Tutti i post della categoria: Riceviamo e pubblichiamo

Febbre d’azzardo…

postato il 7 Maggio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Anna Giunchi

Il gioco d’azzardo patologico, classificato in psicodiagnostica all’interno dei disturbi ossessivo-compulsivi, è una problematica da non sottovalutare, soprattutto in conseguenza degli esiti che può determinare nella vita sociale dell’ individuo.  I giocatori compulsivi (o patologici) sono persone incapaci di resistere all’impulso di giocare con somme di denaro, al punto da farlo in maniera cronica e progressiva, fino alla compromissione delle proprie relazioni sociali e familiari. Si è calcolato che i giocatori d’azzardo patologici presentano tentativi di suicidio di 4 volte superiori rispetto alla media dell’intera popolazione. A ciò bisogna aggiungere i danni creati dalla frequente associazione con altre dipendenze, come quelle da alcool o da sostanze stupefacenti.
Le conseguenze più evidenti, tuttavia, sono quelle strettamente legate alle perdite finanziarie, nonchè le ripercussioni sull’ambiente di lavoro e sul contesto familiare.

Tuttavia, grazie alla proposta di legge presentata alle Camere dall’ Udc , firmata dal consigliere regionale dell’Emilia Romagna Silvia Noè, da qui a pochi mesi si compieranno grossi passi avanti nella prevenzione  all’insorgere della patologia.  La proposta di legge parla infatti di un “divieto di installazione dei sistemi di gioco d’azzardo elettronico in luoghi pubblici, o aperti al pubblico, nei circoli e associazioni”. Si parla di una sanzione che va dai 1.000 ai 6.000 euro a dispositivo, e la confisca (con distruzione) degli apparecchi senza autorizzazione.  Accanto al progetto di legge nazionale vi è anche una normativa regionale, firmata dalla stessa Noè, sorta con lo scopo di prevenire tutte le forme di dipendenza particolarmente comuni nelle fasce sociali maggiormente colpite dalla crisi. Vi sono persone che riservano speranze e illusioni nella monetina da un euro, e non vedono più la giocata come intrattenimento, quanto come dipendenza ossessiva.

Nella proposta di legge vi è l’obbligo, per i gestori, “di esporre materiale informativo che evidenzi i rischi connessi al gioco eccessivo”. Riportato, inoltre, il divieto di fare pubblicità sull’apertura o sull’esercizio di sale giochi.

La Regione prevede corsi di formazione per gli operatori delle sale da gioco, nonchè campagne di sensibilizzazione e di sostegno per gli affetti da quella che è una vera e propria patologia: la ludopatia.

Un viaggio di incontro da parte della politica locale verso una problematica di carattere sociale; lo stesso Ministro della Salute Renato Balduzzi ha mostrato il proprio sostegno verso l’iniziativa.

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La spending review è un metodo permanente, non un mezzo occasionale

postato il 3 Maggio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

Mario Monti, alla fine, ha dato il via alla tanto attesa seconda fase del suo Governo: dopo le tasse e i sacrifici, ha deciso infatti di mettere mano al taglio della spesa pubblica – condizione necessaria per provare a rimettere in sesto questo Paese. In tutti questi anni, in Italia, ogni politica di crescita economica non è mai riuscita a prescindere dall’aumento della spesa pubblica, dal suo dilatamento e dal suo ingigantimento: servivano investimenti, si diceva; bisognava sostenere la domanda, si aggiungeva; era necessario l’intervento dello Stato, si concludeva.

E così, sotto l’ala della giustificazione nobile, si sono coperti anni e anni di mala politica: la spesa pubblica “improduttiva” (gli sprechi, per intenderci) è diventata sempre più grossa, alimentata da investimenti sbagliati e mal indirizzati, e ha finito per soffocare la parte di spesa “produttiva”, riferita all’erogazione dei servizi pubblici. Epperò, ogni volta che si chiede di tagliare la “spesa pubblica”, parte la corale alzata di scudi: “si taglino gli sprechi, ma non i servizi!”; sacrosanto, ma avete provato a chiedervi “quanti sprechi si annidano tra i cosiddetti servizi?”. Ecco, il Ministro Giarda ha fatto il punto della situazione in un doc che è stato pubblicato sul sito del Governo, oggi: il costo di produzione dei servizi pubblici è aumentato in trenta anni molto di più di quelli del settore privato – con un aggravio di spesa di circa 70 miliardi. E a tutto questo si aggiungono poi le decisioni sulla messa a frutto delle risorse, sbagliate perché influenzate dalla sfera politica e dai numerosi interessi costituiti del nostro Paese.

