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Net neutrality a rischio: Facebook, Youtube, mail e Skype a pagamento?

postato il 31 Gennaio 2011

Oramai è chiaro anche agli osservatori meno esperti e più disattenti: la cosiddetta “new economy” è un giungla di soggetti più o meno monopolisti che, una volta raggiunta la propria posizione dominante, invocando un distorto principio di “libero mercato”, fanno di tutto per mantenerla in vita.
In questo, tra le grandi lobby del XIX e del XX secolo ed i vari Steve Jobs, Bill Gates, Larry Page Sergey Brin, la differenza che passa è sul serio minima.
Tale atteggiamento “imperialista”, che vede quindi tra i protagonisti anche e forse soprattuto quelli che da sempre sono i simboli del “free-share” ed al contempo dell’innovazione tecnologica come Google ed Apple, colpisce naturalmente le sempre più vuote tasche del consumatore.
Oltre ai colossi americani, però, ci sono anche i giganti nostrani ed europei pronti a dar libero sfogo alla propria avidità e a tartassare gli utenti di internet costringendoli a pagare servizi ed accessi ai portali che fino ad oggi sono stati (giustamente) gratuiti.
Per fare un esempio concreto e riferendosi al nuovo regime di mercato che i grandi ISP americani come Comcast, Verizon e AT&T vorrebbero introdurre, nei prossimi anni l’accesso a facebook, youtube, skype, e-mail, netfix ecc potrebbe essere a pagamento. In altri termini, oltre a richiedere l’attuale canone mensile per concedere la connessione e l’accesso al web, i fornitori di telefonia mobile e fissa, intendono applicare tariffe aggiuntive per fornire ai propri utenti “pacchetti specifici”. Es: canone di 19,99 euro al mese per un abbonamento internet flat da 4mb e, in aggiunta, altri 30 euro al mese per poter navigare illimitatamente su Facebook, Youtube, le caselle e-mail e per accedere a Skype.
In pratica una vera e propria inversione della filosofia internettiana; con tanti piccoli “oboli” da far pagare ai net-surfer a seconda dei servizi da loro utilizzati. Il pericolo di impennata dei prezzi e di social network, mail e chat a pagamento esiste anche per il nostro paese ed è confermato dall’ultimo discorso tenuto da Nicola D’Angelo; membro dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom).
Alla presentazione del libro bianco sui contenuti, D’Angelo ha difatti annunciato:”Lanceremo a breve un’indagine conoscitiva sulla neutralita’ tecnologica della rete fissa”. La cosiddetta “Net neutrality”, sta ad indicare il trattamento non discriminatorio da parte dei fornitori di linee telefoniche (Isp) e servizi web. In pratica, quando si parla di “neutralità della rete”, ci si riferisce al fatto che Telecom, Libero, Vodafone ecc non chiedano tariffe aggiuntive per accedere a servizi come e-mail, chat, social network, portali video ecc..
Secondo l’Agcom, la volontà di far crollare la net neutrality “nasce dai conflitti sempre piu’ frequenti tra l’accesso libero e senza limiti ai contenuti e l’esigenza manifestata dagli operatori di rete di gestire il traffico internet sulla propria infrastruttura per evitarne la congestione”. In particolare, nella relazione presentata nel libro bianco si legge:”Il problema della ‘network neutrality’ evidenzia un profilo tecnico, la cui soluzione e’ connessa all’individuazione del giusto equilibrio tra la parte di banda e di rete da dedicare a servizi che necessitano di una gestione e la parte di banda che deve continuare a garantire l’accesso a internet sulla base del principio del ‘best effort’. Tale equilibrio – si legge ancora – riveste particolare rilevanza sotto due aspetti: la tutela del consumatore nella sua liberta’ di accedere ai contenuti leciti su internet senza restrizioni; e la tutela degli operatori ad ottenere una remunerazione per i servizi offerti in rete ai quali si contrappongono due interessi: quelli degli Isp (Internet service provider) o dei fornitori di contenuti di garantire la massima veicolazione dei propri contenuti per raggiungere il maggior numero di utenti, e quello degli operatori di rete di restringere la parte di rete destinata a ‘best effort’ perche’ e’ sulla rete ‘managed’ che si offrono i servizi remunerativi”.
In conclusione, la nota poi precisa che: “Alla base del principio di neutralita’ tecnologica  risiede la necessita’ di favorire il benessere dei consumatori, cioe’ la possibilita’ da parte degli stessi di avere accesso ai contenuti senza discriminazione tra le reti di trasmissione. E questo principio puo’ essere pertanto riferito alla rete quanto al servizio”.
Il discorso sulla net neutrality è aperto da diversi anni ed è molto accesso soprattutto nell’America del Nord. Senza tale “regime” imposto alle compagnie telefoniche ed ai fornitori di servizi, questi soggetti potranno ridurre o aumentare la banda concessa ai propri utenti a seconda della tariffa pagata da questi ultimi. La filosofia sarà dunque semplice: più si paga, più velocemente si naviga e a maggiori portali/servizi si può accedere. In tal modo, il web garantirà un accesso totale e rapido solo a chi potrà permettersi costi medio-alti per gli abbonamenti. Non solo: data la posizione monopolista di alcuni colossi internazionali e delle compagnie telefoniche (abiutate da sempre a fare cartello per ridurre al minimo la concorrenza), i prezzi delle connessioni potranno salire proprio come accade, ad esempio, per la benzina.
Al momento, fortunatamente, quest’ultima ipotesi appare abbastanza lontana e difficile da realizzarsi concretamente nel breve periodo ma, al contempo, il rischio di rinunciare a spicchi sempre maggiori di neutralità della rete è da tenere in seria considerazione. Qui potrete visualizzare un video (in inglese) nel quale si spiega il concetto di net neutrality in maniera rapida ed elementare. Per avere un’idea ancora più chiara, potete inoltre visitare questa pagina che partito-pirata.it ha dedicato al delicato ed importante argomento.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Germano Milite

