Il declino delle Istituzioni Repubblicane e gli insulti alla Costituzione
Certo questa è una estate atipica. In questi caldi mesi fatti di botte e risposte, di piromani, di incendi e di pompieri, di acqua e benzina gettate sul fuoco spesso quasi contemporaneamente, non mancano gli spunti per poter ribadire quello che un Poeta scrisse oltre 700 anni fa: “ahi serva Italia di dolore ostello/ nave senza nocchiere in gran tempesta/ non donna di province ma bordello!”
Negli ultimi tempi ormai questo nostro bel Paese è diventato un letamaio di critiche, ingiurie e infamità senza paragoni. Ma la cosa peggiore è che il letamaio ha ormai imbrattato, se non addirittura inglobato, le istituzioni democratiche. La guerra giornalistica ha deciso che le pagine dei giornali devono essere il ring su cui si sfidano tutti gli attori di questa pietosa scena politica. Ma quale Parlamento, ma quale confronto, oggi si tira dritti per una strada che è sempre più quella sbagliata.
Si perde ormai il conto di tutte le interpretazioni fantasiose della Costituzione. È indubbio che la legge va interpretata, ma è altrettanto chiaro che non deve essere stravolta. È riduttivo appellarsi ora a questo ora a quell’articolo in maniera assolutistica, come se quel comma fosse la chiave di volta, salvo poi rinnegarlo o reinventarlo perché non più utile. Troppe volte in questi giorni si fa appello alla Costituzione per evitare o favorire scelte politiche e per trovare una giustificazione, o meglio ancora una pezza, a dichiarazioni fatte per puro interesse servile. Dov’è finita la dignità dei parlamentari? Dove la libertà di coscienza? Dove il senso civico e soprattutto la coerenza istituzionale?
La legge prevede che le accuse mosse al Presidente della Repubblica o sono fondate o devono essere perseguite, dal momento che lui rappresenta lo Stato e l’unità nazionale. Se le accuse sono vere, se il presidente agisce in modo incostituzionale allora è doveroso metterlo in stato di accusa, al contrario se le accuse sono fantasiose e soprattutto infondate è categorico che, chi ha il compito di rappresentare i cittadini nelle Istituzioni e si macchia di affermazioni demolitive contro le stesse Istituzioni che ha giurato di difendere, si dimetta dal ruolo di Parlamentare. Basta con questi continui kamikaze della Repubblica. La gente comune ha fin troppi problemi per dedicare a questi signori anche pochi minuti del loro tempo.
Ormai questa legislatura la si può definire come la peggiore della storia Repubblicana. Aveva ragione chi tempo fa affermava che l’ultima legislatura democratica è stata quella del 2001. Oggi tra i professionisti del nulla mascherati da deputati, che si arrogano il diritto di mistificare ogni cosa, l’unico rifugio è la “chiamata alle armi” in difesa delle Istituzioni non più solo minacciate, ma prese d’assalto. Siamo arrivati al caffè con queste storie, e il prossimo passo è alzarsi dal tavolo.
I problemi esistono, sono tanti e sono gravi. Le soluzioni ci sono, si intravedono o in alcuni casi si vedono chiaramente ma non si capisce il perché si temporeggia. Oggi con le intercettazioni, domani col processo breve o con processo “X”, tempo sprecato intorno ad argomenti procrastinabili di fronte a problemi non più rimandabili, di fronte alla necessità di soluzioni strutturali indifferibili. L’unico serio nel governo, mi duole dirlo, è Maroni. La pragmaticità del ministro dell’interno è emblematica. La nullità, talvolta intellettuale talvolta concreta, degli altri componenti del governo è altrettanto evidente.
Me ce n’è anche per le opposizioni. Troppo arroccate sul vento per potersi accorgere che la loro strategia rischia di non portare alla vittoria. Troppo impegnate a raccogliere pareri e a fantasticare piuttosto che essere pronte rimboccarsi le maniche per portare avanti delle Idee, dei punti di vista, dei modi operandi, per fare Politica. I bei faccioni de poster non si vedono se non in campagna elettorale. I volti dei leader oggi si riconoscono solo per gli scandali.
È sempre in questa estate, contraffatta da politicanti litigiosi e gratuiti conflitti, che diciamo addio ad un grande uomo, un esempio per la sua retta condotta da “Uomo delle Istituzioni”, il Presidente Cossiga. Nonostante le innumerevoli vicissitudini di cui è stato protagonista diretto o indiretto, nonostante i numerosissimi titoli in prima pagina, nonostante le critiche e le accuse, il Presidente Cossiga ha sempre interpretato a fondo il ruolo di Uomo di Stato, con lealtà, onore, gratitudine e fiducia nei confronti delle Istituzioni Repubblicane che lui stesso rappresentava considerandolo un “privilegio altissimo”, e che ha difeso sempre, esponendosi spesso in prima persona, pur di salvaguardarne il decoro.
