Tutti i post della categoria: Riceviamo e pubblichiamo

Fiducia nei giovani? Dimostratelo con l’Erasmus

postato il 18 Ottobre 2012

di Alessandro Boggian

L’Erasmus, il famoso progetto nato per incentivare lo scambio culturale tra studenti appartenenti ai vari Paesi dell’Unione Europea promuovendo periodi di studio e di vita all’estero, rischia di chiudere per fallimento. Dopo aver fatto viaggiare più di 3 milioni di studenti, il fondo di finanziamento sembrerebbe essere rimasto al verde, lasciando così un velo di mistero sul futuro dell’intero progetto esistente fin dal 1987.

Il fondo sociale europeo “non ha più un euro”, questo è il grido d’allarme lanciato dal Parlamento Europeo circa la pesante situazione in cui versa il Progetto Erasmus che, dalla prossima settimana resterà con le casse vuote e, insieme ai fondi europei per la ricerca, rischierà di affondare in un mare di debiti (solo per il 2012 ammontano a 10 miliardi di euro): una enorme mole di fatture relative a progetti che sono già in esecuzione e che, per il momento, difficilmente saranno saldate. Nel Parlamento europeo sono stati presentati diversi emendamenti che esprimono la volontà di evitare i tagli prospettati dal Consiglio europeo sul programma Erasmus, ma il problema del buco da coprire, denunciato da Lamassoure, resta.

Il progetto Erasmus ha permesso di fare sino ad oggi una concreta esperienza all’estero, imparando lingue e costumi che hanno contribuito a dare ai giovani una visione più coerente e concreta di che cosa possa essere una ”identità” europea.

L’Europa deve rappresentare oggi più che mai un riferimento politico e sociale. E il progetto di mobilità studentesca Erasmus ha rappresentato sino a oggi una delle realtà fondanti di una nuova generazione di cittadini europei. Tanto che il numero di borse dovrebbe essere ampliato andando a garantire anche gli studenti con maggiori difficoltà socio-economiche di partenza.

Dunque, gli Stati membri dell’Unione dovrebbero mettere la propria quota per il raggiungimento della cifra prevista secondo i normali criteri di contribuzione. Ed è proprio qui che potrebbero sorgere delle difficoltà, visto lo stato di crisi economica in cui versano molti governi di Eurolandia. Con la bocciatura del bilancio correttivo della commissione per il 2012 verranno a mancare gli investimenti europei in quelli che sono sempre sbandierati come fattori di crescita: l’educazione, la riqualificazione professionale, la mobilità di lavoratori, studenti e ricercatori, le infrastrutture, la ricerca e l’innovazione.

Mi auguro che i fondi per il programma di scambi internazionali delle università del nostro continente siano ripristinati al più presto: è in gioco un progetto in grado di far crescere e vivere un Europa dei cittadini, non dei poteri forti. E’ in gioco l’identità stessa del sogno europeo. Non possiamo pensare di mettere Erasmus in pericolo. Come è inconcepibile che il Consiglio non voglia rendere disponibili le risorse necessarie per finanziare questi progetti.

Il sogno di quel ragazzo di Nizza che riuscì a mettere insieme una rete di 12 mila universitari in 70 città europee e che divenne realtà organizzata grazie all’appoggio del presidente francese François Mitterrand, rischia di naufragare per mancanza di risorse.

Speriamo che non sia così.

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Monti è il curatore fallimentare del bipolarismo muscolare

postato il 17 Ottobre 2012

Riceviamo e pubblichiamo di Attilio Biancalana
La nascita del governo Monti non può essere disgiunta dal contesto socio economico e politico in cui si è formato. Il Presidente Berlusconi (la cui credibilità personale e politica era scesa nel frattempo ai minimi termini) aveva preso impegni di risanamento economico con gli organismi europei che il suo governo non voleva/non poteva onorare. Da ciò l’iniziativa del Presidente della Repubblica di dar vita ad un governo in grado di assolvere a quel grave ed oneroso compito: rimettere i conti in ordine perchè la nazione italiana rischiava il fallimento. Il sen. Monti, che ha onorato gli impegni presi da Berlusconi, è il curatore fallimentare del bipolarismo italiano, ricattato dalle estreme (Idv e Lega) e fondato sulla feroce contrapposizione su tutto. Bipolarismo che aveva fatto tante promesse e suscitato tante illusioni ma che è sprofondato negli scandali e nella più assoluta inefficienza.

