Tutti i post della categoria: Politica

I 5 Stelle difendono il regime in Venezuela

postato il 25 Gennaio 2019

«Posizione ridicola. il governo esprima solidarietà ai venezuelani oppressi»

L’intervista di Ettore Maria Colombo pubblicata su QN

«L’Italia deve dire al più presto la sua. Dobbiamo stare con l’unica autorità legittima, il Parlamento del Venezuela». Parla Pier Ferdinando Casini (nella foto), senatore del gruppo Autonomie e Presidente dell’Interparlamentare italiana, organismo bicamerale che aderisce all’Organizzazione mondiale dei Parlamenti (IPU-UIP).
Casini, con chi bisogna stare, in Venezuela?
«Dobbiamo stare dalla parte dell’unica istituzione legittima e democratica del Venezuela che è il Parlamento. Altre soluzioni non sono possibili. L’unico usurpatore è Maduro, non certo Guaidò. Mi aspettavo che le autorità italiane facessero, come minimo, ciò che hanno fatto e detto i presidenti della Spagna, Sanchez, e della Francia, Macron. Bisogna esprimere una posizione solidale con le migliaia di venezuelani che manifestano per la libertà del loro popolo».
Di chi è la colpa di quanto accade?
«Non mi interessano le ricostruzioni e le analisi storiche. Bisogna esprimere subito e in ogni modo la vicinanza dell’Italia al Parlamento venezuelano e a un popolo, ridotto allo stremo, che per il 90% vive in stato di povertà».
La Cgil ha votato un documento di solidarietà a Maduro poi smentito…
«Sono totalmente contrario allo spirito di quel documento, ma prendo atto della smentita della Cgil. In ogni caso, il sentimento del Pd, che ha parlato al Senato, è ben diverso».
Le dichiarazioni pro-Maduro allignano anche nei 5Stelle?
«I 5Stelle stanno con Maduro contro ‘il complotto del grande capitale’. Mi chiedo se siamo su ‘Scherzi a parte’. Sono stato in Venezuela, anni fa, e ho visto bambini che rovistavano nell’immondizia pur di mangiare. Il Venezuela è un regime di narcotrafficanti, questa è la verità».

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Venezuela: Italia batta un colpo, Moavero scelga posizione Paesi liberi

postato il 24 Gennaio 2019

Governo stia a fianco Guaidó e Parlamento venezuelano

Signor Presidente,
anzitutto vorrei cominciare questo breve intervento mandando un pensiero affettuoso e sincero, spero rappresentativo di tutto il Parlamento, agli italiani che stanno in Venezuela e che in questo momento soffrono pesantemente le conseguenze di una situazione che si protrae da diversi anni.
Onorevoli colleghi, credo che tutti abbiamo assistito con apprensione a quello che sta capitando in Venezuela. Io vorrei dire una cosa in premessa. Sul Venezuela la politica italiana negli anni passati si è divisa pesantemente: del Venezuela abbiamo dato giudizi diversi; storicamente del chavismo sono stati dati giudizi diversi. Ma oggi non è il momento di riaprire la pagina delle discussioni storico-politiche. Oggi è il momento di guardare in faccia la realtà e di vedere come uno dei Paesi che negli anni Settanta erano tra i più ricchi del mondo, ai vertici di tutte le statistiche mondiali, oggi si è ridotto ad un Paese in cui un decimo della popolazione è scappata; il 90 per cento vive sotto i livelli di dignità; i bambini in gran parte non vanno più a scuola, ma li trovate accanto ai bidoni della spazzatura per cercare per le loro famiglie qualcosa da mangiare; il cibo è razionato; la produzione petrolifera è scesa da 3 milioni di barili a 900.000, e probabilmente nei prossimi mesi si arresterà, per la semplice ragione che non sono state adeguate le attrezzature in tutti questi anni, pertanto anche l’unica risorsa che il Paese ha si sta inaridendo.
Davanti a questa situazione, colleghi, voi sapete benissimo che negli anni scorsi sono intervenute autorità internazionali, dall’ONU all’Organizzazione degli Stati americani, dal Mercosur a quella che è la principale risorsa spirituale del Venezuela, ossia la Chiesa cattolica e la Conferenza episcopale. Non solo. Il Santo Padre, Papa Francesco, e il Vaticano sono intervenuti più volte per cercare anche di proporsi – poiché avevano il consenso di tutti, del regime e dell’opposizione – come elemento di dialogo politico.
Io ricordo ai colleghi – molti di voi sono arrivati un anno fa – che un anno e mezzo fa il Senato approvò a larghissima maggioranza una mozione e il Governo espresse parere favorevole su di essa. Vi faccio solo notare che, allora, il Ministro degli affari esteri venne in quest’Aula a ricordarci come i nostri connazionali volessero medicinali; alcuni nostri funzionari dell’ambasciata avevano avuto congiunti morti per malattie abbastanza banali e non c’erano medicinali. Ma davanti alla richiesta delle autorità italiane di fare arrivare i medicinali alla nostra comunità, il Ministro degli esteri venezuelano aveva detto al nostro Ministro degli esteri che in Venezuela le cose andavano bene; che dei medicinali non ce n’era bisogno; che se avessimo avuto bisogno di medicinali per i nostri connazionali, li avrebbero forniti loro; e che avremmo dovuto solo dare un elenco. [Continua a leggere]

