Tutti i post della categoria: I 9 punti

Immigrazione, le regioni del Nord facciano la loro parte

postato il 29 Marzo 2011

Le regioni del nord Italia devono fare la loro parte, come quelle del Sud, per affrontare l’emergenza dell’immigrazione. Non è possibile applicare noi, a Lampedusa o alla Sicilia, la logica che l’Europa vuole applicare all’Italia. L’Europa dice all’Italia “arrangiatevi”. Che facciamo noi, diciamo a Lampedusa o alla Sicilia “arrangiatevi”?
Dobbiamo essere tutti seri e ognuno deve fare la sua parte, e mi sembra che non ci sia spazio in questa situazione né per scherzare né per le battute.
Chi governa deve cercare di risolvere i problemi, e chi sta all’opposizione, dato che questo è un problema epocale, deve cercare di aiutare il governo a risolvere i problemi.
Diciamo quindi sì ad ospitare i rifugiati che ne hanno diritto, mentre non abbiamo la possibilità di ospitare chi non ha lo status di rifugiato politico; e questo deve essere molto chiaro. L’Europa ci deve aiutare, ma le regole vanno applicate e non si possono fare sanatorie in questo caso.

Pier Ferdinando

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L’Italia non pesa in Europa, non otterremo nulla

postato il 29 Marzo 2011

E’ giusto chiedere all’Europa di non lasciarci soli ma siccome in Europa non pesiamo, non otterremo nulla. I rifugiati meritano comprensione e accoglienza ma i clandestini non possono passare da un’amnistia all’altra.

Pier Ferdinando

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Serve un piano straordinario

postato il 28 Marzo 2011

E’ da irresponsabili dividersi anche sul tema dell’immigrazione

O l’Europa si pone seriamente il problema di aiutare l’Italia o tra poco non solo l’Italia, ma anche i Paesi limitrofi, saranno invasi dagli immigrati. Lo spaccato che emerge è drammatico perché, accanto a una parte minoritaria che ha il diritto ad essere accettata come rifugiati – penso a chi viene dall’Iran, dall’ Iraq, dalla Somalia, dalla Eritrea – la maggior parte dei tunisini che stanno in questi centri sono lì in attesa di andare via e non hanno alcun titolo ad essere trattenuti.
Quello che chiediamo è un piano straordinario perché è da irresponsabili dividersi anche sul tema dell’immigrazione facendo polemica gli uni contro gli altri, la destra contro la sinistra, chi è al governo contro chi sta all’opposizione.
Questo è un evento a cui non si può reagire con le solite categorie ideologiche della destra o della sinistra. Qui non c’entra neanche il tema dell’accoglienza o del buonismo, c’entra un’analisi realistica della situazione.

Pier Ferdinando

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Immigrazione, sì a piano straordinario o saremo invasi

postato il 27 Marzo 2011

L’Italia deve accogliere i rifugiati e gli esuli politici come gli eritrei e i somali, che scappano da regimi spaventosi. Ma il nostro Paese non puo’ diventare la meta di tutti i clandestini che dalla Tunisia e dal resto del Maghreb partono verso l’Europa e si fermano a Lampedusa.
Non si tratta di evocare le categorie dell’umanitarismo e dell’accoglienza, né di leggere la drammaticità di queste ore con le vecchie categorie della destra e della sinistra. Le leggi vanno rispettate, e chi è illegale deve essere riportato nel proprio Paese. Bambini, donne e uomini affrontano il mare aperto con delle carrette pensando di trovare in Italia quel futuro che noi non possiamo garantire, occorre porre fine a questa criminale, e lucrosa, tratta di essere umani.
Se non appronteremo nelle prossime ore un piano straordinario saremo invasi, mentre il resto dell’Europa resterà a guardare la scena tenendo le dovute distanze.

Pier Ferdinando

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“Magica Italia”, ma a Lampedusa c’è ben poco di magico

postato il 24 Marzo 2011

Il Presidente del Consiglio è tornato agli spot. Non fraintendete, Berlusconi è ancora a Palazzo Chigi e non ha deciso di tornare ad occuparsi di televisione, più semplicemente è il nuovo testimonial dello spot “Magica Italia” con cui il ministero del Turismo, della fedelissima Michela Vittoria Brambilla, intende rilanciare il turismo italiano. Nello spot Silvio Berlusconi, sulle note di “un amore così grande”, racconta le bellezze italiane e annuncia ai turisti di tutto il mondo che c’è una “magnifica Italia da scoprire ed amare” con tanto di immagini della “magica Italia”: Venezia, Firenze, Roma, Napoli. Il ministero del Turismo ha scelto di puntare sull’arte e la cultura per rilanciare il turismo in Italia, anche perché bellezze naturali come le spiagge dell’Isola di Lampedusa in questo momento sono ben poco magiche.

