Tutti i post della categoria: Spunti di riflessione

«Il gruppo con gli ex M5S? Non esiste. Con Draghi accolto l’appello del Colle»

postato il 21 Febbraio 2021

L’intervista pubblicata su Il Messaggero

«Tutto sommato, a parte il comprensibile psicodramma complessivo dei cinquestelle, questa è stata una settimana in cui la politica ha dato una bella immagine di sé». Per la prima volta dopo tanti anni, Pier Ferdinando Casini non ha vissuto da protagonista la nascita di un nuovo governo. Negli ultimi 8 giorni infatti, Casini è rimasto ricoverato allo Spallanzani dopo aver contratto la Covid-19. Ora che è tornato a casa e fortunatamente sta bene, «sono solo un po’ affaticato» ammette, non si sottrae ad una prima impressione su Draghi e soprattutto smentisce i retroscena circolati nei giorni scorsi che hanno fatto notare come il suo appoggio sarebbe praticamente l’unica strada che consentirebbe ai 5stelle espulsi dai gruppi parlamentari di formarne uno nuovo. «È una questione che non esiste» dice però, liquidando la pratica.

Onorevole Casini, come sta innanzitutto?
«Dopo 8 giorni sono uscito, sono contento. Quando si entra in questo tunnel, la cosa migliore è uscirne presto. Mi sento ancora un po’ stanco, ma pare normale per questo tipo di decorso».
Il Coronavirus non le ha permesso di essere in Aula per votare la fiducia al governo Draghi, peraltro la presidente del Senato Casellati le ha anche augurato una pronta guarigione prima del voto.
Ma ha sentito qualcuno del nuovo esecutivo?
«Certo, ho sentito molti ministri. Mi hanno telefonato per farmi gli auguri, alcuni sono amici come Franceschini, con altri ho condiviso il lavoro parlamentare. Con Brunetta ad esempio abbiamo fatto assieme la commissione di inchiesta sulle banche».
A differenza di altre volte ha visto dall’esterno la nascita del nuovo governo. Che settimana è stata?
«Tutto sommato a parte il comprensibile psicodramma complessivo dei cinquestelle è stata una settimana in cui la politica ha dato una bella immagine di sé. Anche il dibattito parlamentare tra tutti i partiti, compresi coloro che hanno votato contro come Fratelli d’Italia, è stato sempre costruttivo. Mi pare che l’appello del Capo dello Stato abbia funzionato. Ora si vedranno i fatti, ma se il buongiorno si vede dal mattino, direi che abbiamo iniziato bene».
E il premier Draghi? Come l’ha visto?
«Draghi l’ho visto Draghi. È un uomo essenziale che non ha delle ritualità particolari, che riduce al minimo la comunicazione. E già questo è un indizio importante, anche non comunicare è una scelta. Non l’ho visto impacciato. Uno che è stato presidente della Bce o che ha guidato Bankitalia non è che si impressiona per presentarsi in Parlamento. Credo abbia detto una piccola bugia quando ha detto di essere emozionato, probabilmente ha voluto fare una concessione di cortesia alla platea. L’ho visto come un uomo solido che sa il fatto suo».
Onorevole c’è chi ha ipotizzato un suo sostegno ai ribelli 5s per consentirgli di formare un nuovo gruppo parlamentare.
«È una questione che non esiste, puramente regolamentare. Sono distante anni luce dal tema né intendo avvicinarmene. Rispetto il loro travaglio, ma non è un mio problema».
Perché? 
«Questi ribelli 5s sono gli stessi che volevano mettere sotto accusa Draghi quando io ero alla Commissione banche. Che ora siano a disagio a votarlo li capisco, ma non mi riguarda. Tra i cinquestelle hanno fatto bene Grillo e Di Maio, che hanno dato una prova di realismo brutale. Il M5s non può riprendere la strada del partito rivoluzionario come se nulla fosse successo negli ultimi 5 anni. Hanno governato con Salvini, il PD e appoggiano Draghi. Lei capisce che i propositi rivoluzionari con questa esperienza sono un pochino ridicoli».

