Tutti i post della categoria: I 9 punti

Federalismo buco nell’acqua, noi gli unici a votare contro

postato il 27 Settembre 2012

La via italiana al federalismo voluta dalla maggioranza Pdl-Lega con l’assenso di Pd e Idv si è rivelata un buco nell’acqua. Sarebbe bello che giornalisti, uomini di cultura e coloro che sono sempre pronti a criticarci, dessero atto all’Udc di essere stata anche in questo caso l’unico partito a capire prima i guasti che si stavano facendo.

Pier Ferdinando

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Lavoro: i giovani la priorità per il futuro di tutti

postato il 23 Settembre 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Francesco Morello

L’appuntamento della presentazione del Rapporto sul mercato del lavoro 2011-2012, avvenuta martedì 18 settembre nel “Parlamentino” affollatissimo del CNEL, è occasione quanto mai utile per fermarci un attimo a riflettere sugli importanti e profondi cambiamenti in corso nella struttura produttiva e nelle norme che regolano gli assetti occupazionali nel nostro Paese.

Il rapporto tenta di soddisfare, a detta del Prof. Dell’Aringa direttore del gruppo di lavoro che ha curato lo studio, sia l’esigenza di illustrare una lettura prospettica delle variazioni intervenute durante l’ultimo periodo, che quella di offrire una previsione delle linee di tendenza per i prossimi anni.

Le condizioni critiche del mercato del lavoro hanno origine nei contesti macroeconomici di crisi di sviluppo e produttività. I dati sconfortanti forniti dall’Istat sull’occupazione, specie giovanile, diventano quindi il termometro della recessione che attanaglia l’Italia.

Già lo scorso luglio lo studio dell’OCSE, “:Employment Outlook 2012”, dal quale il Rapporto del CNEL muove le mosse, aveva evidenziato che a maggio erano circa 48 milioni i disoccupati nell’area dell’Ocse (con un tasso di disoccupazione del 7,9%): quasi 15 milioni in più rispetto all’inizio della crisi finanziaria iniziata alla fine del 2007.

Per ritornare ai livelli pre-crisi occupazionale servirebbe la creazione di circa 14 milioni di posti di lavoro. La creazione di posti di lavoro, sottolinea lo studio presentato a Parigi, “continuerà a restare debole in molti Paesi dell’Ocse” e il tasso di disoccupazione “potrebbe rimanere intorno all’8% anche nel 2013” (8% nel 2012 e 7,9% nel 2013) e la situazione occupazionale dei giovani e delle persone scarsamente qualificate “rimane particolarmente preoccupante”.

Sulla stessa scia lo studio condotto dall’ ILO, “World of Work Report 2012. Better jobs for a better economy” (aprile 2012) in cui, riguardo la situazione italiana, si rende noto che le categorie più colpite dalla crisi sono state quelle dei giovani e dei disoccupati di lunga durata. La ripresa economica viene frenata dalla contrazione del consumo privato (diversi studi statici di associazioni dei consumatori o dei commercianti hanno rilevato questo fattore) a causa delle politiche di austerità fiscale condotte per risanare il debito pubblico e adempiere ai patti europei sul fiscal compact.

Una delle cause principali della crisi nell’Eurozona, sottolineano Natasha Xingyuan e Antonio Spilimbergo è la differenza di reddito e produttività fra i paesi, con il ritardo di quelli più periferici. Le riforme strutturali possono essere un ottimo strumento per aiutare lo sviluppo delle regioni più arretrate di un paese.

Le politiche suggerite dall’ILO, anche nel Rapporto “Eurozone job crisi and policy responses”, di riduzione del debito pubblico senza danneggiare la crescita economica, di aumento degli investimenti per creare occupazione, di maggiore accesso al credito da parte delle imprese e di riforma del mercato del lavoro per migliorare i risultati dell’occupazione, richiedono uno sforzo notevole affinchè siano tradotte in misure concrete.

Quale ruolo possono assumere allora le politiche del lavoro per i giovani? Essenzialmente due: di accompagnare “>i processi di crescita e limitare i danni della recessione.

Infatti il rischio di far cadere il potere produttivo dell’Italia, in un lento processo di deindustrializzazione, è aumentato dalla disoccupazione di lunga durata che si trasforma in strutturale.

I Paesi che hanno meglio resistito alla crisi economica, in primis Cina e Germania, sono quelli che hanno puntato in via prioritaria su una crescita basata sulla competitività dell’industria manifatturiera, trainata dalle esportazioni e dagli investimenti in ricerca e innovazione.

Inoltre, i paesi che riescono a contenere la caduta del PIL sulla massa salariale e sulla disoccupazione sono quelli che hanno approntato buone relazioni industriali, e favorito il lavoro stabile e non temporaneo.

L’Italia dal 2008 ha perso più di un milione di posti di lavoro tra gli under 34 anche in considerazione del fatto che ha registrato una caduta del PIL maggiore che negli altri paesi dell’Eurozona.