La più grande delle isole Pelagie è infatti al collasso: gli immigrati presenti sull’isola sono ormai tanti quanto gli isolani cioè circa cinquemila, non ci sono strutture per ospitarli e le condizioni igieniche e sanitarie cominciano ad essere seriamente precarie. Ma l’emergenza Lampedusa non è solo umanitaria ma anche economica perché non solo l’isola sta affrontando uno sforzo economico senza precedenti, ma vede seriamente compromessa anche l’imminente stagione turistica estiva. Quanti turisti decideranno di passare le loro vacanze estive in un mega campo profughi? Molto pochi purtroppo. E mentre l’assessore al turismo della Regione Siciliana fa un bilancio catastrofico per Lampedusa, il governo si compiace nei suoi spot e continua a procrastinare gli interventi necessari per soccorrere l’ultimo lembo d’Italia. La priorità in questo momento drammatico non è l’aumento di posti al governo per soddisfare le voglie dei “responsabili” ma il soccorso a Lampedusa. Un soccorso che non passa solo dal trasferimento di alcuni immigrati o dall’evitare di costruire una tendopoli o altro tipo di campo profughi sul territorio isolano, ma che si deve concretizzare su più vasta scala con una azione del governo italiano che miri a fermare il flusso di immigrati tunisini, e non libici come la Lega tenta di far credere. Occorre una seria analisi della situazione tunisina che comporti un intervento, anche presso le istituzioni internazionali, per aiutare questo Paese che da solo non riesce a reggersi sulle sue gambe e che conseguentemente non è in grado di fermare l’emorragia di disperati verso le nostre coste. Purtroppo nulla di tutto questo è avvenuto. Lampedusa è ancora in piena emergenza mentre Berlusconi decanta le bellezze d’Italia proprio come un certo Nerone cantava Troia mentre Roma bruciava.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Immigrazione, non lasciare sola Lampedusa

postato il 20 Marzo 2011

Il governo non lasci sola Lampedusa. Servono piani speciali per trasferire gli immigrati. Siamo un grande Paese e abbiamo i mezzi per affrontare quella che è una grande emergenza per l’isola, ma che per l’Italia è una cosa oggettivamente limitata.

Pier Ferdinando

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Le donne non sono merce di scambio ma protagoniste di valori

postato il 8 Marzo 2011


E’ un onore, in un momento in cui la donna e’ vista come merce di scambio, che ci sia qualcuno che affermi da donna la propria volontà di essere protagonista di una nuova stagione di valori.
Questo Paese e’ in crisi ma non a causa dell’economia o dell’immigrazione, bensì a causa della perdita di valori, e’ un Paese in crisi morale, in crisi di motivazioni etiche. Noi vogliamo rilanciare una politica per le famiglie e per le donne sole con figli che hanno bisogno di servizi sociali efficienti e di una rete di welfare che oggi non esiste, così da poter coniugare il lavoro e la famiglia, senza essere obbligate a dover scegliere.

Pier Ferdinando

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L’istruzione pubblica è straordinaria

postato il 5 Marzo 2011

Io difendo la Chiesa perché credo, non per voti

Quando difendo la Chiesa lo faccio perché ci credo non perché mi aspetto dei voti alle prossime elezioni. Da cattolico difendo la competitività tra la scuola pubblica e quella libera, perché io la definisco così. Ma so che la scuola pubblica italiana è straordinaria. Io ho mandato le mie figlie alla scuola pubblica, e hanno trovato insegnanti straordinari.

Pier Ferdinando

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Parmalat, il silenzio assordante del governo

postato il 4 Marzo 2011

Se non fosse per il Decreto Milleproroghe, che contiene di tutto e di più, si può affermare che il Governo si è dimenticato dell’economia.

In questi giorni, c’è l’aumento dei carburanti, ma il governo non prende alcun provvedimento, tanto paga il cittadino. In questi giorni si discute dei futuri assetti di Parmalat, azienda “gioiello” del settore alimentare italiano, e il governo glissa, dopo avere preso un provvedimento che rischia solo di peggiorare la situazione.

Ma andiamo con ordine.

