Tutti i post della categoria: Riceviamo e pubblichiamo

Chi ha interesse nell’indebolire il Governo Monti?

postato il 12 Marzo 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera

Il Governo Monti è la novità politica più importante della tormentata storia della Seconda Repubblica. Una maggioranza ampia e qualificata, che ha unito forze politiche distanti e alternative, ha scelto di sostenere in modo comune un unico esecutivo, che per semplificazione giornalistica è stato definito “tecnico”, ma che nella mia opinione è sempre stato “politico”, nel senso più ampio del termine: del resto, risolvere i problemi non è forse la prerogativa primaria della politica?

Il Premier Monti ha saputo vincere alcune sfide importanti, dalla riforma del sistema previdenziale alla battaglia dello spread, passando per il rilancio dell’autorevolezza del nostro Paese: non è stato semplice e non renderemmo onore alla verità, sostenendo che è stato tutto un tripudio di rose e fiori. Ma siamo orgogliosi di essere arrivati fin qui e di esserci arrivati in forze, facendoci spesso garanti – anche a nostre spese – dell’unità della coalizione, che alcuni (sbagliando) si rifiutano di ritenere tale, limitandosi a definirla come un “patto d’azione”. L’ABC, che speriamo non torni ad essere un semplice incipit grammaticale, è stato il pilastro su cui costruire la vita del Governo, che non è un agente altro o patogeno rispetto alla politica: gli uomini e le donne che lo compongono provengono da storie “tecniche”, ok, ma è indubbio che abbiano dimostrato delle sensibilità “politiche” straordinarie. Basti citare l’esperienza dei ministri Fornero o Severino, che si sono trovate a gestire materie difficili, ma che hanno già elaborato soluzioni interessanti: il loro lavoro sarebbe nullo, o non giungerebbe a pieno compimento, se il Parlamento non scegliesse di sostenerle. I tempi sono stretti, strettissimi: ma ci vuole coraggio. Ce n’è voluto tanto per creare questa situazione, ce ne vorrà ancora di più per far sì che non si perda tutto.

Lo scopo del Governo doveva essere – nei disegni iniziali di alcuni – solo quello di superare, magari promuovendo scelte politiche dolorose e indigeste, la stringente crisi economica. Secondo noi, invece, questo Governo può fare molto di più: può rimettere sui giusti binari il treno del nostro Paese. Può – anzi, deve – risolvere le gravi storture sistematiche che scontiamo da troppo tempo (e che non si chiamano solo articolo 18, per dire: sono altre e spesso ben nascoste); deve contribuire a ridare fiato e orgoglio alla maggioranza silenziosa del popolo italiano, che è stanco di subire i soprusi di una minoranza rumorosa; deve, come auspicò Pigi Battista qualche settimana fa sulle colonne del Corriere, “fare l’Italia”. Ma certo i “tecnici” non possono vincere questa partita da soli: a questo serve la “politica”. Proprio per questo, come del resto ha ben spiegato Casini, chi pensa di indebolire il governo per evitare di mettere mano nelle questioni scottanti sbaglia. La paura, le indecisioni, i giochini di palazzo non ci servono. Serve il coraggio di discutere a viso aperto, di confrontarsi, anche di scontarsi, per carità: senza dimenticarsi, però, di quanto la coesione e la solidarietà nazionale sono riusciti a fare finora. E di quanto, ancora, devono riuscire a fare.

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La Cassa Depositi e Prestiti, protagonista delle prossime azioni del governo

postato il 12 Marzo 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” 

La fase 2 dell’azione del governo Monti, ovvero quella incentrata sulla crescita economica e gli investimenti, vedrà necessariamente protagonista la Cassa Depositi e Prestiti e le azioni sul digital divide come si desume da una recente intervista fatta al ministro Passera.

Per quanto riguarda la CdP, abbiamo avuto modo di parlarne a proposito di un nuovo fondo che ha lanciato, ovvero il Fondo Kyoto, dedicato agli investimenti pubblici e privati per l’efficienza energetica nel settore edilizio e industriale, ma è doveroso segnalare come nelle prossime settimane sarà coinvolta nelle strategie del governo, a cominciare dalla separazione della rete gas (per intenderci, la rete “fisica”) dall’ENI, per garantire la massima accessibilità al mercato del gas in Italia ad ogni azienda e nell’ottica del massimo vantaggio per il consumatore