L’Istat nell’ultima rilevazione riferita al terzo trimestre 2012 (i dati del Rapporto si riferiscono al primo semestre 2012) evidenzia che il tasso di disoccupazione (dati grezzi) è pari al 10,5%, in crescita di 2,7 punti percentuali rispetto a un anno prima; l’indicatore passa dal 6,9% del secondo trimestre 2011 al 9,8% per gli uomini e dal 9% all’11,4% per le donne. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni sale dal 27,4% del secondo trimestre 2011 al 33,9%, con un picco del 48% per le giovani donne del Mezzogiorno.” Bisogna notare che a fini statistici esistono diverse dimensioni della disoccupazione ovvero disoccupati (con altrettante definizioni alternative), scoraggiati, cassintegrati e par-time involontari che insieme costituiscono la forza lavoro.

Il Rapporto sull’andamento della domanda di lavoro sottolinea che a causa del forte deterioramento dei bilanci familiari è aumentata l’offerta di lavoro, ovvero i cd. “lavoratori aggiuntivi” coloro che prima della crisi non erano in cerca di occupazione.

Sono cresciuti i lavoratori part-time involontari, e si registra anche un sensibile aumento del ricorso alla CIG connessa, in parte ma non del tutto, alla riduzione degli orari di lavoro.
Per effetto delle riforme previdenziali che hanno alzato i requisiti di età, l’ultima in ordine di tempo quella cd. “Monti-Fornero”, è aumentato il numero di occupati anziani. Necessarie pertanto politiche che tengano conto dell’invecchiamento demografico e dell’aumento delle esigenze legate alla cura degli anziani.

La crescita modesta dell’occupazione nel 2011 si è interamente concentrata sulla componente immigrata (che svolge un lavoro regolare e quindi conoscibile dallo Stato) poiché indirizza la domanda verso un tipo di mansioni di basso profilo non ricoperte dai lavoratori italiani.

Sono cresciuti i giovani con un’occupazione a termine involontaria (ossia di coloro che non hanno trovato un lavoro a tempo pieno) così come i part-time involontari, perché il lavoro flessibile permette maggiori margini di manovra alle imprese in una fase di elevata incertezza.

Molto grave è la rilevazione dello scollamento tra i risultati del sistema formativo e la domanda di lavoro, che va ad incrementare il fenomeno noto come (lavoro a bassa specializzazione svolto da lavoratori con un livello di istruzione medio-alto) che si traduce spesso in uno scarso livello di valorizzazione del capitale umano.

Tale disfunzione è il prodotto di anni di politiche formative non rapportate ai fabbisogni del mercato del lavoro che crea un fra le caratteristiche settoriali della domanda e quelle dell’offerta di lavoro. Il contratto di apprendistato, nelle tre diverse articolazioni di cui al T.U. d.lgs. 167/2011, ha l’obiettivo di formare gli apprendisti, in assetto di lavoro, così da essere immediatamente utili e produttivi per l’azienda. Diventa pertanto una leva di placement che tenta di far convergere domanda e offerta di lavoro puntando sulla formazione di competenze e professionalità richieste dal mercato.

Garantire una occupazione permanente (la tipologia contrattuale del tempo indeterminato è considerata dalla Riforma come la principale, in linea con il documento delle tre grandi OO.SS. confederali sottoscritto a fine 2011) o stabile attraverso un sistema italiano e non di mera importazione di flexicurity, è tanto necessario quanto urgente.

Si è ulteriormente aggravato, evidenzia il Rapporto, il fenomeno dei (not in employment, education or training) circa il 24 % dei giovani tra i 15 e i 29 annie degli scoraggiati, ovvero chi ha smesso di cercare attivamente un lavoro.

In quest’ottica si propone la formazione come leva di sicurezza e stabilità occupazionale che deve essere continua e modulata in base alle diverse competenze e professionalità dei singoli lavoratori o aspiranti tali.

La formazione e quindi il saper fare un determinato lavoro, rappresenta la vera sicurezza nella flessibilità poiché, se un lavoratore è produttivo, sarà sempre ricercato dal mercato.

Tutti questi numeri, dati e diagrammi del Rapporto per essere davvero utili devono però essere messi al servizio di domande scomode. Domande che muovendo dal contesto attuale e cercano di comprendere in che modo poter modulare le opportune risposte.

Il Ministro Fornero nel suo intervento alla presentazione del Rapporto ha difeso la bontà della riforma dagli attacchi degli ultimi giorni di una parte politica che vorrebbe abrogarla tramite referendum. Ancora è presto per dire, dati alla mano, se la riforma raggiungerà l’obiettivo di orientare e rendere più inclusivo e dinamico il mercato del lavoro. Di certo come tutte le cose umane è perfettibile ma credo sia stato un buon inizio, quanto meno per dare un segnale forte di stabilità e coesione politico-sindacale ai mercati. Per tale ragione, sulla falsa riga di quanto già teorizzato dalla Legge Biagi del 2003, la fase del monitoraggio degli effetti delle nuove norme in tema di: tipologie contrattuali e di flessibilità in uscita e tutele del lavoratore (Art.1), Ammortizzatori sociali (Art.2),Tutele in costanza di rapporto di lavoro (Art.3), sarà essenziale per comprendere quali correttivi approntare.