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Ciampi: «Il nostro grazie a Franca»

postato il 18 Dicembre 2020

La mia lettera al Corriere della Sera

C’è una nonna che domani compie 100 anni. È una Donna speciale perché per 7 anni è stata la prima della Repubblica accanto a un grande Presidente come Carlo Azeglio Ciampi che ci ha, più di ogni altro, fatto sentire il senso di appartenenza alla comunità nazionale coltivando quel sentimento di patriottismo costituzionale che a pieno titolo gli è appartenuto.

Questa nonna, Franca, che vorrei semplicemente omaggiare oggi come la nonna di tutti gli italiani, merita un nostro grazie.

L’ho conosciuta bene nei 5 anni in cui ho avuto il privilegio di collaborare da presidente della Camera con l’allora presidente della Repubblica. L’ho conosciuta nei suoi tratti umani, nella sua innata simpatia tipicamente bolognese e anche nelle sue spontanee esternazioni, incurante dei rigidi vincoli del protocollo.

Ma ciò che non potrò mai dimenticare è il portato di umanità e di senso materno con cui in una terribile nottata del novembre 2003 l’ho vista partecipe di un dolore indicibile per le 19 famiglie dei nostri caduti di Nassiriya.

Tanti italiani ricorderanno la sfilata silenziosa, sotto una pioggia fitta e insistente, di quei feretri coperti dal tricolore dall’aeroporto di Ciampino al Vittoriano.

Ma ben pochi possono essere testimoni come me della capacità di questa Donna di trovare le parole giuste per far sentire alle famiglie dei nostri eroi che lo Stato non era qualcosa di diverso da loro ma con essi si identificava, con essi soffriva l’amaro destino.

Oggi dico grazie a Franca Pilla, vedova Ciampi, e tramite lei credo che tutti noi dovremmo rivolgere un grato ringraziamento alle migliaia di nonni che in questi mesi stanno soffrendo il distacco anche fisico dalle loro famiglie, sperimentando la crudeltà di una solitudine in un momento particolare della loro vita.

Noi, senza di loro, non saremmo nulla. Se siamo ciò che siamo è perché abbiamo avuto la fortuna di essere i loro figli, i loro nipoti, di ereditare da loro i valori profondi e le radici immutabili che sono al centro della nostra comunità nazionale e, ancora prima, delle nostre vite.

A tutti i nonni italiani noi diciamo solo e semplicemente ciò che dico dalle colonne del Corriere a Donna Franca: grazie, vi vogliamo bene!

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Qatar: Riforma elezione Shura importante passo verso partecipazione

postato il 4 Novembre 2020

La data delle prime elezioni del Parlamento del Qatar, il Consiglio consultivo della Shura, ad ottobre 2021 e’ stata annunciata dall’Emiro dello Stato del Qatar, Sceicco Tamim bin Hamad Al-Thani, durante il discorso inaugurale di apertura della 49ma sessione ordinaria annuale del Consiglio consultivo della Shura il 3 novembre. Il Consiglio della Shura e’ costituito da 45 membri, ad oggi tutti nominati dal Capo di Stato. Il prossimo anno è prevista l’elezione parziale di due terzi dell’assemblea, 30 membri.

 

Si tratta di un importante sviluppo e di un passo in avanti nella direzione di una maggior rappresentatività del Consiglio e della necessaria partecipazione dei cittadini nel processo legislativo, come previsto dalla Costituzione.
L’annuncio riflette l’impegno di riforma del procedimento legislativo che avevo avuto modo di apprezzare in occasione della mia visita in Qatar ad aprile 2019 per i dei lavori della 140ma Assemblea dell’Unione Interparlamentare ospitata a Doha, durante la quale si è discusso del ruolo dei Parlamenti quali strumenti del rafforzamento dell’educazione per la pace, la sicurezza e lo Stato di diritto.

 

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Ue: io credo al sovranismo europeo

postato il 17 Giugno 2020

Il mio intervento nella discussione sull’informativa del Presidente del Consiglio dei ministri in vista della videoconferenza dei membri del Consiglio europeo prevista per il 19 giugno 2020.

