Tutti i post della categoria: Spunti di riflessione

Sentenza Mediaset: al confronto di Porta a Porta

postato il 2 Agosto 2013

Ospite dello spazio di approfondimento di Rai1 condotto da Bruno Vespa

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Casini tifa Letta: “Ma è una coalizione senza convinzione

postato il 29 Luglio 2013

Il leader Udc: premier frenato da troppe tensioni .Prevedo che Berlusconi non sarà condannato

Pier Ferdinando CasiniPubblichiamo da ‘la Stampa’ l’intervista a Pier Ferdinando Casini di Amedeo La Mattina

Da un lato la sentenza della Cassazione che potrebbe mettere fuori gioco Berlusconi; dall’altro le misure per rilanciare l’economia e agganciare la ripresa, oltre al nodo delle riforme costituzionali. Senatore Casini, come pensa che ne uscirà il premier Letta da questa morsa?
«Il governo Letta soffre perché i due principali partiti lo sostengono più per necessità che per convinzione. In questo senso c’è una anomalia tutta italiana. Nella grande coalizione tedesca, democristiani e socialisti hanno collaborate con convinzione. In Italia Pd e Pdl lavorano insieme per paura. Allora mi auguro che questa sofferenza di necessità venga superata rapidamente: o si trovano le ragioni di stare insieme o l’Italia va a rotoli».

Un giudizio su come sta lavorando Letta.
«È il miglior premier possibile. A mio parere non ha sbagliato quasi nulla, ma solo un cieco non vedrebbe che è impegnato a difendersi da tutti. Da chi all’interno del suo partito lo mette in discussione, o in modo diretto o in modo sottile ma il risultato non cambia. Da chi nel Pdl si aspetta che questo governo possa risolvere come d’incanto i problemi di Berlusconi, e questo è impossibile. A volte deve difendersi anche da forze minoritarie che non resistono alla tentazione di farsi notare con qualche alzata di tono». [Continua a leggere]

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Mozione di Sfiducia ad Alfano: l’intervento in Aula