In effetti dopo alcuni giorni dall’entrata in vigore della riforma si è scelto, tramite il decreto sviluppo di Agosto di posticipare l’entrata a regime dell’ASPI.

Il Governo nell’ultimo Consiglio dei Ministri di fine agosto ha presentato l’agenda per la crescita con il fine di implementare la produttività aprendo a nuove opportunità di impresa e lavoro secondo gli obiettivi posti dalla Stategia Europea 2020 (Crescita intelligente, sostenibile e solidale). L’azione programmatica del Governo Monti necessita però, in via preliminare, di portare a compimento le riforme approvate in Parlamento tramite l’emanazione di più di 340 decreti attuativi anche in tema di incentivi e aiuti al lavoro giovanile. Di recente infatti sono stati approvati i decreti che prevedono uno sconto del 50%, grazie all’attivazione di 142 milioni del Fondo Sociale Europeo, sul costo del lavoro per chi assume al sud o i benefici fiscali, disciplinati dal cd. decreto “Salva italia” per chi assume gli under 34.

Per risanare il mercato del lavoro è necessario prima risanare la nostra economia con una solida riforma fiscale accompagnata da investimenti in tecnologia e innovazione. La semplificazione amministrativa insieme agli altri fattori di contesto, quali il miglioramento delle infrastrutture e l’abbattimento del costo energetico, saranno garanzie più forti per gli investitori che vogliono scommettere nel nostro Paese, anche più delle nuove norme sul licenziamento

E’ necessario allora aumentare la produttività, anche accogliendo la proposta della Cisl di detassazione del salario di produttività, non solo per ragioni di competitività internazionale, ma soprattutto per migliorare la qualità dell’ industria e riqualificare l’ apparato produttivo italiano.

Costo monetario del lavoro e produttività del lavoro devono andare allora di pari passo, così come in Germania, che raggiunge livelli ottimi di produttività grazie a innovazione e gestione partecipata con i lavoratori dei processi industriali (in Italia il cammino verso la partecipazione è ancora in salita).

L’implementazione di un sistema politico liberale, incentrato su regole condivise di libera concorrenza, e su una forte Unione Europea che sappia fronteggiare insieme le flessioni del mercato, è allora un compito non solo strettamente “economico”, ma soprattutto compito sociale al servizio della persona umana.

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Referendum su art.18 è contro il senso della storia

postato il 13 Settembre 2012

Tornare alle battaglie ideologiche sull’articolo 18 significa contrastare tutto quello che il governo Monti sta facendo con l’aiuto di Pdl, Pd e nostro.
Significa andare nella direzione opposta al senso della storia proprio nel momento in cui, grazie al governo Monti, l’Italia vede premiati i suoi sforzi anche a livello europeo.

Pier Ferdinando

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Il piano del Governo per rilanciare l’occupazione e l’economia

postato il 27 Agosto 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Cosa ha partorito il consiglio dei ministri dopo 9 ore di riunione?

Sostanzialmente si tratta di una agenda che detta punto per punto i prossimi passi del governo e all’interno di questa, i punti, a mio avviso, più importanti sono quattro: le liberalizzazioni, le assunzioni nel mondo della scuola (per più di 30.000 nuovi lavoratori tra docenti e personale di vario genere), la pianificazione per l’utilizzo dei fondi europei dal 2014 al 2020 (con lo scopo di usare tutti i fondi destinati dalla Ue, per evitare che vengano poi ripresi dalla comunità europea medesima) che permetterà investimenti in infrastrutture fisiche e internet, la maggiore protezione del territorio da frane e alluvioni (le spese per riparare i danni sono molto maggiori delle spese necessarie per la messa in sicurezza e la prevenzione).

Andando più nello specifico osserviamo che molte delle misure indicate nel documento ufficiale erano già state anticipate nei giorni scorsi, come quelle che riguardano le semplificazioni, le infrastrutture e le start up, mentre, per ora, non è inserito quanto preannunciato dal ministro Fornero circa una riduzione del cuneo fiscale e contributivo per le aziende che investono in capitale umano.

Per quanto riguarda la scuola, come detto, vi sono tre decreti presidenziali che prevedono l’assunzione a tempo indeterminato già per l’anno scolastico 2012 – 2013 di personale docente, tecnico-amministrativo e di dirigenti amministrativi per un totale di più di 30mila unità (ripartite in 12.000 docenti, 1213 dirigenti scolastici, 21.112 unità di personale docente ed educativo a cui vanno sommati alcune diecine di assunzioni per docenti nelle Accademie e Conservatori di musica).

