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Solidarietà a Pignatone, servono piu’ uomini e mezzi

postato il 5 Ottobre 2010

A nome dei parlamentari dell’UDC esprimo piena solidarietà al Procuratore della Repubblica di Reggio Calabria Pignatone che, con il suo lavoro, ha concretamente dimostrato di contrastare sul territorio lo strapotere della ‘Ndrangheta.
Non è un caso che oggi questo magistrato sia oggetto di minacce sempre più dure: a lui e ai magistrati come lui lo Stato deve fornire mezzi, uomini e strutture per rendere efficace la lotta alla criminalità che rende i calabresi sempre più sgomenti.

Pier Ferdinando

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Fincantieri e Tirrenia, due vittime del Ministero per lo Sviluppo Economico

postato il 21 Settembre 2010

Fincantieri Shipyard - Rivatrigoso di Ciccio PizzettaroQuando si parla dell’assenza del Ministro per lo Sviluppo Economico (assenza che dura da 5 mesi), noi parliamo di un gravissimo problema per tutti noi italiani.

E basta considerare due fatti di cronaca per rendersene conto. Il primo riguarda la Fincantieri che in questi giorni sta vivendo un periodo di scioperi e tensioni che vedono protagonisti i lavoratori di tutta Italia, che protestano contro il nuovo piano industriale che prevede oltre 2000 licenziamenti, oltre a ripercusissioni per tutte le aziende dell’indotto (le quali dovrebbero licenziare almeno altri 1500 lavoratori).

Andando più nello specifico, il nuovo piano industriale di Fincantieri prevederebbe la possibilità di chiudere il sito di Riva e Castellammare di Stabia, nonché di ridimensionare quello di Sestri Ponente e di Palermo.

Di contro il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, dichiara di non conoscere l’esistenza di questo piano industriale, ma resta un fatto, il massiccio ricorso alla Cassa Integrazione da parte dell’azienda, mentre sabato scorso, circolava la notizia che la Fincantieri intende chiudere il sito industriale di Riva Trigoso e ridimensionare pesantemente quello di Sestri, mentre Castellammare di Stabia verrebbe chiusa.

L’azienda nega l’esistenza di qeusto piano industriale, ma è chiaro che in questa situazione manca la figura del Ministro per lo Sviluppo Economico che dovrebbe chiamare l’azienda e le parti sociali, verificare quanto c’è di vero nelle notizie riportate dalla stampa e soprattutto lavorare per dare un indirizzo economico, visto che l’azienda lamenta anche la carenza nelle infrastrutture, causa principale, secondo la Fincantieri, della riduzione delle commesse.

Ovviamente si parla di investimenti di varie diecine di milioni di euro, ad esempio a Palermo la ristrutturazione dei bacini di carenaggio da 19mila e 52mila tonnellate prevedono investimenti, da parte della sola Regione Sicilia, di circa 44 milioni di euro (investimenti promessi l’inverno scorso, ma ancora fermi) a cui si vanno ad aggiungere altri investimenti da parte dello Stato e degli enti locali dove i bacini sono situati.

Ci si aspetterebbe una certa disponibilità da parte dell’azienda a sentire le parti sociali, ma, osserviamo con grande stupore, che a Riva Trigoso la direzione Fincantieri ha impedito l’accesso alla fabbrica all’assessore regionale alle Infrastrutture della Liguria Ezio Chiesa che ha dichiarato: “Sono sbigottito e preoccupato per un comportamento senza precedenti. Neanche ai tempi di Piaggio, negli anni Sessanta, non si consentiva ad un esponente istituzionale di entrare”. Chiesa voleva entrare nello stabilimento per assistere all’assemblea dei lavoratori.

Mi chiedo: è accettabile questo comportamento da parte dell’azienda?

Su questa situazione pesa, ovviamente, l’assenza del Ministro per lo Sviluppo Economico, figura deputata a trattare con le aziende e pianificare gli investimenti nelle infrastrutture (ossatura di un moderno sistema produttivo che voglia crescere nel tempo).

Ma se non basta l’esempio di Fincantieri, basti considerare la vicenda della Tirrenia.

La società è in vendita da alcuni mesi, ma a parte la Mediterranea Holding, nessuno si è fatto avanti. Come mai? Perchè la società ha gravissimi problemi di bilancio, le rotte non sono profittevoli e anzi in passato ha fatto investimenti sbagliati (ad esempio comprare 6 navi per un totale di 300 milioni di euro, che però non possono prendere il mare e quindi da anni sono tenute ferme nei porti).

La Mediterranea Holding aveva offerto 20 milioni di euro, l’unica offerta giunta al governo durante l’asta, ma la vendita era stata bloccata a fine agosto. Perchè? Non si sa, ma la cosa curiosa è che la società deve essere venduta entro la data del 30 settembre, altrimenti il governo italiano, ovvero noi cittadini, dovremo pagare una multa astronomica all’Unione Europea.