Cosa significa questo? L’ENI possiede il gruppo Snam e quindi l’azienda SNAM Rete Gas che gestisce la struttura fisica della distribuzione del gas; ebbene nell’ottica del programma di liberalizzazioni, il governo vuole fare uscire l’ENI dalla società SNAM Rete Gas. Ovviamente questa scelta non dovrà né ledere i consumatori, né gli azionisti e qui entra in gioco la CdP che è l’azionista di maggioranza relativa del colosso italiano del gas e che quindi sarà uno degli interlocutori con cui decidere i passi da fare entro maggio 2012 per dare il via alla completa liberalizzazione del mercato del gas in Italia (per la separazione della rete gas, vi saranno poi 18 mesi di tempo per rendere operative le decisioni del governo).

Altro punto che vedrà la partecipazione della CdP (assieme alla SACE) è la politica per l’internazionalizzazione delle imprese italiane: in questo campo il governo si sta già muovendo e grazie ai nuovi accordi raggiunti con questi due interlocutori, lo Stato italiano potrà garantire maggiore sostegno finanziario all’internazionalizzazione delle imprese italiane che così potranno competere meglio sui mercati esteri.

Infine sul digital divide, segnaliamo che, dopo l’inattività dei precedenti governi, Monti si sta dimostrando incredibilmente attivo e in questi giorni. Si è saputo che il ministro Barca ha destinato 700 milioni di euro per risolvere i primi problemi legati al digital divide e potenziare le infrastrutture di internet e della banda larga con l’obiettivo di fornire a tutti i cittadini la possibilità di connettersi alla velocità di 2 megabit (minimo) e stimolare la nascita di nuove imprese, soprattutto di giovani e migliorare l’accesso alla pubblica amministrazione snellendo la burocrazia e accorciando i tempi, grazie ad un utilizzo più invasivo di internet.

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Azzardopoli, dietro l’angolo c’è la ludopatia (che non è un gioco)

postato il 10 Marzo 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Maria Pina Cuccaru

C’era una volta la schedina. Un tempo il calcio era l’occasione per tentare la fortuna, con poche lire si poteva sperare di vincere milioni. Chi di noi non ha mai tentato la sorte, con il lotto, il totip o il totocalcio? Tutti noi, credo. E quanti di noi possono dire di aver vinto abbastanza da poter dire di aver recuperato il denaro giocato? Credo pochi.

Poi ci siamo, come dire, evoluti. Sono arrivati il Superenalotto, con i suoi premi stratosferici; il gratta e vinci, che con pochi euro (insomma, a volte anche dieci euro, che di questi tempi non sono pochi) permette di vincere somme di denaro anche considerevoli; il Win for Life, che garantisce nientemeno che una rendita! Infine arrivarono i videopoker, ormai presenti in ogni bar e sala giochi: si inseriscono le monetine, si preme un tasto e, se sei fortunato, si vince una bella sommetta. Il tutto ovviamente vede un solo,unico vincitore: lo Stato. Come dire, il banco vince sempre.

Tutto ciò sembra abbastanza innocente: ognuno in fondo è libero di decidere se e quanti soldi giocare. Ci sono però persone che non possono decidere liberamente, perchè schiavi di una forma di disturbo ossessivo-compulsivo detta “gioco d’azzardo patologico”. La persona affetta arriva agiocare somme spropositate, anche l’intero stipendio (parliamo spesso di padri di famiglia), non riesce a dedicarsi ad altro, tutta la sua vita ruota attorno ad esso, arrivando a commettere reati pur di finanziare il gioco; parliamo di persone che hanno perso qualsiasi contatto con la realtà, che negano a se stessi le conseguenze disastrose del loro comportamento ma che inseguono ciecamente la dea bendata, certi che la prossima puntata sarà quella che gli permetterà di recuperare tutto il denaro speso. Io penso che molti di noi abbiano esperienza, nel loro piccolo, di famiglie rovinate da tali condotte. E’ una patologia a tutti gli effetti, probabilmente causata da un’anomalia cerebrale organica (come avviene per la depressione e per tutte le altre patologie psichiatriche), la quale va curata con terapie specifiche come per tutte le altre dipendenze. Perchè di questo si tratta: una dipendenza.

Lo Stato non può ignorare questo aspetto non irrilevante: non può lucrare sulle disgrazie di tante persone e famiglie. Già si sta facendo un passo avanti, con il riconoscimento da parte del Governo della Ludopatia come patologia degna di attenzione e cure; ovviamente non basta. Occorre regolamentare bene il fenomeno del gioco d’azzardo, in modo da tutelare tutti i cittadini, ma soprattutto coloro che purtroppo non possono farlo da soli.