Voto Parlamento sacrosanto ma al termine del negoziato. E’ frutto di gabbie ideologiche inaccettabili vincolarci a non accettare i fondi del Mes. E’ inevitabile che l’Italia lo faccia, sono fondi che serviranno all’ammodernamento del sistema sanitario

Signor Presidente, signor Presidente del Consiglio, lei ha enucleato questa mattina, davanti al Parlamento, alla Camera e poi al Senato, un quadro descrittivo di un processo negoziale che è ancora in corso.
Colleghi, il primo punto è di metodo, ma voi sapete che il metodo spesso è sostanza. Io credo che la centralità del Parlamento si nutra di metodo. Nei giorni scorsi l’opposizione ha chiesto un voto parlamentare, che io ritengo sacrosanto, ma è giusto che il voto parlamentare arrivi al termine del processo negoziale. Al termine del processo negoziale noi dovremo, in Parlamento, assumere la decisione di quali strumenti intendiamo usufruire. È chiaro, infatti, che in questo momento, mentre la trattativa è in corso, noi, anche per un problema negoziale, non possiamo impiccarci oggi nel prendere impegni che il Paese deve necessariamente assumere dopo. È un problema di logica.
Pertanto francamente non capisco, se non in termini di astratta disputa politica (che, per carità, è sempre comprensibile), una sorta di conflittualità oggi nelle Camere su questo punto.
Il Presidente del Consiglio è stato chiaro e ha detto che il negoziato in corso probabilmente cercherà, anche a nome dell’Italia, di strappare qualcosa nel processo negoziale in corso e poi decideremo quali strumenti adottare. Personalmente – lo dico ai colleghi del MoVimento 5 Stelle – ritengo che sia frutto di gabbie ideologiche inaccettabili, ad esempio, vincolarci a non utilizzare i fondi del MES. Ritengo che sia inevitabile che l’Italia lo faccia; questi fondi serviranno all’ammodernamento del nostro sistema sanitario. Per cui credo che sia inevitabile che l’Italia vada su questo piano, ma lo decideremo quando avremo presente la gamma di strumenti su cui fare le scelte politiche che il Parlamento deve fare.
Questa crisi è costata all’Europa migliaia di vite umane e poteva portare a due effetti: o la morte dell’Europa, o la sua rinascita. Davanti a tutti i sovranismi che abbiamo visto declinare in questi mesi e in questi anni, ho sempre ritenuto che l’unico sovranismo a cui attingere realmente fosse il sovranismo europeo. Credo al sovranismo europeo, perché penso che procedere in ordine sparso non sia possibile neanche alla Germania, che di tutti i Paesi europei è inevitabilmente quello più forte e più strutturato. Diciamo la verità: la Germania è stato il Paese che anche in questa situazione ha dato una prova largamente migliore, considerando il numero contenuto di morti e visto come hanno reagito il sistema sanitario e le strutture economiche. Eppure, nemmeno loro possono andare avanti da soli.
Il sovranismo, a cui una parte almeno di questo Parlamento si sente legato, è quello europeo. Davanti a questa situazione drammatica credo che l’Europa ci sia, ci sia stata ed esista. Scappatoie di altro tipo non sono possibili. Voglio esprimere quindi apprezzamento per la proposta franco-tedesca ed anche, in particolare, per l’atteggiamento della signora Merkel, che di questa Europa inevitabilmente è il leader. Tante volte l’abbiamo criticata, ma – diciamo la verità – davanti alla pronuncia della Corte costituzionale tedesca la Merkel ha tenuto il punto ed è andata avanti: questo è un fatto molto importante.
Colleghi, possiamo sinceramente meravigliarci dei Paesi cosiddetti frugali? Possiamo legittimamente contestare l’impostazione dei Paesi frugali. [Continua a leggere]

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«Tempo di unità nazionale»

postato il 15 Aprile 2020

L’intervista di Antonella Coppari  pubblicata su QN

Lo scenario peggiorerà, temo che il governo non regga. Appello alle opposizioni: «Più responsabilità, Salvini e Meloni sbagliano»

«Nei prossimi mesi lo scenario rischia di peggiorare, e temo che questo governo non ce la faccia», afferma Pier Ferdinando Casini, ex presidente della Camera e oggi senatore del gruppo delle Autonomie.