Stranamente la procedura di vendita è stata riaperta 5 giorni fa, anzi, il commissario Giancarlo D’Andrea con un annuncio a pagamento sui giornali rivolge un invito a “chiunque sia in grado di garantire la continuità del servizio pubblico di trasporto marittimo” a presentare manifestazioni di interesse per l’acquisto del ramo di azienda di Tirrenia di Navigazione Spa. Le manifestazioni dovranno pervenire presso l’adivisor Rothschild entro il 29 settembre e finora l’unica offerta sul tavolo è quella di Mediterrania Holding presentata nelle scorse settimane. La procedura, viene precisato nell’annuncio, prevede una vendita separata fra Tirrenia e Siremar, la controllata siciliana, finita in amministrazione controllata per insolvenza.

Anche in questo caso l’assenza del Ministro per lo Sviluppo Economico si fa sentire, perchè sarebbe suo compito sovrintendere alla procedura di vendita e controllare i piani di sviluppo presentati dalle varie cordate di acquirenti (se ci saranno), la sua assenza è un peso che grava sui conti degli italiani.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Gaspare Compagno

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Crisi della scuola: ripartire dalla libertà di scelta

postato il 19 Settembre 2010

le lezioni viste dai cuccioli do [auro]L’apertura del nuovo anno scolastico evidenzia una scuola sempre più in affanno, con risorse limitate, preoccupanti carenze di organico e, in qualche caso, l’assenza dei beni primari per svolgere la normale attività didattica.

Il caso del nuovo complesso scolastico “leghista” di Adro, in provincia di Brescia, ci porta anche verso una pericolosa politicizzazione della scuola. Su questo tema è giusto riconoscere al Sindaco di Adro, già conosciuto alle cronache qualche mese fa per non voler dare più il servizio mensa ai bambini delle famiglie morose, il merito di aver costruito una scuola all’avanguardia, senza spese per i cittadini. Questo attraverso la cessione gratuita ad una ditta privata di una vecchia scuola, da trasformare in appartamenti, in cambio della realizzazione del nuovo complesso scolastico.

Restavano da acquistare gli arredi per aule, uffici e mensa; problema risolto attraverso un bando pubblico, con il quale è stato chiesto alle famiglie di Adro di versare contributi volontari per coprire il fabbisogno. Obiettivo ampiamente raggiunto tanto che in cassa sono rimaste alcune migliaia di euro.

Quello di Adro, insieme ad altre pratiche di buon governo sparse nel nostro paese, che molte volte non trovano risonanza tra i media, è un esempio che molti amministratori potrebbero seguire, invece di sterili manifestazioni contro tagli che ogni Governo pare destinato a fare. Il sindaco si è fatto poi pubblicità mettendo ad ogni angolo della nuova scuola il simbolo del Sole delle Alpi (a centinaia…), caro ai leghisti, intitolando l’edificio a Gianfranco Miglio e facendo ampio uso del colore verde. Uno sfarzo da evitare più che imitare perché la politica deve sempre rimanere fuori dalle classi.

Purtroppo non è l’unico caso di politicizzazione indebita: la Regione Toscana, ad esempio, dichiara di voler appendere una propria targa in quelle classi “salvate” dai finanziamenti regionali, per evidenziare chiaramente chi sono i buoni (la Regione) e i cattivi (il Governo). Decisamente meglio lasciare perdere.

Tornando alla situazione pessima in cui versa la scuola italiana, vorrei provare a riflettere e rilanciare l’opportunità di costruire un nuovo modello, fondato sulla libertà e sulla centralità della famiglia nella scelta educativa dei propri figli. Secondo me in Italia andrebbe ribaltata completamente la concezione che sta dentro il nostro sistema educativo, composto da scuole simili che si propongono la formazione di cittadini “simili”. Questo andrebbe sostituito con uno nuovo più adatto alle esigenze del paese, teso a selezionare presto, ad esaltare le qualità individuali e la diversità.

In questa prospettiva di diversificazione dell’offerta formativa, sarebbe opportuno riprendere con forza il tema della scuola privata, “libera” o come si vuol definire. Tema dimenticato da tutti, in nome dell’errore dogmatico, tipico dell’Italia, per cui esiste l’equiparazione tra ciò che è pubblico con ciò che è statale; e anche per l’oggettiva situazione italiana per cui parlare di scuole private equivale a dire Chiesa Cattolica.