Rapportando questi numeri al numero dei disoccupati in Italia, si tratta di diminuire in un colpo solo del 1,5% la disoccupazione (attualmente poco sopra i 2,4 milioni di individui).

Per il resto, la strada del governo prosegue di fatto nella direzione già intrapresa, con l’obiettivo di “introdurre nel sistema economico italiano più efficienza, più produttività, più competitività, anche alla luce delle raccomandazioni rivolte all’Italia nel quadro del Semestre europeo”.
I punti cardine della strategia messa a punto dal governo, si legge nel comunicato stampa ufficiale, sono: “il recupero del gap infrastrutturale, anche attraverso l’attrazione di capitali privati; la spinta all’innovazione tecnologica e all’internazionalizzazione delle imprese; la creazione di un contesto favorevole alla nascita di start up, soprattutto da parte dei giovani; gli investimenti nel capitale umano promuovendo l’apprendimento permanente e valorizzando il merito; la riduzione degli oneri burocratici a favore di cittadini e imprese; l’attenzione a una crescita sostenibile ed eco-compatibile”. Ovviamente questo riguarderà anche le liberalizzazioni, infatti nel documento si legge «Occorre creare spazi nuovi per la crescita di autonome iniziative private, attualmente bloccate o rese interstiziali da una presenza pubblica invadente e – si precisa – spesso inefficiente (si pensi, a esempio, al settore postale; ai beni culturali e alla sanità)».

Altro provvedimento è quello che ha accolto la richiesta dell’UDC, ovvero prorogare al 30 novembre il pagamento delle tasse e dei tributi nelle aree terremotate.

E a proposito di aree terremotate, come detto si porterà avanti non solo la preparazione del programma 2014-2020 per l’uso dei fondi strutturali Ue, ma si tutelerà l’ambiente con la riduzione del Co2, e la gestione del suolo contrastando il dissesto idrogeologico.

Anche i siti archeologici hanno trovato spazio nell’agenda del governo, e a breve vi sarà la legge quadro per lo spettacolo e i progetti sui siti di maggior interesse culturale, come Pompei.

Infine uno sguardo alla famiglia, infatti si prevede di “rivedere le detrazioni fiscali a vantaggio della famiglia e favorire la natalità” a cui aggiungere il rifinanziamento per il 2013 della “carta acquisti” a sostegno delle famiglie colpite da disagio economico. A questo si dovrebbe aggiungere anche la riforma dell’ISEE per modificare i criteri di selezione dei soggetti da ammettere alle prestazioni sociali a condizioni agevolate.

Tutto questo, ovviamente, senza intaccare il rigore, ma anzi continuando sulla strada che ha permesso all’Italia di uscire dall’emergenza e di potere riprogramamre il futuro. Per fare questo è stata prevista da un lato il continuamento alla lotta all’erosione fiscale, all’evasione e all’elusione e, soprattutto, l’abbattimento del debito con il programma di Grilli per le dismissioni “attraverso fondi di investimento ai quali verranno conferite proprietà mobiliari ed immobiliari pubbliche” a cui aggiungere anche la cessione delle partecipazioni azionarie dello Stato in Sace, Fintecna e Simest.

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L’intervento del Gip di Taranto sull’Ilva danneggia tutti

postato il 12 Agosto 2012

L’ordinanza del gip di Taranto sull’Ilva rischia di segnare il punto di non ritorno di una vicenda drammatica che coinvolge migliaia di lavoratori e le loro famiglie e arriva dopo anni di incuria e di noncuranza in primo luogo da parte delle autorità locali preposte alla funzione di vigilanza e di controllo della salute dei cittadini.
In tutto il mondo questa decisione verrà interpretata come esempio di una cultura anti-industriale che sta sedimentandosi nel nostro Paese. Tanto era ragionevole la decisione del tribunale del riesame che conciliava l’esigenza di risanamento e la difesa dei posti di lavoro, così questo intervento a gamba tesa del gip fa solo danni a tutti.
L’autonomia della magistratura è un principio che va difeso e che sempre abbiamo difeso ma il protagonismo di certi magistrati di dubbia competenza fa più male alla credibilità della magistratura di tanti suoi incalliti denigratori.

Pier Ferdinando

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Ecco il “Percorso famiglia” del governo

postato il 3 Agosto 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati

Il governo Monti prosegue la sua attività e ha lanciato il progetto “Percorso Famiglia” con lo scopo di lanciare una serie di misure urgenti per sostenere i nuclei in difficoltà, e associa misure strutturali e misure di emergenza.