E’ paradossale che si rimproverino all’Udc serietà di comportamenti, capacità di analisi, coerenza politica e coraggio morale. L’equità e la ricerca del consenso sociale sono nel Dna dell’Udc (q
uando ha potuto lo ha sempre dimostrato) e proprio per questo che il partito deve lottare perchè la nazione italiana non scada nella miseria. Miseria che metterebbe in discussione anche la libertà e la democrazia nel nostro Paese.

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Monti simbolo di serietà e preparazione.

postato il 17 Ottobre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Patrizia

Credo che non ci siano dubbi sul fatto che Monti abbia segnato una discontinuità con i governi che lo hanno preceduto. Non è solo serietà e correttezza il governo Monti , ma è preparazione, il così tanto disprezzato “governo dei professori”, non mi sembra abbia promesso niente se non la volontà e l’impegno suo e dei suoi collaboratori di portare il paese fuori dalla catastrofe economica. E’ vero la crescita è lontana, ma intanto il nostro paese sembra aver riacquistato una credibilità nel mondo.
La nostra politica aveva toccato il fondo, e non solo dal punto di visto morale, ma anche per professionalità, per competenza e perché no, per l’ignoranza anche culturale di molti nostri politici, una politica caduta così in basso , cariche politiche a livello regionale, nazionale, europeo di diverse “signorine del cavaliere”e di personaggi con un passato poco chiaro. Il governo Monti non è questo, l’altro giorno ho visto il ministro Fornero attaccata non in maniera molto democratica da alcune donne, fermo restando che forse il ministro del lavoro avrebbe potuto fare, ma questo certo non posso dirlo io, le casse dello stato erano quello che erano, io però vorrei rivolgermi a quelle signore e chiedere loro perché non vanno ad insultare le deputate, le consigliere del cavaliere, sono loro che hanno rubato e stanno rubando le nostre vite, e quelle dei nostri figli, altro che la Fornero che sta facendo i conti con i sempre meno soldi.

Alcide De Gasperi quando si rivolgeva ai suoi elettori trentini all’inizio della sua carriera politica diceva:”Votate il candidato che vi promette di meno”. Credo che sia questo che debbano imparare i nostri politici, a non fare promesse, preparare e presentare un programma credo sia doveroso per una forza politica , ma andare oltre con promesse difficili da mantenere o da sostenere per le casse del paese credo contribuiscano solo a prendere in giro gli italiani.

Un’altra cosa vorrei aggiungere e questo credo che valga per tutti gli schieramenti, e forse per lei presidente Casini un po’ di più, è sempre una frase di De Gasperi: ”Mai al potere a qualunque costo”.

Cordialmente la saluto, Patrizia.

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La Lucchini di Piombino: una nuova vicenda Ilva?

postato il 17 Ottobre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

La vicenda dell’Ilva di Taranto ha aperto una finestra sul mondo dei grandi impianti industriali, in particolare sulla cosiddetta “industria pesante”. Una vicenda che si trascina da parecchi anni (almeno dal 2008), anche se molti la ignorano.

Per quanto riguarda la produzione dell’acciaio, in Italia, oltre a Taranto un altro grande centro è quello di Piombino che da alcuni anni versa in gravi condizioni economiche tanto che si prospetta la chiusura dell’azienda Lucchini nei prossimi mesi.

Questa azienda gestisce ed è proprietaria del complesso di altoforni a Piombino, e, da alcuni anni, ha provato a vendere invano il complesso industriale.

