieduto da Mario Monti e il Governo Svizzero per combattere l’evasione (questo scoraggerà il deposito di capitali italiani nelle banche elvetiche).

5) IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, AMICO DI MONTI, SI È AUMENTATO LO STIPENDIO. Falsissimo. Il Presidente della Repubblica non si è aumentato lo stipendio, la notizia è stata smentita da una nota del Quirinale, la trovate sul sito del Quirinale. Ha dovuto semplicemente ripristinare lo stipendio più alto per il successivo Presidente della Repubblica, perché Napolitano si era auto ridotto lo stipendio già nel 2011 (vedi qui) ma non poteva decidere che le stesse riduzioni di stipendio decise da lui potessero influire anche sul futuro PdR senza una legge che lo prevedesse. Il totale del risparmio del Quirinale tra rinunce di parte dello stipendio e tagli vari auto impostasi dallo stesso Napolitano vale circa 70 milioni di Euro di risparmio.

6) MONTI NON HA FATTO NULLA PER IL LAVORO. Falso. È ovvio che in 1 anno i risultati di politiche per l’impiego non possono essere visibili, ma basti pensare al grande concorso pubblico dell’Istruzione che oltre a garantire lavoro a migliaia di docenti, ha svecchiato dopo decenni maestri e professori della Scuola italiana. A questo si sono aggiunte maggiori tutele per l’Apprendistato e soprattutto da oggi gli stagisti non potranno più essere sfruttati a costo zero, ma è stato stabilito uno stipendio lordo minimo di 400 euro.

7) MONTI NON HA FATTO NULLA PER L’ISTRUZIONE. Falso. I provvedimenti voluti dal Ministro Profumo ha contrastato almeno in parte i Baroni universitari, imponendo concorsi centrali. Stessa cosa vale per l’istruzione: ha svecchiato dopo decenni maestri e professori che finalmente potranno insegnare con nuove tecniche, nuova mentalità e nuovi strumenti. In Italia siamo ultimi in Europa per l’utilizzo di strumenti tecnologici (tablet, computer ecc.) per l’insegnamento, con questa epocale entrata di nuovi prof forse potremo colmare questo gap ed essere più competitivi. A questo va aggiunto l’introduzione di un metodo “meritocratico” per l’elargizione dei fondi agli atenei che vengono valutati positivamente sia dagli stessi studenti nella qualità dell’insegnamento che dai parametri di Ricerca. Su quest’ultimo capitolo ricordiamo che, al contrario di quanto aveva fatto il precedente Governo, il fondo per la Ricerca universitaria è stato mantenuto intatto.

8) MONTI FA QUELLO CHE VUOLE LA GERMANIA. Falso! Monti è stato il nemico numero 1 di Angela Merkel, almeno dal punto di vista economico. L’Italia ha proposto e fatto approvare contro i parere della Merkel il “fondo salva Stati”, ha iniziato un tavolo di collaborazione con la Francia per chiedere a Bruxelles politiche per la crescita in chiave anti tedesca.

9) MONTI NON HA INTRODOTTO L’IMU PER LA CHIESA. Falso. L’IMU verrà pagata anche dalla Chiesa nelle strutture non dedicate alla pratica religiosa (e ce ne sono molte), ma così come non la pagheranno Sindacati, Fondazioni, ONLUS ecc. La Commissione Europea si è detta soddisfatta e ha chiuso la procedura di infrazione aperta con il precedente Governo Berlusconi.

10) L’IMU L’HA CREATA MONTI. Falso! L’IMU è stata pensata e voluta dal precedente Governo, la proposta di legge infatti è a firma Calderoli, con l’intento di aumentare le entrate dei Comuni in ottica federalista. Il Governo Monti non ha fatto altro che riprenderla e destinarne una parte allo Stato; l’intenzione di Monti per il prossimo Governo è però quello di eliminare la quota dello Stato (abbassandola di conseguenza) e facendo incassare l’imposta solo ai Comuni per le proprie casse.

11) MONTI NON HA VOLUTO INTRODURRE LA PATRIMONIALE PER TASSARE I RICCHI. Falso. I partiti che hanno sostenuto Monti hanno affossato qualsiasi tentativo del Governo di introdurre patrimoniali: questo ha portato allora alla ripresa del progetto IMU del precedente Governo che in sostanza comunque colpisce soprattutto le classi più abbienti in quanto colpisce in maniera pesante chi ha multiproprietà: in Italia ricordiamo che la vecchia ICI era la tasse sulla casa più bassa d’Europa che premiava i proprietari di multiproprietà, ergo la classe più abbiente, mentre ora c’è stato un riequilibrio con l’IMU.

12) L’EUROPA HA CONDANNATO L’IMU. Falso. Notizia smentita dalla Commissione Europea la sera stessa del giorno che è stata messa in giro. Il rapporto della UE infatti riguardavo uno studio dell’ICI tra il 2008 e il 2011 in quanto tassa che non contemplava la progressività del reddito. Mentre l’IMU ha introdotto almeno sconti per le famiglie, con 50 euro a figlio. La Commissione europea ha solo criticato infine la mancata rivalutazione catastala che in molti comuni porta ancora a gravi disequilibri tra mega appartamenti in centro in cui il catasto ancora fornisce valori ben al di sotto di quelli di mercato.

13) MONTI NON VUOLE CANDIDARSI PER PAURA DI NON PRENDERE VOTI. Falso. Monti per legge non può candidarsi perché già Senatore a Vita, e per Costituzione non può candidarsi in nessun collegio. Sfatiamo un altro mito: in qualità di Senatore a vita Monti può comunque essere scelto dal Presidente della Repubblica per creare un nuovo Governo perché la legge prevede che sia Presidente del Consiglio non chi prende più voti, ma chi, sulla base della fiducia ottenuta in Parlamento sentiti i capigruppo, viene nominato dal Capo dello Stato.

