postato il 14 Giugno 2009 | in "Politica"

Pubblichiamo da “Il Messaggero”

L'intervista
Con Gheddafi abbiamo dato l’immagine di un Paese di cartapesta di Claudio Sardo
«Il bilancio della visita di Gheddafi è desolante per l’Italia e il suo governo. Abbiamo dato l’immagine di un Paese di cartapesta. Ci siamo limitati ad allestire un grande palcoscenico per il leader libico, senza riuscire a contenerne le trovate istrioniche né le sortite propagandistiche. In questo modo la stessa autorevolezza delle nostre istituzioni è stata indebolita». Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc, è stato tra i più critici della tre giorni romana di Gheddafi.

E ora che l’ospite è rientrato a Tripoli punta il dito contro Palazzo Chigi e la Farnesina.
«Per fortuna – sottolinea – che Gianfranco Fini ha evitato il peggio annullando quel convegno alla Camera dopo un’assurda, insopportabile attesa di due ore. Fini ha avuto anche un altro merito: nel discorso che aveva preparato e che ha deciso comunque di rendere noto, ha respinto con nettezza le accuse di Gheddafi agli Stati Uniti. Ha detto che gli Usa non possono in alcun modo essere paragonati ai terroristi. Queste cose avrebbe dovuto dirle il nostro ministro degli Esteri, appena Gheddafi pronunciò quel discorso a Palazzo Giustiniani».

Non le pare di schierarsi così con gli anti-arabi e di tradire quella politica mediterranea che fu uno dei capisaldi della Dc?
«Non contesto affatto l’amicizia tra l’Italia e il popolo libico, né la politica mediterranea. Al contrario, confido in relazioni più intense tra l’Europa e i Paesi che si affacciano sul Mare nostro. Ma il problema di questi giorni è stato un altro: la gestione poco dignitosa della visita di Gheddafi. Gli abbiamo consentito di giocare al gatto col topo. Abbiamo dimostrato che Gheddafi può piegarci quando vuole, facendo leva ora sulla sua forza economica, ora sul ricatto dei clandestini».
Eppure è in corso una gara in Europa per stabilire buoni rapporti con la Libia. E in questa gara è normale che l’Italia tenti di far pesare i suoi meriti: aver fatto da apripista nella normalizzazione delle relazioni diplomatiche dopo l’embargo.
«Penso che i nostri meriti siano, nella realtà, inferiori a quelli che ci siamo attribuiti. La Libia è un Paese strategico per l’approvvigionamento energetico e a spingere per la fine dell’embargo sono state innanzitutto le lobbies petrolifere americane. Comunque, ripeto: sono favorevole ad una politica di buon vicinato con la Libia. Ma un Paese serio non può accettare le sceneggiate e il degrado di questi giorni. Che svelano tutta l’irrilevanza della nostra politica estera».
Dove stanno gli errori strategici del governo in politica estera?
«Guardi, non voglio neppure parlare della visita annunciata dal ministro degli Esteri in Iran e poi annullata in zona Cesarini. Il buco maggiore della nostra politica estera sta in Europa. Sarei felice di applaudire Berlusconi il giorno in cui Sarkozy e la Merkel lo inviteranno ad un incontro sulle politiche europee. È quello il posto dell’Italia: sostenere Francia e Germania nel ruolo di traino delle istituzioni e delle strategie Ue. È stato a lungo il nostro posto, anche negli anni di Kohl e Mitterrand. Ora sembriamo confinati nella marginalità».
Questa sera Berlusconi sarà a Washington per il primo incontro ufficiale con Obama. Peserà la visita di Gheddafi?
«L’amicizia tra Italia e Stati Uniti è così solida e radicata che nulla di contingente può metterla in discussione. Obama confermerà questo quadro. Anche in questo caso, però, il problema sarà la curva discendente della nostra rilevanza».
Ieri il premier ha parlato di un progetto eversivo contro di lui, di un complotto che punta a destituirlo. Che ne pensa?
«Penso che un Presidente del consiglio non possa permettersi di parlare di complotto senza fare nomi e cognomi e indicare circostanze esatte. Ma che politica è quella in cui il capo del governo agita scenari spaventosi e non si assume neppure la responsabilità di ciò che dice? Se ha qualcosa di serio da dire, vada in Parlamento e formalizzi le accuse. Altrimenti è meglio stare zitto. Sono atteggiamenti come questi a degradare ulteriormente la politica».
Secondo lei, le elezioni europee hanno cambiato gli equilibri di governo?
«Le elezioni hanno demolito il bipartitismo. Ma hanno anche messo in evidenza tutti i rischi di un bipolarismo dominato dalle forze estreme: la Lega nel campo del centrodestra, l’Italia dei Valori in quello del centrosinistra. La crescita dell’Udc offre una chances per riequilibrare il sistema e contrastare le punte radicali».
Lei ha fatto aperture ad una riforma elettorale con il doppio turno. Come nasce questa svolta?
«L’Udc resta sostenitrice del governo parlamentare e del modello tedesco. Alla democrazia italiana serve un sistema articolato, non rigido, non ingessato. Perché altrimenti comanderà chi urla di più, non chi ha le soluzioni migliori. Ma siccome alla stato non emerge una riforma condivisa, siamo disposti a discutere e lavorare anche su altre ipotesi. Il doppio turno può garantire, al tempo stesso, sia il pluralismo politico che una scelta di governo in mano agli elettori. Naturalmente il doppio turno non può cancellare l’autonomia di un terzo o di un quarto polo».
Nei ballottaggi di domenica prossima l’Udc ha compiuto diverse scelte a favore del centrosinistra: Bari, la Puglia, Torino, Rieti, Rimini. È l’indicazione di una nuova rotta?
«Nient’affatto. È la conferma della nostra libertà e autonomia. Del resto, in molte amministrazioni siamo alleati con il Pdl. Ma il Pdl deve avere chiaro che non siamo un alleato di comodo. Si sbagliano di grosso se pensano di poter tranquillamente stipulare patti con la Lega al Nord e poi di disporre dell’Udc come e quando vogliono nel Mezzogiorno. Restiamo al centro ma vogliamo contare. Siamo già stati determinanti in tanti Comuni e Province e in tante altre lo saremo domenica prossima».
Gli apparentamenti ai ballottaggi rappresentano un’ipoteca quantomeno sulle regionali del prossimo anno?
«Le scelte di questi giorni hanno un carattere locale e non condizioneranno la politica nazionale. Resteremo al centro, in autonomia, per tutta la legislatura. A meno che non si producano importanti novità politiche».
Quali novità potrebbero spingervi ad accelerare un accordo politico?
«Il Pdl deve finirla di essere Lega-dipendente. Se non si ridurrà il peso del partito di Bossi, non sarà riproponibile un’alleanza con noi. E anche il Pd, per poter cominciare un dialogo, deve guardare al centro, non a sinistra. E deve anche liberarsi del condizionamento populista e giustizialista dell’Italia dei Valori».
Berlusconi, dal palco del convegno dei giovani industriali, ha anche detto che non bisogna dare pubblicità alle opposizioni e a chi si dissocia dall’ottimismo governativo.
«Parole gravissime. Se quel dare pubblicità si riferisse alle inserzioni sui giornali, saremmo nel campo delle intimidazioni. Ma, anche se il riferimento fosse più generico, sarebbe inaccettabile che un capo di governo pretendesse di stabilire cosa è giusto o non è giusto dire».