postato il 19 Luglio 2013

Stato deve scuse alla signora Shalabayeva, ma basta avvoltoi in maggioranza

Signor Presidente, avvertiamo oggi un disagio palpabile. Non è facile intervenire in questa discussione, perché siamo figli di una tradizione democratica e liberale. La nostra Costituzione e le nostre leggi sanciscono, senza dubbio, rigorosi codici di comportamento e siamo impegnati in primo luogo, per rispetto verso il Parlamento e verso lo stesso Governo, ad adottare e a fare uno sforzo comune di verità.
Vi sono troppe anomalie in questa vicenda per farla rientrare nella normalità e la prima – me lo si consenta – è che ne parliamo in Parlamento dopo più di un mese e mezzo da quella sfortunata e triste giornata.
Il primo pensiero è per la signora Shalabayeva e la sua bambina. A loro lo Stato italiano deve delle scuse, senza se e senza ma. Deve scuse e un impegno: non possiamo abbandonarle ora. Nessuna giustificazione può essere evocata, indipendentemente dallo status del marito che è evidentemente controverso.
A questo proposito, anche come Presidente della Commissione esteri, voglio esprimere la più ferma protesta per l’indegno comportamento delle autorità diplomatiche kazake accreditate presso lo Stato italiano.
In particolare, non è tollerabile che l’ambasciatore il quale, essendo in vacanza, non ha trovato il tempo per rispondere alla convocazione del nostro Ministro degli esteri, lo trovi invece per spiegarci dalle colonne della stampa come Makhtar Ablyazov sia solo un delinquente ordinario perseguitato per i suoi reati comuni. Naturalmente, onorevoli colleghi, non metto la mano sul fuoco sull’integrità morale del succitato e inviterei tutti alla cautela in proposito.
Ricordo però al diplomatico e a tutti i senatori che stiamo parlando di un Paese – il Kazakistan – che nelle statistiche internazionali sulle libertà di stampa figura ad esempio al centosessantesimo posto su 179 Paesi. Comunque, se anche questa fosse la realtà (quella del marito), non giustificherebbe in alcun modo l’affannarsi di questo cosiddetto ambasciatore nell’organizzare la deportazione di una donna e di una bambina di sei anni. Voglio dire con chiarezza (se la ministro Bonino non è impegnata al telefono) che la Farnesina deve valutare la compatibilità di questo signore con l’ufficio che ricopre nello Stato italiano.
Certo, esistono enormi interessi economici intorno a questo Paese per tutto l’Occidente. Dobbiamo essere consapevoli di ciò ed anche del fatto che tanti possono cercare di approfittare di questa crisi: tanti nostri alleati, tanti Paesi amici, forse in queste ore operano attivamente nel sottobosco di un certo mondo per cercare di levare all’Italia alcuni affari e dirottarli magari da altre parti. Ne siamo consci perché con l’ingenuità non si fa la politica estera né si fanno gli interessi economici del Paese. I termini della questione, però, sono questi: parliamo di un Paese senza libertà civili e noi dobbiamo fissare confini chiari. Nessun interesse economico può giustificare la perdita della dignità nazionale, del nostro decoro e dei nostri princìpi.
L’Italia ha fatto una brutta figura nel mondo – l’ha fatta lo Stato nel suo complesso – poiché si è evidenziata un’inaccettabile tolleranza verso diplomatici che hanno adottato comportamenti anomali, non contrastati da autorità deboli, se non compiacenti. Gli apparati di polizia, le autorità giudiziarie ed alcuni Ministeri non hanno certo fornito una bella prova di sé.
A margine della vicenda, vorrei fare una riflessione. C’è bisogno di più politica in Italia perché, quando essa manca, la burocrazia travalica dai suoi compiti e rischia di finire fuori strada. Questa vicenda lo dimostra e per decenza non aggiungo decine di esempi giornalieri che ciascuno di noi potrebbe portare in ordine alla gestione di altri Ministeri.
Il Governo, che pochi sostengono con la convinzione di chi vi parla, esce più debole da questa vicenda tormentata e triste. Mi sembra che le ripetute affermazioni del presidente Letta, del vice presidente Alfano, del Ministro degli affari esteri e del Guardasigilli documentano questa opinione ormai condivisa. Non avrebbe altra spiegazione la stessa comunicazione ufficiale che voi avete fatto il 12 luglio e le tante dichiarazioni in proposito. Da ultimo, se non vi fosse questa consapevolezza consolidata, di certo ieri il Capo dello Stato non avrebbe parlato – cito testualmente – «di gravi motivi di imbarazzo e di discredito per lo Stato» e il Governo non avrebbe messo in atto nuove norme di condotta ed innovato catene di gestione burocratica per evitare in futuro il ripetersi di simili esempi.
Dico ai colleghi presentatori della mozione, ai senatori dei Gruppi M5S e Misto-SEL, che gli interrogativi da sciogliere ci sono e sono legittimi, ma ciò da cui dissentiamo fermamente è ritenere che la sfiducia al ministro Alfano – delle cui parole non abbiamo motivo di dubitare poiché abbiamo fiducia nella persona – possa essere la soluzione del problema. Ancor più irresponsabile sarebbe oggi un voto che riconsegnasse l’Italia all’incertezza ed all’instabilità proprio mentre il Governo Letta sta faticosamente operando per risollevare l’Italia. A questo voto avventuristico noi non siamo disponibili, poiché da una vicenda certamente disdicevole faremmo discendere un ancor più drammatico epilogo, pernicioso per l’Italia e gli italiani.
La polemica politica è sempre legittima, le differenti visioni anche, ma chi sostiene il Governo deve evitare gli atteggiamenti farisaici di qualche avvoltoio in servizio permanente effettivo anche all’interno della maggioranza, che a parole si prodiga in elogi verso il Governo e nei fatti ne minano quotidianamente le ragioni dell’esistenza.
Termino, onorevoli colleghi. È difficile sostenere – mi rendo conto che per molti è anche più difficile che per me o per il Gruppo cui appartengo – una maggioranza così atipica e strana. Noi lo facciamo nell’interesse del Paese e vorrei fare un’avvertenza finale. Ci inchiniamo tutti in questa Aula all’emergenza, al di là di questo episodio. Come ha detto brillantemente prima il senatore Russo, allora, se ci inchiniamo all’emergenza, evitiamo di stare nella maggioranza solo per saldare i debiti delle nostre vecchie promesse elettorali. Guardiamo avanti; non saldiamo i conti con il passato; cerchiamo di costruire il futuro.