2 Commenti

Gettito fiscale trattenuto al Nord? Un’altra bugia

postato il 10 Gennaio 2013

“Riceviamo e pubblichiamo” di Vincenzo Massimo Pezzuto

Siamo alle solite. Le solite ed inimitabili trovate populistiche made in Berlusconi, le stesse che hanno dominato la politica degli ultimi venti anni in Italia. Il ritorno dell’alleanza con il carroccio fa partorire un’altra proposta scellerata e priva di fondamenta economiche: trattenere il 75% del gettito fiscale nella macroregione del Nord Italia. Se da un lato la rinata alleanza non ha ancora un candidato Premier certo (forse perché sono parecchi i sostenitori sponda Lega che si vergognano del Cavaliere), dall’altro lato è già in grado di parlare, si fa per dire, di programmi e proposte. Se il buongiorno si vede dal mattino, credo che la coalizione, nata in notturna, sia destinata a brancolare nel buio. Meno male che a fornire uno spiraglio di luce nelle tenebre del populismo ci ha pensato Roberto Occhiuto ad Agorà, programma in onda su Rai3.

L’esponente centrista ha sottolineato, giustamente, che se anche per assurdo si potesse fare ciò si potesse fare, si creerebbe una voragine tale da richiedere agli italiani il pagamento di 10 volte l’Imu, che il Cavaliere promette di abolire. Berlusconi, come futuro Ministro dell’Economia, dimostra così di essere davvero un buon intenditore in materia finanziaria e di contabilità di Stato. Un vero e proprio premio Nobel! L’Italia non può più sostenere proposte del genere e l’esempio lo abbiamo già avuto e le conseguenze le stiamo attualmente pagando. Un federalismo in salsa leghista approvato in tutta fretta ha solo pasticciato un sistema fiscale già precario. Non è più tempo per slogan irrealizzabili e promesse populistiche. E’ giunto il momento di parlare con dati alla mano e di proporre riforme e idee concrete e fattibili agli elettori, non di arrivare a promettere, per meri fini propagandistici, anche il “mare in Lombardia”.

A voi la scelta se optare per chi vive di contraddizioni, di populismo, di demagogia o per chi ha deciso, in tempi non sospetti, di dire le cose come stanno, di sostenere il taglio della spesa pubblica e delle Province (riforma fatta cadere da altri schieramenti poco responsabili, non certo dall’Unione di Centro).

 

Commenti disabilitati su Gettito fiscale trattenuto al Nord? Un’altra bugia

Valzer padano

postato il 8 Gennaio 2013

“Riceviamo e pubblichiamo” di Francesco Scavone

Quando un partito rinnova i suoi vertici vantando gloriosamente l’intenzione di cambiare passo, tutto fa ben sperare. E facevano ben sperare anche le intenzioni di Maroni che solo pochi mesi fa agitava scope e rivendicava novità, tutto volenteroso di dare alla Lega un profilo più moderno e, mi permetto, civile. Quando accadono cose di questo genere, ci si aspetta che alle parole seguano i fatti, secondo un filo logico di coerenza e serietà, a maggior ragione se il partito in questione è proprio quello che grida e fa morali in Parlamento e si dichiara limpido e integerrimo. Col passare del tempo però la verità viene sempre a galla e rischiano di  avere ragione coloro che – io in primis,  perdonate se mi schiero in prima fila – da tempo credono di avere gli elementi per dimostrare senza indugio quanta demagogia e quanto populismo di facciata ci sia in espressioni così discutibili di politica.

Mi spiego meglio, lo farò con i fatti. Da un parte mi aiutano i giornali che in questi giorni stanno riportando sempre più insistentemente notizia di altriscandali leghisti collegati ai rimborsi elettorali. Dall’altra mi aiutano le dichiarazioni principali che Maroni ha pronunciato nel corso di quest’ultimo anno di opposizione convintamente antiberlusconiana e antimontiana.

«Noi siamo in opposizione, voi siete in maggioranza. L’alleanza è finita» diceva Maroni all’indomani dell’insediamento del Governo Monti, il 29 Novembre 2011.

«Ora possiamo esprimere il nostro dissenso, in modo anche colorito. In questo senso è divertente. Con Berlusconi abbiamo votato tante cose indigeribili» aggiungeva prima del Natale scorso (22 Dicembre 2011), rinfacciando al Cavaliere anni di provvedimenti “indigeribili”, dimenticando però di fare autocritica sulla propria condotta parlamentare (non erano “coloriti” anche prima?).

I mesi trascorrevano e i leghisti, fermi sulle loro posizioni, si affermavano come i più audaci sostenitori della causa antiberlusconiana. I toni sono tornati insistenti negli ultimi mesi di Governo, quando l’avvicinarsi delleelezioni hanno posto come necessità una decisione più chiara. Niente da fare, i leghisti rimanevano delle stesse convinzioni, demonizzando qualsiasi tipo di accordo, locale e nazionale, con il Pdl.

Mi limito ad un’elencazione, ogni commento è superfluo.

«Qualcuno dice che la grande ammucchiata Bersani-Vendola-Casini farà tornare la Lega alleata di Berlusconi. Ma chi l’ha detto? Ma chi lo vuole?»
(2 Agosto 2012)

«La Lega con Berlusconi come nel ’94? E’ una cosa che mi pare di aver già visto qualche anno fa: un deja vu. Noi siamo per il cambiamento, per il nuovo e guardiamo al futuro»
(28 Agosto 2012)

«Le nostre condizioni non cambiano: la Lega Nord non può fare alleanze con chi sostiene Monti. Siamo noi l’opposizione vera»
(18 Settembre 2012)

«La Lega Nord non farà alleanze per le prossime elezioni politiche con forze che abbiano sostenuto il governo Monti»
(30 Novembre 2012)

«La minaccia di far cadere le giunte di Veneto e Piemonte? Una barzelletta. Possibile sostegno della Lega a Monti. Idem. Ma chi è questo B?»
(13 Dicembre 2012)

«Berlusconi ha deciso di occupare tutti gli spazi televisivi. Non so quanto gli renda, perché poi la gente inizia a dirsi stufa, perché ripete le stesse cose e non credo che gli porterà più consensi»
(20 Dicembre 2012)

Siamo arrivati ai  giorni nostri e la situazione è completamente ribaltata. La sirena elettorale è suonata anche a Via Bellerio, unita al timore di un insuccesso e all’ambizione malcelata di voler a tutti i costi la poltrona di Governo anche in Lombardia. Non l’avevate previsto? Io sì. Un partito che per anni si presenta alle elezioni col totem del federalismo e una volta seduto al Governo puntualmente non agisce è un partito su cui avere sospetti. Si potrà dire: ma l’antiberlusconismo è rimasto saldo, infatti hanno chiesto che il Cavaliere non sia il candidato a Palazzo Chigi. Mi permetto di notare che in ogni caso l’alleanza c’è, così come il rientro in una coalizione guidata storicamente da Berlusconi. E poi, gli stessi strali erano lanciati anche quando Berlusconi era ancora nell’ombra, non candidato, e c’era Alfano a rappresentare il Pdl.