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Una rivoluzione culturale contro il “femminicidio”

postato il 8 Marzo 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Maria Pina Cuccaru

Ogni due giorni in Italia avviene un delitto in famiglia e quasi sempre le vittime sono donne. Classificarli come “delitti passionali” è spesso  riduttivo. Quasi sempre infatti la dinamica degli omicidi verso le donne va al di là della gelosia e si spiega solamente dietro una logica di possesso in un perverso quanto usuale gioco di ruoli. Per questi assassini, infatti, la donna altro non è che una proprietà maschile, la quale deve attenersi a un ruolo ben preciso. E quando lei si ribella a questo ruolo, le conseguenze sono fatali.  Si parla, a tal proposito, di “femminicidio”: donne uccise in quanto donne, in quanto non fedeli ai canoni che i loro aguzzini hanno cucito loro addosso. Figlie, madri, ex fidanzate o fidanzate, mogli o ex mogli, picchiate, violentate o uccise in quanto non obbedienti, non caste, non modeste.

Recentemente il ministro del welfare Fornero ha individuato nella cultura della “donna-oggetto” di cui i mass media sono impregnati la causa profonda di questo fenomeno. Pensiamoci bene. Quante donne hanno finora ricoperto ruoli fondamentali nella politica e nella società? Finora, troppo poche. Quale ruolo ricopre la donna all’interno dei mass media? Davanti a pochi ma ammirevoli esempi di donne protagoniste del giornalismo e dello spettacolo (pensiamo a Lili Gruber, ad Anna Magnani) ce ne sono fin troppe che pur di apparire, pur di raggiungere al successo accettano di ricoprire ruoli subordinati a quello maschile, che accettano di usare il proprio corpo per raggiungere i propri scopi. Abbiamo avuto recenti esempi perfino nella politica: devono essere belle, silenziose e disponibili, la loro competenza non interessa a nessuno. Oggetto del piacere e del compiacimento maschile. Nulla più. Incarcerata in un ruolo francamente subordinato di cui spesso neppure siamo consapevoli.

E la cosa terribile è che questo ci viene insegnato da altre donne, dalle nostre madri. La donna infedele è una poco di buono, l’uomo infedele è semplicemente preda della sua mascolinità; la donna deve tenere la casa pulita e in ordine, all’uomo non è richiesto; la donna deve essere una madre attenta e premurosa, l’uomo può giocare con i figli un’oretta al giorno e ha assolto ai suoi doveri di padre presente; la donna deve lavorare il doppio dell’uomo per essere considerata almeno alla pari; ma soprattutto, abbiamo profondamente acquisito un modello di bellezza funzionale al piacere maschile, al quale nessuna di noi può sottrarsi, e che rende l’utilizzo del corpo la carta vincente per ottenere posizioni che con il sesso nulla hanno a che vedere.  Nel 2012, in Italia, viviamo questa cultura. Non possiamo stupirci allora che questa cultura possa dare, in soggetti dalla mente magari già compromessa da vissuti difficili o patologie  l’autorizzazione a pensare che una donna possa essere la sua donna, decidendo anche della sua vita.

La soluzione? La nostra cultura deve cambiare. Iniziando da noi donne, che spesso educhiamo le figlie ad essere donne di casa ma non facciamo altrettanto con i figli maschietti. Che spesso giustificano, anche solo tacitamente, chi usa violenza su donne di facili costumi. Che non educano i ragazzi all’affettività responsabile e, quando questi ultimi si ritrovano in attesa di un figlio in seguito a un rapporto occasionale non protetto, difendono il figlio contro una donna “poco di buono e approfittatrice”. Insegniamo alle bambine che il loro corpo è prezioso, e va usato con responsabilità. Facciamo loro capire che valgono per ciò che sono e non per quanto potranno compiacere un uomo, e quindi costruiamo per loro e con loro una società davvero a misura di uomo e di donna, senza competizioni fra i generi, ma consapevoli che il contributo di entrambi in uguale misura è indispensabile per il benessere della società. Solo in una cultura basata sul reale rispetto della donna, potremo combattere la vergognosa piaga del femminicidio.