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Diamo all’Italia una strategia digitale

postato il 31 Gennaio 2011

Esprimo la mia disponibilità a lavorare assieme ai sottoscrittori del manifesto di “Agenda Digitale”, affinché la definizione di una strategia per la diffusione delle nuove tecnologie rientri da subito tra le priorità del Parlamento.

La politica deve farsi carico delle istanze che partono dal basso: dalle professioni, dai territori, dall’università e dalla ricerca.

Pier Ferdinando

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C’è voglia di buona politica nella rete

postato il 30 Gennaio 2011

C’è grande entusiasmo intorno al nuovo Polo per l’Italia, un entusiasmo che è stato palpabile a Todi dove si sono riuniti i parlamentari di Udc, Fli, Api, Mpa, liberali e Repubblicani ma che traspare anche dai commenti degli internauti. Sul palco di Todi tutti gli oratori che si sono succeduti non hanno portato soltanto il loro contributo politico e programmatico ma hanno trasmesso anche la loro grinta per una nuova avventura e si è percepita la bellezza di percorsi e contributi diversi espressi di volta in volta da Italo Bocchino, Rocco Buttiglione, Bruno Tabacci.

Ma l’entusiasmo per il nuovo Polo ha varcato anche la soglia dell’Hotel Bramante di Todi e grazie alla rete si è diffuso tra gli italiani. Ed è dalla rete che viene chiaramente l’indicazione di un forte interesse per questo progetto politico: in tanti si sono collegati al sito di Pier Ferdinando Casini e alla web Tv dell’Udc (grazie!) per avere notizie e informazioni su Todi che difficilmente hanno trovato spazio sui siti dei grandi quotidiani. Ma sono stati i social network il vero termometro di questo evento: su FacebookTwitter elettori, simpatizzanti e semplici curiosi hanno trovato materiale e notizie e hanno potuto esprimere il loro interesse, le loro proposte e le loro speranze. I “mi piace” e le “condivisioni” dei social network sono diventate incredibilmente le gambe del nuovo Polo che comincia subito a  correre veloce nella rete e conseguentemente anche nei cuori e nelle menti di tanti italiani ed italiane. Naturalmente ci sono anche le critiche, che terremo in considerazione!

La rete, come stanno dimostrando le “sollevazioni democratiche” che si stanno verificando nei paesi nordafricani, è veramente la nuova “agorà”, il luogo della democrazia e del cambiamento, una forza tranquilla che tiranni e politicanti di ogni specie – ai quali risulta molto scomoda, in quanto alla rete non si può tappare la bocca – vogliono fermare per preservare il loro potere. Essere protagonista nella rete, nei social network con le idee e i programmi non è solo un auspicio ma un dovere per il Polo per l’itala che si candida a rappresentare quegli italiani che vogliono un cambiamento radicale e che  nella rete trovano quello spazio di partecipazione politica che troppo spesso è negato dalla politica.

La Redazione

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Bravo Galletti, insisti: ragioniamo d’economia

postato il 29 Gennaio 2011

E’ sconcertante, e per altri versi, esilarante, osservare ogni giorno in televisione, tanti politici arrampicarsi sugli specchi. Ultimamente però, il tutto è stato acuito dalle indagini che hanno interessato il Presidente del Consiglio dei Ministri. Ore e ore di programmazione televisiva a frignare su queste stupidaggini, parole e parole spese in attacchi e difese, scontri e battaglie, scaramucce e applausi.