Questo progetto, presentato lo scorso 31 luglio dal Ministro della Cooperazione Internazionale e dell’Integrazione, con delega alla Famiglia, Andrea Riccardi, dal Presidente dell’ABI, Giuseppe Mussari e da alcune associazioni dei consumatori firmatarie dell’accordo (Acu, Adiconsum, Adoc, Asso-Consum, Assoutenti, Casa del consumatore, Cittadinanzattiva, Confconsumatori, Federconsumatori, Lega Consumatori, Movimento Consumatori, Movimento Difesa del Cittadino, Unione Nazionale Consumatori), è stato quasi totalmente ignorato dai grandi media, pur presentando delle misure molto importanti per le famiglie. Questo progetto è la risposta a quanti accusano questo governo di inerzia verso i problemi delle famiglie.

Sostanzialmente cosa prevede questo “Percorso Famiglia”?

Prima di tutto un sostegno per l’acquisto dell’abitazione, tramite la modifica del Fondo Per la Casa, un fondo consente alle giovani coppie di ottenere un mutuo agevolato per l’acquisto della prima casa anche se sono precari. Le modifiche renderanno l’accesso più semplice e renderà i tassi maggiormente in linea con il mercato attuale, abbassando il tasso di interesse. Concretamente, le associazioni prevedono di sbloccare 1 miliardo di euro di mutui per le giovani coppie italiane (in cui uno dei due componenti ha un contratto precario).

Il punto successivo è la proroga triennale (proroga che è stabilità dall’articolo 12 della legge di stabilità 2012) del Fondo di credito per i nuovi nati. Il fondo risale al 2009 e nacque con lo scopo di permettere, ai genitori di figli nati tra il 2009 e il 2014, di richiedere prestiti a tasso agevolato fino ad un massimo di 5mila euro. Per inciso, la domanda deve essere presentata entro il 30 giugno dell’anno successivo a quello di nascita o di adozione del figlio per cui si richiede il prestito (quindi fino a giugno 2015), indipendentemente dal reddito e dalle motivazioni alla base della richiesta.
Dal 1 gennaio 2010 al 30 giugno 2012, le banche hanno confermato 25.986 garanzie e sono stati erogati finanziamenti per 127.266.226,70 euro, concessi da 141 banche in tutte e 20 le regioni.
Oltre che sul sito del fondo (di cui abbiamo riportato il link) maggiori informazioni si possono avere al numero verde 803-164.

Il progetto prevede altri due punti denominati “crescita della famiglia” e “maturità della famiglia”.

Il primo prevede un sostegno per lo studio dei figli facilitando l’erogazione dei finanziamenti del Fondo Studenti (sbloccando finanziamenti per 400 milioni di euro).

Il secondo, invece, prevede la proroga della sospensione dei mutui per le famiglie con difficoltà a pagare le rate. La sospensione ha validità per un anno e si può attivare in caso di perdita del posto di lavoro, cessazione del contratto a termine, morte, grave infortunio, entrata in cassa integrazione. Su invito del governo, inoltre, le associazioni di categoria e l’ABI si sono formalmente impegnate a trovare misure aggiuntive a sostegno delle famiglie che, scaduto l’anno di moratoria, abbiano ancora problemi con le rate e tale impegno ha prodotto dei risultati concreti fin da subito, infatti, hanno determinato che:

– le domande possono essere presentate entro il 31 gennaio 2013
– la scadenza entro cui si devono verificare gli eventi che determinano l’avvio della sospensione, è prorogata al 31 dicembre 2012
– sulla base delle disposizioni di vigilanza per le banche, per l’accesso alla misura di sospensione, l’arco temporale per la definizione di ritardo nel pagamento delle rate è rimodulata a 90 giorni;
– alla sospensione delle rate dei mutui potranno essere ammesse soltanto le operazioni che non ne abbiano già fruito.

Secondo i dati forniti, al 31 marzo 2012 i mutui sospesi dalle banche sono circa 68.000 (8 miliardi di debito residuo). Questo ha garantito alle famiglie interessate una liquidità aggiuntiva di circa 7mila euro a nucleo, 513 milioni di euro in totale.

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Combattere la malasanità

postato il 1 Agosto 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Jakob Panzeri

Ancora un caso di “malasanità” denunciato dal “Mattino”: diciannovenne diabetico muore dopo infusione di una flebo di cortisone. Leggere queste notizie, come il bambino morto per la trasfusione di latte, mette addosso un’ enorme rabbia e tristezza; i responsabili, spesso a causa di negligenza o di mancato rispetto delle pratiche di prevenzione sanitaria, meritano di presentarsi davanti alla giustizia.

Tuttavia penso che a volte dovremmo fare anche trasmissioni in cui parlare delle buone notizie, delle vite salvate, dei trapianti e delle operazioni riuscite, dei centinaia di successi che avvengono ogni giorno in tanti ospedali italiani e che sono il 99% della sanità.

Mi raccontava un neurochirurgo di un paziente che l’aveva citato in giudizio per una cicatrice lasciatagli 15 anni prima in un’operazione in cui gli aveva salvato la vita, gli aveva chiesto i danni morali.