E cosa può accadere? Un esecutivo di salute pubblica?
«Tutti saranno chiamati all’assunzione di responsabilità, a partire dall’opposizione». [Continua a leggere]

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Coronavirus: il mio intervento in Senato dopo l’informativa di Conte

postato il 26 Marzo 2020


Signor Presidente,

colleghi, credo che oggi non sia possibile cominciare alcun intervento senza rivolgere il nostro pensiero deferente a coloro che consentono a noi di essere qui e all’Italia di stare in piedi, nonostante tutto. Penso ai medici, agli infermieri, alle Forze dell’ordine, alla Polizia penitenziaria, ai coltivatori diretti, ai cassieri dei supermercati e a tutti coloro che, con individuali gesti quotidiani di eroismo, consentono all’Italia di stare in piedi.
Ricordiamo, colleghi, che queste persone non servono lo Stato perché hanno deciso di essere eroi: non volevano esserlo, ma volevano solo e semplicemente fare il loro dovere. Se oggi l’emergenza chiede loro atti di eroismo, dovremo tenerlo presente anche dopo, quando l’emergenza sarà finita e tanti discorsi potremo fare – ad esempio – sul Sistema sanitario pubblico, che per troppo tempo abbiamo dileggiato, ma che oggi, nonostante tutto, ci consente di avere fiducia.
Vorrei rivolgere un pensiero alle famiglie, a quelle che non possono piangere i loro cari e a una categoria del Paese che mi sta molto a cuore: i nonni e gli anziani, coloro che in questo momento sentono più degli altri la drammaticità di momenti che non avrebbero mai pensato di vivere.
Voglio poi simbolicamente inchinarmi, a nome del Gruppo per le autonomie e penso di tanti di voi – cito una città – alla città di Bergamo; voglio inchinarmi ai suoi abitanti, alla memoria di chi non ce l’ha fatta, a questa grande città che rappresenta un onore e un vanto per tutta la Nazione.
Colleghi, oggi siamo in guerra; nei tempi di guerra le diserzioni non sono ammissibili. Verrà il momento della pace – ci auguriamo – e a quel punto si faranno i bilanci, ciascuno farà le valutazioni, potremo fare gli esami di quello che è andato e di quello che non è funzionato.

Se mi consentite, però, vorrei elencare alcune tematiche. Parto dalla prima, che è quella che ci riguarda, perché in questi giorni credo che ha fatto male a tanti di noi sentire in trasmissioni televisive, molte volte, la strumentalizzazione costruita su fatti inesistenti che bisognava riaprire il Parlamento. Il Parlamento c’è, è aperto, non si è mai chiuso e guai a quel Paese in cui il Parlamento ha paura di fare il suo dovere quando in prima fila ci sono tante categorie. Noi siamo qui semplicemente come gli altri, con le mascherine; le Commissioni funzionano come hanno fatto in questa settimana tramite Skype o anche direttamente. Tutto questo fa parte del lavoro che svolgono gli italiani.
Io ricordo un Presidente della Repubblica, anni fa, il presidente Cossiga, a volte ritenuto eccentrico, che aveva elaborato e voleva elaborare con più profondità un protocollo sul funzionamento del Parlamento e delle istituzioni in periodi di crisi drammatica come quella attuale. Abbiamo sottovalutato che ciò potesse mai capitare e invece oggi siamo qui. Il funzionamento del Parlamento e delle istituzioni nei momenti di crisi è una questione che si andrà a porre seriamente per il futuro.