Sostanzialmente parliamo di 3000 operai che rischiano il loro posto di lavoro, a causa di una profonda crisi che ha colpito tutta la siderurgia europea e ha messo alle corde le aziende più piccole e deboli del settore. In totale, nel polo siderurgico di Piombino lavorano circa 6mila persone, di cui 300 appunto nella Lucchini.

Il polo è stato messo in vendita alcuni anni fa, ma nessuno si è fatto avanti per rilevare l’azienda, anche perché, oltre ai debiti pregressi, l’impianto (che è ancor attivo) perde 10 milioni di euro la mese. Significa che chi investe in questa azienda dovrebbe recuperare efficienza per 120 milioni di euro annui più i debiti contratti con le banche. Ovviamente questa è una situazione gravissima e c’è chi teme a breve un default dell’azienda.

Attualmente il complesso in questione è pesantemente indebitato verso le banche e, oltre al problema finanziario, vi è anche un problema di economicità: l’impianto risulta essere vecchio e dovrebbe essere ammodernato e ristrutturato per sostenere la concorrenza internazionale, ma, proprio a causa dei debiti pregressi, non si può intervenire investendo e migliorando l’efficienza.

L’ideale sarebbe che il governo aprisse un tavolo o, meglio ancora, decidesse di intervenire direttamente, ristrutturando il debito (senza accollarselo), rinegoziando quindi le scadenze e lanciando un programma di investimenti per l’intero settore siderurgico.

Per fare ciò, il primo passo che dovrebbe effettuare il governo è riconoscere che il polo siderurgico di Piombino è una area di crisi complessa (come si sta facendo per altre zone d’Italia), ai sensi e per gli effetti del Decreto del Ministero dello Sviluppo Economico del 24 marzo 2010 che permetterebbe l’applicazione delle agevolazioni previste dalla legge 15 maggio 1989, n. 181 e quindi l’accesso a fondi speciali e soprattutto potere rivedere i meccanismi di intervento da parte della regione Toscana.

Il problema è ovviamente complesso, come è complessa la storia di questa azienda: nel 2005 il 60% del Gruppo Lucchini passa, attraverso un aumento di capitale, al gruppo russo Severstal che ha come presidente Aleksei Mordashov. La notizia di per sé è buona, perché Severstal è uno dei più grossi gruppi siderurgici al mondo nonché uno dei primi gruppi industriali russi ad aver fatto acquisizioni all’estero. La famiglia Lucchini, invece, si concentra invece sul business ferroviario acquistando da Severstal nel 2007 il 100% della BU Lucchini RS con sede a Lovere (Bergamo) e filiali industriali in altri Paesi europei.

Di fatto, abbandonando la gestione dell’azienda di famiglia, abbandono sancito nel 2010, quando la Severstal ha acquisito tutte le quote del Gruppo Lucchini ancora in mano alla famiglia (alla data deteneva ancora una quota del 20%). A questo punto, Severstal, visto che l’impianto non riesce ad essere profittevole, conduce un processo di vendita dell’intero pacchetto azionario di Lucchini SpA, conclusosi senza acquirenti. Visto l’insuccesso, per deconsolidare il debito Lucchini SpA dai bilanci Severstal, il 51% di Lucchini SpA è stato ceduto a una società cipriota facente capo a Mordashov, mentre il restante 49% è restato di proprietà di Severstal.

E veniamo ai giorni nostri: nel 2011 viene venduta la BU Ascometal per la cifra di 325 milioni di Euro. L’incasso è servito a preparare un piano di ristrutturazione, omologato a Febbraio 2012 dal Tribunale di Milano, col quale si prevedeva di avere altri 6 mesi di liquidità per trovare al più presto un compratore. Purtroppo i 6 mesi sono passati, e nessun compratore si è fatto avanti, con il risultato di gettare ombre sul futuro di questa realtà industriale.