La speranza è che la classe politica di oggi possa riconoscere che non deve esistere altro modo di fare politica se non quello nelle ma soprattutto per le Istituzioni, che l’unico Bene è il bene comune, che l’unico mezzo è la democrazia e soprattutto che gli sforzi devono essere trasversali per risolvere i problemi che attanagliano ormai da troppo tempo il nostro paese.
“Riceviamo e pubblichiamo” di Antonio Cannatà
Buongiorno
Condivido quasi tutto di quello che lei ha scritto. Mi stupisce la conlusione del suo articolo:
“È sempre in questa estate, contraffatta da politicanti litigiosi e gratuiti conflitti, che diciamo addio ad un grande uomo, un esempio per la sua retta condotta da “Uomo delle Istituzioni”, il Presidente Cossiga.” (omissis)
“il Presidente Cossiga ha sempre interpretato a fondo il ruolo di Uomo di Stato, con lealtà, onore, gratitudine e fiducia nei confronti delle Istituzioni Repubblicane che lui stesso rappresentava considerandolo un “privilegio altissimo”, e che ha difeso sempre, esponendosi spesso in prima persona, pur di salvaguardarne il decoro.” (omissis)
“che l’unico Bene è il bene comune, che l’unico mezzo è la democrazia” (omissis)
A queste sue parole io contrappongo un cossigapenssiero virgolettato quindi, suppongo, riportante le parole esatte del presidente emerito:
“Maroni dovrebbe fare quel che feci io quand’ero ministro dell’Interno: infiltrare il movimento con agenti pronti a tutto, e lasciare che per una decina di giorni i manifestanti devastino le città. Dopo di che, forti del consenso popolare, il suono delle sirene delle ambulanze dovrà sovrastare quello delle auto della polizia. Le forze dell’ordine dovrebbero massacrare i manifestanti senza pietà e mandarli tutti all’ospedale. Picchiare a sangue, tutti, anche i docenti che li fomentano.
Francesco Cossiga, 30 ottobre 2008”
E, in questa sede, non voglio parlare di tutto ciò che disse quando scoppiò lo “scandalo” Gladio, ormai troppa acqua è passata sotto i ponti. Ma quello testè riportato porta la data del 2008… dell’altro ieri e allora le chiedo:
E’ questo l’uomo delle istituzioni? E’ questo l’uomo a cui dovrebbero ispirarsi i politici?
Mi lasci avere qualche perplessità!
L’unico commento che mi sento dare è: la scelta dei funerali privati è stata un suo riconoscimento pubblico del fatto che troppo spesso fu uomo di parte e non di Stato? oppure che l’attuale classe politica italiana non è degna di partecipare ai funerali di un ex Presidente della Rpubblica? (considerata la persona, propendo per l’ultima.)
Una citoyenne
Il declino delle Istituzioni,nasce anche da dentro le Istituzioni stesse,da chi senza responsabilità le usa a proprio piacimento..sembrano ormai brevettati a cronaca alla quale ci siamo abituati..i vari casi Del Bono,Marrazzo,Scandali di Palazzo Grazioli vari ed eventuali.. e le Istituzioni perdono di credibilità quando ignorando i cittadini,ledono al senso di stato a cui sono chiamate,facendo si,che il senso di comunità si perda nella notte dell’indifferenza.
Non c è bisogno di nuovi partiti,ma di piantarla di procedere nell’ottica del promettere e non mantenere.Silvio prometteva il nuovo miracolo Italiano,e senza la sua verve oratoria non sarebbe certo dove è adesso,ma bisogna focalizzarci anche su una stretta e concreta attualità,quanti sono i giovani che si trovano nella fase “Io speriamo che me la cavo” ?
Piccoli salari crescono. Il mondo «emergente» sta cambiando volto, così come il nostro «avanzato». Il problema è che le direzioni di marcia sono esattamente opposte: qui i salari sono fermi (o, come negli Usa, in arretramento secco), mentre nelle nuove «manifatture del mondo» galoppano a ritmi altrove impensabili. Il divario resta molto sensibile, ma va calando di mese in mese. Per non pensare ai governi neo liberisti che hanno ucciso la Grecia.