Un altro tema concerne l’applicazione della tecnologia, il rapporto tra democrazia, diritto di privacy e limitazione della libertà in momenti come questi. Anche questa è una frontiera delle questioni che il legislatore dovrà affrontare. Il rapporto – come accennavo prima – tra sanità pubblica e sanità privata: consentitemi di dire che tanti modelli sono franati e sono franati proprio perché si è voluta privilegiare l’idea che il tema della sanità privata potesse essere la soluzione. Non è così e lo vediamo con chiarezza. Cito il rapporto tra lo Stato, le Regioni e i Comuni per evitare conflittualità istituzionali – colleghi – la moltiplicazione di ordinanze e di indicazioni date al cittadino che non capisce assolutamente più nulla. Qualcuno ha irriso il referendum costituzionale, la riforma che si fece nella scorsa legislatura sul tema del riordino tra Stato e Regioni. Era assolutamente necessaria e tali fatti lo dimostrano.
Ha ragione il Presidente del Consiglio: nessuno può strumentalizzare le mascherine, i medici, eccetera, per criticare – diciamo così – il sovvertimento di diritti geopolitici e di alleanze tradizionali. Presidente, mi consenta: abbiamo parlato con il ministro Di Maio anche altre volte in merito al tema dello sconvolgimento geopolitico che non esiste per gli infermieri cubani che arrivano o per le mascherine. Esiste perché tale questione è sul terreno drammaticamente da tempo, come vediamo nel Mediterraneo. Dopodiché ringrazio tutti gli aiuti che riceviamo.
Io ho apprezzato il lavoro silenzioso che il ministro Di Maio ha fatto in questi giorni, anche facendo rientrare migliaia di connazionali. La Farnesina ha fatto un lavoro straordinario da questo punto di vista.
Bene, il tema delle alleanze geopolitiche c’è ed esiste; il concetto di Occidente è minato per scelte politiche che sono state fatte anche oltre Atlantico, su cui bisogna riflettere con molta serietà. La protezione delle aziende italiane (il golden power) è certo fondamentale; non possiamo essere espropriati e non possiamo accettare che qualcuno approfitti di una condizione di crisi oggettiva per scippare quelli che sono i patrimoni italiani.
L’Europa è al momento della verità. Si è parlato di eurobond e di altre forme. Io penso che ieri Draghi abbia detto una cosa molto importante; bisogna essere grati a una personalità come Draghi, che ci ha ricordato che durante le guerre i debiti salgono e pertanto ha dato chiaramente un indirizzo specifico alla politica europea e alla politica finanziaria.
Colleghi, nessuno può scagliare la prima pietra. Ci sono errori del Governo? Probabilmente ci sono, ci saranno e hanno un impatto più visibile degli errori degli altri, perché gli errori degli altri non hanno la controprova. Ma ci sono anche gli errori degli altri, diciamo la verità (visto che stiamo parlando agli italiani). Chi diceva “apriamo tutto” poi ha detto “chiudiamo tutto”, nello spazio di poche ore. Perché? Non per responsabilità delle singole persone o perché gli esponenti politici sbagliano più degli altri, ma perché la realtà è stata veloce e imprevedibile. Certo, girano in rete i filmati in cui il Presidente del Consiglio diceva, il 27 gennaio, che noi siamo arrivati prima degli altri; però l’immaginazione nostra il 27 gennaio non era in condizione di capire quello che sarebbe arrivato subito dopo. Vogliamo avere un atto di lealtà verso l’Italia? Non l’opposizione verso la maggioranza o la maggioranza verso l’opposizione, ma verso l’Italia. Dobbiamo prendere atto che la crisi è stata più grande di noi e della nostra capacità di previsione.