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Monti medicina amara ma necessaria.

postato il 17 Ottobre 2012

Riceviamo e pubblichiamo di Attilio Biancalana

Le preoccupazioni sono giustificate, le ingiustizie sono evidenti, le rivendicazioni sono legittime,la situazione socio economica è pesante e lo sarà ancora di più. Ma nonostante ciò è un errore grave dare spazio alle proteste ed al qualunquismo per inseguire il particolare. E’ un dato di fatto. Per una minoranza di italiani ci può essere la scorciatoia della autotutela ma per la stragrande maggioranza la medicina sarà amara e cattiva. E dovrà essere bevuta fino in fondo se vogliamo guarire ed evitare il “nostro” fallimento. Ma cosa ha realizzato la protesta in vent’anni di vita repubblicana? Niente ha solo peggiorato le cose e creato nuovi centri di potere e di ambizione personale. Le persone responsabili invece non assolvono le malefatte ma cercano di costruire e di mantenere ciò che di buono è stato fatto fino ad ora.

Rinunciare alla persona del prof. Monti, ormai un interlocutore credibile a livello internazionale, è un errore grave; modificare l’agenda Monti ora che ha raggiunto dei risultati significativi, ma fragili, è una sciocchezza; rilanciare il bipolarismo all’italiana di Pdl e Pd che ha fallito è una pazzia; illudere ancora una volta gli italiani strumentalizzando il malaffare ed il disagio è da delinquenti.

Il voto è una assunzione di responsabilità. Un elettore, seppure in buona fede, che ha votato le idee e le persone sbagliate non può dissociarsi dagli errori che le stesse hanno commesso. Troppo comodo. Deve avere l’umiltà di riconoscerlo e cambiare per scegliere l’opzione più giusta e più credibile. Io non ho motivo di cambiare il mio voto!!

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Le modifiche del pagamento IVA agevoleranno i commercianti e i piccoli imprenditori

postato il 12 Ottobre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Nell’ottica di agevolare le piccole imprese e i commercianti per alleggerire la crisi, il governo ha giustamente modificato il regime di IVA per cassa.

Si tratta di un provvedimento perché va incontro a circa il 95% delle imprese e degli autonomi in Italia.

Cosa significa nel concreto avere modificato questo regime? Per comprendere bene la portata di tale modifica, facciamo un salto indietro all’art. 6 del D.P.R. n. 633/72 che disciplina, in materia di IVA, il momento dell’effettuazione dell’operazione e dunque il momento rilevante ai fini dell’esigibilità dell’imposta.

Il primo comma del suddetto art. 6 stabilisce, come principio generale, che la cessione dei beni si considera effettuata per i beni mobili all’atto della consegna o spedizione, per i beni immobili all’atto traslativo della proprietà (stipula contratto e consegna chiavi). Il terzo comma, invece, stabilisce che le prestazioni di servizi si considerano effettuate all’atto del pagamento.

Però a questi principi generali si oppongono delle eccezioni, di cui la più rilevante è contenuta nel comma 5 del medesimo art. 6 quando prevede il differimento dell’esigibilità dell’IVA per le operazioni effettuate nei confronti di specifici soggetti, quali Stato ed Enti Statali, Camere di Commercio, Istituti Universitari, Unità Sanitarie Locali, ecc. In sostanza, i cedenti e/o prestatori possono posticipare l’esigibilità dell’IVA dovuta sulle fatture relative alla cessione dei beni o alla prestazione di servizi al momento dell’effettivo incasso, evitando in tal modo di impiegare risorse finanziarie per anticipare l’IVA su vendite o prestazioni non ancora incassate.

Il principio generale stabilisce quando una vendita si considera conclusa e nasce l’obbligo di versare l’IVA allo Stato, anche se non vi è ancora stato trasferimento di denaro. Ovviamente a questo punto abbiamo che, una azienda o un commerciante che vende della merce, anche se non ha incassato il denaro, si trova a pagare l’IVA e questo può presentare un problema.

