Da Chianciano arriva l’agenda per la crescita
“Riceviamo e pubblichiamo” di Mario Pezzati
Cosa ci vuole per fare crescere l’Italia?
In una giornata nerissima per i mercati finanziari, funestata dalle dimissioni di Stark, membro tedesco del board della BCE , la domanda è attuale e assume ancora più importanza.
Stark era il membro tedesco nel board della BCE ed era sempre stato in aperto contrasto con i piani di intervento della BCE per sostenere i paesi a rischio, ovviamente le sue dimissioni pongono dei dubbi sulle politiche future della BCE e questo ci riguarda direttamente visti gli interventi dei gironi scorsi per sostenere i nostri titoli di Stato.
Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, durante il meeting di Chianciano ha riconosciuto che l’Italia è in pericolo, anzi ha detto testualmente: «O i problemi li diciamo chiaramente – ha aggiunto – o se li lasciamo fuori dal tavolo, se facciamo finta che non ci siano, facciamo un danno al Paese».
La Presidente di Confindustria ha anche richiamato l’attenzione su un cambiamento della percezione verso l’Italia da parte degli investitori esteri, e ha rilevato che “si sta allargando anche lo spread a nostro sfavore tra noi e la Spagna. Siamo considerati meno credibili della Spagna che aveva una situazione politica difficile, poi Zapatero ha detto “non ce la faccio più, non ho più la credibilità dei mercati, vado a elezioni”.
Eppure, la nostra economia, è più solida, basti pensare che la Spagna ha una disoccupazione ufficiale oltre il 20%, mentre noi siamo tra l’8 e il 9%, quindi noi dovremmo essere un investimento più appetibile rispetto la Spagna, eppure non lo siamo. Perché?
Perché il governo spagnolo ha avuto il coraggio di fare scelte difficili, guidate non dai sondaggi, ma da un alto senso etico e dello Stato: Zapatero ha preso atto dei problemi del suo paese, ha fatto approvare delle misure per il rilancio dell’economia spagnola e poi si è dimesso, con la conseguenza che la Spagna andrà ad elezioni anticipate questo autunno. Questa scelta non è stata vista come irresponsabile, ma anzi come una garanzia di solidità e affidabilità.
Noi invece abbiamo un serio problema di affidabilità, come ha rilevato la presidente di Confindustria che dice: «Abbiamo un problema di credibilità. O il governo, molto velocemente dimostra che è in grado di fare una grande operazione, in termini di quantità ma anche di equità, superando i veti, oppure penso che dovrebbe trarne le conseguenze perché non possiamo restare in questa incertezza».
La Marcegaglia ha criticato duramente la manovra perché «per il 60% è composta da nuove tasse. Passiamo a una pressione fiscale pari al 44,5%, cioè il massimo storico in Italia. È una manovra depressiva». Inoltre, ha insistito il presidente di Confindustria, «non contiene interventi strutturali: bisogna affrontare il nodo pensioni, fare le liberalizzazioni e le privatizzazioni».
Il capo degli industriali ritiene che si debba intervenire anche sui costi della politica «senza fare demagogia perché in un momento complicato come questo non bisogna accendere la miccia
dell’antipolitica». Ma per riuscire a tornare a crescere dobbiamo risolvere due problemi: le pensioni di anzianità, perché è inammissibile essere gli unici ad avere pensionati di 58 anni, e il lavoro femminile. Sono due problemi che devono essere risolti perché siamo molto distanti dall’Europa su questi due punti. “Quindi tutti facciano sacrifici a partire da chi ha di più: bisogna mettere insieme un sistema per cui abbassiamo le tasse su chi tiene in piedi il paese cioè i lavoratori e le imprese e alzarle sul resto: Iva, patrimoni, rendite, su tutto quello che è necessario”. Dobbiamo anche considerare i costi della politica ed è inaccettabile che con la fiducia sulla manovra il Governo abbia fatto sparire i tagli alle indennità parlamentari e agli enti inutili, mentre gli enti locali hanno circa 1 milione e duecentomila abitazioni di proprietà pubblica che costano il doppio di quanto rendono e che invece potrebbero essere usate per azzerare le situazioni debitorie degli enti locali e ridurre il debito dello Stato.
Da questo panorama emerge una cosa strana, cioè che, se dal panorama eliminiamo il fattore politico, osserviamo che in questi mesi abbiamo esportato tanto quanto la Germania e siamo il secondo paese manifatturiero europeo dopo i tedeschi, e siamo anche percepiti come partner affidabili. Quindi abbiamo un sistema economico vitale, che regge la concorrenza straniera, ma quando si guarda il “sistema Italia” inserendo nell’analisi anche la politica, diventiamo inaffidabili. E questo francamente non è accettabile, e quindi il Governo dovrebbe agire prendendo anche atto dei suoi fallimenti ed errori.