Scusate se sono sembrato di parte, ma era inevitabile. Però, in conclusione, un elogio lo faccio: oggi apprezzo di più la Lega e ammiro i leghisti. Non ho mai visto nessuno così abile a rimangiarsi in breve tempo fiumi di parole.

Commenti disabilitati su Valzer padano

Tre proposte per la Sanità

postato il 7 Gennaio 2013

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Il Servizio Sanitario Nazionale è spesso stato criticato per gli sprechi e il non eccelso livello di assistenza. Il problema è che è ancora ancorato ad una visione “vecchia” che non tiene conto delle mutate esigenze della società.

Bisogna quindi passare da una situazione in cui si garantisce “l’aspirina gratuita a tutti” ad un sistema che tenga conto anche delle nuove esigenze della famiglia.

Uno dei probemi sui cui il sistema sanitario è deficitario, è l’assistenza ai malati di patologie cronico-degenerative, come ad esempio l’alzheimer e il parkinson, legate all’invecchiamento della popolazione e i bisogni propri di chi è disabile.

Diventa necessario, quindi, spostare risorse da trattamenti e medicine cui ormai possono giungere tutti (la famosa asprina gratuita per tutti) a quei trattamenti che sono maggiormente pesanti per le famiglie quali la lungodegenza e le malattie degenerative.

Una soluzione è nel progetto sperimentale avviato pochi mesi fa riguardo all’assistenza domiciliare agli anziani non autosufficienti, che fornisce assistenza migliore al malato e ha costi pari alla metà rispetto all’ospedalizzazione.

Ma la sanità può anche essere una grande risorse per l’occupazione e una ricchezza per l’economia italiana e per questo motivo bisogna puntare decisamente ad incoraggiare investimenti pubblici, ma soprattutto privati, per la ricerca e la produzione di farmaci e strumenti medici in Italia. Per fare ciò occorre una painificazione di lungo periodo e il coinvolgimento di soggetti privati.

Quanto detto sopra ci porta ad un altro punto: maggiore trasparenza.

Il cittadino deve potere verificare sempre con facilità sia l’operato delle ASL e delle strutture pubbliche (e chiaramente anche dei dirigenti e di chi vi lavora) sia anche le partnership tra pubblico e privato, sia le strutture private convenzionate, in modo che sia sempre chiaro e verificabile dove e come vengono spesi i soldi dei cittadini e si possa verificare sempre la qualità del servizio.

Per attuare questo un passo fondamentale è nell’agenda digitale, perché con la possibilità di digitalizzare tutto e consultare via internet si dà la possibilità al cittadino di fare verifiche.

Commenti disabilitati su Tre proposte per la Sanità

Quoziente familiare, la vicenda di Parma

postato il 4 Gennaio 2013

“Riceviamo e pubblichiamo” di Glauco Santi

Se possiamo usare una immagine di questa amministrazione comunale essa è l’inverno. Su Parma, la nostra cara città, è calato l’inverno, ma non è solo un dato stagionale e meteorologico. Giorni fa un mio amico siciliano osservava: “Ma che tristezza quest’anno il centro di Parma, per Natale non avete fatto proprio niente!”. Niente, in verità, non è del tutto vero. Sì, mi riferisco proprio a quello “zuccotto” inqualificabile, a lato dei Portici del Grano. Qualcuno assicura trattarsi di un “albero di Natale”. Io mi tengo i miei dubbi. Siamo passati da una città un pò esagerata, qualcuno l’ha definita addirittura affetta da “megalomania” e che festeggiava al ritmo di una instancabile “Movida” a una città in cui anche le feste del periodo natalizio rischiano di essere percepite come delle giornate uguali a tutte le altre. No. Credo che la nostra comunità meriti qualcosa di meglio.

E per comprendere che l’inverno non è solo una metafora basti pensare a quello che era il nostro gioiello, oggetto di emulazione da parte di innumerevoli amministrazioni in tutta Italia: le politiche familiari. Parma è stato il principale laboratorio nazionale di Sussidiarietà familiare di cui il Quoziente Parma rappresentava la punta di diamante, questo anche grazie alla consulenza e al supporto del Forum nazionale delle Associazioni Familiari, artefice del Family Day.

Abbiamo assistito, negli ultimi mesi, allo smontaggio sistematico e progressivo di tutto quello che si era costruito. In ciò vi è una sorta di “furore ideologico” che anima questa amministrazione. Vasta è la “pars destruens” e debolissima la “pars construens”. Manca una qualsiasi visione sussidiaria della città, come se la Società Civile, con tutte le sue potenzialità e risorse, non esistesse più. L’attuale amministrazione comunale si sta progressivamente isolando da tutto e da tutti. Ed è un grave errore politico. Non si trovano 500mila euro per le politiche familiari quando una semplice rotonda di un nostro incrocio ne costa quasi 300mila? È credibile?

Un ente pubblico, che sia saggio e non miope, comprendendo il valore della sussidiarietà familiare, farà di tutto per sostenerla. Il vero problema, caro Signor Sindaco, non sono i soldi, ma l’ideologia. L’ideologia di cui il Movimento 5 Stelle è intriso fino al midollo. Vedi a Bologna il referendum sul finanziamento comunale alle scuole paritarie dell’infanzia. Vedi in una Circoscrizione a Milano il non voto a favore della Giornata per la Memoria perché la consultazione web aveva dato esito negativo, e siccome il “senza limiti di mandato” è stato sostituito dal concetto che l’eletto è un semplice “dipendente” si è arrivati a tutto ciò. Vedi anche l’istituzione, a Parma, di un registro delle unioni civili che non serve proprio a nessuno e da ultimo la sospensione del Quoziente Parma attraverso lo strumento di una delibera di Giunta senza scegliere la via di un più opportuno dibattito in Consiglio Comunale su un tema così delicato. Sì, ne sono sempre più convinto: la Famiglia e la Sussidiarietà sarà la “Caporetto” del Movimento 5 Stelle.

