postato il 10 Settembre 2011 | in "Esteri, Europa, In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo, Spunti di riflessione"

Il Mediterraneo, tra Europa e Primavera Araba

Riceviamo e pubblichiamo di Jacob Panzeri

Il termine Mediterraneo deriva dalla parola latina Mediterraneus, che significa “in mezzo alle terre”. Vero e proprio ponte tra territori, è la culla di alcune tra le più antiche civiltà del pianeta e uno straordinario crocevia di genti e di culture. Ma da tempo le acque del Mediterraneo sono inquinate, e non solo per le 500 tonnellate di frammenti di plastica che vi galleggiano, ma per l’incapacità di creare una reale politica in grado di abbracciare  i popoli Mediterranei. Venire incontro all’inesauribile desiderio di libertà protagonista della primavera araba dovrebbe essere un diritto e un dovere per l’Europa, e non con il mero scopo di  preservare o rafforzare i propri accordi economici, ma per creare una vera realtà mediterranea. Un abbraccio in cui potenziarci a vicenda che si avvalga di una seria campagna immigratoria non propagandistica (il numero dei clandestini giunti in Italia tramite i famigerati barconi sono soltanto il 2-3% dei clandestini che per lo più si intrufolano ottenendo un permesso temporaneo, un visto turistico, per poi rendersi latitanti). Occorre una nuova prospettiva in cui guardare non solo alle braccia ma al cuore e al cervello, respingere con durezza chi non desidera davvero  migliorare la propria vita e rendere un servizio all’Italia e  allo stesso tempo accogliere con maggiore efficacia e umanità i giovani dei paesi mediterranei che potranno un giorno diventare protagonisti della vita del loro paese, migliorarlo e conseguentemente migliorare anche noi. Ecco perché è una prospettiva sbagliata quella condotta per oltre trent’anni e cioè avallare regimi con limitazione delle libertà personali e sociali che possono essere definite delle vere e proprie dittature in cambio della stabilità politica del territorio ed economica per i nostri interessi.

L’età media dell’Egitto è 22 anni, è un paese con un altissimo tasso giovanile che vuole sentirsi protagonista, è in contatto con tecnologie come internet che gli permettono di avere uno sguardo globale, sono giovani che non si fanno condizionare dai radicalismi islamici e desiderano una vita migliore di democrazia e libertà. E’ il caso di Abdu Azzab, giovane egiziano al terzo anno di economia dell’Università di Trento che ci ha reso una preziosa testimonianza del suo paese. I giovani egiziani sono stati 18 giorni in piazza Tahir a chiedere le dimissione del governo Mubarak e una nuova speranza per l’Egitto. Gli estremisti hanno tentato durante la rivolta a più riprese di prenderne la testa ad esempio con il tentativo di sabotaggio dell’ambasciata israeliana del Cairo ma venendo anch’essi sconfitti dalla sete di libertà dei giovani. Ci racconta Abdu che oggi Piazza Thair ha raggiunto per lui davvero un valore sacro e uno dei segni che più lo ha emozionato è stata la preghiera interreligiosa tra cristiani e musulmani. Oggi i principali esponenti del governo Mubarak sono agli arresti e l’Egitto è in attesa delle prime elezioni democratiche dopo trenta anni. Auguriamo all’Egitto e agli altri paesi oppressi di poter finalmente vedere la luce e a questi giovani di abbeverarsi continuamente alla loro speranza per costruire un futuro migliore. Insieme. Per un nuovo grande Mediterraneo.

 



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