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Battisti: “Saldato un debito, ma che errore dare l’idea di uno Stato che si vendica”

postato il 16 Gennaio 2019

 


Pubblichiamo l’intervista di Monica Rubino pubblicata su Repubblica

«I due ministri che aspettavano l’arrivo di Cesare Battisti hanno dato l’idea di uno Stato che si doveva vendicare. Mentre lo Stato deve essere implacabile, non vendicativo». Pier Ferdinando Casini, senatore del gruppo Per le Autonomie alleato con il Pd, mette in chiaro la differenza tra due visioni dello Stato, dopo la passerella di Salvini e Bonafede, che all’aeroporto di Ciampino si sono divisi la scena del ritorno dell’ex terrorista.

Che impressione le ha fatto il rientro di Battisti?
«E’ stato motivo di soddisfazione perché Battisti è un assassino condannato per omicidi e non poteva che essere estradato. Ma ho trovato triste il contesto».

I due ministri all’aeroporto le sono sembrati inopportuni?
«Se Salvini avesse tenuto una conferenza stampa al Viminale, l’avrei ritenuto doveroso e forse l’avrei anche applaudito. Ma parlare all’aeroporto, per di più con una divisa indosso, e stata un’ostentazione. Dubito che questa propaganda alia lunga risulti efficace. Il centrodestra è sempre stato estraneo all’idea di giustizialismo. Oggi sembra che la Lega abiuri il garantismo giuridico assorbito negli anni dell’alleanza con Berlusconi per riproporre gli stereotipi che indussero il Carroccio, venti anni fa, a portare il cappio in Parlamento».

La giustizia non ha bisogno di parole forti.
«Certo che no, siamo figli di una cultura giuridica garantista che dobbiamo preservare. Altrimenti di questo passo finiremmo con l’arrivare alla pena di morte».

Si sarebbe augurato maggiore unità tra le forze politiche?
«Sì perché è stato finalmente saldato un debito ideale coni figli delle vittime del terrorismo. E invece anche questo evento è diventato l’ennesimo spettacolo di propaganda degli uni contro gli altri. E’ una barbarie lo Stato che non riesce più ad avere dei momenti comuni, come accadde in passato ad esempio per i fatti di Nassiriya o per l’omicidio Biagi».

E’ preoccupato per il clima di violenza crescente in Italia e in Europa?
«Figli di questa orgia di violenza di parole sono, da un lato, gli imbecilli di Bologna che inneggiano a Battisti. E dall’altro il terribile omicidio del sindaco polacco, che dimostra come la continua istigazione alia violenza alia fine produca atti di violenza».

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«E’ una deriva venezuelana, si rischia la dittatura delle minoranze»

postato il 8 Gennaio 2019

L’intervista di Dino Martirano pubblicata sul Corriere della Sera

«La riforma che introduce il referendum propositivo senza quorum e pericolosissima. Così si avanza rapidamente verso una possibile dittatura delle minoranze che nessuno ci garantisce estranee a poteri forti e lobby…». E’ seriamente preoccupato l’ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini — che, a questo punto, e il decano dei parlamentari se si esclude il senatore a vita Giorgio Napolitano 一 perché con la riforma Fraccaro «si inaugura la stagione del derby permanente tra il popolo e le Camere, innescando un grave rischio per le istituzioni democratiche del Paese…».