L’altra sera, a “Porta a Porta” su Rai Uno, ho notato qualcuno, ormai stufo di blaterare su questi temi: era l’on. Gianluca Galletti, dell’Unione di Centro, che, invitato da Bruno Vespa a esporre la linea politica del suo partito in merito alle vicende personali di Berlusconi, cercava di portare la conversazione fuori tema, parlando di federalismo, di riforma economiche, di indebitamento dei Comuni, di attività delle aule parlamentari. Galletti, anche se per pochi minuti, riusciva a far parlare i suoi interlocutori, tra cui l’on. Fabrizio Cicchitto e l’on. Anna Maria Bernini, entrambi del Popolo della Libertà, di temi concreti e soprattutto economici, con un risvolto reale sulla vita degli italiani.

Ma Vespa, riusciva a riportarli sul tema per cui erano stati invitati, con l’aiuto degli infaticabili falchi Antonio Padellaro, direttore de “Il Fatto Quotidiano” e di Maurizio Belpietro, direttore di “Libero”, che di economia e riforme non ne volevano sapere affatto, intenti come erano a rinfacciarsi le cavolate che giravano sui giornali negli ultimi giorni e che facevano vendere migliaia di copie ai loro quotidiani.

Ma perché Galletti era l’unico che voleva parlare d’altro? Perché gli altri interlocutori trovavano difficoltà a seguirlo? Perché chiunque, in questo Paese, voglia parlare di cose serie, è sommerso dalle cavolate? Perché non si parla seriamente di federalismo, dei suoi pro e contro? Perché non si parla dei reali effetti di questa riforma, soprattutto sulla libertà dei Comuni e sulle penalizzazioni delle aree svantaggiate d’Italia? Perché Vespa preferisce parlare tanto delle sue amate escort e delle sue oscene inchieste sugli omicidi, invece di parlare della crisi economica in Italia, tasso di disoccupazione alle stelle, ecc. ecc.?

È palese che Berlusconi fa l’agenda politica italiana, decide lui di cosa parlare e cosa nascondere. Ecco perché bisogna riportare al centro del discorso politico italiano i temi economici, imitando quel “kamikaze” mediatico di Galletti, che cercava in tutti i modi di farsi ascoltare. I politici responsabili devono riunirsi per programmare un futuro all’Italia e fare in modo che si parli d’altro. Solo così si spiazzeranno i millantatori di destra e di sinistra, capaci solo di ripetere a pappagallo i comunicati stampa diramati da Palazzo Chigi.

Parliamo di energia, di competitività, di made in Italy, di lavoro, di giovani, di turismo, di dissesto idrogeologico, di investimenti, di patrimonio artistico da valorizzare, di esportazioni, di imprese, di sburocratizzazione, di quote latte, di ambiente ed agricoltura, e dopo aver parlato, tema per tema, si dà una propria possibile soluzione al problema. In questo dovremmo imitare i tedeschi, che con pragmatismo hanno già recuperato le perdite dovute alla crisi finanziaria e ora continuano a crescere, sfruttando il volano delle riforme, della ricerca e delle esportazioni.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Antonio Di Matteo

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Telespettatori sull’orlo di una crisi di nervi

postato il 23 Gennaio 2011

Da un po’ di tempo se cerco una notizia o una informazione o se cerco di farmi un’idea su un determinato argomento o su una certa vicenda non accendo più la tv, ma inizio immediatamente a navigare in rete. Non è solo il segno dei tempi e del dominio di internet, ma anche l’orrore per tutto quello che ci propina la nostra televisione. Non basterebbe probabilmente un libro per narrare del museo degli orrori del piccolo schermo, tuttavia è sufficiente considerare questi due aspetti, le notizie e gli approfondimenti, per capire che la tv è il luogo meno adatto per cercarle.

Se cercate una notizia e vi sintonizzate sul telegiornale sbagliato potrebbe accadervi di non sapere assolutamente nulla di fatti e misfatti riguardanti il Cavaliere dimezzato, ma in compenso vi potrete fare un’ampia cultura generale che spazierà dalle meduse-cubo a Charlie lo scimpanzé tabagista, potrete anche scegliere i vasetti per la pupù più alla moda per i vostri pargoli e infine potreste salvare anche la vostra vita seguendo l’intervista a qualche luminare della medicina che rivelerà che per difendervi dal freddo dovete coprirvi e non uscire di notte. Preciso che quelle che precedono non sono banali battute ma servizi realmente mandati in onda dal Tg1 rintracciabili tutti nella mitica rubrica Minzoparade.