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Ospite di Uno Mattina Estate

postato il 7 Luglio 2013
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Lettera al Sindaco Fassino in occasione della consegna dell’onoreficienza di Commendatore a Musy

postato il 3 Luglio 2013

Caro Sindaco,

vorrei esprimerti la mia ammirazione per il gesto del Comune di Torino di celebrare oggi il conferimento dell’onorificenza di Commendatore della Repubblica all’amico Avvocato Alberto Musy.
Rivolgo un rispettoso saluto alle figlie e alla moglie Angelica, testimoni di un evento che offende non solo Torino ma l’intera comunità nazionale.
La doverosa ricerca della verità, che i magistrati di questa città perseguono con grande e riconosciuta professionalità, non potrà mai
sanare una ferita che sentiamo profondamente attuale e viva.
L’esempio di Alberto deve però confortarci tutti: in questo momento travagliato fare solo e semplicemente il proprio dovere è l’unica grande riforma di cui l’Italia ha bisogno.
Un caro saluto,

Pier Ferdinando Casini

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Ci lascia un altro grande protagonista della storia italiana

postato il 25 Giugno 2013

Emilio-Colombo_h_partbUn altro grande protagonista della storia italiana ci ha lasciato questa sera. Collaboratore di De Gasperi, uomo di governo illuminato e trasparente, europeista apprezzato in tutto il mondo, Emilio Colombo già presidente del Parlamento europeo e dell’Internazionale democratica cristiana ha testimoniato fino all’ultimo nel Senato della Republlica la sua dedizione per le Istituzioni e per l’Italia. Lo ricordo con commozione ed affetto.

Pier Ferdinando

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‘L’intervista della domenica’

postato il 16 Giugno 2013

Nell’approfondimento di Tgcom24 condotto da Fabrizio Summonte

 

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Di solo rigore si muore. Adesso è tempo di sviluppo.

postato il 15 Giugno 2013

casini1L’intervista a Pier Ferdinando Casini pubblicata su il “Giornale di Sicilia”, di Andrea D’Orazio.

Cresce l’attesa per il Consiglio europeo di fine giugno. L’Italia, reduce da un faticoso cammino sulla strada del rigore, proverà a indicare altre vie possibili per uscire dal tunnel della recessione, senza sacrificare lo sviluppo. Sul tavolo il fardello più pesante, quello della disoccupazione. Il premier Letta e i ministri dell’Economia di Spagna, Francia e Germania, lo hanno ribadito ieri nel summit di Roma: il nodo del lavoro sarà al centro dell’Ue, non si può aspettare che sia la crescita a favorire l’occupazione, ma, al contrario, bisogna sostenere l’occupazione per stimolare la crescita. È il segno di un mutato approccio nei confronti della crisi economica, di una rivoluzione copernicana? Secondo Pier Ferdinando Casini, presidente della Commissione Affari Esteri del Senato, si tratta di una scelta obbligata: «perché di solo rigore si muore, e l’austerità non può diventare una filosofia di vita. Adesso è tempo di sviluppo, altrimenti il dramma dei giovani che non hanno lavoro e certezze travolgerà sia l’Europa sia la classe dirigente di tutti i Paesi».

Siamo dunque al cambio di rotta: via dal rigorismo?

Sarà inevitabile, la pressione è fortissima, lo chiedono tutti i parlamenti europei. Giovedì prossimo, a Vienna, al vertice del Partito popolare europeo, ribadirò al cancelliere tedesco Merkel la necessità di cambiare orizzonti. Anche perché è dal culto dell’estremo rigore, quello che supera la necessità sacrosanta di tenere i conti a posto, che poi nascono e proliferano certi fenomeni dell’antipolitica, o movimenti come quelli grillini, che magari durano lo spazio di un mattino, ma  producono grandi illusioni nel cuore della gente.

Sembra che l’Italia, sul fronte occupazione, abbia già ottenuto un primo risultato: nella bozza che circola a Bruxelles c’è l’impegno di anticipare l’utilizzo dei 6 miliardi messi a disposizione dall’Ue per il lavoro. Le promesse si tradurranno in fatti?