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Abbattere Azzardopoli per ritrovare noi stessi

postato il 7 Marzo 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Umberto Velletri

Come si possono difendere i diritti dei cittadini e contemporaneamente pubblicizzare il gioco d’azzardo?
In Italia è accaduto, ma con il nuovo governo Monti sono tornati quei valori che hanno contraddistinto la nostra “Storia”, una storia piena di valori e di rispetto per il prossimo, una storia che ci ha resi grandi e che ci ha visto rinascere dalle ceneri, e che ci farà tornare un paese credibile agli occhi dell’opinione pubblica e dell’Europa intera.
Negli ultimi tempi tutti abbiamo visto come nelle nostre reti televisive le percentuali degli spot inerenti i giochi d’azzardo sono triplicati causando una corsa verso le ricevitorie ed i punti scommessa.
Pubblicità seducenti che trasmettono qualcosa che in realtà non esiste, qualcosa che in un momento particolare come questo che stiamo trascorrendo può mandare le persone psicologicamente deboli in rovina.
Questa tendenza ha creato una vera e propria “dipendenza psicologica”, ed è proprio per questo che il Ministro Riccardi vuole vietare la pubblicità: dichiarando che “in alcuni casi è diventata una piaga sociale che deve essere gestita per tutelare il cittadino”.
Dello stesso avviso è l’onorevole Rocco Buttiglione: “Il gioco d’azzardo è ormai una piaga nel nostro Paese che ne è diventato uno dei principali protagonisti, incidendo pesantemente sui redditi delle famiglie e portando alla dipendenza e poi alla disperazione un numero elevato di italiani”.
Ciò che preoccupa di più è il segnale inviato alle giovani generazioni che guardano nel gioco la migliore promessa rapida e “miracolosa” di uscire da un quadro di vita che appare frustrante, ma che invece è solo illusoria.
A fronte di questa situazione è arrivato il momento di chiedere maggiori attenzioni da parte dello Stato, che nonostante la severità delle norme, ha il dovere di sradicare un possibile vizio che negli ultimi anni ha toccato tutti i ceti sociali e tutte le generazioni italiane.
Non sarà semplice e non mancheranno le critiche, ma il governo Monti ha quelle capacità adatte per difendere quanti in questi periodi di crisi vedono nel gioco l’unica possibilità di salvezza.

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Il ddl relativo al Pareggio di Bilancio serve a ridurre lo spread dei diritti tra generazioni

postato il 7 Marzo 2012

Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

È stato quasi ultimato l’iter per il disegno di legge costituzionale relativo al Pareggio di Bilancio; per inciso, su tale legge vi è stata una ampissima convergenza, tanto che con 489 voti si è escluso il ricorso al referendum (ricordiamo che l’articolo 138 della Carta prevede che le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali debbano essere approvate a maggioranza assoluta da ciascun ramo del Parlamento con due distinte deliberazioni, tra le quali devono intercorrere almeno tre mesi).

Cosa prevede questo disegno di legge? Con tale provvedimento si intende inserire nella Carta Costituzionale alcune regole europee sul pareggio di bilancio.
In definitiva, viene prevista l’armonizzazione dei bilanci pubblici (ovvero si modifica l’articolo 117, secondo e terzo comma, della Costituzione, attribuendo la materia «armonizzazione dei bilanci pubblici» alla competenza legislativa esclusiva statale e non più – come nel riparto vigente – alla competenza legislativa concorrente tra Stato e regioni).
Il ddl prevede anche (nell’articolo 4) la modifica dell’articolo 119, primo e sesto comma, della Costituzione e in particolare, il periodo aggiunto alla fine del primo comma dell’articolo 119 (che attiene al principio dell’autonomia finanziaria di entrata e di spesa delle autonomie territoriali) che condiziona l’autonomia al “rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci”; in secondo luogo, prescrive che le autonomie territoriali concorrano “ad assicurare l’osservanza dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea”. In altre parole, il principio del “pareggio di bilancio” coinvolge la singola autonomia territoriale, pur nell’equilibrio complessivo dell’aggregato regionale degli enti locali.

Per quanto riguarda le politiche di indebitamento delle singole autonomie territoriali, la nuova legge prevede espressamente che si definiscano dei piani di ammortamento (ovvero di rientro dallo sforamento del pareggio di bilancio) e che nell’ambito di ogni Regione, gli enti locali, nel loro complesso, sia rispettato l’equilibrio di bilancio.

Perché questa legge è tanto importante? Sostanzialmente perché impone il rispetto, per le amministrazioni pubbliche, delle regole di bilancio e soprattutto impedisce di sforare l’equilibrio dei conti, aumentando i costi a dismisura e lasciando che siano le generazioni future a pagare il conto.