Tutto questo e molto altro deve essere radicalmente modificato e la decisione del Governo di mettersi all’opera (per ora con le forbici, quando però servirebbe uno strumento un attimino più aggressivo) è sicuramente positiva. Perché, come ha giustamente fatto notare Carmelo Palma su Libertiamo, con questa scelta (forse) si è finalmente capito che il sistema Italia per come ha funzionato finora (e non pensate sia un male recente, basterebbe rileggersi cosa scriveva Sturzo nel ’50), non va bene (non è mai andato bene): se si fa un buco, non lo si può coprire con un altro, “in uscita (e quindi da sinistra) o in entrata (e quindi da destra)”.

La spending review, espressione che speriamo possa presto entrare a far parte del nostro vocabolario politico quotidiano, non è e non può essere solo un “mezzo occasionale”, per evitare qualcosa (come può essere l’aumento dell’IVA ad ottobre): deve essere un “metodo permanente”, per liberare energie nuove e “restituire alla vita l’infrastruttura pubblica”. Solo che, perché questo accada, bravi tecnici e competenze acclarate non basteranno: serve una chiara e decisa volontà politica. E anche un po’ più di onestà intellettuale in materia.

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Sull’IMU Maroni recuperi la memoria

postato il 30 Aprile 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Roberto Dal Pan

Stupisce anche chi è abituato a leggere e parlare di politica il candore virginale con cui alcuni esponenti partitici, peraltro con rilevanti ruoli ricoperti nei passati governi, riempiono i media di dichiarazioni in cui si dichiarano accesamente contrari ad un provvedimento di legge che, guarda caso, porta in calce la loro firma. Stiamo parlando, è evidente, dell’IMU e della pretesa “obiezione fiscale” tanto invocata dallo stato maggiore della Lega Nord, a cominciare dal “nuovo” leader Roberto Maroni.

Orbene, se le parole hanno ancora un senso ed i numeri non tradiscono, l’IMU è stata introdotta nell’ordinamento italiano dal Decreto Legislativo 14 marzo 2011 n. 23 recante “Disposizioni in materia di Federalismo Fiscale Municipale”; il suo articolo 8 introduce infatti la famigerata “Imposta Municipale propria” di cui si parla. Scorrendo fino alla fine il testo di legge si scorge la firma del Presidente della Repubblica seguita da quella del Presidente del Consiglio pro-tempore Silvio Berlusconi e poi compaiono le firme degli allora ministri interessati tra cui Tremonti, Bossi, Calderoli e Maroni.

La norma era infatti stata introdotta nell’ambito del pacchetto relativo al federalismo fiscale come parziale ristoro dei tagli lineari fatti ai bilanci degli enti locali; tagli voluti da parte di quel governo sostenuto da una forza politica quale le Lega Nord che in ogni piazza elettorale non mancava di garantire il proprio sostegno a Comuni e Provincie salvo poi avallare la rapina ai danni dei loro bilanci.

Nella sua stesura originaria l’IMU doveva entrare in vigore dal 2014 e forse non era una data proprio casuale se la fine ordinaria della legislatura è prevista per il 2013; imporre nuove tasse è sempre impopolare, meglio se la colpa ricade su qualcun altro. L’anticipazione al 2012 è stata disposta in via sperimentale dal Decreto Legislativo 6 dicembre 2011 n. 201 recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l’equità ed il consolidamento dei conti pubblici” e proprio approfittando del periodo sperimentale sarà possibile correggere alcune anomalie che dovessero manifestarsi.

In queste settimane i partiti, e la politica in generale, sono nell’occhio del ciclone a seguito della scoperta di alcuni imbrogli nella gestione dei rimborsi elettorali e più in generale a causa dei molti demagoghi che non perdono tempo per predicare bene e razzolare male. La serietà, il senso di responsabilità e la capacità di assumersi gli oneri oltre che godere degli onori dovrebbero essere gli antidoti al vento dell’antipolitica. Chi preferisce confondere e mistificare per parlare alla pancia della gente deve essere conscio che maneggia un’arma estremamente pericolosa che facilmente gli si può ritorcere contro.