Se con le notizie siete stati sfortunati, non pensate di approfondire con qualche talk show, perché sperimentereste la stessa frustrazione di Aldo Grasso nell’assistere a delle vere e proprie messe cantate dove non si approfondisce nulla e si accavallano le voci dei pretoriani del Premier e dei suoi oppositori. Non riesco neanche a capire perché nei vari “Annozero”, “Ballarò”, “Porta a Porta” e “l’ultima parola” bivacchi sempre la stessa combriccola di politici e giornalisti che si muovono come gladiatori ben addestrati a combattere per compiacere i loro padroni. E in questi giorni di fine impero l’arena diventa anche più divertente (o triste a seconda delle prospettive) se la gladiatrice Daniela Santanchè, evidentemente sotto pressione, si esibisce in una vera e propria crisi di nervi che le fa scambiare Zucconi con Zincone, Washington con New York, la fa imbestialire appena Concita De Gregorio o Marco Travaglio aprono bocca e infine abbandonare lo studio a tacchi levati. Un po’ la signora Garnero in Santanchè mi intenerisce: ce la fareste ad andare ogni giorno in Tv a sostenere cose impossibili tipo che la terra è piatta e che oltre lo stretto di Gibilterra si precipita nel vuoto?

Dall’altra non mi inteneriscono i signori conduttori, i sommi sacerdoti di queste messe cantate, per il servizio (?) che continuano ad offrire ai telespettatori: che cosa dovrebbero approfondire, che coscienza critica dovrebbero formarsi mentre va in scena l’ultimo battibecco da pollaio? E mentre notizie e approfondimenti in tv sono merce rara sale la preoccupazione per i telespettatori sull’orlo di una crisi di nervi. Chi li salverà? Una notizia, of course. Con tutto il rispetto per Charlie lo scimpanzé fumatore.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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L’assegnazione delle frequenze del digitale terrestre è molto di più di una questione economica

postato il 21 Gennaio 2011

La battaglia per le frequenze del digitale terrestre non è solo una battaglia economica per vendere delle frequenze televisive e fare incassare allo Stato dei soldi (per la precisione si prevede un incasso di circa 2,4 miliardi di euro); è soprattutto una battaglia di diritti e trasparenza, e soprattutto una battaglia per determinare il futuro della televisione italiana che è così importante nelle nostre vite (basti pensare all’intrattenimento, ai modelli culturali, all’informazione che veicola la televisione).

Il ministro Romani ha assicurato che entro breve tempo si concluderà la vendita delle frequenze televisive legate al digitale terrestre, eppure la vicenda si trascina da mesi. Perché?

La gara è stata ripetutamente bloccata, dalle obiezioni sollevate in questi mesi dal ministro Romani sulla partecipazione di Sky all’asta, infatti lo scorso luglio la Commissione Europea aveva autorizzato Sky Italia a partecipare alla gara (beauty contest), ma Romani, allora vice ministro, aveva ipotizzato l’esistenza di una norma italiana che, in presenza di determinate condizioni, vieta il controllo del capitale di un operatore di rete televisiva da parte di un soggetto extra-comunitario. Volendo fare una battuta, potremmo dire che anche alle frequenze televisive serve il permesso di soggiorno, anche se per certi programmi servirebbe “il permesso del buon gusto”; ma torniamo sull’argomento centrale.

Avuto l’OK della Commissione Europea si poteva ipotizzare che la procedura si velocizzasse, invece no, perchè Romani decide di rivolgersi al tribunale amministrativo per un altro parere legale; ma il 20 dicembre la richiesta è rigettata, con la motivazione che il quesito era stato posto male e in maniera troppo generica. A questo punto, forte del parere della UE e senza problemi giuridici in vista, ci si aspetterebe il via libera alla gara, ma il ministro Romani decide di rivolgersi nuovamente al Consiglio di Stato, questa volta facendo bene i compitini e ponendo un quesito ben circostanziato. Secondo Romani, il parere arriverà tra 30 giorni circa, poi si procederà alla gara e per fine Aprile si assegneranno le frequenze.

C’è chi sostiene che tale scrupolo legale da parte del ministro Romani sia da ricercare nel fatto che chi maggiormente si è espresso contro la partecipazione di Sky sia appunto il gruppo televisivo Mediaset controllato dalla Finivest del presidente Berlusconi; a queste ipotesi il ministero risponde che la motivazione è quella di “evitare di esporre la gara ad una serie di ricorsi”.