A questo principio generale c’è una eccezione importante, il cosiddetto regime di “IVA per Cassa”, con il quale il commerciante può posticipare il pagamento dell’IVA al momento dell’effettivo incasso.

Questa eccezione era stata introdotta nel 2010 con la direttiva comunitaria 2010/45, cui era seguito, nell’aprile 2011, il pieno recepimento nell’ordinamento italiano, ma con alcuni vincoli importanti (come quello che le operazioni per i differimento dell’IVA, doveva prevedere la cessione di beni e servizi non a privati), in particolare quello del volume d’affari che non poteva essere superiore ai 200.000 euro annui.

Questo limite era stato osteggiato da C.N.A. e da Rete Imprese, e il governo Monti ha deciso di elevare questo limite, portandolo da 200.000 euro a 2 milioni d ieuro.

In pratica il differimento dell’IVA con il decreto Sviluppo Italia 2 dei giorni scorsi, si applica a tutte quelle aziende e commercianti che hanno realizzato un fatturato minore di 2 milioni di euro nell’anno precedente.

Questa modifica permette di allargare tale agevoalzione alla maggior parte delle aziende e commercianti italiani, ma soprattutto va incontro alle esigenze di cassa dei piccoli commercianti e artigiani che, più di altre attività produttive, possono avere problemi di liquidità.

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Perché è l’Italia ad avere bisogno di questa stagione politica

postato il 12 Ottobre 2012

di Vincenzo Pezzuto

Con il governo Monti in poco meno di un anno si è dato il via a Spending review, agenda digitale, liberalizzazioni, è stato riconsegnato all’Italia potere decisionale in ambito comunitario. Eppure c’è chi ad oggi sostiene un Premier, osannandone la spinta riformatrice, ma al contempo gli chiede di farsi da parte. Come se Monti fosse solo una piccola parentesi, un bisogno momentaneo. Per cosa poi? Qualcuno risponde per la democrazia. Si badi, non si parla di democrazia nel senso etimologico di “governo del popolo”, ma di ritorno allo scontro urlato ed aspro delle primarie, delle alleanze fallite, del fantomatico ritorno in campo del Cavaliere rottamatore dell’euro. Proprio quello che serve al Paese in un momento di forte instabilità finanziaria. C’è chi chiede, tralasciando un dato cruciale, di andare oltre la seconda repubblica, di aprire una fase tutta nuova nella storia repubblicana. La vita delle fasi repubblicane coincide con dati ben precisi e non con vicende giudiziarie od altro. Ogni periodo corrisponde alle rispettive stagioni delle riforme. Soprattutto perchè ad oggi paghiamo le conseguenze di quelle scelte scellerate. Basti pensare al federalismo fiscale leghista (fummo gli unici a votare contro) approvato senza il completamento di quello istituzionale, alla riforma del Titolo V, approvata dalla sinistra senza stabilire con precisione “chi fa cosa”, con dei costi insostenibili per la collettività (la spesa regionale è aumentata di 90 mld). Se le varie fasi hanno fallito è perchè le relative stagioni di riforme hanno deluso. Ma ce n’è una (quella Monti) che in controtendenza, non ha portato al fallimento (o meglio al default) e per questo motivo merita di proseguire nel segno della crescita. Merita perchè si è, in poco tempo, aperta a riforme mai affrontate ed imprescindibili per la vita del Paese. I principali sostenitori di questo Governo si espongono quotidianamente alla luce del sole, senza timori e ripensamenti e, con la stessa chiarezza di questi mesi, sosterranno il Monti-bis ed il piano di riforme avviato, perchè è l’Italia ad averne bisogno.