Per comprendere bene le Politiche Familiari è necessario che una Amministrazione pubblica, Stato Regione o Comune che sia, non faccia confusione fra quelle che sono le politiche sociali e di lotta alla povertà, necessariamente di tipo assistenziale, e le politiche familiari propriamente dette di sostegno alla natalità. Certo, le politiche familiari non sono solo sostegno alla natalità, ma indubbiamente quest’ultima ne rappresenta l’asse portante. La natalità in Italia allo stato attuale ha un tasso di fertilità di 1.4 figli per donna mentre dobbiamo innalzarla al cosiddetto livello di ricambio generazionale che è di 2.1 figli per donna grazie al quale due figli sono destinati a sostituire i due genitori. Ormai è assodato da parte di autorevoli analisti che è la natalità a sostenere il welfare. Il nostro “Stato Sociale” infatti, senza i contributi versati dai lavoratori, e quindi dalle giovani generazioni, non può reggere ed è destinato a collassare. Sono in realtà le politiche familiari che sostengono le politiche sociali. Senza politiche a favore della natalità poter conservare uno “Stato Sociale” dignitoso diventa utopistico e velleitario. È infatti la natalità, nell’attuale inverno demografico, che non riesce a sostenere le Politiche Sociali con sempre maggiori aspettative in termini di qualità e quantità di vita, vedi l’aumento della popolazione anziana e le spese crescenti in termini di salute e di previdenza. Se prima infatti vi erano tre nipoti che pagavano, con i loro contributi, la pensione e la sanità a un solo nonno, ora è un solo nipote che deve pagare la pensione e la sanità a ben tre nonni. Dando degli incentivi economici sotto forma di sconti alle famiglie con figli, come avviene nel virtuoso Quoziente Familiare Parma, l’ente pubblico non regala assolutamente nulla, ma restituisce alla famiglia, compiendo un atto di giustizia, quello che la famiglia con figli dà già ampiamente alla collettività. Il fine delle politiche familiari è perciò l’interesse di uno Stato, Regione o Comune, che voglia essere lungimirante e pensare al suo futuro. Il futuro di una nazione sono infatti i suoi figli.

Riducendo le politiche familiari a politiche di lotta alla povertà si agisce solo su una piccola quota della popolazione e non si raggiunge lo scopo. Le politiche familiari di rilancio della natalità per raggiungere il loro obiettivo si devono invece rivolgere alla intera popolazione o almeno alla sua quasi totalità. È perciò importante, al fine di raggiungere ciò, non confondere i due campi, politiche assistenziali e politiche familiari, che devono fare capo a due assessorati diversi. Parma è stata negli ultimi anni un importante laboratorio di welfare familiare, di tipo sussidiario, e ciò ha portato decine e decine di amministrazioni pubbliche in tutta Italia ad emularne il metodo adottando tutta una serie di provvedimenti che vedono nel Quoziente Familiare la loro punta di diamante. Un diamante di nome “Quoziente Parma”.

Commenti disabilitati su Quoziente familiare, la vicenda di Parma

Il primato della questione sociale

postato il 1 Gennaio 2013

Pubblichiamo il video e il testo integrale del discorso di fine anno del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Un augurio affettuoso a tutti voi, uomini e donne d’Italia, che vivete e operate in patria e all’estero, e in particolare a quanti servono da lontano la nazione, in suo nome anche rischiando la vita, come nelle missioni di pace in tormentate aree di crisi.

Mi rivolgo a voi questa sera nello stesso spirito del mio primo messaggio di fine anno, nel 2006, e di tutti quelli che l’hanno seguito. Cercherò cioè ancora una volta di interpretare ed esprimere sentimenti e valori condivisi, esigenze e bisogni che riflettono l’interesse generale del paese. Guardando sempre all’unità nazionale come bene primario da tutelare e consolidare.In questo spirito ho operato finora, secondo il ruolo attribuito dalla Costituzione al Presidente della Repubblica. Anche e ancor più in questo momento, alla vigilia di importanti elezioni politiche, non verranno da me giudizi e orientamenti di parte, e neppure programmi per il governo del paese, per la soluzione dei suoi problemi, che spetta alle forze politiche e ai candidati prospettare agli elettori.

Muoverò piuttosto dal bisogno che avverto di una considerazione più attenta e partecipe della realtà del paese, e di una visione di quel che vorremmo esso diventasse nei prossimi anni.

Parlo innanzitutto di una realtà sociale duramente segnata dalle conseguenze della crisi con cui da quattro anni ci si confronta su scala mondiale, in Europa e in particolar modo in Italia. Da noi la crisi generale, ancora nel 2012, si è tradotta in crisi di aziende medie e grandi (e talvolta, dell’economia di un’intera regione, come ho constatato da vicino in Sardegna), si è tradotta in cancellazione di piccole imprese e di posti di lavoro, in aumento della Cassa Integrazione e della disoccupazione, in ulteriore aggravamento della difficoltà a trovare lavoro per chi l’ha perduto e per i giovani che lo cercano. Per effetto di tutto ciò, e per il peso delle imposte da pagare, per l’aumento del costo di beni primari e servizi essenziali, “è aumentata l’incidenza della povertà tra le famiglie” – ci dice l’Istituto Nazionale di Statistica – specie “quelle in cui convivono più generazioni…. Complessivamente sono quasi due milioni i minori che vivono in famiglie relativamente povere, il 70 per cento dei quali è residente al Sud”.Ricevo d’altronde lettere da persone che mi dicono dell’impossibilità di vivere con una pensione minima dell’INPS, o del calvario della vana ricerca di un lavoro se ci si ritrova disoccupato a 40 anni.

Ma al di là delle situazioni più pesanti e dei casi estremi, dobbiamo parlare non più di “disagio sociale”, ma come in altri momenti storici, di una vera e propria “questione sociale” da porre al centro dell’attenzione e dell’azione pubblica. E prima ancora di indicare risposte, come tocca fare a quanti ne hanno la responsabilità, è una questione sociale, e sono situazioni gravi di persone e di famiglie, che bisogna sentire nel profondo della nostra coscienza e di cui ci si deve fare e mostrare umanamente partecipi. La politica, soprattutto, non può affermare il suo ruolo se le manca questo sentimento, questa capacità di condivisione umana e morale. Ciò non significa, naturalmente, ignorare le condizioni obbiettive e i limiti in cui si può agire – oggi, in Italia e nel quadro europeo e mondiale – per superare fenomeni che stanno corrodendo la coesione sociale.