Per incidere veramente al fine di un sistema pluralistico nell’educazione, la vera rivoluzione da fare è l’introduzione del buono scuola – voucher da dare ai genitori, per poterlo spendere nell’istituto pubblico (statale o non-statale che sia), che giudicano migliore per i propri figli. In questa maniera si dà alle famiglie il diritto di scelta secondo le proprie convinzioni filosofiche, culturali, morali e religiose, così come sancito dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e della nostra Costituzione repubblicana. In questo sistema l’importo dato ai genitori, che all’inizio potrebbe essere soltanto una parte della retta totale, per poi aumentare la quota negli anni, è versato alle istituzioni presso le quali gli aventi diritto si iscriveranno per frequentare i rispettivi percorsi formativi.

In questo modo sono premiate le scuole migliori, perché le persone interessate scelgono quanto vi è di meglio sul mercato, facendo così crescere il numero delle scuole e il loro livello qualitativo, creando una libera, moderna, efficiente e plurale offerta formativa. Una scuola magari più aperta alla creatività, all’arte, alla musica e alla pratica sportiva.

Il sistema esposto viene spesso accusato di creare disuguaglianze, con scuole (e quindi studenti e cittadini) di seria A, B, C; accuse frutto di una prevalente cultura statalista del nostro paese, dalla quale Sturzo non si stancava di metterci in guardia. In realtà il sistema scolastico “pubblico” all’italiana ha portato il nostro paese, insieme a molti meriti che gli vanno riconosciuti, ad un’altissima correlazione tra successo educativo e status della famiglia di origine, con una mobilità sociale particolarmente scarsa, evidenziando quindi un sistema profondamente chiuso e ingiusto. Ma nonostante questi dati, un po’ tutti difendono lo status quo, con lo smacco di vedere i ricchi e i politici (magari di sinistra) difendere ed esaltare la scuola statale, ma mandare i propri figli nella scuola privata.

Fare pagare due volte i genitori, attraverso le tasse e poi attraverso l’eventuale retta, che vorrebbero scegliere la scuola più opportuna per i propri figli, ma non se la possono permettere, è la vera ingiustizia del nostro sistema attuale scolastico. Dare vita ad uno nuovo, incentrato sulla libera scelta educativa, potrebbe essere una buona scossa per renderlo migliore e più giusto. E magari tra qualche anno trovarsi con maggiori risorse, insegnanti più motivati e strutture all’avanguardia (senza scomodare il Sole delle Alpi).

“Riceviamo e pubblichiamo” di Carlo Lazzeroni

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Questo non è un Paese per pendolari

postato il 19 Settembre 2010

ALn 668.3139 di alessandro manfrediSabato 11 Settembre, a Chianciano, si è svolto l’ EstremoCentroCamp, una sorta di conferenza “aperta”, meno schematica e più interattiva, su di un tema quanto mai attuale: “Internet e Politica”. In quest’incontro, si é discusso di vari temi riguardanti il web, abbiamo portato l’esperienza di noi blogger di Estremo Centro, sentinelle del territorio, impegnati a diffondere l’informazione su questioni scottanti nelle nostre regioni.

Durante l’EstremoCentroCamp, per dimostrare che internet possa diventare un mezzo di comunicazione efficace per diminuire le distanze tra cittadini e politica, abbiamo deciso di lasciare spazio agli italiani che, tramite e-mail o sms, avrebbero potuto porre le proprie domande e i propri dubbi ad uno dei maggiori esponenti della politica italiana: Pier Ferdinando Casini.

Tra le varie domande, mi ha toccato particolarmente una richiesta: “Più attenzione per i pendolari”.

Casini, nel rispondere, ha evidenziato una realtà che conosco molto da vicino, in quanto pendolare da quasi 7 anni. Impossibile non condividere l’amara considerazione che, in questo Paese, si corra su due binari di sviluppo troppo diversi tra di loro. Mentre infatti l’innovazione percorre la strada delle grandi città, dove ogni giorno si apportano migliorie tecniche per rendere sempre meno brevi i tempi di viaggio tra le grandi metropoli, in periferia i trasporti pubblici stentano a decollare. La dimostrazione è data dal fatto che, ad esempio, per percorrere la tratta Milano-Roma, con treni che sfiorano i 400km/h, si impieghino meno di 3 ore, e per la tratta Melfi-Potenza occorre un’ora (senza considerare ritardi, o altre cause varie ed eventuali).

L’Italia, però, non vive di sole grandi città: il Paese è soprattutto periferia. C’è un’ immensa rete di persone che gravitano intorno a queste grandi realtà e che, ogni mattina, di buon ora, affrontano tratte che, in molti casi, potrebbero essere definiti “viaggi della speranza”.

Ma i problemi non finiscono mai, per i pendolari.