Il governo gialloverde, che ha anche un ministro per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta, punta sull’ iniziativa «legislativa popolare rafforzata» per mandare in pensione le Camere?
«In passato c’è stata una fase in cui i regimi totalitari hanno abolito le Camere o le hanno ridotte a soggetti serventi. Poi c’è stato un lungo periodo (da Craxi a Berlusconi) in cui i processi riformatori hanno messo in discussione, a volte anche con ragioni, un eccessivo corporativismo parlamentare. Oggi siamo arrivati a chi vuole “aprire il Parlamento come una scatoletta di tonno”. Ma tutti noi dovremmo ricordare bene che fine fanno le scatolette dopo essere state aperte: finiscono buttate nel secchio della spazzatura».

La Lega ha prima presentato e poi a sorpresa, nonostante l’iniziale appoggio di Salvini, infine ritirato un emendamento che fissa al 33% l’asticella del quorum di partecipazione.
«Il ritiro dell’emendamento della Lega e un fatto gravissimo perché il referendum propositivo senza quorum sarebbe un colpo mortale per la democrazia parlamentare. Con questo passo indietro mi sembra evidente il gigantesco baratto concordato da Lega e M5S». [Continua a leggere]

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«Sbagliato boicottare le leggi. Così i sindaci aiutano Salvini»

postato il 6 Gennaio 2019

Alle Europee uniamo i partiti anti sovranisti

L’intervista di Antonella Coppari pubblicata su QN

Presidente Casini, tra i sindaci e Salvini da che parte sta?
«Dalla parte delle persone serie. Quelle che non fanno propaganda, ma hanno il senso delle Istituzioni. Se l’opposizione pensa di essere credibile organizzando un boicottaggio delle leggi dello Stato sbaglia: sta solo facendo a Salvini un grande favore».
Perché?
«Le leggi si rispettano anche se non piacciono. Nessun esponente politico, specie quelli istituzionali, può valicare questo confine». [Continua a leggere]

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Tria e Conte? Adesso è giunta l’ora della verità

postato il 3 Dicembre 2018

Al Senato vedo muoversi i nuovi responsabili

L’intervista di Simone Canettieri pubblicata sul Messaggero

Presidente Pier Ferdinando Casini, è preoccupato da questa manovra del popolo?
«C’è da allacciarsi le cinture di sicurezza. Le persone normali cominciano ad avere i brividi. L’Italia naviga a vele spiegate verso la recessione. Ora sarà anche vero che il deterioramento dell’economia parte da lontano, ma il colpo di grazia lo hanno dato questi sei mesi di incertezze, demagogie, offese alle autorità europee e di riscoperta assistenziale».
Non mancano i segnali di insofferenza.
«Non è un caso che il Nord produttivo sia un subbuglio e che sabato a Bologna, nella mia città, le piccole imprese abbiano elevato un grido d’allarme pesante: si sentono abbandonate».
Crede che il premier Conte e il ministro Tria abbiano la forza di imporsi sui due vicepremier Di Maio e Salvini?
«Conte e Tria sono figli di questa maggioranza: il bilancio di questi mesi per loro non è certo esaltante».
Ma l’Europa sembra appellarsi però proprio a loro due: è una trattativa dall’esito impossibile?
«In politica bisogna coltivare la dose della speranza e della pazienza, oggi paradossalmente proprio queste due persone possono salvare la maggioranza gialloverde da un’autentica disfatta. Io spero che ci riescano anche perché chi milita nella minoranza, come me, deve avere a cuore il destino del Paese».
Quindi la teoria dei pop-corn non l’appassiona?
«No, non mi piace».
Evitare il muro contro muro con l’Ue a cosa porterebbe?
«Si darebbe fiato alla discesa dello spread e anche il collocamento dei titoli di Stato sarebbe meno proibitivo. Comunque se anche dovesse andar bene, rimarrà un giudizio severo sul fatto che abbiamo creato due mesi di inutili polemiche che hanno dato credibilità alla Commissione, a discapito dell’Italia». [Continua a leggere]

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#P20: le sfide in un mondo che cambia

postato il 31 Ottobre 2018

Al Forum parlamentare e summit dei Presidenti dei Parlamenti del G20, organizzato a Buenos Aires dall’Assemblea argentina e dalla Uip , nella sessione “le sfide in un mondo che cambia”

È stato calcolato che nel mondo 1,4 miliardi di persone vive con un dollaro al giorno e che 850 milioni di individui soffrono la fame. Ci sono disparità nella distribuzione della ricchezza che sono a tutta evidenza insopportabili. Secondo certe statistiche, l’1% più ricco della popolazione mondiale possiede più del restante 99%; e dal 2010 in poi il 50% più povero non è mai riuscito a possedere più dell’1,5% della ricchezza mondiale.
Questi problemi sono esasperati da un progresso tecnologico che ha abbreviato le distanze e i tempi. Questo stesso progresso tecnologico, tuttavia, deve permettere di individuare soluzioni e offrire prospettive. A questo scopo è necessario mettere insieme le risorse finanziarie e umane del pianeta per rendere questo percorso più rapido e più efficace.