Non c’è altro modo se non quello di fare le cose seriamente, diceva ieri sera Pier Ferdinando Casini in televisione; speriamo che anche qualcuno dei troppo numerosi arruffapopolo si fosse sintonizzato.

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L’attualità del pensiero di Toniolo

postato il 29 Aprile 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

Il magistero ecclesiale ci ricorda che attraverso la venerazione dei beati e dei santi siamo incitati a ricercare la Città futura e attraverso la loro testimonianza ci è insegnata una via sicurissima attraverso la quale, tra le vicende del mondo, è possibile arrivare alla santità secondo lo stato e la condizione propria di ciascuno.

Ciò è particolarmente vero se consideriamo la vicenda umana e spirituale di Giuseppe Toniolo di cui celebriamo oggi la beatificazione. La straordinaria figura di Toniolo non ci sprona solamente, come credenti, a ricercare la Città celeste ma rappresenta una indispensabile testimonianza, specie per i cristiani impegnati nella società, per vivere al meglio ed edificare la Città terrena. Il fondatore della prima “Democrazia Cristiana” con l’esercizio eroico delle sue virtù non ci ha solamente testimoniato il Regno dei cieli ma ha anche disegnato, attraverso il suo insegnamento, una società che si regge sulla “buona politica” e la “buona economia”.

L’insegnamento di Toniolo non è stato prezioso solamente per i suoi contemporanei ma anche oggi, in tempi di crisi, può essere fonte di ispirazione per un profondo rinnovamento della società. Personalmente sono convinto che avesse ragione lo storico del cattolicesimo democratico Maurice Vaussard quando diceva che Toniolo “ha fatto per la gloria futura dell’Italia, più che due o tre generazioni di politicanti scalmanati, preoccupati di assicurarle innanzitutto il primato delle grandezze della carne”. [Continua a leggere]

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E’ l’ora della spending review

postato il 28 Aprile 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Roberto Dal Pan

L’ipotesi di revisione dei meccanismi della spesa pubblica, la cosiddetta “spending review” ha toccato negli ultimi giorni un argomento che rischia di rappresentare uno dei nodi più difficili da sciogliere lungo il percorso di riforma ipotizzato. Il Presidente della Corte dei Conti dott. Luigi Giampaolino, durante l’audizione in Commissione Bilancio della Camera nell’ambito dei lavori preparatori per il Documento di Economia e Finanza 2012, ha parlato espressamente della necessità di “riconsiderare drasticamente” alcune organizzazioni della Pubblica Amministrazione al fine di giungere ad una ottimizzazione della spesa che consenta anche di individuare “distorsioni strutturali connesse agli assetti organizzativi”, facendo espresso riferimento al comparto sicurezza ed ordine pubblico.

Sul medesimo tema e solo qualche ora prima vi era stato anche l’intervento del Ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri che annunciava lo studio di un piano di riorganizzazione delle Prefetture e dei presidi territoriali delle forze dell’ordine oltre all’ipotesi di una riduzione del personale civile grazie alla predisposizione di strumenti di uscita agevolata dal lavoro.

In realtà della questione si era iniziato a parlare già nel corso del convegno “Non c’è Sicurezza senza Giustizia”, organizzato a Roma il 29 marzo scorso dall’Unione di Centro, che ha visto la partecipazione dei ministri dell’Interno e della Giustizia ed è stato concluso da un intervento di Pier Ferdinando Casini. Nel corso della relazione introduttiva, il sen. Achille Serra dopo aver ricordato il duro lavoro svolto dalle forze dell’ordine e le condizioni critiche in cui esso si svolge a causa dei tagli indiscriminati operati in passato, aveva già allora accennato alla necessità di una seria e profonda rivisitazione della legge 121/1981 che porti ad una riorganizzazione delle forze di polizia puntando sull’eliminazione di sprechi e doppioni.

L’obiettivo di una revisione coordinata ed organica del “sistema giustizia e sicurezza” è certamente un traguardo altamente ambizioso e nasconde problematiche tecnico-giuridiche di non facile soluzione; il raggiungimento di tale obiettivo tuttavia consentirebbe, nelle ipotesi di lavoro, un sensibile miglioramento dell’efficienza della macchina amministrativa e contemporaneamente migliori risultati per il servizio reso ai cittadini e migliori condizioni di lavoro per gli addetti al comparto.