Infatti, l’anno scolastico in corso, ha significato l’aumento dei disagi per gli studenti e i professori pendolari di tutt’Italia e, in particolare di tutta la Basilicata. E’ entrata in vigore la riforma Gelmini, che prevede significative modifiche all’orario: spariranno le ore “ridotte”, cioè da 50 minuti, a favore delle ore “intere”, cioè da 60 minuti. Dunque, si uniformerà l’orario di inizio delle lezioni per tutti gli studenti di scuole superiori e, dopo una settimana di assestamento, da lunedì i cancelli apriranno alle ore 08.05, con uscita alle 13.05 o 14.05, a seconda del tipo di istituto frequentato.

Ciò comporta la necessità di riadattare gli orari degli autobus scolastici, per garantire il trasporto agli alunni. Ebbene,qui iniziano i problemi. Molte aziende private di trasporti, gestendo anche tratte extra-scolastiche, a causa di questa modifica oraria, si sono ritrovate ad affrontare spese non previste nel bilancio aziendale, così da dover risolvere il problema con tagli alle tratte, e conseguente aumento delle difficoltà. Dunque, per essere più chiari, per tornare a casa dopo la scuola, dal paese dove frequento il Liceo alla mia piccola frazione, del tutto isolata dal resto della Regione, ci sarà soltanto un bus: alle 14.30.

Ma al peggio non c’è mai fine! Basti pensare che su questo stesso bus saliranno i ragazzi che frequentano la Scuola Media, del tutto disinteressati dalla riforma Gelmini, costretti ad adattarsi ad orari che definirei assurdi.

Ecco, l’impressione, ancora una volta, è quella di una riforma calata dall’alto, senza considerazione alcuna delle difficoltà del territorio, della periferia. Come sempre, si ragiona su di una “misura metropolitana”, in tutto il territorio italiano, che ha caratteristiche orograficamente molto varie.

L’Italia è un’insieme di grandi centri, attorno ai quali vi è però una periferia dimenticata dallo Stato. C’è bisogno di ricucire l’Italia anche in questo, di rendere l’Italia un Paese unito sotto ogni punto di vista.

Partire dai trasporti potrebbe essere un’ottima risposta a questa grande sfida.

Pensare ad una rete di trasporti migliore, non significa vaneggiare. Significherebbe sviluppo in ogni ambito dell’economia: dal settore delle imprese, fino al turismo, senza dimenticare il vantaggio che ne deriverebbe per l’Ambiente.

Perché, in realtà, un Paese senza infrastrutture è un Paese senza futuro.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Marta Romano

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Adro, quella scuola con il marchio della Lega

postato il 15 Settembre 2010

‘Riceviamo e pubblichiamo’
di Andrea Santacaterina
Che una scuola nuova venga costruita senza che l’amministrazione comunale sborsi i soldi necessari è sicuramente una notizia nuova a molte persone. Il sindaco di Adro, Oscar Lancini, è il protagonista della vicenda, già famoso nei mesi scorsi per aver negato il cibo a dei bambini i cui genitori non pagavano la retta per la mensa scolastica.
Il primo cittadino è riuscito a trovare un accordo con una ditta privata, barattando i vecchi edifici scolastici in cambio della costruzione della nuova struttura; al mobilio invece ci ha pensato la cittadinanza, con un contributo volontario che ha permesso degli strumenti d’avanguardia per le classi.

Se la notizia fosse stata solo questa, oggettivamente il sindaco Lancini avrebbe avuto tutti i meriti di una gestione intelligente e responsabile, oltre che la fortuna di guidare una comunità evidentemente coesa e solidale.
Invece un primo particolare è già evidente a chi entra nell’edificio: la rosa celtica, o Sole delle Alpi, è quasi una costante visiva fra tavoli incisi, la lettera “o” sostituita all’interno delle parole, zerbini e disegni di bambini stilizzati, dove invece di tenersi per mano uno con l’altro curiosamente tengono fra loro il simbolo. Una coincidenza, forse comoda, che sia anche il simbolo della Lega ma parliamo pur sempre di una decorazione di origine celtica che è presente in diverse parti dell’Europa e in Eurasia. Nulla di strano, insomma.

Una seconda coincidenza, tuttavia, potremmo trovarla nella massiccia presenza del colore verde o all’assenza della bandiera italiana all’inaugurazione. Che l’edificio sia intitolato a Gianfranco Miglio è poi solo l’ennesima coincidenza che battezza la struttura d’avanguardia.

Bisogna però rendersi conto che se una coincidenza da sola rimane tale, due fanno un indizio e tre irrimediabilmente una prova.
Non è necessario fare un grosso sforzo per immaginare come sia singolare che tanti segnali riferiti al partito della Lega, di cui casualmente fa parte il sindaco e la giunta, siano potuti finire in un edificio scolastico. E’ più difficile immaginare come sia stato possibile inserire tutto questo in una realtà, quella di una scuola, dove non dovrebbe esistere nel modo più assoluto.