L’Italia, dopo essere uscita dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo, per la prima volta dal 2009 si siederà a un Consiglio europeo senza trovarsi in una posizione scomoda. Abbiamo fatto bene i compiti a casa, adesso sta all’abilità negoziale del Governo ottenere risultati concreti, per spingere l’Ue verso la strada dello sviluppo e degli incentivi all’occupazione giovanile. Un tema delicatissimo, quest’ultimo, perché non coinvolge drammaticamente soltanto il nostro Paese, ma 25 milioni di europei.

Da quei sei miliardi all’Italia arriveranno circa 500 milioni, troppo pochi. Ci sono altri fondi europei ancora non spesi: 30 miliardi da utilizzare entro il 2015. È possibile dirottarli sulla questione lavoro?

Bisogna assolutamente farlo. Abbiamo ancora molte risorse importanti da utilizzare, occorre indirizzarle sull’imprenditoria giovanile, per stimolare la nascita di nuove aziende. Penso soprattutto al Mezzogiorno. Certo, si può anche parlare di detassazione per i neoassunti, ma il rischio, oggi, è che di neoassunti non ce ne siano più, e che pertanto si parli del nulla. Bisogna partire dalle giovani imprese, puntare su chi ha voglia di scommettere sul proprio futuro aprendo attività. Su questa strada dobbiamo impegnarci tutti. È vero che negli ultimi due anni il tasso di assorbimento dei fondi europei è passato dal 18 al 40%, ma le Regioni devono fare di più. Penso anche a una modifica del Titolo quinto della Costituzione sulle autonomie locali, da inserire nel programma di riforme costituzionali che è stato messo in moto: bisogna passare dall’euro-retorica del federalismo al concreto monitoraggio di quanto le Regioni hanno saputo fare e dei disastri che hanno compiuto.

Un Governo come il nostro, formato da avversari-alleati, quale peso politico può avere sull’Ue? Dovrà ingaggiare un braccio di ferro con i Paesi più ricchi?

La formula delle larghe intese potrà anche avere diversi svantaggi, ma sicuramente ha un vantaggio proprio sul piano europeo, dove può giocare un ruolo di primo piano. Questo perché diverse famiglie politiche, sia i socialisti che i democristiani, saranno più propensi ad ascoltarci. Quanto ai bracci di ferro, le istituzioni europee non sono certo un bar. E poi che senso avrebbe mostrare i muscoli, far vedere quanto sono forti, fare gli spacconi, per poi sparire sotto il tavolo al primo pugno che prendiamo durante i negoziati? Non credo ai propositi bellicosi, credo alla serietà di un impegno serio, paziente e continuato con l’Ue.

Durante l’Esecutivo Monti con l’Ue sono stati commessi errori? Siamo stati poco coraggiosi?

L’austerity era una medicina necessaria, soprattutto per quei Paesi che in questi anni hanno fatto la parte della cicala, accumulando debito pubblico come l’Italia. Non potevamo fare altrimenti, dovevamo collocare troppi titoli di Stato sul mercato, lo spread era schizzato e l’Italia era sotto stretta osservazione. Abbiamo portato avanti una politica impopolare, ma giusta, perlomeno nei primi sei mesi. Poi abbiamo un po’ smarrito la strada, anche perché la sindrome elettorale aveva reso il governo orfano di padre e di madre.

In molti, ancora, sono convinti che l’euro sia stato letale per il nostro Paese. Ha senso, oggi, pensare a una via di fuga dalla moneta unica?

Col senno del poi, forse, sono stati commessi degli errori nel percorso verso l’euro, ma parlare oggi di via di fuga mi sembra una boutade autolesionista. Certo, la moneta va assistita diversamente. Bisogna anche dare più poteri alla Bce, e per farlo non possiamo certo aspettare il verdetto della Corte costituzionale tedesca sulla legittimità dello scudo antispread adottato dall’Eurotower, anche perché nessuno ha trasformato quel tribunale in una Corte costituzionale europea.

Dilaga l’euroscetticismo. Come arginarlo?