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Agenda Digitale trasformerà il Paese

postato il 11 Ottobre 2012

di Giuseppe Portonera

Su questo blog abbiamo ripetuto più e più volte che Agenda Digitale è la tra le più importanti pietre miliari da posare, per costruire un Paese più efficiente, rapido e moderno (abbiamo anche cercato di spiegare perché un kilometro di banda larga è preferibile a un kilometro di autostrada). Una rivoluzione digitale, infatti, sarebbe portatrice di nuovi shock positivi per l’economia, favorirebbe una maggiore inclusione sociale, garantirebbe un livello più alto di trasparenza e controllo. I nostri rappresentanti in Parlamento hanno sempre operato in questa direzione, cercando di rilanciare un’opera di mediazione e collaborazione tra le varie forze politiche, nel tentativo di varare il prima possibile un provvedimento per Agenda Digitale. Il Governo attuale, dopo qualche tentennamento di troppo, ha finalmente deciso di compiere un primo, importante passo in avanti, varando la sua Agenda Digitale. Da ciò che è filtrato (siamo ancora in attesa di leggere il testo del decreto), si tratterebbe di un documento molto interessante, ricco di proposte e progetti accattivanti, che potrà sicuramente essere migliorato al momento della sua conversione in legge, ma che rappresenta – prima di tutto – una vittoria “culturale”, perché denota un cambio di mentalità: finalmente, in mezzo a tante manovre emergenziali per affrontare la crisi (principalmente tasse e tagli) si sceglie di varare un provvedimento del genere, che molto può fare sul versante della crescita.

Il Premier Mario Monti, presentando venerdì scorso il pacchetto, aveva giustamente sottolineato che «Agenda Digitale è un modo per trasformare il Paese», attraverso la circolazione del sapere, la condivisione delle informazioni, la connettività, i servizi digitali al cittadino, che sono «le basi per recuperare il gap tecnologico paese». Le norme, quindi, «puntano in modo ambizioso a fare del nostro Paese un luogo nel quale l’innovazione sia un fattore di crescita sostenibile e produttività delle imprese». Non è un caso se qualcuno ha ribattezzato questo provvedimento come “TrasformaItalia”, e anche gli esperti del settore (come l’ex direttore di Wired, Riccardo Luna) si sono espressi favorevolmente. L’Agenda Digitale del Governo recepisce molti dei suggerimenti e delle intuizioni che noi avevamo avuto nei mesi precedenti: il capitolo sulle Start Up sembra ben fatto, dalla definizione dei caratteri di “impresa innovativa” (sostenere spese in ricerca e sviluppo in misura pari o superiore al 30 per cento del maggiore tra il costo e il valore della produzione; impiegare personale altamente qualificato per almeno un terzo della propria forza lavoro; essere titolare o licenziataria di una privativa industriale connessa alla propria attività) alle misure da attuare in caso di loro fallimento (dato l’alto rischio imprenditoriale, si congelerebbe solo la parte di patrimonio necessaria a ripagare i creditori, senza gravare ulteriormente sulle disponibilità personali dell’imprenditore). Ben congegnate sono anche le novità elaborate su Sanità Elettronica e Giustizia Digitale: vengono introdotti l’Unico Documento Elettronico – che unificherà carta d’identità e codice fiscale – e il fascicolo sanitario elettronico, e accelerate le procedure per prescrivere farmaci via telematica (con risparmi consistenti sui tempi burocratici); mentre tutte le comunicazioni di cancelleria, in tribunale, dovranno avvenire per via telematica all’indirizzo di posta certificata. Viene poi normato, per la prima volta, il crowdfunding, un sistema di raccolta di denaro “dal basso” che sarà regolato e monitorato, e che amplificherà quindi tutele e diritti di chi oggi semplicemente si affidava alla propria buona fede e alla voglia di “donare” risorse.