Nelle parole dello stesso sindaco Lancini, che giustifica il Sole delle Alpi come un simbolo storico e tradizionale, è possibile immaginare l’inquietante parallelo con il fascio littorio, utilizzato in epoca romana come in un passato ben più recente e oscuro dell’Italia. Non appare davvero una giustificazione quella del primo cittadino, bensì un invito all’accondiscendenza e all’ingenuità nei confronti della strumentalizzazione della storia di allora e di adesso.

Il tricolore invece è l’unico simbolo che viene a mancare all’inaugurazione, icona di uno stato ritenuto poco presente e da cui non è possibile ricevere aiuto. Il fatto che esso non sia il simbolo di una realtà politica ma dell’identità di una nazione che prossimamente compirà i suoi 150 anni curiosamente non sembra aver turbato nessuno dei presenti, che forse ne ignorano il reale significato.
Una nota a margine merita chi dice che i simboli riconducibili ad un partito non sono nuovi né strani all’interno di una scuola, riferendosi a ben altro partito politico e rifiutandosi così di intervenire. In questo caso mi sembra di vedere il bambino che, colto dalla maestra nel fare qualcosa di male, punta il dito verso un compagno di classe accusandolo della stessa colpa per giustificarsi. A queste persone si può semplicemente rispondere che il detto “mal comune, mezzo gaudio” sembra più un tentativo di chiudere gli occhi e andare oltre che porre rimedio ai possibili problemi.

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Mentana intervista Pier Ferdinando Casini

postato il 12 Settembre 2010

Chianciano Terme 12 settembre 2010

Casini, abbiamo visto affluenze, adesioni, amici che sono diventati più amici, c’è un alone positivo, ovviamente. Abbiamo visto anche quali sono gli umori della vostra base, gli umori, gli amori, i disamori. Io sono venuto qui due anni fa, lei aveva appena vinto  la gara per la sopravvivenza in una campagna elettorale fortissima se non sbaglio baciata nel finale anche da un lieto evento familiare! Era riuscito però a superare quella che era stata la morsa che le avevano fatto due ex alleati che si erano dimenticati di essere stati alleati. Avete corso da soli, avete vinto. Allora, due anni fa, l’ha pagata essendo l’unico partito, il leader dell’unico partito che è stato all’opposizione dal 2006 al 2008 e poi ha continuato ad essere un partito di opposizione. Io credo che vi abbia fatto bene stare all’opposizione perché ci si rafforza da un punto di vista di coesione politica.  Adesso la situazione sta cambiando però tutti si chiedono: dove va questo nuovo partito?  Sta lì ad aspettare sulla riva del fiume ma prima o poi dovrà fare delle scelte.  E allora di fronte a tutto questo, innanzitutto come ci si pone?  Ci si pone nell’idea di dire aspettiamo e vediamo oppure prima di tutto i nostri valori? Oppure ci sono delle pietre angolari che sono la legalità, la giustizia, i valori cristiani, che cosa?
Come prima domanda è uno scibile umano! [Continua a leggere]

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Trento, quando l’indifferenza è anche infedeltà

postato il 11 Settembre 2010

cuidados di gesteiraC’è una ragazza a Trento con una vita difficile: un matrimonio fallito, un figlio in affidamento condiviso, e come se non bastasse niente casa e un lavoro da 500 euro al mese. Ma a Trento ci sono anche solerti assistenti sociali e un integerrimo Tribunale dei Minori che non appena vengono a conoscenza della seconda gravidanza della ragazza consigliano un bell’aborto perché con una vita così non si può essere delle buone mamme.

A Trento c’è una ragazza che dice “sì” alla vita nonostante tutto e tutti e nonostante tutti i suoi fallimenti decide di fare un miracolo: decide di dare al mondo una figlia. Ma al Tribunale dei Minori di Trento sono bravi a riconoscere i fallimenti ma non i miracoli e così dopo poche ore dal parto, senza nemmeno averla attaccata almeno una volta al seno, la bambina viene tolta alla madre. Oggi questa bambina è stata dichiarata dal Tribunale “adottabile”  e le speranze della mamma di riabbracciare quella bambina appena vista in sala parto sono ridotte al lumicino.

A Trento, la civilissima Trento, c’è tutto questo. Ma in questa storia triste ci sono anche degli assenti e sono assenti illustri. Penso sia legittimo chiedersi dove siano in questa vicenda drammatica i cristiani trentini. Non è questo un attacco alla Curia trentina, ma una domanda accorata rivolta alla coscienza di ogni singolo cristiano, di qualunque confessione, della città di Trento: è possibile credere nel valore della vita e della famiglia e permettere allo stesso tempo che si verifichi una situazione del genere? E quando parlo di cristiani è evidente che il riferimento non è fatto esclusivamente ai ministri di culto e ai parroci che sono sempre di meno e sempre più carichi di responsabilità e di lavoro, ma alle comunità cristiane.