Scelte di governo dettate dalla necessità di ridurre il nostro massiccio debito pubblico obbligano i cittadini a sacrifici, per una parte di essi certamente pesanti, e inevitabilmente contribuiscono a provocare recessione. Ma nessuno può negare quella necessità : è toccato anche a me ribadirlo molte volte. Guai se non si fosse compiuto lo sforzo che abbiamo in tempi recenti più decisamente affrontato : pagare gli interessi sul nostro debito pubblico ci costa attualmente – attenzione a questa cifra – più di 85 miliardi di euro all’anno, e se questo enorme costo potrà nel 2013 e nel 2014 non aumentare ma diminuire, è grazie alla volontà seria dimostrata di portare in pareggio il rapporto tra entrate e spese dello Stato, e di abbattere decisamente l’indebitamento. C’è stato cioè un ritorno di fiducia nell’Italia, hanno avuto successo le nuove emissioni di Buoni del Tesoro, si è ridotto il famoso “spread” che da qualche anno è entrato nelle nostre preoccupazioni quotidiane.

E’ dunque entro questi limiti che si può agire per affrontare le situazioni sociali più gravi. Lo si può e lo si deve fare distribuendo meglio, subito, i pesi dello sforzo di risanamento indispensabile, definendo in modo meno indiscriminato e automatico sia gli inasprimenti fiscali sia i tagli alla spesa pubblica, che va, in ogni settore e con rigore, liberata da sprechi e razionalizzata. Decisivo è, nello stesso tempo e più in prospettiva, far ripartire l’economia e l’occupazione non solo nel Centro-Nord ma anche nel Mezzogiorno ; cosa – quest’ultima – di cui poco ci si fa carico e perfino poco si parla nei confronti e negl’impegni per il governo del paese.Uscire dalla recessione, rilanciare l’economia, è possibile per noi solo insieme con l’Europa, portando in sede europea una più forte spinta e credibili proposte per una maggiore integrazione, corresponsabilità e solidarietà nel portare avanti politiche capaci di promuovere realmente, su basi sostenibili, sviluppo, lavoro, giustizia sociale. L’Italia non è un paese che possa fare, nel concerto europeo, da passivo esecutore ; è tra i paesi che hanno fondato e costruito l’Europa unita, e ha titoli e responsabilità per essere protagonista di un futuro di integrazione e democrazia federale, che è condizione per contare ancora, tutti insieme, nel mondo che è cambiato e che cambia.Guardiamo dunque a questa prospettiva. Sta per iniziare un anno ancora carico di difficoltà. Non ci nascondiamo la durezza delle prove da affrontare, ma abbiamo forti ragioni di fiducia negli italiani e nell’Italia. Più di un anno fa dissi a Rimini : si è nel passato parlato troppo poco “il linguaggio della verità”. Ma avere e dare fiducia “non significa alimentare illusioni, minimizzare o sdrammatizzare” i dati più critici della realtà : si recupera fiducia “guardandovi con intelligenza e con coraggio. Il coraggio della speranza, della volontà e dell’impegno”.

Ebbene, penso che una maturazione in questo senso ci sia stata, specialmente tra i giovani. Sono loro che hanno più motivi per essere aspramente polemici, nel prendere atto realisticamente di pesanti errori e ritardi, scelte sbagliate e riforme mancate, fino all’insorgere di quel groviglio ed intreccio di nodi irrisolti che pesa sull’avvenire delle giovani generazioni. I giovani hanno dunque ragioni da vendere nei confronti dei partiti e dei governi per vicende degli ultimi decenni, anche se da un lato sarebbe consigliabile non fare di tutte le erbe un fascio e se dall’altro si dovrebbero chiamare in causa responsabilità delle classi dirigenti nel loro complesso e non solo dei soggetti politici.

E che dire poi dell’indignazione che suscitano la corruzione in tante sfere della vita pubblica e della società, una perfino spudorata evasione fiscale o il persistere di privilegi e di abusi – nella gestione di ruoli politici ed incarichi pubblici – cui solo di recente si sta ponendo freno anche attraverso controlli sull’esercizio delle autonomie regionali e locali?Importante è che soprattutto tra i giovani si manifesti, insieme con la polemica e l’indignazione, la voglia di reagire, la volontà di partecipare a un moto di cambiamento e di aprirsi delle strade. Perché in fondo quel che si chiede è che si offrano ai giovani delle opportunità, ponendo fine alla vecchia pratica delle promesse o delle offerte per canali personalistici e clientelari. E opportunità bisogna offrire a quanti hanno consapevolezza e voglia di camminare con le loro gambe : bisogna offrirle soprattutto attraverso politiche pubbliche di istruzione e formazione rispondenti alle tendenze e alle esigenze di un più avanzato sviluppo economico e civile.

Prospettare una visione per il futuro delle giovani generazioni e del paese è importante fin da ora, senza limitarsi ad attendere che nella seconda metà del 2013 inizi una ripresa della crescita in Italia e adoperandosi perché si concretizzi e s’irrobustisca.

Ritengo si debba puntare a una visione innanzitutto unitaria, che abbracci l’intero paese, contando sulla capacità di tutte le forze valide del Mezzogiorno di liberarsi dalla tendenza all’assistenzialismo, dai particolarismi e dall’inefficienza di cui è rimasta assurdamente vittima la gestione dei fondi europei.

Più in generale, una rinnovata visione dello sviluppo economico non può eludere il problema del crescere delle diseguaglianze sociali. Si riconosce ormai, ben oltre vecchi confini ideologici, che esso è divenuto fattore di crisi e ostacolo alla crescita proprio nelle economie avanzate. Porre in primo piano quel problema diventa sempre più decisivo.

Nello stesso tempo, in momenti impegnativi di scelta come quello della imminente competizione elettorale è giusto guardare all’Italia che vorremmo nella pienezza dei suoi valori civili e culturali. E quindi come paese solidale che sappia aver cura dei soggetti più deboli, garantendoli dal timore della malattia e dell’isolamento, che sappia accogliere chi arriva in Italia per cercare protezione da profugo o lavoro da immigrato e offrendo l’apporto di nuove risorse umane per il nostro sviluppo. Paese, quindi, l’Italia, da far crescere aperto e inclusivo : già un anno fa, avevamo 420 mila minori extracomunitari nati in Italia – è concepibile che, dopo essere cresciuti ed essersi formati qui, restino stranieri in Italia? E’ concepibile che profughi cui è stato riconosciuto l’asilo vengano abbandonati nelle condizioni che un grande giornale internazionale ha giorni fa – amaramente per noi – documentato e denunciato?