Al di là di queste considerazioni se si va a considerare i dati Auditel degli ultimi 4 anni, pubblicati da Antonio Genna si osserva come il panorama televisivo stia cambiando, la presenza di Sky è cresciuta e che il digitale terrestre ha spezzettato gli ascolti danneggiando principalmente le “Ammiraglie” di Mediaset e Rai, come si osserva dal semplice sotto:

Ma il punto fondamentale è che se il governo italiano continua con questa “melina” giuridica, rischia una guerra commerciale con gli USA (SKY, che ha già lamentato forti penalizzazioni da parte del governo italiano è americana) e delle multe dalla UE perchè rallentiamo la libera concorrenza, per di più non si capisce perché queste obiezioni non siano sollevate anche in altri campi e altri operatori come Wind.

Su tutta questa vicenda, l’on. Rao, che già in passato era stato testimonial di punta nella battaglia per la liberalizzazione del WI FI ha affermato che frenare un operatore commerciale come Sky significa mettere a rischio investimenti, ma soprattutto, penalizzare i consumatori e che bisogna garantire leale concorrenza nel settore informativo.

Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

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Un’agenda digitale tricolore per connetterci al mondo

postato il 4 Gennaio 2011

Addio al 2010. Si è chiuso alle nostre spalle un anno appassionante e intenso, pieno di lotte e polemiche, in ogni campo, specialmente in quello della Libertà d’informazione, di stampa e di diffusione di Internet e della Rete. Proprio su questo blog, in tanti ci siamo spesi con diversi articoli sui vari temi: esprimendo tutta la nostra riprovazione nei confronti del DDL Intercettazioni, unendoci alla protesta degli utenti contro l’Ammazzablog, perorando la causa di liberalizzazione del Wi-Fi (con conseguente abolizione del medievale Decreto Pisanu).

Abbiamo criticato con forza la posizione ondivaga e confusa del Governo, che molto spesso ha dato l’impressione di non sapere nemmeno di cosa si stesse parlando; allo stesso modo, ora, accogliamo con favore l’abrogazione, dopo tante peripezie, dell’art.7 (o meglio dei commi 4 e 5) del decreto Pisanu. Finalmente, dall’1 gennaio gli esercizi pubblici (bar, ristoranti, alberghi ecc.) possono offrire connettività wi-fi (e via cavo) senza quelle complicate e assurde procedure burocratiche per loro e per gli utenti (come ad esempio l’archiviazione della fotocopia del documento di identità di chiunque acceda): rimane solo l’obbligo di richiedere la licenza al Questore per quegli esercizi pubblici che forniscono connettività internet come attività principale (gli internet point).

Questo vuol dire che anche la nostra Italia da oggi è un po’ più moderna, o meno arcaica, più in linea con gli altri Paesi evoluti del mondo.

Ma da qui a deporre le “armi” che abbiamo imbracciato in difesa della libertà, di strada ce n’è ancora tanta, forse troppa. Per questo ci auguriamo che questo 2011 possa aprirsi all’insegna di un’agenda digitale, di una serie di punti tesi ad ammodernare il rapporto che gli Italiani hanno con la Rete. In un post di qualche tempo fa, scrivevo che Internet – e quindi il libero accesso al suo utilizzo – rappresentano non solo una delle più alte espressioni della nostra libertà, ma soprattutto una nuova frontiera per lo sviluppo dell’economia e della società. Dare ai cittadini la possibilità di consultarlo in ogni momento e con ogni comodità, significa garantire un’apertura al mondo più moderna e tecnologicamente avanzata. Prendiamo il caso delle scuole: un istituto scolastico dotato di connessione Wi-Fi è considerato all’avanguardia, quasi offrisse un servizio fuori dal comune. E invece no. Perché ogni scuola, di qualsiasi ordine e grado, dovrebbe essere dotata di questo tipo di connessione. In fondo, quale mezzo migliore esiste per evitare che Internet diventi una perdita di tempo se non quello di insegnare, sin da piccoli, a integrarlo – in modo sapiente e costruttivo – nella propria vita? Dai libri alle ricerche, dallo svago allo studio.

Juan Carlos De Martin, su La Stampa, ha fatto il punto della situazione, analizzando nel dettaglio il grande ostacolo al libero sviluppo di Internet nella nostra nazione: un divario che è infrastrutturale, economico e culturale. Infrastrutturale, perché chi vorrebbe accedere a Internet non può per l’assenza della banda larga. Economico, perché quasi il 20% delle famiglie che non ha accesso a Internet trova troppo costoso il computer o l’accesso a Internet, o entrambe le cose. Culturale, perché il 23% di chi non accede a Internet la considera inutile e non interessante, mentre il 41% vorrebbe accedere, ma non ritiene di averne le capacità. Sono dati preoccupanti, perché ci mostrano un’Italia per certi versi assai arretrata e in fondo alle classifiche europee (davanti solo a Cipro, Grecia e Portogallo).