Si tratterebbe, in buona sostanza, di una riforma epocale che qualificherebbe molto positivamente il lavoro del cosiddetto “governo tecnico” e, di converso, consentirebbe di dimostrare la coerenza e la responsabilità delle forze politiche che lo sostengono, senza il cui consenso sarebbe impossibile portare a termine una revisione così profonda di un settore cardine della Pubblica Amministrazione.

Ci aspettiamo quindi concreti risultati dall’iniziativa ipotizzata e speriamo che non venga vanificata o depotenziata da timori reverenziali, gelosie o inutili difese di “orticelli” pseudo-privati; la statura di una classe politica si misura con il metro della serietà nell’affrontare le materie più difficili ed impopolari, non diamo all’antipolitica ulteriori occasioni di facile demagogia consentendo ancora una volta alla montagna di partorire il proverbiale topolino.

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L’Europa boccia ACTA. Ora tocca all’Italia.

postato il 27 Aprile 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

Buone notizie dal fronte europeo. Il garante europeo dei dati personali, infatti, ha bocciato ACTA, l’accordo commerciale volto a fissare norme più restrittive per contrastare la contraffazione e la pirateria informatica, al fine di tutelare il copyright, le proprietà intellettuali e i brevetti su beni, servizi e attività legati alla rete, sottolineando la vaghezza della terminologia nelle clausole del documento, che lasciavano spazio a troppe interpretazioni. Si tratta di un fondamentale passo avanti, specialmente perché si aggiunge all’importante presa di posizione dell’assemblea parlamentare del Consiglio di Europa, che, nella sua seduta di ieri, ha approvato il rapporto sulla “Protezione della libertà di espressione e di informazione su internet e sui mezzi di comunicazione online”, raccomandando agli stati membri del Consiglio d’Europa che hanno sottoscritto l’Acta, tra cui proprio il nostro Paese (sigh!), di condurre ampie consultazioni pubbliche su eventuali leggi nazionali basate su quel testo, specificando inoltre che qualsiasi legge venga introdotta dovrà in tutti i casi rispettare il diritto a un equo processo, al rispetto della vita privata e quello alla libertà, diritti fondamentali che sono sicuramente molto più importanti della tutela del copyright.

Nel rapporto si chiede poi agli Stati di “tentare di garantire che i service provider non possano indebitamente limitare l’accesso alle informazioni e la loro divulgazione per motivi commerciali o di altra natura” e di renderli quindi legalmente responsabili delle eventuali violazioni dei diritti alla libertà di espressione e di informazione dei propri utenti.

Non per nulla all’interno del parlamento europeo è partita la gara a “demolire” definitivamente il trattato ACTA, con l’ALDE (liberali), che ha annunciato che chiedererà il rigetto totale di ACTA (proponendo che la materia del copyright online sia trattata in modo specifico e non nell’ambito generale della contraffazione). Allo stesso tempo, il gruppo popolare dell’EPP ha tenuto una conferenza stampa spiegando che ACTA non può essere sostenuto a meno che non sia fatta chiarezza sui punti più controversi del trattato, a partire dal fatto che gli Internet providers non possono essere obbligati ad agire come i poliziotti della Rete e dalla necessaria ridefinizione del “large scale IPR infringement”, in modo da non criminalizzare gli utenti in Rete.

Solo che, mentre la bocciatura europea di ACTA rappresenta un ottimo passo in avanti verso il superamento della vecchia concezione dei diritti (copyright vs copyleft, per intenderci) e l’affermazione di nuove tutele, a partire da quelle della libertà individuale degli utenti su Internet, in Italia – as usual – la fuoriuscita dal medioevo digitale appare ancora lunga e faticosa. E questo ci preoccupa, sempre di più.