Ripresa e rilancio dell’economia e avanzamento civile del paese non possono separarsi. Abbiamo norme e forze dello Stato seriamente dedicate alla lotta contro la criminalità organizzata, piaga gravissima non solo nel Mezzogiorno : ma occorre portare a fondo questo impegno facendo leva sull’apporto vigoroso di energie della società civile per spazzare via ogni connivenza e passività.Stiamo facendo, si deve dirlo, passi avanti nel campo dei rapporti e dei diritti civili. Così con la legge che ha sancito l’equiparazione tra i figli nati all’interno e al di fuori del matrimonio, e segnalato esigenze di ulteriore adeguamento del diritto di famiglia. O con le nuove normative di questi anni per contrastare persecuzioni e violenze contro le donne. Ho appena firmato la legge di ratifica della convenzione internazionale rivolta anche a combattere la violenza domestica: ma è impressionante, e richiede ancora ben altro, lo stillicidio di barbare uccisioni di donne nel nostro paese.

Più che mai dato persistente di inciviltà da sradicare in Italia rimane la realtà angosciosa delle carceri, essendo persino mancata l’adozione finale di una legge che avrebbe potuto almeno alleviarla. Saluto, tuttavia, con compiacimento il fatto che per iniziativa della Commissione parlamentare istituita in Senato si stia procedendo alla chiusura – cominciando dalla Sicilia – degli Ospedali psichiatrici giudiziari, autentico orrore indegno di un paese appena civile.

Ponte decisivo tra sviluppo economico e avanzamento civile è la valorizzazione, in tutti i suoi aspetti – a partire dal patrimonio naturale ed artistico – della risorsa cultura di cui è singolarmente ricca l’Italia. E’ stato un tema su cui mi sono costantemente speso in questi anni. Apprezzo i buoni propositi che ora si manifestano a questo riguardo, ma non dimentico le sordità e le difficoltà in cui mi sono imbattuto in questi anni a tutti i livelli. C’è qui un punto non secondario della riflessione e del cambiamento da portare avanti.Vorrei tornare, ma non ne ho il tempo – e quindi li richiamo solo per memoria – anche su altri motivi di mio costante impegno durante il settennato. La sicurezza sui luoghi di lavoro, come parte di una strategia di valorizzazione del lavoro, che è condizione anche per il successo di intese volte a elevare la produttività e competitività del nostro sistema economico. O il ruolo del capitale umano di cui disponiamo, e le sue potenzialità su cui ho insistito guardando soprattutto a risorse scarsamente impiegate o non messe in condizione di esprimersi pienamente. E ancora una volta cito l’esempio di ricercatori, in particolare donne e di giovane età, che hanno dato di recente prove straordinarie in centri di ricerca europei come il CERN di Ginevra o l’ESTEC dell’Aja o, con scarsi mezzi e molte difficoltà burocratiche, in Istituti di ricerca nazionali. E qui non posso non rivolgere un pensiero commosso e riconoscente alla grande figura di Rita Levi Montalcini, che tanto ha rappresentato per la causa della scienza, dell’affermazione delle donne, della libertà e della democrazia.

In conclusione, mi auguro che molte questioni da me toccate e soprattutto il senso di un’attenzione consapevole e non formale alle realtà e alle attese sociali e civili del paese, trovino posto nella competizione elettorale. Mi attendo che ci sia senso del limite e della misura nei confronti e nelle polemiche, evitando contrapposizioni distruttive e reciproche invettive. In special modo su tematiche cruciali ancora eluse in questa legislatura – riforme dell’ordinamento costituzionale, riforma della giustizia – non si può dimenticare che saranno necessari nel nuovo Parlamento sforzi convergenti, contributi responsabili alla ricerca di intese, come in tutti i paesi democratici quando si tratti di ridefinire regole e assetti istituzionali.

Non si è, con mio grave rammarico, saputo o voluto riformare la legge elettorale ; per i partiti, per tutte le formazioni politiche, la prova d’appello è ora quella della qualità delle liste. Sono certo che gli elettori ne terranno il massimo conto.

Al loro giudizio si presenteranno anche nuove offerte, di liste e raggruppamenti che si vanno definendo. L’afflusso, attraverso tutti i canali, preesistenti e nuovi, di energie finora non rivoltesi all’impegno politico può risultare vitale per rinnovare e arricchire la nostra democrazia, dare prestigio e incisività alla rappresentanza parlamentare. Il voto del 24-25 febbraio interverrà a indicare quali posizioni siano maggiormente condivise e debbano guidare il governo che si formerà e otterrà la fiducia delle Camere.

Il senatore Monti ha compiuto una libera scelta di iniziativa programmatica e di impegno politico. Egli non poteva candidarsi al Parlamento, facendone già parte come senatore a vita. Poteva, e l’ha fatto – non è il primo caso nella nostra storia recente – patrocinare, dopo aver presieduto un governo tecnico, una nuova entità politico-elettorale, che prenderà parte alla competizione al pari degli altri schieramenti. D’altronde non c’è nel nostro ordinamento costituzionale l’elezione diretta del primo ministro, del capo del governo.

Il Presidente del Consiglio dimissionario è tenuto – secondo una prassi consolidata – ad assicurare entro limiti ben definiti la gestione degli affari correnti, e ad attuare leggi e deleghe già approvate dal Parlamento, nel solco delle scelte sancite con la fiducia dalle diverse forze politiche che sostenevano il suo governo. Il Ministro dell’Interno garantirà con assoluta imparzialità il corretto svolgimento del procedimento elettorale.

Le elezioni parlamentari sono per eccellenza il momento della politica. Un grande intellettuale e studioso italiano del Novecento, Benedetto Croce, disse, all’indomani della caduta del fascismo : “Senza politica, nessun proposito, per nobile che sia, giunge alla sua pratica attuazione”. E ancor prima aveva scritto, guardando all’ormai vicina rinascita della democrazia : “i partiti politici in avvenire si combatteranno a viso scoperto e lealmente… e nel bene dell’Italia troveranno di volta in volta il limite oltre il quale non deve spingersi la loro discordia”. L’insegnamento è anche oggi ben chiaro : il rifiuto o il disprezzo della politica non porta da nessuna parte, è pura negatività e sterilità. La politica non deve però ridursi a conflitto cieco o mera contesa per il potere, senza rispetto per il bene comune e senza qualità morale.