È necessario e indispensabile quindi agire con rapidità e decisione. Serve, per il 2011, un’agenda digitale che includa: grandi piani di investimenti con deduzioni fiscali per chi vorrebbe accedere alla rete ma non può permetterselo e contributi sostanziosi per le infrastrutture e la banda larga; programmi formativi e culturali per quanti si sentono intimoriti o non all’altezza dell’approccio alla Rete; un ampio e completo utilizzo delle immense possibilità offerte da Internet, con aggiornamento della normativa riguardante la proprietà intellettuale, informatizzazione delle pratiche amministrative e burocratiche e l’eliminazione dell’obbligo di registrazione per le testate online.

È con questi auguri che diamo il benvenuto al 2011, affinché sia un anno tecnologicamente più avanzato. Per quanto ci riguarda, il 2010 ci ha lasciato una consapevolezza che non dimenticheremo mai: il fatto che la Rete sia diventata il veicolo d’eccellenza per la parte migliore di quest’Italia, per quei cittadini che hanno ancora la forza e il coraggio di indignarsi e che, a forza di protestare, riescono ancora a ottenere qualcosa, a impedire che la nostra società diventi sempre peggio. È giunta l’ora di risalire la china.

Giuseppe Portonera

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Un Buon Natale con la libera connessione WiFi, inizia l’era dell’innovazione tecnologica?

postato il 24 Dicembre 2010

“A Natale puoi fare quello che non hai fatto mai”. Così recita un celebre motivetto reso noto da una pubblicità e così pare si possa dire del Governo che nel “decreto Milleproroghe” rispetterebbe l’impegno preso dal ministro Maroni di mettere fine all’autenticazione obbligatoria per navigare su una WiFi pubblica.

E’ arrivato finalmente il momento per  il nostro Paese di adeguarsi allo standard europeo per quando riguarda il WiFi? Molti commentatori ed esperti della materia sono molto prudenti perché non si conosce ancora il testo del “decreto Milleproroghe” e dunque non si può ancora dire esattamente se il celeberrimo decreto Pisanu sia stato realmente abolito. Da quello che trapela dal governo e dai commentatori più ottimisti pare che dovrebbe saltare l’identificazione del cliente e l’obbligo del gestore di tenere documentazione della navigazione dei clienti, ma rimarrebbe comunque l’obbligo per il gestore di chiedere la licenza al questore.

Bisogna dunque attendere un po’ e sperare che questa non sia solo una pia intenzione natalizia del governo. E’ importante però registrare nell’orientamento del governo  e in generale della classe politica un rinnovato interesse per l’innovazione tecnologica e un impegno serio per chiudere l’era della burocrazia wireless in Italia.

La liberalizzazione del WiFi, oltre che essere un provvedimento necessario per allinearci agli altri paesi Europei, potrebbe essere anche l’occasione per aprire una nuova fase politica di responsabilità come ha giustamente rilevato l’on. Roberto Rao. La liberalizzazione dei WiFi e una nuova stagione politica fatta di responsabilità e serietà potrebbero essere il regalo più grande che la classe politica di questo Paese possa fare agli italiani. Sarà il caso di scrivere una lettera a Babbo Natale? Intanto incrociamo le dita!

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Giù le mani dai nostri sogni

postato il 16 Dicembre 2010

La sera del 7 dicembre viene trasmesso in prima serata su rai 1 l’imperdibile classico Disney “Cenerentola”. Conclusa la romantica scena del ballo fra Cenerentola e il suo principe, la storia viene interrotta dalla pubblicità, che inizia con quella del programma di Bruno Vespa “Porta a Porta”: sullo sfondo, in formato gigante, ci sono le foto di Sarah e Yara; sopra di loro una scritta a caratteri cubitali “Come difendere i nostri figli?”; in primo piano Bruno Vespa e le sue parole: “Molte ragazzine si saranno commosse davanti a fiabe come quella di Cenerentola ma poi la loro vita è stata spezzata, come successo nei recenti casi di cronaca…”. Tutto questo davanti a più di 7 milioni di telespettatori, fra i quali bambini, adolescenti, giovani, adulti e famiglie.