Dove sono le parrocchie? E i gruppi e i movimenti specie quelli con le famiglie numerose da sfoggiare ai “Family Day”? Dov’è il singolo cristiano? La vicenda della mamma di Trento non è un caso per preti e suore o destinato al volontariato oppure alle varie Caritas e strutture assistenziali , era un caso per una comunità cristiana, un caso che poteva essere risolto con un po’ di attenzione e solidarietà umana ancor prima che evangelica. E’ un tempo triste per la Chiesa e per i cristiani, e lo è ancor di più per i cattolici italiani divorati ormai da apatia e indifferenza. Diceva il Cicerone britannico Edmund Burke che “niente è più fatale alla religione che l’indifferenza, che alla fine, è una mezza infedeltà”. E’ vero e l’indifferenza dei cristiani è una infedeltà al Vangelo.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi

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Poche nascite e nessun sostegno per le famiglie. Quale futuro per l’Italia?

postato il 8 Settembre 2010

Sleeping di margianaItaliani? Soli al mondo tra quarant’anni.

Lo avevano detto tempo fa vari istituti come la Banca d’Italia, l’Istat e altri ancora: le famiglie sono sempre più povere e, per di più, poco sostenute economicamente dalle istituzioni.

“Italia, riposa in pace”. È questo il titolo di un articolo che compare oggi nel sito del Wall Street Journal, in cui si  stigmatizza la morte demografica del nostro paese.

Nell’articolo, firmato dal giornalista italiano Giulio Meotti, si legge che «se la demografia è un destino, l’Italia sta letteralmente morendo» e la sua bassa natalità «minaccia di avere conseguenze sociali ed economiche catastrofiche». Dunque, c’è ben poco da sperare.

Dal 1994 – i dati citati – il numero delle nascite è sistematicamente superato da quello dei decessi e la fertilità è ai livelli minimi: 1,3 figli per donna. Dati sconcertanti, se si pensa che negli anni Sessanta era di 2 bambini a coppia.
La crisi delle nascite, prosegue il WSJ, minaccia di avere conseguenze sociali ed economiche disastrose. Già oggi, il 22%  della popolazione italiana è in età pensionistica: uno dei tassi più elevati a livello mondiale.

L’Italia non è il solo Paese sull’orlo del suicidio  demografico, sottolinea l’editoriale, ma è il primo nel mondo che vive il cosiddetto “crossing over”, cioè il numero degli under 20 è inferiore a quello degli over 60. E infine, annuncia il quotidiano, entro il 2050, il 60% degli italiani non avrà fratelli, sorelle, cugini, zii o zie.

La famiglia è il pilastro fondamentale della società, ma oggi è abbandonata a se stessa. Sosteniamola in concreto, rivoluzioniamo il fisco con il quoziente familiare: chi ha più figli deve pagare meno tasse!

“Riceviamo e pubblichiamo” di Daniele Coloca

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I bambini? Per la Lega non sono tutti uguali