Con queste parole, mi congedo da voi. Ho per ormai quasi sette anni assolto il mio compito – credo di poterlo dire – con scrupolo, dedizione e rigore. Ringrazio dal profondo del cuore tutte le italiane e gli italiani, di ogni generazione, di ogni regione, e di ogni tendenza politica, che mi hanno fatto sentire il loro affetto e il loro sostegno.

A voi tutti, buon 2013!

2 Commenti

Tasse e dintorni: tutte le bugie del Cavaliere

postato il 31 Dicembre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

 Chi è il vero partito delle tasse? Il Pdl di Berlusconi. E chiunque sia un po’ attento, lo sa. Non solo, il PDL è il partito che favorisce i ricchi facendoli pagare tanto quanto i ceti popolari. Berlusconi afferma di volere togliere l’IMU sulla prima casa. Splendido, ma per compensare la minore entrata, ha affermato che aumenterebbe altre tasse, quindi alla fine per il cittadino non cambia niente: se paga l’IMU o se paga la stessa cifra con altre tasse, non cambia nulla. Ecco la prima bugia smascherata: Berlusconi non alleggerirebbe il carico fiscale per i cittadini meno abbienti.

In compenso lo alleggerisce per i cittadini ricchi, agendo come un Robin Hood al contrario: toglie ai poveri per dare ai ricchi. Supponiamo che Berlusconi tolga l’IMU sulla prima casa e aumenti le tasse su alcolici, tabacco e altri beni. Ovviamente tutti i cittadini pagherebbero queste maggiori tasse consumando a prezzo più caro questi prodotti (per inciso, questo penalizzerebbe i produttori italiani di vino), ma chi ne trae vantaggio sono i ricchi: l’IMU è pagata in base al valore dell’immobile, quindi più un immobile è di pregio e più si paga. Chi ha le case di maggior valore? Il poveraccio o il ricco? Facciamo un esempio concreto: se Berlusconi toglie l’IMU sulla prima casa e mette come sua residenza principale la sua casa di maggior valore (ad esempio villa Macherio ad Arcore con un valore stimato di 78 milioni di euro o la villa in Sardegna, valutata sopra i 100 milioni di euro), risparmierebbe moltissimo, molto più di quanto potrebbe spendere in alcolici. E questa differenza chi la pagherebbe? Ovviamente i cittadini. Quindi ai ricchi conviene togliere l’IMU sulla prima casa perché risparmierebbero molto più di quanto pagherebbero con le tasse sugli alcolici. La differenza la metterebbe il ceto medio. Seconda bugia smascherata: contrariamente a quello che dice Berlusconi, togliendo l’IMU sulla prima casa e aumentando le altre tasse, agevoliamo i ricchi e non i cittadini.

Ovviamente si dirà che l’IMU è colpa di Monti. Ma è davvero così? L’IMU è stata introdotta dal governo Berlusconi con il decreto legislativo del 14 marzo 2011, molto tempo prima che arrivasse Monti a governare. E lo stesso Berlusconi la introdusse per TUTTI i cittadini perché Berlusconi aveva abolito l’ICI ai ricchi; infatti il precedente governo Prodi aveva già tolto l’ICI su quasi tutti i cittadini italiani, tranne per quelli che avevano un reddito elevato. Berlusconi quindi tolse l’ICI solo ai ricchi, creando un buco nelle casse dello Stato per diversi miliardi.

E chi ha legato l’Italia all’austerità europea? Voi direte Monti, ma sbagliate di grosso, perché il governo che impegnò l’Italia al rigore europeo è stato proprio il governo Berlusconi, ad esempio ci siamo scordati la manovra da 47 miliardi fatta da Berlusconi nell’Estate 2011? Portò aumento di tasse sui conti correnti e sui btp detenuti dai piccoli risparmiatori oltre che tagli alla spesa pubblica per 20 miliardi di euro per il 2013 e il 2014.

E sempre nel 2011 Berlusconi diceva che abbassare la pressione fiscale era impossibile (andate a guardarvi le sue dichiarazioni nel Maggio 2011). Terza bugia svelata.

Infine sveliamo la quarta e piu’ clamorosa bugia: il famoso fiscal compact che porta tanta austerita’ ed e’ tanto criticato da berlusconi, e’ stato approvato proprio da berlusconi il 24 marzo 2011.

 

1 Commento

“Cambiare l’Italia, riformare l’Europa”. Ecco l’Agenda Monti

postato il 24 Dicembre 2012

da agenda-monti.it

Questo documento allegato, intitolato “Cambiare l’Italia, riformare l’Europa, agenda per un impegno comune” è il frutto di questo lavoro ed è presentato come primo contributo per una riflessione aperta. Questa agenda vuole dare un’indicazione di metodo di governo e di alcuni dei principali temi da affrontare. Non è un programma di lavoro dettagliato e non vuole avere carattere esaustivo.

Invito tutti coloro che siano interessati a leggere il documento, a condividerlo e a commentarlo con spirito critico, portando il loro contributo di idee e di proposte.

Mi auguro che le idee contenute nell’agenda possano contribuire ad orientare le forze politiche nel dibattito elettorale dei prossimi mesi e a suscitare energie nuove presenti nella società civile. Sia io che tutti noi riceviamo appelli numerosi e molto diversi di gruppi, organizzazioni, associazioni e singoli che semplicemente dicono che la gente è molto arrabbiata con il mondo della politica, che talora la disgusta, ma vorrebbe potersi avvicinare ad una politica diversa.