Dopo che Parmalat è stata “graziata” dalla legge Marzano, è rinata con una proprietà azionaria polverizzata. Nel frattempo è stato messo a capo di Parmalat Bondi, il quale ha adottato una strategia molto prudente, che inizialmente poteva pure andar bene, ora non più. Teniamo presente che Parmalat non ha debiti, produce utili e ha 1,4 miliardi di euro di liquidità che provengono dalle cause risarcitorie che ha vinto. Per statuto, può distribuire come dividendi ai soci solo il 50% degli utili annuali.

Indubbiamente la gestione Bondi produce utili, ma con l’enorme cassa detenuta, la società, secondo gli analisti e gli azionisti, potrebbe intraprendere una strategia di crescita con acquisizioni o distribuire un dividendo più alto.

Proprio per questo motivo, tre fondi di investimento esteri (Skagen, Zenit, e Mackenzie) hanno rastrellato il 15% della società e vogliono proporre una lista alternativa all’attuale Consiglio di Amministrazione, in pratica eliminando Bondi, affinchè l’enorme liquidità di cui sopra venga distribuita con un dividendo straordinario, o serva per fare delle acquisizioni.

Il governo, volendo difendere a tutti i costi Bondi, è intervenuto: prima sondando i fondi e cercando un accordo con loro per mantenere gli attuali vertici societari, poi, visto che non ha avuto risultati, inserendo nel decreto milleproroghe una norma che blocca le modifiche dello statuto di Parmalat fino alla scadenza del concordato (che avverrà nel 2020).

I fondi di investimento non hanno desistito e hanno continuato a formare una “lista” per sostituire l’attuale dirigenza di Parmalat.

A questo punto, il governo si è defilato e le banche hanno provato a cercare dei “cavalieri bianchi”, ovvero degli acquirenti che possano difendere Bondi e la italianità di Parmalat.

E arriviamo alle notizie di questi giorni: Luca Cordero di Montezemolo con il suo fondo Charme sarebbe interessato all’acquisizione, ma solo se entrano altri fondi di investimenti, anche perché, servirebbe almeno 1 milairdo di euro per il 30% della Parmalat (fatti salvi ulteriori obblighi di Opa e quindi altri esborsi di denaro), e il fondo Charme non li ha a causa di perdite pregresse. Le necessità del fondo Charme sarebbero risolte se nella cordata entrassero altri imprenditori e soprattutto Banca Intesa, che preme per fare fondere Parmalat e Granarolo (di cui la banca detiene il 15%), ma quest’ultimo punto, se da un lato favorirebbe Banca Intesa, dall’altro mancherebbe di senso a livello industriale: le due società non sono complementari, operano negli stessi mercati, e dovrebbero, anzi, cedere pezzi dei loro business in Italia a causa dell’antitrust. Quindi una operazione finanziariamente conveniente per i big (non per i piccoli azionisti), ma dalle scarse prospettive industriali. In ogni caso al momento, anche per i tempi risicati (le liste per sostituire il cda devono pervenire entro il 18 marzo), la cordata italiana sembra molto difficile da realizzare.

Nel frattempo è scesa in campo anche una grossissima società brasiliana per acquistare Parmalat, la Lacteos do Brasil, la quale metterebbe a capo della Parmalat, il manager gerardo Bragiotti, e sostiene che manterrebbe due sedi centrali: una in Brasile e una in Italia.

C’è da chiedersi: per quanto tempo manterrebbe queste due sedi centrali? E chi avrebbe realmente il controllo?

Su tutto questo il governo tace. Ma il rischio è che chi compra Parmalat poi assorba la liquidità per i suoi scopi e non certo per il benessere di tutti gli azionisti, ottenendo in tal modo di comprare Parmalat usando gli stessi soldi dell’azienda (tecnica nota come “leveraged buy out”).

Come ho detto, il governo sembra essersi defilato, ma questo silenzio non è accettabile se consideriamo che parliamo di una azienda che fattura oltre 4 miliardi di euro l’anno e garantisce molti posti di lavoro in Italia.

Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Aggiornamento del 7 marzo 2011:

Come previsto, a causa dei tempi risicati, la cordata italiana difficilmente vedrà la luce, infatti il fondo Charme di Luca Cordero di Montezemolo ha deciso di rinunciare, anzi ha affermato in una nota “di non avere allo studio, e di non essere in alcun modo coinvolto, in alcuna ipotesi relativa alla creazione di cordate per acquisire quote di tale società”.