Sento un clima di generale sfiducia verso la sanità, dai casi più piccoli, come la signora anziana in pullman che confessa all’amica di far finta prendere i medicinali per la pressione che gli ha dato il medico di famiglia perché “vuole fare esperimenti sulla mia pelle”, ai casi gravi, come quelle persone che pensano che l’Aids sia solo un’invenzione della cause farmaceutiche o pensano di curare un tumore con parole magiche e infusi di erbe.

Combattiamo duramente la malasanità e  il sentimento di disagio e di disprezzo che in tanti, in troppi, hanno verso la medicina.

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Numeri chiusi, trasparenza e giustizia

postato il 17 Luglio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Ruggero Valori

Le università fino ad un recente passato hanno dato l’impressione di “trattenere” il più possibile e di attrarre i giovani con promozioni agli esami un po’ agevolate ( così le famiglie erano disposte più benevolmente a pagare rette ed a rinsaldare l’economia sommersa o quasi degli affitti universitari dei cd. fuori sede); i professori,ideatori o vittime di questo trend socio economico, si trovarono nella situazione ideale ( contenti o scontenti, volenti o nolenti, coscienti o incoscienti) per poter gonfiare i testi di esame di teorie, di“teorie di teorie”, di” teorie oblique”, di “contro teorie” spesso confusionarie, cervellotiche, lontane dalla realtà ( come per definizione è generalmente astratto dalla realtà l’insegnamento cattedratico) e spesso poco utili per l’inserimento nel mondo del lavoro .Il risultato fu il prolungamento a dismisura dei tempi per concludere gli studi ed anche l’aumento del numero dei laureati che ai giorni nostri si devono confrontare con il fenomeno deprecabile della disoccupazione/sottoccupazione intellettuale e con l’altro effetto indesiderato del lavoro non corrispondente al titolo di studio conseguito.

Le giovani generazioni- oltre a dover subire anni di politiche inadeguate sull’università e sulla cultura in generale- da qualche anno devono fronteggiare su tutti i piani ( economico , psicologico, culturale, nozionistico) la politica restrittiva sull’accesso a molti corsi universitari ( specialmente con le facoltà scientifiche con Medicina in testa). Le università si sono rese conto della deriva dei decenni precedenti e sono corse al riparo ( o almeno lo credono in modo troppo ottimistico) introducendo il numero chiuso ( o programmato) in molte facoltà, una risposta estrema e dannosa alla cultura e per il progresso della Nazione perché ovviamente diminuisce il numero dei soggetti che possono accedere ai saperi strategici, riproduce infelici elìte intellettuali conformate ai meccanismi perversi della corruzione propria dei tempi edonistici che si trasforma in decadente barbarie nonché alimenta nuove asimmetrie culturali ben più pericolose per la vita democratica delle iniquità economiche, le quali ovviamente si possono riparare in poche battute con attenta redistribuzione dei redditi o della ricchezza .

Non possiamo impedire ad un giovane di studiare medicina per un anno perché ha sbagliato un test!

E’ terribile, in chiave di crescita anche solo economica, questa situazione ( chiusura dell’accesso agli studi universitari, politica del numero chiuso ) che tra l’altro potrebbe divenire terreno di proliferazione della corruzione o di traffici di influenze ( forse semplici telefonate!?) da parte di professionisti affermati in determinate branche del sapere e che senza dubbio costituisce ormai da alcuni anni una fraudolenta e insidiosa barriera, di natura elitaria e antidemocratica, contro lo sviluppo economico, culturale e politico del Paese.

Come sarebbe bello che gli studenti potessero conoscere in maniera dettagliatissima – quando si iscrivono all’università- tutte le informazioni più importanti compreso il dato dei laureati che si inseriscono nel mondo del lavoro con quella determinata laurea dopo 1 anno, dopo 2 anni, e così via; costantemente tenuti al corrente sugli sbocchi professionali futuri ed attuali con quel determinato sapere.

Quindi questi problemi dovrebbero essere risolti da un lato con la” dovuta trasparenza” nei confronti degli studenti e delle famiglie e dall’altro con la libertà di iscrizione alla facoltà preferita escludendo così all’origine i tentativi di discriminazione parte delle famiglie più influenti spesso contaminate da un antiumano neotribalismo che postula l’aggregazione di nuove consorterie per combattere coloro che stanno al di fuori di esse .

Sul fronte molto particolare invece dell’ accesso alla professione forense che si connette con” la vocazione al potere del ceto avvocatizio” si assiste ad un aumento in progressione geometrica del numero degli avvocati rispetto al periodo fascista. Comunque non è tanto il numero ” il problemone” ma da un lato ( per le elìte avvocatizie) il desiderio di tutelare in maniera egoistica i proventi del proprio lavoro e dall’altro ( per” il proletariato forense”) di essere in grado di rispondere alle istanze nazionali e internazionali di “ rimodulare la giustizia italiana” che si è inaridita a causa della lentezza dei processi ( si veda la recentissima missione in Italia dal 3 al 6 luglio uu.ss. del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa Nils Muiznieks ).