Oggi però dobbiamo andare avanti assieme; studiamo la formula. Io credo che ci voglia disponibilità, come ha detto anche il Presidente del Consiglio. Nei miei lunghi anni di esperienza, io sono stato in maggioranza e all’opposizione: a volte la maggioranza chiede disponibilità solo a parole, perché per essere disponibili realmente bisogna condividere delle ricette. Bene, allora cerchiamo di studiare la formula, anche utilizzando la Conferenza dei Capigruppo. Potremmo istituire una Commissione speciale che abbia una durata di due o tre mesi, in cui ci sia la possibilità di discutere nel Parlamento e non fuori dal Parlamento, sennò accettiamo noi stessi una delegittimazione della politica che inevitabilmente ci sarà, perché il nostro è un Paese in cui è facile che il consenso si trasformi in biasimo. Dobbiamo pensare oggi a quello che accadrà domani, quando migliaia di persone perderanno il posto di lavoro; e allora cerchiamo di costruire degli strumenti nel Parlamento. Penso ad esempio che una Commissione speciale con una durata di tre mesi, che può essere rinnovata, possa essere la sede in cui maggioranza e opposizione possano lavorare assieme.
Io istituirei, con esperti di ogni provenienza, una task force per la ripresa, perché il punto è che oggi noi non siamo in grado di sapere i danni che ci saranno. Si parla di cassa integrazione per chi chiude, perché tante attività devono chiudere. Ma non è che le attività che restano aperte non subiscano in gran parte, salvo alcuni settori specifici…
Io credo che noi dobbiamo istituire una task force che possa studiare subito una rivoluzione di provvedimenti per il futuro.
Il problema che noi oggi abbiamo, come classe politica, non è solo quello di combattere la guerra, ma è di cominciare a capire come combatteremo la seconda parte della guerra. Credo che tutti assieme, in nome dell’Italia, noi abbiamo una grandissima responsabilità

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Coronavirus: Italia non è ventilatore del virus come Cina

postato il 27 Febbraio 2020

Il mio intervento in Senato dopo l’informativa del Ministro Speranza

Signor Presidente,
cari colleghi, a nome del Gruppo per le Autonomie vorrei esprimere anch’io alcune considerazioni, partendo da un presupposto (come mi sembra abbiano fatto nei loro diversi interventi anche i colleghi Collina, Faraone e gli altri): il ministro Speranza, che è una persona seria e perbene, ha tutta la nostra solidarietà e con lui tutto il Governo; tanto per eliminare un problema di equivoci, la stessa solidarietà ce l’hanno i Presidenti delle Regioni che sono in prima fila, a partire dal presidente Fontana, al quale è stata rimproverata la diretta Facebook; vorrei guardare però le cose anche dall’altra parte e dire cosa sarebbe capitato se non l’avesse fatta e le sue immagini fossero state rubate da qualcuno: probabilmente ci sarebbe stata la stessa speculazione rovesciata e a lui sarebbe spettato l’onere di spiegare di quello che era successo. Questo per dire come in questo momento sia estremamente difficile anche per la politica capire realmente cosa bisogna fare.
Vorrei dire una cosa, però, perché l’unità non è retorica: se siamo qua per esprimere solo genericamente unità, facciamo un esercizio retorico. Non serve oggi un esercizio retorico, ma una prova di verità singolarmente data da ciascuno di noi. [Continua a leggere]

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Caso Gregoretti: “Salvini da avversare nel Paese, no a scorciatoie giudiziarie”

postato il 12 Febbraio 2020

E’ noto che il Parlamento, in questa fase, è chiamato a valutare solo se il comportamento del Sen. Salvini, in occasione dei fatti relativi al ritardato sbarco dei migranti dalla nave “Gregoretti”, sia stato “condizionato da ragioni politiche” che hanno un rilievo costituzionale, ai sensi dell’art. 9, comma 3, della legge costituzionale n. 1/1989.
E cioè se tale comportamento sia stato posto in essere per “la tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante ovvero per il perseguimento di un preminente interesse pubblico nell’esercizio della funzione di Governo”.

Non mi pare che vi sia alcun dubbio che le azioni del Ministro Salvini siano coerenti e esecutive del programma del Governo di cui allora faceva parte, come nel caso dei suoi precedenti atti e comportamenti che questo Parlamento è stato chiamato a valutare.
Infatti, la maggioranza parlamentare dell’epoca ha fatto di tale politica “restrittiva” dei flussi migratori uno dei punti centrali del “contratto di governo” e della fiducia che il Parlamento ha accordato all’Esecutivo.