Non aiutano in questo senso le ideologie che invocano il ritorno a formule politiche di chiusura verso l’esterno; si immaginano statualità ripiegate su sé stesse e sui propri cittadini, incapaci di mettersi in rete con altre nazioni per favorire la ricerca, lo sviluppo, il progresso. In questo senso non può non preoccupare il ritorno a sovrapprezzi internazionali sulle merci, i dazi, che ostacolano il libero scambio.
È una reazione esagerata agli eccessi di una globalizzazione che negli scorsi decenni non siamo stati in grado governare. Allo stesso tempo non si possono accettare politiche di penetrazione dei mercati attraverso la riduzione artificiosa dei costi di produzione e dei prezzi, il cosiddetto dumping. Le guerre commerciali sono state storicamente nocive ed hanno portato solo svantaggi. Anche su questo terreno è indispensabile una collaborazione internazionale realmente efficace.
Penso realmente che da oggi tutti insieme dobbiamo metterci al lavoro sviluppando un impegno comune non solo della politica, ma di tutte le forze vive delle società dei nostri paesi per realizzare l’obiettivo di cui si è parlato all’Assemblea generale delle Nazioni Unite a settembre: lavorare concretamente perché in tutto il mondo vi siano società ispirate ai principi di pace e giustizia.

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Europee: Via i simboli, serve l’unità di tutti gli anti-sovranisti

postato il 17 Settembre 2018

La mia intervista a La Repubblica

Ecco la ricetta di Pier Ferdinando Casini in vista delle Europee, di fronte al rischio di un prossimo bipolarismo populista.
«Non dobbiamo presentare liste di partito, ma giocarcela controvento e in modo inedito. Serve un’alleanza nuova. Che unisca le diversità, dalla Lorenzin alla Boldrini, da Calenda alla Bonino. Che dia preminenza ai temi europei, uscendo dalle appartenenze ideologiche di vent’anni fa. Spiegando che la nostra Europa non è questa, burocratica, timida e dei compromessi, ma una Unione autenticamente federalista».
Se Eugenio Scalfari ipotizza la nascita di un soggetto europeista liberal-democratico che affianchi il Pd in una battaglia anti-sovranista, Casini ne caldeggia l’unificazione sotto un unico simbolo: «Proprio il Pd – dice – deve essere il seme di qualcosa di nuovo. Massimo rispetto per il congresso, per carità. Ma se davvero qualcuno pensa di risolvere qualcosa con la sfida tra Martina e Zingaretti, auguri».

Casini, rimettersi in discussione per non morire?
«Se alle Europee le forze europeiste non trovano questo coraggio e si limitano a presentare le solite liste di partito, se non fanno un salto in avanti verso il federalismo e gli Stati Uniti d’Europa, se non ci mettiamo a criticare l’Europa per ragioni opposte ai sovranisti spiegando che i migranti li distribuiamo soltanto col federalismo, non certo con le loro ricette – andremo incontro al disastro».

Dicono: recuperiamo l’unità della sinistra. Un giusto obiettivo per ripartire?

«Per carità, fatelo, ma purtroppo non si risolve nulla. Io da moderato ho corso a Bologna e sono stato eletto col contributo decisivo del Pd. Temevo Errani e Bersani, ma quei voti sono finiti a Cinquestelle e Lega. O si fa una cosa diversa e si affronta anche il rischio del salto nel vuoto, oppure perdiamo. Negli anni Novanta abbiamo parlato di Seconda Repubblica, ma la classe dirigente era in gran parte la stessa. Stavolta no, siamo in una stagione politica diversa. E le vecchie famiglie politiche non esistono quasi più».

La crisi è irreversibile?
«Pensate al Ppe. C’è dentro Orbàn, ma anche le famiglie del Nord europeo che la pensano come il Pd. E poi, è finita l’era della competizione collaborazione tra popolari e socialisti. Tutta questa roba qui non c’è più. Sapete chi l’ha capito prima e meglio? Salvini, che infatti non parla più di centrodestra, uno schema ormai del passato».