3 Commenti
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Ahmed Aly
Ahmed Aly
15 anni fa

«Le elezioni hanno demolito il bipartitismo. Ma hanno anche messo in evidenza tutti i rischi di un bipolarismo dominato dalle forze estreme: la Lega nel campo del centrodestra, l’Italia dei Valori in quello del centrosinistra. La crescita dell’Udc offre una chances per riequilibrare il sistema e contrastare le punte radicali».

sono d’accordo, che l’udc è l’unico partito che può offrire veramente l’equilibrio nella attuale politica italiana.

Ahmed Aly
Ahmed Aly
15 anni fa

Il grande manovratore che tutto muove e al quale non è permesso parlare…organizza il tutto per compiacere Gheddafi!!!, “Con Gheddafi abbiamo dato l’immagine di un Paese di cartapesta”, nel momento in cui fu stati dei grandi personaggi che abbiamo avuto l’onore di vedergli alla Camera arrivando in perfetto orario…Gheddafi( da me ricordato come colui il quale sparo’ due missili che non arrivarono nemmeno lontanamente a intravedere le spiagge di Lampedusa) arriva con ore di ritardo…….Come disse in un celebre film il grande Toto’….”MA SIAMO UOMINI o CAPORALI ???”

saverio
saverio
15 anni fa

secondo me,bisogna essere,vicini ai lontani,nel senso che,bisogna essere vicino ,alla gente.Comev fa la lega,presente sul territorio,con diverse sezioni,occupandosi delle piccole cose per proporre,le grandi sicuramente il consenso sarà maggiore



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