In caso contrario, il Ministro dell’Interno doveva essere sfiduciato dal Parlamento o, comunque, smentito da atti formali dello stesso o del Consiglio dei Ministri.
Il Senatore Salvini non ha sicuramente agito, in “solitudine” o in contrasto con le politiche del Governo dell’epoca di cui era, peraltro, uno dei principali protagonisti.
Possiamo, quindi, dire che c’era una ragione politica coerente con le esigenze di tutela di un interesse dello Stato costituzionalmente rilevante o con il perseguimento di un preminente interesse pubblico, secondo l’orientamento, non condivisibile dal nostro punto di vista, del Governo di cui ha fatto parte.

Le politiche di gestione dei flussi migratori del precedente governo erano errate, perché miravano a dare una rappresentazione dell’interesse del paese distorta e dannosa.
Ed è questa una delle principali ragione per le quali il precedente governo si è dimesso e il Senatore Salvini non è più Ministro dell’Interno.
La chiusura al dialogo con l’Europa, l’idea semplicistica che gli atti simbolici di forza, come nel caso della Diciotti, di altri casi e di quello di cui ci stiamo occupando, avrebbe risolto come d’incanto i problemi della immigrazione clandestina è stata smentita dai fatti e dalla azione del nuovo governo.
Governare cavalcando le legittime paure degli italiani, su di un tema epocale e complesso come l’immigrazione e l’integrazione, regala la soddisfazione di un momento ma non risolve il problema.
Anzi lo aggrava, perché produce una cultura del sospetto, della intolleranza e dell’odio che trasforma in peggio la società e la sua classe dirigente e perché non serve neanche come deterrente o come rimedio efficace alla immigrazione clandestina.

Ma nella valutazione del caso della nave “Gregoretti” non deve contare la nostra opinione politica, perché mandare a giudizio un Ministro per il programma del Governo di cui fa parte e, quindi, per gli atti che ne sono la immediata e diretta conseguenza, significa scadere nell’arbitrio e nella faziosità.
La Costituzione ci chiede solo di valutare se gli atti del Senatore Salvini sono frutto della valutazione che il suo governo ha fatto dell’interesse generale del paese, non della nostra valutazione di tale interesse generale che è diametralmente opposta.

Questa è una distinzione fondamentale che fa la differenza tra lo Stato liberale e lo Stato etico tra l’equilibrio dei poteri e l’arbitrio.
Se indulgiamo oggi, nell’esercizio della nostra delicata e complessa funzione di garanzia, di indipendenza e di autonomia, alla logica di parte, secondo la quale puoi fare processare il tuo avversario politico, in assenza di fondate ragioni costituzionali, per un mero calcolo di convenienza, consumiamo l’ennesimo strappo con i valori fondanti della nostra democrazia parlamentare.
Salvini è stato sconfitto in Parlamento e le sue politiche vanno avversate nel paese ma senza assecondare le scorciatoie giudiziarie, apparentemente facili e comode.
La lotta politica che usa strumentalmente le legittime e autonome iniziative della magistratura ha il fiato corto, produce solo danni al paese e manifesta il suo fallimento perché rinuncia al ruolo di guida della società affidandosi ad altri poteri.

Per queste ragioni credo che il Senatore Salvini non debba essere processato anche se ho una opinione politica opposta alla sua ed una visione diversa della società e dei valori che la dovrebbero animare.

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Giorno del ricordo: no polemiche, onorare memoria e comune sentimento collettivo

postato il 11 Febbraio 2020

Il mio intervento nell’Aula del Senato


Sono orgoglioso, come presidente della Camera di allora, di aver lavorato perché ci fosse questa legge che ci consegna il valore della memoria e onora le vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata.
Parliamo di centinaia di migliaia di italiani, oggetto di persecuzione e vittime di un doppio esilio: il primo dalla loro terra e il secondo dalla memoria della propria Nazione.
Il silenzio e le reticenze del passato sono state finalmente cancellate. E’ un fatto che onora il Parlamento che istituì quella legge e tutti noi che oggi partecipiamo a questa cerimonia.
Se facciamo polemiche invece di onorare questi momenti di comune sentimento collettivo, perdiamo una grande occasione. Abbiamo l’obbligo morale di ricordare assieme e di trasmettere il valore della memoria ai giovani.