Mario Monti

Cambiare l’Italia, riformare l’Europa, un’agenda per un impegno comune

9 Commenti

Non c’è più solo un’Agenda: adesso, con Monti, c’è una nuova Politica

postato il 23 Dicembre 2012

di Giuseppe Portonera

Il requiem per Alfano, il colpito-e-affondato per Berlusconi, le bordate contro Vendola e CGIL, i colpi d’ascia sulle populistiche promesse fiscali, le lezioni e l’esempio di De Gasperi, i rimproveri (ma anche gli elogi) ai partiti che avrebbero potuto avere più coraggio, un nuovo modo di intendere la crescita e l’economia, il rilancio dell’Agenda per cambiare l’Italia e riformare l’Europa. Nella sua ultima conferenza stampa di oggi, il Premier Mario Monti non ci ha fatto mancare nulla. Ha tenuto un discorso ampio, limpido, solido: un connubio perfetto tra una lectio magistralis su cosa voglia dire servire il proprio Paese e un memorandum sugli impegni da rispettare. Il primo dei quali, il più importante, è quello che in quest’anno si è assunto la politica: ai cittadini (non più “cretini”, ha detto Monti, non più “presi in giro” cioè) è stato chiesto di diventare partecipi di un processo di risanamento politico e economico immane, per cui 13 mesi non sarebbero potuti sicuramente bastare; loro hanno accettato e sopportato, e ora non si può pensare di tornare a farli “cretini”, promettendogli la Luna, le stelle e tutto il firmamento celeste. Ai cittadini bisogna parlare con il linguaggio “crudo” della verità: non si può andare in tv a promettere di “abolire l’IMU”, perché, in una situazione come la nostra, dopo un anno si sarebbe costretti a inventare un’imposta ancora più pesante (prenda appunti chi, non pago di aver eliminato l’ICI, ora torna a propagandare la stessa avventata ricetta fiscale). Bisogna, piuttosto, spiegare come questi sacrifici servano a fare di questo Paese, un Grande Paese (smettendo i panni di ciarliere cicale e indossando quelli di laboriose formichine). Questo Monti l’ha fatto, durante i 13 mesi in cui è stato Premier e – con maggiore forza e libertà – oggi: ci sono ancora passi enormi in avanti da fare, per avere finalmente un’Italia moderna, competitiva, produttiva. In una parola: normale.

Per farlo, come proprio noi abbiamo ripetuto a lungo, bisogna rendere “ordinaria” l’esperienza “straordinaria” del Governo Monti: bisogna cioè elaborare una proposta politica “montiana” che abbia come fine non solo tirare fuori l’Italia dalle sacche in cui si era cacciato, ma di condurla verso una trasformazione (ergo, normalizzazione) totale. Proprio stamattina, Monti ha indicato i punti di riferimento che dovrebbero orientare questo tipo di nuova proposta politica, che provo rapidamente a riassumere e a implementare. Il primo, la discontinuità: Monti ha riconosciuto che l’Udc in Parlamento e nel Paese è stata la più coerente sostenitrice del suo Governo, ma una “Lista Monti” deve essere molto di più, deve essere una forza che dia voce alla maggioranza silenziosa del Paese. Il secondo, un programma economico liberale: Monti ha ricordato che la “concorrenza è la migliore leva per l’equità”, ha sottolineato come i veri “conservatori” italiani siano la CGIL e Vendola (che al tema del lavoro si approcciano con una prospettiva “arcaica”), ha tracciato un percorso di riforme radicali e strutturali. Il terzo, un nuovo modo di intendere la politica: Monti ha riconosciuto la necessità di avere “maggioranze coese e coerenti”, in un quadro bipolare “in cui ci si divida sui programmi, non sui leader”, in cui le “parole, i discorsi, le dichiarazioni abbiano il peso vero che meritano”. Un manifesto di intenti che più chiaro non si poteva e che investe, per primi, proprio noi che più di tutti siamo pronti a continuare sulla strada tracciata dal Premier. Perché, come ho già scritto, quello di cui abbiamo più bisogno è il “Partito Monti”, per assicurare la presenza di una forza ispirata al PPE, liberale popolare europea, che sia alternativa a chi chiede più Stato e meno mercato, da una parte, e più anarchia e deregolamentazione facile, dall’altra. Per questo, però, serve coerenza – e serve, in primis, da parte nostra: è giunto il momento di mettere insieme chi condivide le stesse ricette e proposte politiche. Senza operazioni di Palazzo o di bassa politica: il PDL è balcanizzato e ormai impresentabile, mentre il PD non è in grado di offrire una seria soluzione ai bisogni del Paese; c’è quindi una vasta area politica – in cui aggregare, prima che pezzi di nomenclatura varia, gli elettori – da organizzare e presidiare.

Questo è quanto ci lascia la conferenza stampa di “addio” di Monti. Se saremo in grado di dimostrare “sufficienti forze e garanzie di credibilità nell’impegno” allora avremo, a prescindere, vinto la nostra sfida.

Commenti disabilitati su Non c’è più solo un’Agenda: adesso, con Monti, c’è una nuova Politica

“Non distruggere quello che è stato fatto”

postato il 23 Dicembre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Anna Giunchi

C’è sempre un’atmosfera particolare, accademica, quando parla Mario Monti. Umorismo brillante e padronanza dialettica: un bell’uso dell’italiano, insomma.

Oggi, alle 11, nell’attesa conferenza stampa del Premier dimissionario, il Professore ha esposto l’atteso bilancio sul suo Governo e tracciato una linea sul suo futuro politico.

I sentimenti comuni all’atto delle dimissioni del Presidente sono stati molto forti: amarezza e dispiacere per un’interruzione precoce di una politica che, faticosamente, stava riportando il paese, con dignità, verso un cammino di forte rispetto da parte delle politiche Europee.  Eppure, e lo ha dichiarato il premier dimissionario oggi, “L’Emergenza finanziaria è superata e gli Italiani possono sentirsi cittadini d’Europa a testa alta”.

Un’amarezza, quella delle dimissioni, che ha trovato conforto nell’annuncio, da parte del Premier, della disponibilità ad un impegno elettorale previo attente valutazioni.

Un Monti schierato non tanto per le parti, quanto per i temi, che ha dichiarato di non appoggiare apertamente alcuna forza politica. Un invito, ai partiti, di schierare le idee, di dare importanza prima ai contenuti,  e solo in seguito alle persone. Il Professore ha espresso il desiderio di non vedere scontri tra forze politiche che, inevitabilmente, dovranno successivamente stare insieme per approvare le Riforme.

Ha auspicato, inoltre, chele forze politiche degli anni successivi abbiano come riferimento la stessa Agenda Monti .Egli ha anteposto agli altri provvedimenti l’urgenza di approvare una nuova legge contro la corruzione, le liberalizzazioni, riforma elettorale e fiscale.

Nel suo disegno comune, l’ex Premier, sbigottito dagli atteggiamenti di Berlusconi, ha dato una sola raccomandazione: “Non distruggere quello che è stato fatto con grande fatica”.

Commenti disabilitati su “Non distruggere quello che è stato fatto”


Twitter


Connect

Facebook Fans

Hai già cliccato su “Mi piace”?

Instagram