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Non al centro, ma avanti!

postato il 23 Aprile 2012



“Riceviamo e pubblichiamo” di Francesco Scavone

Sarà che a me non è mai piaciuta la politica del massacro e quella degli spot, sarà che in queste settimane si diffonde un clima di rinnovamento generale, ma l’idea di un nuovo Polo, di un Partito della Nazione, mi entusiasma ed affascina particolarmente. O meglio, non idea. L’ idea è un qualcosa di ancora astratto e informe: potremmo definire così i proclami azzardati di Alfano, che rischiano di ripetere le vecchie, sbagliate esperienze del predellino. Quello del partito della nazione è senza dubbio un progetto, senza demagogie, concreto e reale.  E’ da tempo che abbiamo lanciato questa sfida al Paese, ovvero quella della formazione di una grande aggregazione moderatapluraleresponsabile. Una sfida lanciata alla politica e alla società civile, per mettere insieme il meglio e dare all’Italia finalmente una voce di verità e di azione. Questo, inoltre, è un progetto che rispetto agli altri può godere di un valore aggiunto: l’UDC non ha fallito, non si trova dinanzi ad un punto di non ritorno; compie un atto di generosità e di lungimiranza. L’UDC non azzera i suoi vertici per avere un posto in più tra i media, ma per segnare il passo e porre le prime basi concrete per ciò che accadrà a breve.

Alcune riflessioni sono d’obbligo. Sui social network, diventati ormai la voce e lo specchio della società, maggiormente delle nuove generazioni, si notano reazioni scomposte e addirittura scettiche. Ma cos’è che un giovane si aspetta da una nuova avventura politica? Cosa potrebbe spingerlo ad apprezzarla ed a condividerne caratteri e prospettive? Mi esprimo per esperienza personale: risposte e partecipazione, concetti troppo spesso evocati, ma che difficilmente trovano la dovuta realizzazione. Soprattutto in momenti come questi, nei quali è bassa la fiducia verso i partiti ed è semplice confondere le risposte con il populismo e la partecipazione con le lotte di quartiere; momenti in cui la soluzione a tutti i mali sembra essere l’antipolitica senza proposte, i comizi di sole accuse e nessuna prospettiva.

Io, da giovane e cittadino, mi aspetto invece che si consolidi un’area coraggiosa, che sappia dare le vere risposte, parlando il linguaggio della sincerità e della limpidezza. Faccio un esempio: non mi aspetto un partito che sul tema della previdenza dica che tutto è al posto giusto e che, magari, prometta irrealizzabili riduzioni dell’età pensionabile. Mi aspetto, invece, un partito che sappia analizzare anche i temi più spinosi con coerenza, e non avere timore di dire agli italiani ciò che è veramente necessario per assicurarci un futuro migliore. Ed è attraverso tutto ciò che passa la partecipazione di cui parlavo. Le scelte che sembrano impopolari oggi sono le porte del vero futuro, che aprono ai giovani non possibilità odierne che sono in realtà false chimere, ma grandi prospettive di crescita e modernità. E’ la buona politica che privilegia le nuove generazioni, lavorando a fondo e senza sconti sul presente per consegnare alle stesse le chiavi di un avvenire sereno.

Alla luce di queste considerazioni, sono convinto che i presupposti siano buoni e dalla nostra parte, e fanno ben sperare per la realizzazione di questo grande ed ambizioso progetto. Abbiamo le carte in regola per contare e dire la nostra, per essere “non al centro, ma avanti” – come ha detto Casini.
In conclusione, vorrei citare alcune parole pronunciate da De Gasperi in un congresso provinciale della DC nel ’47: “Bisogna impegnarsi a fondo. Mai impegnarsi a metà: quando si ha una convinzione e si è chiamati ad una certa responsabilità, allora non ci sono limiti, tutta la persona, tutte le fatiche, tutto lo spirito deve essere dedicato a quel lavoro.” Ebbene, impegniamoci a fondo come abbiamo sempre fatto: saremo protagonisti!

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Alle porte di una nuova era

postato il 23 Aprile 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Umberto Velletri

Una nuova era è alle porte, un’era che lasci alle spalle anni difficili e che dia ancora più valore ad una politica sana ed improntata al futuro, un’era che sappia coniugare il rinnovamento socio-culturale ai valori democratici – cristiani , un’era di maggiore sobrietà con il rifiuto totale di demagogia e populismo, che per troppi anni ha incentrato la politica degli ultimi governi, e che parli un linguaggio della verità e della serietà.

Questa è la nuova era dei moderati italiani, che nonostante i partiti di provenienza, hanno il bisogno di ritrovarsi in un contenitore che possano sentire proprio.