Personalmente, sono senza parole. Come si fa a trattenere così violentemente i piedi per terra a chi riesce a volare con i sogni e la fantasia semplicemente guardando una fiaba del genere? Con quello spot il ritorno alla realtà sarà stato immediato. L’interruzione pubblicitaria già distoglie l’attenzione e il coinvolgimento emotivo dalla storia, le parole di Vespa, poi, hanno praticamente messo a confronto sogni e realtà, speranza e realismo, ottimismo e cinismo, serenità e dolore… fiducia e paura. Ma noi abbiamo già i tg, i giornali, i cinici, i pessimisti che ci convincono ogni giorno che le difficoltà nella vita sono infinite, che il mondo fa schifo, che non vale la pena combattere, che tragedie e drammi sono sempre in agguato dietro l’angolo, che i sogni sono per i sciocchi. Quello che ci manca, è qualcuno che ci ricordi che vale sempre la pena di lottare, che credere in noi stessi e nelle nostra capacità è fondamentale, che la vita oltre al dolore ci riserba sempre sorprese e gioie… che un sogno si realizza solo se ci crediamo. Ebbene, mi stupisco sempre della quantità di messaggi positivi e di valori che un cartone animato riesce a trasmettere (molto più di molti film per adulti), ma se anche questi vengono rovinati da chi continua a riportare la nostra attenzione sul lato del mondo più brutto e crudele, come facciamo a continuare a sognare?

Ricordiamoci e soprattutto convinciamoci che “Quando desideri qualcosa, tutto l’Universo cospira affinché tu realizzi il tuo desiderio” (Paulo Coelho) e mettiamo in pratica questo verso di una canzone di Eros Ramazzotti: “Segui il passo di un sogno che hai, chi lo sa dove può arrivare…”. I sogni non sono la realtà nel presente, ma possono esserlo nel futuro, se noi ci crediamo. Dunque chiedo rispetto: giù le mani dai nostri sogni!

“Riceviamo e pubblichiamo” di Chiara Cudini

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Caro Babbo Natale, spiegagli che internet non è la televisione

postato il 8 Dicembre 2010

Caro Babbo Natale,

Natale si avvicina, e come ogni anno ti scrivo per farti avere la lista delle cose che mi piacerebbe poter trovare sotto l’Albero. Avrei tante cose da chiederti, ma mi sa che in questo periodo di crisi così profonda (a proposito, risolta la vertenza sindacale con gli elfi?) dovrò limitare le mie richieste. Avevo già abbozzato qualcosina, ma purtroppo ho dovuto stracciare tutto, perché – temo – ci sono cose più importanti di quelle che avevo pensato. E sai perché? Perché il mio pomeriggio è stato guastato dalla consapevolezza che vivo in un’Italia per certi versi ancora così medioevale e retrograda da sembrare fissata ancora negli eterni e gloriosi anni 60. Non voglio tediarti con le mie lamentale, ma vista la tua millenaria saggezza, sono sicuro che saprai darmi una mano. Ti espongo, per rapidi punti, i fatti (qualora lì da te le notizie non siano già arrivate): è da un’Estate che si combatte, con tanta pazienza e decisione, per la difesa di alcuni elementari diritti liberali e per la modernizzazione di questo Paese. Da parte mia, con molta ma molta umiltà, ho cercato di offrire un piccolo contributo alla causa, che reputo nobile e alta, collezionando – di rimando – cocenti delusioni o profonde disillusioni. Ti faccio un esempio: qualche settimana fa ho esultato (povero illuso) sentendo che il Governo si era finalmente deciso, dopo mesi di tentennamenti inutili, ad abolire l’odioso e superato Decreto Pisanu, uno di quelle perle legislative tutte italiane che ha avuto il grande pregio di impedire alla nostra nazione di mettersi al pari con quelle sorelle. Grazie a questo decreto, in Italia abbiamo detto addio molto tempo fa al Wi-Fi libero e probabilmente non daremo mai il buongiorno al Wi-Max. Ma tant’è. L’annuncio del ministro Maroni (stop al Decreto Pisanu) mi aveva restituito una flebile speranza: forse, finalmente, si poteva mettere la parola fine a un tale abominio. E invece, come volevasi dimostrare, dopo più di un mese stiamo ancora aspettando questa paventata abrogazione che si è persa nei meandri del parlamentarismo e nella ben più importante (sic!) questione di (s)fiducia al Governo. Avevano voglia i sostenitori della libertà di Internet a sgolarsi: in Italia, in troppi si preoccupano ancora di mettere il giogo allo sviluppo di Internet, altroché. E nonostante gli annunci del Ministro Maroni, siamo ancora punto e accapo.