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Libia: noi tagliati fuori, ma non è solo colpa di Di Maio

postato il 10 Gennaio 2020

Non ha senso confrontare i politici di oggi con Fanfani o Andreotti. Il contesto internazionale è cambiato

L’intervista a cura di Lorenzo Bianchi pubblicata su QN – Quotidiano Nazionale

Fayez al Sarraj, il capo del governo di accordo nazionale di Tripoli riconosciuto dall’Onu e appoggiato dalla Turchia e dal Qatar, mercoledì non ha voluto fermarsi a Roma. Oggi ha accettato il cessate il fuoco chiesto da Ankara e dalla Russia a partire da domenica.

«La giornata di mercoledì – annota Pier Ferdinando Casini, presidente dell’Interparlamentare italiana, l’organismo della Camera e del Senato che aderisce all’organizzazione mondiali dei Parlamenti – va divisa fra il folclore e la sostanza. La sostanza purtroppo l’hanno fatta a Istanbul Erdogan e Putin. Hanno riproposto lo schema siriano in Libia, senza però arrivare alle estreme conseguenze».
In che senso?
«Vogliono mettere il cappello sul Paese, a poche centinaia di chilometri dalle nostre coste, con un accordo di spartizione delle sfere di interesse. Amministreranno a loro piacimento i rubinetti della questione energetica e di quella migratori».
Un disastro per l’Italia?
«È esplosivo quello che sta succedendo. Aggiungo, perché bisogna essere onesti e non strumentali, che non accade perché c’è di Maio agli Esteri o Conte a Palazzo Chigi. Entrambi sono in continuità con le difficoltà che abbiamo avuto negli ultimi tempi».
Viene però spontaneo pensare alle personalità politiche della prima Repubblica.
«Paragonare Andreotti a Di Maio o Fanfani a Conte è un esercizio che non voglio fare, diventa una cosa quasi ridicola! Il punto è che bisogna ricordare che il contesto internazionale è completamente diverso. Allora c’erano gli americani che invece oggi, per la questione energetica, si sono ritirati dal Mediterraneo, c’era Gheddafi che riconosceva all’Italia un certo patronage, c’era Ben Alì in Tunisia che era stato insediato da un colpo di stato di fatto teleguidato dagli italiani ossia dai nostri servizi, c’era una leadership algerina più solida e Mubarak, un nostro amico alla guida dell’Egitto».
Ora è tutto cambiato.
«E noi facciamo fatica».
Però mandiamo in giro migliaia di militari.
«Bisognerà spiegare all’opinione pubblica che combattono il terrorismo, che non fanno le crocerossine».
In altre parole possono usare i fucili e i bazooka.
«Certo non sono la Caritas o Sant’Egidio».
L’Italia però continua a escludere l’uso della forza.
«I nostri militari sono all’estero per difendere interessi e per contrastare il terrorismo, non per azioni di filantropia. E debbono farlo con le armi. In certi passaggi è inevitabile l’uso della forza». Torniamo al paragone con il passato.
«È chiaro che la conoscenza della realtà mondiale era del tutto diversa».
Sarraj mercoledì a Roma non si è neppure fermato. Che cosa è successo?
«Il faccia a faccia doveva restare segreto. La pubblicizzazione ha messo in essere una reazione dei tripolini e dei misuratini. Hanno specificato al leader del governo di accordo nazionale che, se fosse andato a Roma, poi non sarebbe più rientrato a Tripoli. Pochi giorni fa sono state uccise decine di reclute militari per mano di Haftar. È chiaro che una sfilata nella capitale italiana era inaccettabile per la maggioranza dei sostenitori di Sarraj. Sono cose evidenti. È stato un atto di imperizia, anche se è falso che il capo del Gna non sapeva che a Roma c’era anche Haftar».

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