A questo punto restano due contendenti a fronteggiarsi (senza considerare Bondi che ha fatto sapere di non volere schierare una sua lista, ma lasciare la decisione sul suo futuro agli azionisti): i fondi stranieri Zamechi, Mackanzie, Zenit (a cui sembra che si sia aggiunto il fondo Blackrock che detiene il 6% della società), e l’ipotesi prospettata da banca Leonardo di trovare una “combinazione” con la società brasiliana Lacteos do Brasil.

Si vocifera di manovre di Mediobanca e Banca Intesa, ma sembrano voci senza alcun fondamento e soprattutto, senza un piano industriale da proporre.

Fermo restando che le aziende devono essere libere di agire e che non spetta alla politica guidare le aziende, è anche vero che scopo della politica e del Governo è anche quello di disegnare il quadro normativo in cui le aziende si muovono, e soprattutto quello di vigilare nell’interesse di tutti: deigli azionisti (anche di minoranza), dei risparmiatori, dei consumatori e dei lavoratori.

A tal proposito, si continua a registrare la latitanza del Governo.

Aggiornamento dell’11 marzo 2011

Come ormai tutti sanno, Bondi, amministratore delegato di Parmalat, rischia di essere estromesso dalla società. La sua rispsota non è quella di presentare un piano industirale valido che convinca gli azionisti, ma semmai di cercare l’appoggio del governo che lo difenda, magari con qualche nuova interpretazione della legge Marzano.

Il punto per me non è l’italianità, che nel mondo gloablizzato odierno rischia di essere un concetto obsoleto, ma se una azienda ha un percorso di sviluppo. E questo dovrebbe anche essere l’interrogativo principale di un governo serio che abbia una politica economica degna.

Putroppo si registra l’ennesimo caso in cui il governo, se interverrà, lo farà solo tramite spot elettorali senza pensare realmente a cosa sia meglio per i lavoratori e gli azionisti di una azienda.

E su quest’utimo punto credo che sia doveroso affermare che non è vero che gli interessi degli azionsiti e dei lavoratori sono divergenti, ma anzi sono coincidenti, perchè una azienda che si sviluppa, porta lavoro per i lavoratori, e porta valore per gli azionisti.

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Casa, l’Anci fa i conti e lancia l’allarme

postato il 3 Marzo 2011
In mezzo ai festeggiamente per l’approvazione alla Camera dei Deputati del federalismo municipale si alza l’avvertimento dell’ANCI, che, facendo i conti, “scopre” che i provvedimenti del governo, se non saranno adeguatamente controbilanciati, potrebbero generare aumenti negli affitti per circa 1 milione di famiglie.
Claudio Fantoni, presidente della Consulta Casa dell’ANCI, afferma infatti: “Se la cedolare secca non verrà bilanciata da altre misure, è concreto il rischio aumento per l‘affitto di quasi 1 milione di famiglie, che secondo le stime disponibili, rischiano di essere trasferite dal canale concordato al mercato a canone libero”. Anzi la cedolare secca finirà con l’incidere in modo penalizzante o comunque non incentivante sul canale concordato degli affitti, finendo per compromettere la politica di calmieramento dei canoni promossa in questi anni dai Comuni e soprattutto snaturando lo scopo della sua istituzione che era quello di stimolare l’edilizia privata.
Sbaglia chi crede che questo avviso giunga inaspettato, perché da settimane il governo era stato messo sull’avviso e non solo da noi, ma anche da fonti autorevoli e “neutrali” come la CGIA di Mestre che tramite Bertolussi aveva messo in guardia da rischi simili, denunciando come le intenzioni del governo, fossero solo intenzioni, ma che alla fine nulla sarebbe cambiato per le famiglie in affitto e per i proprietari di case e che anzi a trarne i benefici sarebbero stati solo i redditi alti.
A questo punto non resta che unirsi a quanti chiedono al governo di dare vita ad un tavolo con le parti sociali coinvolte o ad un Osservatorio neutrale, per verificare le disposizioni e la loro reale efficacia, perché la riforma federalista ha senso solo se porta dei benefici a tutti i cittadini, o almeno ai cittadini più deboli perché economicamente svantaggiati.
Noi non possiamo e non dobbiamo avallare una riforma che nella migliore delle ipotesi lascia tutto invariato a livello globale, ma che poi presenta vantaggi per chi non ne ha bisogno, e svantaggi per chi è già tartassato.
“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati
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