Al peggio non c’è mai fine, mi ripete sempre mia madre, caro Babbo Natale: avrai sentito sicuramente della vicenda di Julian Assange, il fondatore di Wikileaks. La situazione, secondo me, è assai paradossale: allora, c’è un uomo che un bel giorno entra in possesso di documenti riservatissimi che gli vengono passati da qualche gola profonda dell’amministrazione Usa; quest’uomo che – casualmente, sempre casualmente – ha un’agenzia che da sempre si occupa di liberalizzare i Segreti di Stato (diffondendoli via Internet) decide di fare quello che ha sempre fatto: pubblicarli. I Grandi della diplomazia mondiale si risentono, giudicando inaccettabile e addirittura pericoloso per gli equilibri del Pianeta il fatto che i molti conoscano ciò che i pochi pensano e decidono. Sarò un irresponsabile, ma io non ci vedo nulla di male (ma poi i fascicoli riservati sul tuo conto li hanno più pubblicati?): purtroppo il mio Governo (sì, sempre lui) non la pensa come me (non è un caso e me ne vanto) e per bocca del Ministro degli Esteri ha espresso una ferma condanna (e fin qui, ci poteva anche stare), arrivando però a definire questo Assange un “criminale”. E non contento di ciò, oggi era così soddisfatto dell’arresto del pericoloso bandito, da arrivare a dire che “per fortuna l’accerchiamento internazionale ha avuto successo”. Ma che bello, ti rendi conto?! Chi se ne frega di Bin Laden (ma tu che lo sai, esiste veramente? O è solo una bufala?), così vecchio e superato, ormai? I suoi messaggi di morte a milioni di cittadini fanno solo un baffo alle pericolosissime video-chat di Assange.

Al peggio non c’è mai fine: e infatti l’assoluta incomprensione e incompetenza del nostro Ministro sono solo funzionali a completare il grazioso quadretto di utilizzo di Internet da parte di vaste fasce di questo Centrodestra tutto italiano: altro che medioevale, qui siamo tornati ai temi del Soviet (ah, amata retorica del grande partito liberale di massa). Non ci credi, Babbo? Qualche tempo fa passavo dalle parti del sito internet del deputato Pdl Antonio Palmieri, responsabile internet e nuove tecnologie di questo partito. Un bel sito, non c’è che dire. Sai che mi sono detto? Quasi quasi glieli scrivo pure i miei complimenti. Vado quindi per commentare e che mi trovo davanti: Per fare in modo che la conversazione sia utile e proficua, tutti i commenti saranno letti ma saranno pubblicati quelli che porteranno un contributo effettivo al tema proposto dal post. Oddio, ma stiamo scherzando? La netiquette dei blog insegna che tutti i commenti, anche quelli più duri e meno graditi, vengano pubblicati, purché non siano gratuitamente volgari. In questo blog, la concezione è ribaltata: da una parte si assicura la lettura di tutti i commenti, ma dall’altra si mette in chiaro che il blogger si arrogherà il diritto di scegliere ciò che è buono e ciò che è sbagliato, ad esclusivo diritto delle sue convinzioni. Ognuno sia padrone nelle sue cose, va bene: ma a tutto c’è un limite. Chissà se a casa sua funziona pure così: tutti invitati, tutti ascoltati, ma possono parlare solo gli interpellati dal padrone di casa. Bene, molto bene.

Al peggio non c’è mai fine: mai parole furono più profetiche. E infatti, mio caro Babbo Natale, abbiamo la chicca della giornata. Qui in Italia esistono dei cosiddetti Promotori della Libertà (bel nome, eh?) che hanno il compito di difendere la grande rivoluzione liberale portata avanti da Berlusconi in 16 anni di politica (beati loro che riescono a vederla!). Ebbene, sappi che grazie a un amico ho avuto modo di leggere una lettera che la Presidente di questi Promotori, il ministro Michela Brambilla, ha inviato ai suoi soldati . Dopo tante formalità, il ministro annuncia che il Premier ha intenzione di diffondere un messaggio audio in occasione di una manifestazione di sostengo e chiede quindi “di tener conto della necessità di dotare le strutture di un impianto audio, proporzionato all’iniziativa, che possa efficacemente diffondere il messaggio del nostro Presidente Berlusconi”. Stop. Internet – nella sua visione – è solo un supporto efficace per veicolare un messaggio in modo esclusivamente verticale e acritico. Ora, dimmi tu se questi hanno capito cosa vuol dire usare correttamente la Rete. Negazione del confronto orizzontale, i metodi della tv portati su Internet, obbligo di diffondere pedissequamente il messaggio del leader, affinché “la sua voce e le sue argomentazioni possano arrivare direttamente alla gente”. Senza inutili intermediari o ancora più inutili dialoganti.

Caro Babbo Natale, ti avrò annoiato fin troppo, scusami. Purtroppo le cose da dire sarebbero ancora tante ma io non ti ho ancora chiesto cos’è che voglio per Natale. Per me non chiedo nulla: chiedo solo che la notte del cenone, gli esponenti del governo ricevano un manuale semplice semplice che gli spieghi che Internet non è male e che non è nemmeno la Televisione. Internet è libertà, è partecipazione, è il nostro patrimonio più prezioso. Ma se proprio riterrai questo impossibile, allora portami via con te: lavorerò come elfo o come folletto, mi va bene tutto. Accetto anche la paga minima salariale. Lo prometto.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

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