postato il 7 Settembre 2010

Con l’arroganza tipica di chi si sente vincitore e si sente potente, senza magari esserlo, la Lega inaugura il nuovo corso dei contributi alla famiglia, sommando ad un concetto positivo (l’aiuto alla famiglia), un concetto negativo, attuando una distinzione tra bambini “di razza italica” e bambini che non lo sono.
Ma andiamo con ordine.
Il Comune di Tradate (Varese) un paio di anni addietro, istituisce il cosiddetto “bonus bebè”, 500 euro per ogni bambino nato , con lo scopo dichiarato e condivisibile di incentivare le nascite e aiutare le famiglie.
Sembra una iniziativa bella, pura e lodevole.
Ma non è così, infatti andando a leggere i criteri di assegnazione si legge che il bonus è destinato solo a coppie dove i genitori sono cittadini italiani di nascita, escludendo le coppie miste e quelle straniere. Lo scorso 3 giugno il Tribunale di Milano, interessato della vicenda da un ricorso presentato dall’ACLI, emette una sentenza secondo la quale “i criteri di assegnazione del bonus bebè sono discriminatori” è ordina al comune di Tradate di correggere l’ordinanza.
Ed ecco il cambio di rotta della Lega. Prima avrebbe parlato di un fraintendimento, ma ora no.
Anzi, con decisa arroganza, il sindaco di Tradate (Lega -PDL, Stefano Candiani, afferma con una nota mezzo stampa che “il comune di Tradate rivendica il criterio di assegnazione in quanto il bonus bebè non si configura come un intervento rientrante fra i servizi sociali assistenziali obbligatori ma appartiene alla categoria degli incentivi collocata in ambito concettuale e giuridico tutt’affatto diverso ed altro rispetto ai servizi sociali obbligatori”.
Pensate che abbiamo toccato il fondo? Ma quando mai. Qui si riscrivono pagine di storia e di genetica. Qui si riesuma Goebbels, Hitler e quant’altri. Sono esagerato? Forse, ma giudicate voi.
Il sindaco Candiani, presenta ricorso alla sentenza del Tribunale di Milano, ricorso che verrà discusso la prossima settimana.
Quale è la motivazione di questo ricorso? Reggetevi forte e ricordatevi quanto ho detto su Goebbels e soci: secondo il comune di Tradate, il “bonus bebè” sarebbe stato istituito per “la salvaguardia del ceppo europeo”. Infatti, e cito testualmente: “Il fine perseguito non è nel modo più assoluto di garantire sostegno a un bisogno. Il fatto è che la popolazione europea mostra un forte tasso di calo demografico. E’ del tutto ovvio che alla morte dei popoli si accompagna la morte delle rispettive culture. Il bonus attiene al futuro della cultura europea indissolubilmente legata ai popoli dell’Europa medesima”.
Ancora più divertente, il manifesto che accompagna questa iniziativa, rappresentato da un bel bambino biondo e dalla carnagione lattea, ovvero per i leghisti il ceppo europeo è rappresentato solo da chi è biondo, con carnagione chiara, mentre tutti gli altri, evidentemente non lo sono.
Per i leghisti gli immigrati vanno bene se lavorano e li fanno arricchire, ma poi non devono avanzare neanche le più elementari pretese. Il sogno leghista sarebbe immigrati che lavorano e poi spariscono, diventando invisibili. Se poi non figliano, sarebbe anche meglio.
E qui, darei un premio per la faccia tosta e l’astuzia.
Astuzia perché, per giustificare un provvedimento palesemente razzista, parlano di “difesa della cultura europea”.
Faccia tosta, perché queste stesse parole, non le hanno mica gridate a Gheddafi che ha parlato di islamizzare l’Europa, o di dare il via libera e non fermare più gli immigrati clandestini. In quel caso, hanno abbozzato, e non hanno criticato, perché Gheddafi porta gli “sghèi” (o denaro per chi non conoscesse il dialetto lumbard) e perché la Lega è questa: un partito che si presenta in un certo modo, ma agisce in un altro: protesta, ma poi è la prima ad intascare privilegi.
Ricordiamoci di Alessandro Noventa, Assessore leghista, inquisito perché gestisce un giro di prostituzione; oppure pensiamo a Ballaman che recentemente ha dovuto rinunciare alla presidenza del Friuli perché sorpreso ad usare l’auto blu per scopi personali, appesantendo i conti dell’erario; certo la Lega lo ha scaricato, ma io mi chiedo se davvero fossero all’oscuro del comportamento del loro collega di partito.
Ma torniamo a Tradate.
Voi penserete che è un piccolo paesino e quindi non fa testo, e invece no: a Brescia, il sindaco del PDL, Adriano Paroli, ha stanziano 1 milione e 250 mila euro per dare 1000 euro di contributo ad ogni bebè nato nel 2008, purché sia bresciano o di genitori italiani. E quando il tribunale nel 2009 ha imposto di estendere questo contributo anche agli immigrati, ecco un’altra prova di faccia tosta: il contributo viene tolto a tutti, anche agli italiani, così alle prossime elezioni si potranno aizzare ancora di più gli animi contro gli immigrati e contro gli avversari politici che chiedono regole chiare per tutti.
Però nulla di tutto ciò, il PDL e la LEGA ha avuto il coraggio di dirlo a Gheddafi.
Forse prima che dei 5 punti, dovrebbero discutere del coraggio e della coerenza dei propri comportamenti.

‘Riceviamo e Pubblichiamo’

di Gaspare Compagno

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Rom: una terza via oltre i rimpatri ed i farraginosi progetti di inclusione sociale

postato il 5 Settembre 2010

ricordando il casilino 900 di Frammenti dal profondoLa decisione di rimpatriare i rom presa dal presidente Sarkozy ha fatto molto discutere in questi giorni. A partire da questa scelta e dalle politiche sul tema intraprese a Pisa, mi piacerebbe provare a discutere di questo argomento, così spinoso e complesso, anche per il variegato mondo che costituisce la minoranza etnica dei rom e sinti. Credo innanzitutto che quanto intrapreso da Sarkozy, condiviso verbalmente anche dal nostro ministro Maroni, sia un passo molto pericoloso che ci fa rivivere una storia di intolleranza che speravamo di non vedere mai più riproposta in Europa. Questo rischio di deriva culturale e politica non viene solo da destra ma, a livello locale, è stato intrapreso con azioni concrete anche da amministratori di sinistra: a Pisa infatti lo scorso anno, per limitare e contenere il crescente numero di rom presenti in città e il pericoloso proliferare di campi abusivi, diverse famiglie di rom sono state “aiutate” a lasciare il territorio del Comune con il viaggio pagato e un bonus di uscita di 1500 euro.