Per avere una idea basti considerare che, se questa norma fosse stata introdotta negli anni 80, oggi non avremmo il debito pubblico mostruoso che invece si ritrova l’Italia.

Proprio per tale motivo non si può non concordare con l’on.le Occhiuto quando afferma che “questo provvedimento serve, dunque, a far diminuire lo spread dei diritti tra generazioni. Votando per questa modifica costituzionale deve essere chiaro che la politica si impegna a cambiare pagina per sempre. A spendere i soldi dei cittadini tagliando gli sprechi, per concentrare le risorse verso la spesa pubblica produttiva e per la crescita.”

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Tav, polemiche ad alta velocità

postato il 5 Marzo 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Roberto Dal Pan

Ho visto e rivisto più volte (non senza fatica) il video che in questi giorni spopola in rete, quello dove un giovane attivista “NoTav” tenta, senza successo, di suscitare una reazione violenta da parte di un altrettanto giovane carabiniere in servizio d’ordine pubblico coprendolo di apprezzamenti ingiuriosi. Ho continuato a guardare quelle due giovani persone divise da un’esile transenna di metallo eppure sideralmente distanti tra di loro a causa delle opposte convinzioni; due ragazzi quasi coetanei, con quasi la stessa storia alle spalle che altrimenti avrebbero potuto essere seduti allo stesso tavolino di un bar a  parlare di ragazze, di sport o, magari per loro, di un nuovo lavoro. Ho guardato quei due ragazzi ed ho ricordato il Pasolini di Valle Giulia.

Ma nel contempo non ho potuto fare a meno di pensare a come si sia riusciti a creare una situazione del genere, una contrapposizione così radicale tra sostenitori ed oppositori di quel progetto, una divisione manichea che non concepisce vie di mezzo e che appare in realtà quanto più lontano esista dalla saggezza. E pensare che a poche centinaia di chilometri di distanza, nelle Alpi svizzere, un progetto analogo e forse ancor più azzardato come quello della nuova galleria ferroviaria del San Gottardo (57 km!) , nato più o meno in contemporanea, si sta già avviando alle fasi conclusive. Il progetto noto come AlpTransit riceve il “via libera” da un referendum popolare, a livello federale, nel 1992 con quasi il 65% dei voti favorevoli e nel 1998 il Consiglio Federale elvetico ne ridimensiona una parte e lo sottopone a nuovo referendum che ne conferma l’approvazione; i lavori di scavo iniziano subito dopo e terminano nel 2011.

In quest’ottica, cosa è mancato in Val di Susa? Cosa si poteva fare di più e meglio? Le ragioni ed i torti stanno mai da una parte sola? A queste domande correrebbe l’obbligo di dare risposta, chi gestisce la cosa pubblica dovrebbe sentirne la necessità.

Tutto sommato viene voglia, per una volta, di dare ragione a Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione Comunista, quando dice che nella tanto vituperata “prima repubblica” tra il PCI e la Democrazia Cristiana almeno si riusciva a giungere quasi sempre ad un compromesso accettabile.

E scusate se è poco.

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Un’asticella ci salverà

postato il 3 Marzo 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

Francesco Costa ha messo nero su bianco ciò che i più attenti notisti politici e lo stesso uomo della strada hanno percepito con chiarezza:

Questo è un governo come l’Italia non ne ha mai avuti nella Seconda Repubblica: un governo spesso e forte. Chi vorrà vincere le elezioni e fare parte del prossimo governo dovrà riuscire a essere almeno altrettanto credibile: non basterà agitare le solite parole d’ordine, brandire i simboli storici e rifugiarsi nel copione che conosciamo a memoria, manifestazioni, slogan e manfrine sui giornali. L’asticella si sta spostando verso l’alto.

Probabilmente il fatto che l’asticella di cui parla Costa si sia spostata verso l’alto è uno dei risultati più grandi di Monti dopo il salvataggio del Paese. E sempre questa benedetta asticella dovrebbe dissuadere improvvidi da avventure senza ritorno che rischierebbero di vanificare il lavoro fin qui fatto.

Ecco perché in questo contesto le ripetute proposte di Pier Ferdinando Casini di continuare l’esperienza del governo Monti anche dopo la fine della legislatura non sono un banale invito all’inciucio, ma una presa di coscienza del fatto che in questo momento la politica ed in primis il Paese hanno bisogno di quella propulsione che solo lo sforzo unitario delle forze politiche può dare. Non si tratta di morte della politica, bensì di presa di coscienza della politica: mettere davanti a tutto il bene dell’Italia non è inciuciare, ma essere responsabili.