Con le dimissioni di Pier Ferdinando Casini dalla carica di Presidente del gruppo parlamentare, si è dato un segnale forte dell’interesse che il leader dell’Udc ha nei confronti del futuro italiano, sia politico che sociale, un’interesse che va al di là di ogni carica o poltrona in sé, un’interesse genuino spinto dall’amore e dal rispetto che egli nutre nei confronti delle istituzioni e del popolo sovrano, e che da forza e stabilità ad una nazione che, anche a livello Europeo, dovrà ritrovare la fiducia persa negli ultimi anni.

Il passo indietro di oggi, e l’azzeramento dei vertici del partito, è l’inizio di un cambiamento di un Paese che finalmente avrà ciò che si merita, ed è il segnale che , tra i nostri politici, esiste una percentuale, anche se non altissima, di persone lungimiranti che danno più peso al futuro, e che sono coscienti di essere: “alle porte di una nuova era”.

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Piccola guida all’IMU

postato il 20 Aprile 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Dopo mesi e settimane di discussioni, l’IMU è diventata una realtà. Certo una realtà amara per il contribuente italiano, ma è una delle ultime eredità del precedente governo Berlusconi, che con questa tassa voleva ripristinare l’ICI che era stata frettolosamente tolta dallo stesso Berlusconi due anni prima.

Ma l’IMU è solo il primo passo per una razionalizzazione e normalizzazione dell’ambito immobiliare, poiché nei prossimi anni entrerà a regime anche la riforma del catasto che aggiornerà il sistema di valutazione degli immobili, passando dal conteggio dei vani di un’abitazione alla metratura e adeguando al contempo i valori a quelli attuali di mercato (in questo momento vi sono immobili di pregio con rendite catastali bassissime perché risalenti agli anni ’70 e ’60).

Per quanto riguarda l’IMU è molto importante sottolineare l’avvenuta approvazione di un emendamento presentato dall’on.le Galletti che permette ai contribuenti di scegliere se pagare l’Imu sulla prima casa in due o tre rate. Questa scelta, sembra solo formale, ma non lo è se consideriamo che entro il 16 giugno, il contribuente potrà decidere se pagare il 33% e avere a disposizione altre due rate (settembre-dicembre) oppure pagare il 50%a giugno e l’altra a metà a dicembre.

Per gli immobili diversi dall’abitazione principale restano le due scadenze e l’aliquota base del 7,6 per mille invece che a quella del 4 (prevista per l’abitazione principale). Il problema si presenterà a Dicembre in ogni caso: non solo i Comuni renderanno operative le eventuali nuove aliquote (e considerando che la metà dell’introito sarà incamerato dallo Stato, è prevedibile che i Comuni punteranno alla aliquota massima), ma vi potrebbero essere, da parte del Governo, variazioni sulle aliquote standard e sulle detrazioni in base al gettito della prima rata.

Per quanto riguarda le modalità di pagamento, queste possono avvenire tramite il modello F24 bancario, mentre il canale postale sarà utilizzabile solo per l’ultima rata.

Infine, riguardo al nodo degli anziani che lasciano la propria casa per trasferirsi in un ospizio o in una casa di riposo, venendo meno la residenza l’abitazione non sarà più principale e dunque dovrebbe essere sottoposta all’aliquota del 7,6 per mille invece che a quella agevolata. In realtà già il decreto Salva-Italia lasciava ai Comuni la possibilità di considerarla comunque prima casa: ora questa opzione è stata ulteriormente esplicitata, sempre che l’immobile in questione non sia affittato. Uguale trattamento potranno avere le case lasciate libere dagli italiani residenti all’estero.

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Il “18 aprile”, un rimedio all’antipolitica

postato il 18 Aprile 2012

di Adriano Frinchi

Don Camillo e Peppone sono andati in pensione da tempo, ma ricordare il 18 aprile 1948 non è un esercizio per nostalgici della Dc o per coloro che, come avrebbe detto Guareschi, rimpiangono il tempo dei cazzotti e delle legnate. Ricordare il 18 aprile, quel 18 aprile, non è una retorica celebrazione della più grande vittoria della Dc, ma significa rendere ancora attuale uno dei momenti più alti della democrazia e della coscienza civile del popolo italiano che nelle urne seppe scegliere democrazia e libertà. In tempi in cui l’anti politica trionfa fare memoria di una prova di straordinaria maturità politica del popolo italiano è anche motivo di speranza per il futuro: la politica malata che viviamo si salva solamente se tutti gli italiani tornano a partecipare alla vita democratica del Paese.

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