Ho espresso su queste politiche tutti i miei dubbi “etici”, così come avevo espresso critiche ancora prima alle decisioni portate avanti dalla precedente amministrazione (sempre di centro-sinistra), che aveva messo in piedi il progetto di inclusione sociale denominato “Città sottili”, che proprio in questi giorni si è concluso con la consegna ai rom delle case appositamente costruite. Tale progetto infatti, oltre al censimento dei rom presenti nel territorio e il tentativo di scolarizzazione dei ragazzi, prevedeva la costruzione di una serie di villette a schiera nel campo di Coltano, lo storico e più grande insediamento rom nel Comune di Pisa.

Questo progetto all’inizio così tanto decantato dalla sinistra pisana e non solo (il segretario dei Ds Piero Fassino in televisione a Porta a Porta lo citò come esempio riuscito (sic!) per risolvere il “problema” dei Rom), ha mostrato tutti i limiti di un processo troppo “burocratico”, che tra vari ritardi si sta per concludere oggi tra i malumori e le tensioni del mondo dei rom (molti infatti come era prevedibili rimarranno fuori dagli alloggi, perché il progetto era limitato a quelli presenti in quel campo diversi anni fa quando tale progetto prese avvio) e grossi malumori tra i pisani (è un classico sentire dire tra i cittadini pisani più in difficoltà, con un po’ di cinismo, “l’amministrazione aiuta gli zingari invece di pensare a noi!”). E comunque è un dato di fatto che il progetto Città sottili, come prevedibile, non risolve la questione dei molti altri rom presenti in città che vivono in altri insediamenti abusivi che nel frattempo si sono costituiti. Ma al di là delle questioni economiche a me di questo progetto lasciavano forti dubbi i tentativi di voler integrare e omologare alla nostra cultura quella di popoli ed etnie di così antiche tradizioni e culture che nascono e rimangono nel tempo molto diverse dalle nostre: culture con cui è giusto convivere, ma che non vanno cercate di omologare a quella nostra.

Per questo credo che potevano essere utilizzati quei tanti soldi avuti per il progetto città sottili (più di 900 mila euro sono costate soltanto le villette costruite a Pisa) per un patto diritti-doveri da mettere in piedi con il coinvolgimento dei Rom del territorio. Questo patto che il sindaco di Pisa doveva portare avanti, insieme naturalmente agli altri sindaci delle città dove esistono grossi insediamenti rom, doveva essere incentrato nell’individuazione di una o più aree per rom, da poi rendere vivibili da un punto di vista igienico-sanitario con roulotte, prefabbricati o costruzioni di legno; da un controllo periodico per la salvaguardia di tali aree e poi si doveva passare con l’aiuto e il coinvolgimento di mediatori culturali, associazioni e magari uno o più figure di riferimento-rappresentanza dei rom (a Roma il sindaco Alemanno ha deciso di delegare un Rom, come persona di propria fiducia per i rapporti con le comunità rom e sinte della Città) per un percorso di convivenza possibile. E questa convivenza passa nel riconoscere e rispettare una cultura come quella nomade, ma chiede allo stesso tempo con forza che in nome di una certa cultura non si sfruttino ad esempio i minori per l’accattonaggio e non si tollerino furti o borseggi che una parte di questi nomadi usano fare con troppa disinvoltura. E per quanta riguarda la doverosa istruzione e scolarizzazione, invece che costringerli a frequentare le nostre scuole, con costi e risultati insoddisfacenti, forse si poteva pensare a predisporre corsi scolastici da fare all’interno dei campi rom.

Costruire insomma un tipo di integrazione e di società più all’americana che alla francese o all’europea, tesa cioè a cercare di costruire una società dove le varie culture convivano esaltandone le differenze, piuttosto che cercare a tutti i costi l’uguaglianza e l’omologazione. Tra le due opzioni “estreme”, cioè le espulsioni alla Sarkozy (e alla Filippeschi) e il tentativo di inclusione sociale di progetti troppo dispendiosi e farraginosi come quello di Città sottili, mi pare questa una via possibile per coniugare il rispetto delle persone, delle culture e dei popoli con quella di una cittadinanza che chiede sempre di più maggiore sicurezza e il rigoroso rispetto delle regole.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Carlo Lazzeroni

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