E’ evidente di per sé che si può affermare : “ben vengano molti avvocati di qualità, personalità e soprattutto diligenti servitori degli “interessi della giustizia”, dove “giustizia” (secondo la nostra tradizione giuridica) vuol dire: ricerca instancabile del vero (l’attuale criterio della miglior scienza esperienza), il rispetto del principio di inoffensività e la capacità di attribuire a ciascuno il suo ( il rispetto della vita dal suo inizio naturale alla sua fine reale, il rispetto degli altri principi non negoziabili consequenziali e di tutti i diritti che rampollano dall’interiorizzazione della norma morale ); invece ora- in ossequio ad un’ arbitraria e anfibolica “doppia fedeltà” alla legge e al cliente- l’avvocatura sembra voler invertire anzi svilire la giustizia e i suoi interessi; invece non c’è interesse del cliente ( e della legge) che sia titolo valido per annichilire la giustizia perché la giustizia e l’interesse del cliente procedono per uno stesso cammino; l’interesse del cliente è e deve essere ricompreso nell’interesse della giustizia( verità, principio di inoffensività e capacità di attribuire a ciascuno il suo)!!!

Quindi il numero è uno sviamento della controversia culturale nel mondo forense, lancinato dallo strapotere della gerontocrazia forense(vera piaga democratica) che come Giano bifronte postula la doppia fedeltà e intanto persegue strategie di avvicinamento al potere politico e di condizionamento del sistema democratico, perché l’unico tema utile e attuale da affrontare è la corrispondenza dell’attività giudiziario- forense agli interessi della giustizia in relazione ai nuovi contesti sovranazionali.

 

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Sanità e spending review, affrontiamola seriamente

postato il 9 Luglio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Maria Pina Cuccaru

Tempi di “spending review”, di tagli alle spese inutili e di gestione oculata delle risorse. Uno dei primi settori di cui si è parlato a riguardo è stato la sanità, già vittima in passato di tagli e relative polemiche, perchè quando si parla di riduzione delle risorse in campo sanitario le proteste fioccano da ogni dove; giustamente, perchè la salute è un diritto fondamentale che deve essere salvaguardato e per il quale non si dovrebbe “badare a spese”.

Ma siamo davvero sicuri che dei tagli alla spesa sanitaria, o meglio una revisione della stessa, sarebbe così dannosa? O forse, con una miglior gestione delle risorse si riuscirebbero ad avere servizi più efficienti a minor costo per la collettività?

A mio avviso, la sanità italiana è soggetta a un forte handicap: è strettamente connessa alla politica. E’ la politica, infatti, che sceglie i vertici delle aziende sanitarie, e questo (e non solo) ha fatto si che le strutture sanitarie fosse uno dei maggiori bacini di clientele e di voti di scambio, assumendo indiscriminatamente amici e parenti, e tutele sindacali altissime, per cui chi sbaglia raramente paga. Il risultato è un alto numero di dipendenti, spessissimo sovranumerario, dove non serve, a dispetto di reparti caratterizzati da un alto carico di lavoro dove il personale è carente.

Altro annoso problema è la concezione che in Italia abbiamo avuto finora di “degenza”. Spesso si sentono pazienti che si lamentano perchè devono svolgere degli accertamenti in regime ambulatoriale quando vorrebbero farlo da ricoverati: in realtà non bisogna scordare che i posti letto sono da riservare a pazienti che hanno una patologia acuta (insorta nel giro di poco tempo) che per essere curata ha bisogno di un monitoraggio quotidiano o di farmaci che devono essere somministrati endovena; le patologie croniche, una volta instaurata una terapia efficace, possono essere tranquillamente gestite dal medico di famiglia attraverso un sistema di assistenza domiciliare: altro spinoso problema, visto che in Italia tra tempi burocratici e scarsità delle risorse non si ha un sistema di assistenza domiciliare efficiente, cosa che consentirebbe di ridurre la necessità di posto in casa di riposo, RSA e altri sistemi di degenza non ospedaliera, spesso esosi sia per il cittadino che per lo stato, togliendo oltretutto il diritto del paziente di restare nella sua casa e fra i suoi cari.

I ricoveri impropri, tuttavia, sono una brutta realtà e, oltre a rappresentare uno spreco di risorse pubbliche, sono la causa principale dei pazienti ricoverati in barella protagonisti di tante vergognose situazioni. Un malato ha diritto ad avere un letto, ma ogni letto deve essere assegnato solo a chi ne ha veramente bisogno e soltanto per il tempo necessario. Incentivare l’assistenza ambulatoriale e domiciliare può aiutare molto a decongestionare i pronto soccorso e i reparti ospedalieri, facendo in modo che solo chi ne ha davvero bisogno ne usufruisca.