Certo, lo dicevamo su, il testo del Governo potrà e dovrà essere integrato, migliorato. Alcuni suggerimenti: innanzitutto, deve essere prevista una tassazione agevolata per il commercio dei cosiddetti beni digitali (l’Udc aveva proposto di fissare l’IVA al 4%). Poi – visto che il Ministro dell’Innovazione digitale è lo stesso che ha le deleghe all’Istruzione e alla Ricerca – bisogna programmare una riforma dell’insegnamento dell’informatica nelle nostre scuole (abbiamo bisogno di creare tecnici e professionisti digitali). Infine, come fatto rilevare anche dalla FNSI, si fa sentire la mancanza di una norma che introduca nell’ordinamento italiano i principi di trasparenza del Freedom Of Information Act (FOIA), che permette a ogni cittadino (non soltanto a chi abbia un interesse diretto e personale nella materia) di avere accesso ai dati sull’attività pubblica di ogni tipo e livello. Confidiamo dunque nel Parlamento, che ha già dimostrato grande sensibilità sul tema: Agenda Digitale può davvero trasformare il Paese. Non buttiamo via un’occasione come questa.

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Giustizia: ma quanto ci costi?

postato il 9 Ottobre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Marta Romano

La Giustizia italiana, purtroppo, è tra le più lente del mondo: ci vogliono addirittura (in media) 1120 giorni per risolvere una controversia giuridica. Più di tre anni per affrontare i tre gradi di giudizio, che portano, secondo le stime di Mario Draghi, presidente della BCE, alla perdita di quasi un punto percentuale di PIL. Per dirla in breve, a causa della lentezza della giustizia italiana, lo Stato perde circa 18 miliardi di euro, che invece potrebbero significare investimenti proficui e benefici enormi per l’economia.

Il risultato è questo: le aziende, italiane e soprattutto straniere, preferiscono investire altrove, lì dove non è necessario affrontare 41 passaggi prima di risolvere una controversia commerciale. Anche perché, una volta risolta, e magari vinta una causa, le aziende si accorgono di dover pagare più di un quarto del valore complessivo della disputa. Ebbene, non è certo una bella pubblicità per gli investimenti stranieri.

Ecco perché è più che necessario muoversi per modificare questo stato di cose: il sistema giuridico italiano è in una pericolosa fase di stallo, sono presenti meccanismi troppo vecchi, e le modalità impiegate ad oggi sono inefficienti e improduttive.

Le semplificazioni attuate dal Governo sono già importanti passi in avanti, ma si può fare di più, e sempre meglio. Magari, un grande aiuto potrebbe giungere dall’informatizzazione dei luoghi della giustizia, così da rendere immediate le comunicazioni di notifiche, utilizzando il metodo della PEC (Posta Elettronica Certificata).

Si tratta di un provvedimento basilare, che andrebbe a snellire i tempi delle cause, oltre che i costi per i tribunali. Piccole misure per la risoluzione di un problema così importante e  grandi vantaggi economici, per un Paese che necessita di investimenti, così come l’uomo necessita dell’aria per vivere.

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Caro Ricolfi, dietro l’agenda Monti c’è solo voglia di fare

postato il 5 Ottobre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

In riferimento all’articolo apparso sul quotidiano La Stampa dal titolo “Chi si nasconde dietro l’agenda Monti”, l’on.le Galletti ha affermato “pensiamo di aver contribuito, certamente più di altri, alla nascita e al percorso del governo Monti creando prima le condizioni per la sua nascita e sostenendolo poi con le nostre proposte in tema di liberalizzazioni, riforma del lavoro, spending
review e riforma della giustizia, solo per citare alcuni esempi” e poi ha continuato ricordando che l’Udc non vuole assistenzialismo statale né per il Sud, né per il Nord.

Premesso che l’articolo in questione è firmato da Luca Ricolfi, personaggio che stimo, nonostante in un suo libro (Dossier italia) abbia difeso il “contratto con gli italiani” stipulato da Berlusconi affermando che in fondo era stato realizzato (almeno per la maggior parte), posso serenamente dire che l’articolo sembra essere stato scritto da un marziano o da una persona che ignora parecchie cose, in particolare sulla posizione dell’Udc.