L’Ue oggi è davanti a un bivio, così com’è non regge più. Per gli europeisti convinti come me sarebbe necessario un salto di qualità con gli Stati Uniti d’Europa. Solo così la gente potrà appassionarsi di nuovo al grande ideale europeo, solo così capirà il valore dell’Ue: quando la vedrà interviere nel controllo delle frontiere, quando uniformerà i sistemi scolastici, quando parlerà la stessa lingua in politica estera, quando la vedrà lottare contro l’evasione fiscale, quando ci sarà un mercato unico dell’energia, la banda larga e tanto altro ancora. La strada sembra lunga, ma l’opportunità di imboccarla c’è già. Mi auguro, per esempio, che per le prossime elezioni comunitarie i partiti europei avanzino anche candidature per la presidenza della Commissione e la sottopongano agli elettori. Sarebbe una bella novità. L’Ue non deve essere solo il governo delle burocrazie, ma dei popoli. È infatti il deficit di politica, unito all’eccesso di rigore, che scatena l’euroscetticismo. Insieme a un terzo elemento: la miopia di classi dirigenti nazionali che, incapaci di assumersi le proprie responsabilità, le hanno tutte scaricate sull’Europa.

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Grande preoccupazione per situazione in Turchia

postato il 5 Giugno 2013

Prevalga il dialogo

Esprimo grande preoccupazione per la situazione in Turchia. Auspico che prevalga il dialogo e che non si ripetano certe sproporzionate violenze nei confronti dei manifestanti.

Pier Ferdinando

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Violenza sulle donne… E ora al lavoro!

postato il 29 Maggio 2013

convenzione_istanbul_camera_femminicidio“Riceviamo e pubblichiamo” di Maria Pina Cuccaru

“La camera approva!”

La Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica è stata approvata alla Camera con voto unanime. 545 sì su altrettanti votanti per il testo che prevede misure per prevenire e contrastare la violenza sulle donne. Ora la parola passa al senato, ma ci si aspetta altrettanto sostegno per un documento che rappresenta un atto dovuto e un impegno nel paese del Maschio Italico. La convenzione, infatti, impone precisi doveri a carico degli stati che la sottoscrivono non solo a livello punitivo, ma soprattutto dal punto di vista preventivo. E in Italia, paese dove ancora la cultura dominante è ben lontana dalla parità dei sessi che invece è del tutto naturale nei paesi scandinavi, la sfida in tal senso non è di poco conto. Ricordiamo infatti che l’Italia è il paese delle dimissioni in bianco, del vergognoso tasso di disoccupazione femminile, il paese dove sempre più le donne restano a casa perchè mancano i servizi che consentono loro di conciliare lavoro e cura della famiglia e dove si utilizzano donne in costume da bagno anche per pubblicizzare un dentifricio. Questo, infine, è il paese dove oggi si è detto addio a una ragazzina di 15 anni, uccisa dal fidanzatino quasi coetaneo per un rapporto sessuale negato. L’ennesima.

La sfida che si impone all’Italia, nel porre in atto la Convenzione di Istanbul, non è di poco conto: educare innanzitutto. Nelle scuole, attraverso la cultura del rispetto fra generi, dell’amore che non è mai possesso, della violenza che non è mai giustificata; nei mass media, con la messa al bando di un’immagine femminile che è solo esteriorità e che può essere venduta al miglior offerente come un qualsiasi capo di bestiame, per poi farne quel che si vuole tanto lei sta zitta; ma innanzitutto nella famiglia, ricordando a ogni genitore che l’amore e il rispetto per l’altro si respira nella vita familiare di ogni giorno.

Quindi, cari padri, amate e rispettate ciascuna donna della vostra famiglia, perchè vostro figlio da voi imparerà a fare altrettanto; care madri, esigete da vostro marito e dai vostri figli il rispetto che meritate, e vostra figlia imparerà a fare lo stesso, e soprattutto smettetela di insegnare le faccende domestiche solo alle femminucce, perchè non sono le schiave di nessuno, ma trasmettete loro il valore di cultura ed educazione, che costituiscono la vera bellezza di ciascuna donna, e insegnate loro che il Principe Azzurro sveglia la Principessa ma non ne diventa il padrone, e se non riga dritto va mandato a quel paese. Subito.

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