Certo in democrazia si può sempre scegliere un’altra via, e quindi una delle parti politiche che sostiene l’attuale sforzo unitario potrebbe, per calcolo politico, decidere di mandare questa esperienza a gambe all’aria e provare a conquistare Palazzo Chigi. E’ indubbio però che in questo scenario a competere per il governo sarebbero le vecchie disomogenee e disarticolate coalizioni che in questi anni hanno dato prova di straordinario immobilismo. Pensateci bene, sostituire Terzi, Passera e la Fornero con Calderoli, Ferrero o Di Pietro. Non so voi, ma io continuo a preferire i primi. Effetti dell’asticella.

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Da Bologna per Lucio…

postato il 1 Marzo 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Anna Giunchi

A Bologna si è aperto il cuore. Si è spezzato in tanti pezzi, e dai portici della città traspare un’aria di malinconia. Lucio Dalla, la cui data di nascita è stata probabilmente la più cantata dalle generazioni, mancherà a tutti. Già, il vuoto che ha lasciato, si sente.
Un artista straordinariamente umano, semplice e molto riservato per quanto riguarda la propria vita privata: amava rifugiarsi nella propria città e, del resto, lui stesso cantava il desiderio, dopo i suoi tour, di rifugiarsi ancora sui colli, per poter vedere, da lassù, il temporale. Quando, dall’autostrada, vedeva avvicinarsi San Luca, si sentiva protetto. Lucio era anche molto credente.
Dalle sue canzoni, vere e proprie poesie, Lucio faceva capire molto di quello che era: un viaggiatore o meglio, un marinaio che non sapeva dove andare e si interrogava sulla profondità del mare dove, del resto, era nato. Ma era anche un cittadino bolognese profondamente legato alla sua città, al punto da essere fedele tifoso della squadra locale: non era infrequente, infatti, incontrarlo allo Stadio o nei bar del centro.
Lucio amava Bologna. Avrebbe voluto morire in Piazza Grande: attraverso le sue canzoni, invece, ha reso immortale una città. Ciao, Lucio, la Terra è finita. Ora comincia il Cielo.

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Imu e Chiesa, un’opportunità per crescere come società

postato il 28 Febbraio 2012

 “Riceviamo e pubblichiamo” di Carlo Lazzeroni

E’ inutile ribadire il ruolo insostituibile che la Chiesa Cattolica ha avuto e ancora oggi ha nel nostro paese, con le varie attività sociali al servizio della società tutta, e degli ultimi in particolare. Eppure credo sia giusto, in una “società aperta” come quella che noi auspichiamo, che le strutture di proprietà del clero che fanno attività economiche (ad esempio alberghi, pensionati) paghino l’IMU e le altre imposte. E’ un principio di parità in un sistema di concorrenza a cui ci richiama giustamente anche l’Europa, ed è un principio di giustizia, specialmente in un periodo di difficoltà economica come quello che stiamo vivendo.

Allo stesso modo credo sia giusto che le scuole paritarie, cattoliche e non, siano completamente esenti dal pagamento dell’IMU. In una “società aperta” anche questo sarebbe assolutamente ovvio. In Italia tutto questo lo è un po’ meno: e così da una parte si riconosce dal punto di vista legale il concetto di parità, ma culturalmente si fa fatica a fare il passaggio conseguente. Cioè considerare l’istruzione come un’unica cosa, che dai nidi e dalle scuole dell’infanzia fino ad arrivare all’Università, è formata da scuole statali, comunali, ecc… e da quelle paritarie (private, miste, gestite da cooperative, di ispirazione cattolica, protestante, laica, e tra qualche decennio probabilmente anche di ispirazione di altre religioni), che fanno parte di un unico sistema pubblico perché, nel rispetto della pluralità di idee e visioni culturali, sono soggette alle stesse regole imposte dallo Stato.

Per questo fare pagare l’IMU alle scuole paritarie è un non senso assoluto. E bene il Governo Monti ha fatto a rigettare qualche deriva ideologica, che rischia di essere molto pericolosa.

Un governo tecnico infatti potrebbe anche essere utile per superare vecchi sbarramenti ideologici da Don Camillo e Peppone che continuano a persistere. E anche questo sarebbe un bel successo.

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