Un ultimo dubbio: che ruolo giocherà Renzi?
«Sono ben conscio dei suoi errori, ma non sottovaluterei che è tra i pochi a saper risvegliare la gente. Nel Paese sono riconoscibili Salvini, Di Maio e, sia pure ammaccato, proprio Renzi. Guardate come l’hanno accolto durante le ultime feste dell’Unità. Poi certo, non credo debba tornare a fare il segretario, sarebbe avvilente anche per lui. Ma immaginare un congresso in cui escludono Renzi, beh, è demenziale».

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Saltati tutti i vecchi sistemi, la sfida è tra populisti e riformatori

postato il 29 Agosto 2018


L’intervista al Nuovo Quotidiano di Puglia di Oronzo Martucci

Presidente Pier Ferdinando Casini, lei da anni trascorre le vacanze nel Salento. Ha colto elementi di stanchezza e criticità che possono portare i turisti a scegliere altre mete, come è emerso a giugno e luglio nella zona di Gallipoli?
«Frequento il Salento dal 1997 e la contabilità si fa a fine stagione, perché è cambiato il modo di fare vacanza. Ora chi può non concentra le ferie su luglio e agosto, ma su 4 mesi. Vedo in qualche posto che c’è meno gente, ma nei posti di qualità davvero la crisi non viene avvertita. Gallipoli merita un discorso a sé».
In che senso?
«Se a Gallipoli il chiasso e il caos erano diventati prevalenti mi pongo la domanda: la flessione eventuale è un danno o un bene? Senza essere classisti, non si può organizzare il turismo e l’accoglienza su strutture andanti, messe su per fare cassa. Io sono per il modello turistico che accoglie le famiglie e il ceto medio, non per il modello Costa Smeralda. Ma il Salento deve anche puntare a sostenere e intensificare la presenza delle strutture di elite che sono sorte in modo diffuso. Anche le città d’arte attraggono sempre più visitatori. E questo è un bene».
Vittorio Sgarbi ha dichiarato che Lecce è la pornostar del turismo pugliese, evidenziando le criticità che la caratterizzano. Anche il critico d’arte Philippe Daverio ha parlato della necessità di ridefinire il modello turistico di Lecce. Qual è la sua idea a proposito?
«Lungi da me il voler alimentare polemiche con Sgarbi. Nell’occasione tra l’altro mi sento di condividere la necessità di definire un modello che sia capace di attrarre e allo stesso tempo accogliere turisti. Il Salento presenta una straordinaria bellezza in ogni suo angolo. Ho fatto un giro in parapendio nei giorni scorsi e ho constatato ancora volta che il mare del Salento non è paragonabile a quello dell’Emilia Romagna, la mia regione. Lì non ho voglia di fare il bagno, nel Salento starei sempre in mare. Però, in quanto a servizi, l’Emilia Romagna batte la Puglia di molte lunghezze».
Le sue frequentazioni salentine?
«Ho un rapporto di stima e amicizia con il collega Dario Stefàno, che è un difensore e un amante del Salento. Ma riconosco anche il valore di Raffaele Fitto, di cui il Salento e la Puglia hanno ancora bisogno. Ha tentato la missione impossibile, con la sua nuova formazione politica, di arrivare in parlamento e non ce l’ha fatta. Ma ha fatto bene il presidente della Regione e il ministro e ora fa bene l’europarlamentare. La Puglia ha ancora bisogno di lui».
A proposito di Regione, come giudica il lavoro dell’attuale presidente, Michele Emiliano, con il quale dovrebbe avere qualche sintonia visto che lei è stato eletto al Senato con il Pd, il partito del presidente? [Continua a leggere]

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Prevalgono rancore e demagogia. No a una commissione parlamentare

postato il 24 Agosto 2018

L’intervista di Paola Di Caro pubblicata sul Corriere

«II prevalere dell’impasto tra la demagogia e il rancore è la cosa peggiore che può accadere a questo Paese». Va controcorrente Pier Ferdinando Casini, e dopo il dramma di Genova non solo si schiera contro ogni ipotesi di nazionalizzazione, ma dice no anche alla richiesta di Forza Italia e parte del centrosinistra — con il quale è stato eletto — di una commissione d’inchiesta che indaghi sul crollo del ponte Morandi.
Ha presieduto la commissione Banche, perché dice no a quella per Genova?
«Votai contro l’istituzione della commissione, pur avendola poi presieduta perché strumenti di indagine così delicati possono produrre risultati — e non uno scontro di tutti contro tutti svilente per la politica e per il Paese — solo se ci si spoglia dei propri panni di provenienza, e ci si muove in una logica bipartisan». [Continua a leggere]

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