Come vedete, la sanità non è così povera come appare al cittadino, vittima di liste d’attesa chilometriche e disservizi di ogni tipo: è malgestita. Occorre un controllo oculato sulla spesa, andando a premiare le aziende che tagliano gli sprechi offrendo un buon livello di assistenza ai cittadini: si può e si deve fare, tagliando i rami secchi, sanzionando i dipendenti negligenti e spendendo solo il necessario. Ne risulterebbe di certo un risparmio di risorse ma un servizio sanitario migliore per i cittadini.

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Una nuova Scuola per i nativi digitali

postato il 4 Luglio 2012

“Riceviamo e pubblichiamo” di Francesco Scavone

Le nuove tecnologie ed internet, sempre più spesso, sembrano essere sinonimi di futuro. Un futuro che, proprio partendo dalle ottime opportunità che pc, ipad, cellulari offrono, possa sfruttarle al massimo per creare nuove prospettive di crescita e sviluppo.

Sono gli stessi cardini sui quali è stata incentrata la ricerca del Censis in Calabria sui Nativi Digitali, i giovani studenti nati dopo il 1980 che fin dall’infanzia hanno interagito, si sono formati e comunicano attraverso le nuove tecnologie. L’indagine, che si e’ svolta nei mesi scorsi ed ha riguardato 2300 studenti e 1800 genitori, si è soffermata sull’uso del tempo di studio e del tempo mediato da questi strumenti, sugli effetti delle tecnologie digitali nella relazione con gli altri, sulle modalita’ di apprendimento, nel rapporto con la scuola.

I presupposti sono semplici. Le giovani generazioni sono sempre più parte di una “società digitale”; si informano, comunicano, interagiscono con i nuovi mezzi sul web: queste trasformazioni investono inevitabilmente i processi di apprendimento e di istruzione. Da qui nascono diverse questioni: possiamo considerare come risorse per l’apprendimento le tecnologie digitali? Possono essere uno stimolo sincero per la curiosità e lo spirito di iniziativa dello studente? E ancora, possono migliorare le capacità di concentrazione e riflessione, generando risvolti didattici positivi?

Molti rispondono in modo affermativo a questi interrogativi, con la consapevolezza che le nuove tecnologie sono imprescindibili per cercare un dialogo con i ragazzi e per svolgere al meglio la funzione didattica. Così la riflessione si sposta altrove, interessando un altro aspetto preoccupante: il divario esistente tra la scuola dei nostri giorni e le nuove generazioni. E Il campione geografico che è stato oggetto della rilevazione non ha certamente aiutato a disegnare un quadro migliore.

Il ministro Profumo, stamane, ha cercato di interpretare questo gap, prospettando margini di soluzione e innovazione. “Guardate i ragazzi in classe, guardateli negli occhi, vedrete quanto si annoiano con noi” – ha detto, osservando anche mestamente “sono sorpreso che in questa sala non ci siano ragazzi, noi siamo un altro mondo.” Insomma, il ministro ha confermato tutto il suo impegno per raggiungere nuovi obiettivi. Il problema non sono i nativi digitali ma il divario di cultura digitale. Ancora, gli insegnanti devono essere il nodo dell’inserimento delle tecnologie digitali nella scuola e saperle padroneggiare. Come per dire: inutile riempire le classi di pc e tablet se poi gli insegnanti non sanno che farci nella didattica. Un discorso condivisibile, che ovviamente non passa per la totale rottamazione della scuola tradizionale: la scuola pensata e disegnata dai nostri padri – lo dico da studente – è una risorsa, ma va ripensata e ridisegnata al passo con i tempi. I giovani d’oggi possiedono le competenze per interagire con diversi strumenti, attingono informazioni in maniera diversa da come avveniva prima che la rivoluzione digitale prendesse piede. E la scuola deve tenere presente i cambiamenti che stanno avvenendo.

Il ministro ha poi continuato: “Dobbiamo rinnovare profondamente la scuola. Pensiamo alle aule e ai corridoi: fanno parte di un altro mondo, le nuove scuole dovranno essere progettate in modo diverso.” Affermazioni importanti, se unite anche a quelle di un mese fa: ”Questo Governo e il mio ministero hanno un obiettivo: migliorare il livello medio del paese. Solidarieta’ e merito devono stare insieme. Dare un riconoscimento a chi eccelle vuol dire mettere i meritevoli al traino dell’intera classe e innalzare il livello medio.

Una dichiarazioni di intenti da non trascurare. C’è tanto da fare, e dovrà essere fatto bene. Chissà se, dopo anni di disattenzione per il settore dell’istruzione, si possa davvero iniziare a sperare. Dopotutto il solo titolo della conferenza, che conteneva l’espressione “emergenza educativa”, riassumeva in sintesi la situazione italiana.

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