Ricolfi porta avanti una analisi politica tagliata con l’accetta e, soprattuto, incentrata su uno schematismo vecchio e pieno di preconcetti: a destra abbiamo una politica conservatrice, al centro una politica statalista, a sinistra una politica che non saprei definire. Il punto è che Ricolfi non si è minimamente documentato, altrimenti avrebbe visto non solo le proposte enumerate dall’on.le Galletti, ma soprattutto avrebbe visto che l’Udc aveva proposto ben prima di tanti altri, una robusta agenda per abbattere il digital divide e sviluppare Internet a banda larga (ricordiamo che questo ci porterebbe ad un aumento del PIL di circa 70 miliardi di euro). Già questo ci fa capire che l’Udc una sua agenda ce l’ha, come anche degli obiettivi: risanare i conti non è un target secondario, perché senza il risanamento non possiamo fare investimenti.

Ma al di là delle proposte presentate nel passato, il punto di fondo è che non si può e non si deve parlare di statalismo secondo vecchi schemi: la spesa statale può essere tagliata, e, soprattutto, deve essere indirizzata meglio e la prova si trova quando ho scritto dei fondi comunitari usati per progetti del valore medio di 5.000 euro. Questi progetti non migliorano il PIL, non creano occupazione o opportunità, sono solo una scorciatoia presa da alcuni che vedono nello Stato una mucca da macellare senza pensare al domani. L’Udc vuole sostituire a questa miriade di progetti, pochi progetti che creino le infrastrutture e le condizioni necessarie perché si possa esplicare al meglio la libera iniziativa imprenditoriale.

Propugnare un Monti-bis, come ad esempio fa Casini, non equivale a sostenere la “mucca da macellare”, bensì è un modo rendere produttiva la mucca. Tutto ciò però presuppone libertà d’azione. La vera forza di Monti è stata proprio quella di essere al di fuori del sistema politico e in quanto tale non essere inscatolato nei rigidi schematismi che hanno condizionato la vita politica italiana degli ultimi 20 anni e che proprio Ricolfi riconosce come uno dei mali della Seconda Repubblica.

Liberi dalle contrapposizioni rigide e schematiche, ci si è concentrati sulle riforme e sugli interventi normativi per rilanciare l’Italia dopo avere evitato per un soffio il disastro ereditato dal precedente governo: da quanti anni si aspettava un provvedimento per ridurre le auto blu o le province? Eppure il precedente governo ha avuto 4 anni di tempo, ma non lo ha potuto fare perché avviluppato in un continuo battibecco improduttivo sia al suo interno (si veda anche ora cosa sta accadendo all’interno del PDl dopo il caso del Lazio) che al suo esterno (pensiamo alla guerra continua avviata da berlusconi contro la magistratura e contro gli altri politici). Monti forma il suo governo  a Novmebre 2011 e a giugno 2012 (dopo 7 mesi) presenta il disegno di legge per dimezzare le province e dimezzare le auto blu. Sette mesi per un risultato concreto, contro 4 anni di chiacchiere inutili (quantunque supportate dall’agenda politica tanto cara a Ricolfi).

Sostenere Monti, significa sostenere la centralità della politica, scindendola dalle chiacchiere di cortile e dai gossip (quante pagine di giornali dedicati al bunga bunga o alla Minetti che sfila in costume da bagno?), e questo non è forse quello che si chiede a chi ci governa?

Vogliamo parlare di agenda, come chiede Ricolfi? Facciamolo, ma dobbiamo essere coscienti che è un falso problema, perché sappiamo cosa serve: svecchiare il mondo del lavoro in Italia garantendo i lavoratori, ma senza che questo si trasformi in rigidità contrattuale; serve rivedere il sistema fiscale; serve combattere l’evasione fiscale; serve incoraggiare gli investimenti. Tutti sanno cosa serve, ma il problema vero è “come fare queste cose” e questa è la vera forza di chi sostiene Monti, perché non ci si perde in chiacchiere da bar consci che il mondo moderno fugge le perdite di tempo e l’eccessiva rigidità, mentre richiede rapidità di esecuzione e massima flessibilità, perché il mondo è in continua evoluzione, anzi, citando Baumann, potremmo dire che siamo in “costante mutamento in una realtà liquida e multiforme”.

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