In questo solco si è inserito l’amministratore delegato di Banca Intesa, Corrado Passera, il quale ha affermato: “noi vogliamo salvarci da soli, e’ ora di finirla di pensare che l’Europa ci salvi, e’ una cosa mortificante. Abbiamo tutti i numeri per tenerci insieme e per ristrutturarci e per rilanciarci. Finché – ha detto ancora – saremo il Paese che deve essere salvato, con un membro Bce che getta la spugna e batte i pugni sul tavolo e se ne va, siamo un Paese che non conta più nulla”. Al contrario, ”se noi vogliamo essere parte della sala di regia dove siamo stati nel momento migliore dell’Europa, se vogliamo tornarci e non essere la Grecia 2 come stiamo diventando, noi dobbiamo metterci a posto da soli e possiamo farlo”.
Anche perché il nostro sistema bancario finora è stato tra i più solidi e affidabili dell’Europa, l’unico che finora ha superato tutti gli stress test, senza avere banche in crisi di liquidità, o che hanno avuto bisogno di aiuti statali o di ristrutturazioni. Le nostre banche sono, come tutto il nostro sistema economico, estremamente solide e oculate nei loro interventi e investimenti. E quando il tessuto bancario è solido, la gente ha un’arma in più, ovvero la fiducia che i loro risparmi sono al sicuro.
Passera ha ribadito che ”possiamo crescere, abbiamo i numeri per farlo, abbiamo le risorse”. Dunque, ha concluso il manager, ”dopo la manovra, che ha dei limiti, dobbiamo mettere in moto un piano ampio per salvarci da soli e tornare a essere protagonisti”.
Ma basta parlare di economia per capire un paese? Probabilmente no, e a tal proposito voglio chiudere ricordando le parole di Pezzotta che ha aperto il dibattito con una riflessione: bastano le privatizzazioni e le liberalizzazioni per la crescita di un paese? Basta il PIL a misurare la crescita di un paese? Evidentemente no, perché la crescita deve basarsi anche sull’etica e la formazione. Dobbiamo rilanciare la tradizione economica mediterranea rispetto all’economia di stampo anglosassone, dominata dall’ossessione del PIL. Il PIL è un metro di misura, ma non è l’unico, bisogna anche considerare la crescita morale, etica e culturale, ma ovviamente questi ultimi punti non devono essere usati per coprire leggerezze in politica economica.
Quindi, va bene usare il PIL come metro di misura, ma bisogna affiancarlo ad altre misure che tengano conto di altri aspetti “più umani” della vita sociale, senza che questi ultimi siano usati per giustificare l’irresponsabilità economica come è avvenuto in passato.
Buongiorno, dott. Pezzati
I saggi discorsi politici e finanziari che vengono dai sancta sanctorum appaiono, come sempre, obsoleti, volti come sono o guardarsi l’ombelico o a guardare troppo avanti! La società civile sta divenendo sempre più sorda alle sollecitazioni che arrivano da quei posti. Quegli esponenti politici e finanziari non si sono accorti che ieri (e continuerà anche oggi) c’era una manifestazione della società civile, quella che vuole la trasparenza a tutti i costi, sia in politica sia in finanza, quella che vuole rappresentanti credibili a tutti i livelli. La Marcegaglia e Passera non si accorgono del mondo che li circonda… non parliamo poi dell’orripilante mondo politico!
Come affermare che la legge sui contratti di lavoro è una buona legge? Forse lo era nelle intenzioni! Nella realtà reale, quella vissuta da quel popolo civile che è a Roma, funziona diversamente e glielo spiego io come funziona:
L’impresa Pinco/palla, casa madre, assume 300 dipendenti, li mette in regola, espleta tutto quanto a norma di legge! Ma l’impresa Pinco/palla si accorge che gli utili previsti non ci sono e allora, sempre nel rispetto della legge, crea le imprese Pinco/mogl, Pinco/cogn, Pinco/suoc, Pinco/frat e così via. Dpo di che chiama alcuni dipendenti comunicando il loro pseudolicenziamento: “Ma state tranquilli! Tra una settimana vi riassumo nella mia impresa Pinco/mogl!, così avremo anche gli sconti di stato per le nuove assunzioni!”. Dopo un anno, gli stessi dipendenti subiscono un altro pseudo licenziamento ed un’altra pseudoassunzione nell’impresa Pinco/cogn, e dopo un anno ancora la stessa storia, sempre usufruendo dei benefici della legge per i nuovi assunti.
Il bello di queste manovre è che sono nella legge, che i dipendenti, fino a quando vengono riassunti, non hanno interesse a denunciare, che lo Stato non opera controlli su queste manovre che qualche euricchio gli costa!
Ecco funziona così! E’ questo funzionamento che vuole l’UE?
Sul problema pensioni ed aspettative di vita ho seri dubbi! Mi rendo conto che è cresciuta l’età per l’aspettativa di vita, ma proprio per chi abita nei santa sanctorum! Per il muratore, per il minatore, per chi si occupa di pulizie di pozzi neri e quant’altro, quando sopravvivono e non vanno ad incrementare quel numero indicibile di morti bianche, non penso che possano raggiungere età molto elevate! E allora chi abita nei sancta sanctorum, nell’ottica della trasparenza, farebbe bene a dire che l’allungamento della vita riguarda solo loro e che vuole la pensione pagata dai lavoratori più umili, quelli che riescono a sopravvivere alle morti bianche, alla faccia loro!
Una citoyenne