Il patriottismo da Garibaldi a Benigni: questo matrimonio s’ha da fare!
Se tra cento anni in qualche piazza italiana le future generazioni potranno ammirare una statua equestre di Roberto Benigni al cospetto dell’Eroe dei Due Mondi, Giuseppe Garibaldi, come è già successo a Dante e Petrarca in un bellissimo parco di Arezzo, allora vorrà dire che il Premio Oscar Benigni sarà riuscito a trascinare tutti gli Italiani in quel sogno d’Unità, che è stato anche il leit-motiv di tutto il Festival di Sanremo: il “restiamo uniti” di Gianni Morandi, ripetuto tante volte dal palco dell’Ariston, ecco che già si trasforma in un messaggio carico di significato, un significato molto più ampio e nobile, non solo circoscritto ai suoi compagni d’avventura, Luca e Paolo, Belen ed Elisabetta, bensì estensibile al popolo quasi come un monito.
Ho sempre considerato Roberto Benigni un Genio dei Nostri Tempi, poiché il Genio, proprio come lo è Leopardi o “il su’ Dante”, è colui che sa cogliere il sentire comune degli uomini , ma sa soprattutto carpire lo spirito, ossia il canto dell’anima, degli uomini del suo tempo, sapendone cogliere le ferite, le delusioni, le paure, ma anche i sogni, i sorrisi, le speranze: il genio le conosce meglio di chi ce l’ha dentro certe emozioni e con molta semplicità e naturalezza le carpisce per poi rispedirle al mittente, che non sapeva ci fossero….o che intuiva un’emozione, ma non sapeva come esprimerle. Ed il genio ti sa spiegare pure i tuoi come e perché, che hai nell’anima facendoti da specchio, poiché possiede una virtù che spesso altri non hanno e che, come diceva saggiamente Churchill, è tra le più importanti fra tutte le virtù, poiché senza questa tutte le altre muoiono: il coraggio.
Ecco, grazie al coraggio, Roberto Benigni ci ha fatto da specchio dal palco dell’Ariston e ci ha lasciato di stucco quando, facendo l’esegesi dell’Inno di Mameli, ci ha spiegato il perché ed il come essere uniti. Ciò che un ragazzino pensava gli venisse spiegato da un insegnante o da una voce istituzionale è invece magicamente provenuto dalla TV, dal Festival di Sanremo. E meno male! Ve lo immaginate che tristezza sarebbe stato uno spettacolo diverso o addirittura che avesse banalizzato, minimizzato e ridotto un evento così importante come i 150 anni della nostra Italia? E’stato importante invece, ancor prima che un bello spettacolo, collocare una festa nazione in una piazza nazional-popolare come quella del Festival di Sanremo. Ha ribadito bene questo concetto Roberto Rao, Capogruppo UDC in Commissione di Vigilanza RAI, sottolineando l’importanza della televisione come media fondamentale oggi per trasmettere Cultura ed insegnare.
La Rai ha comunque potuto dimostrare brillantemente a 19 milioni di Italiani (il picco raggiunto durante lo show di Benigni) di essere ”la prima azienda culturale italiana”, rendendo quindi un gran servizio al Paese, ed è auspicabile continuare a percorrere questo binario. Certamente ciò che ci rimarrà ben impresso nella mente non sarà solo l’unicità del nostro Roberto, ma anche il fatto che sia dovuto salire lui sul palco di Sanremo per supplire alle carenze di un Governo a cui non è venuto in mente di celebrare degnamente questa festa. E quindi, come in tanti altri periodi storici un po’ confusi dal punto di vista sociale e politico, ha dovuto farlo un artista, un poeta innamorato dell’Amore come solo Roberto Benigni è.
Meno male che è toccata a lui questa bellissima lezione di storia e di amore sulla nostra Italia. Egli, con una maestria che solo i grandi hanno, ha saputo rispondere all’appello di un altro grande, Antonio Gramsci, letto solennemente da Luca e Paolo, che spiegava ai suoi lettori perché si debba sempre rifuggire dall’indifferenza e come essa sia complice, se non causa addirittura, dei mali più grandi che dilagano tra gli uomini; un concetto ripreso da Alberto Asor Rosa, che parla dell’Indifferenza giudicandola non solo un principio di potere, ma un modo di vita che a lungo andare s’attacca come un morbo schifoso all’esistenza quotidiana di tutti, che ci impedisce di vedere che le questioni dei singoli si legano a quelle di molti, poiché siamo tutti collegati.
Se è innegabile che l’Italia sia un paese caleidoscopico, la cui storia di nazione inizia col mettere insieme (anche forzatamente, come ci insegnano Giordano Bruno Guerri e Pino Aprile) esperienze diverse, questo non può diventare un motivo per alimentare disfattismo e paure che non esistono, se non nelle menti avare e indifferenti di chi dà vita a queste menzogne, spesso servendosi dell’inganno. Alla paura,che paralizza l’uomo e lo distrae dai fini nobili, anzi divini, per cui egli è stato creato, bisogna necessariamente contrapporre la testimonianza vissuta, quella che appartiene a tutti noi italiani quando, viaggiando, ci conosciamo e ci “riconosciamo” negli occhi degli altri e “magicamente” possiamo constatare che non abbiamo nulla da temere gli uni dagli altri. I 150 anni non sono solo un compleanno, una ricorrenza, una data da festeggiare, ma sono soprattutto una GRANDISSIMA OCCASIONE per prendere coscienza della nostra storia, che non è iniziata felicemente sotto il profumo dei fiori d’oro e d’arancio, ma che, grazie a questa presa di coscienza storica amara, può ancora diventare tra le più belle fiabe mai raccontate. Questa fiaba è iniziata con quei ragazzi poco più che ventenni, proprio come Mameli, che morirono per quel sogno, convinti che la loro morte avrebbe dato a noi la vita. Basterebbe poco per un lieto fine però, confermando che la giusta causa non s’è dissolta nel nulla, così come le loro morti. Basterebbe innanzitutto riappropriarsi della facoltà di pensare con la propria testa e leggere, vedere, sentire. Basterebbe pensare che essere DIVERSI MA COMPATIBILI, QUINDI UNITI è una ricchezza, una forza, una marcia in più; quella marcia di cui per esempio abbiamo bisogno se vogliamo vedere l’Italia come nazione-chiave, fondamentale per l’ equilibrio, nel nuovo assetto geopolitico dell’area mediterranea.
I Padri costituenti realizzarono la Costituzione, perché ci amarono…e ci amarono talmente tanto che lo fecero, per nostra fortuna, con lungimiranza, affinché nessun uomo mai più potesse disporre della vita e dei pensieri di un altro uomo, come poteva accadere per questa ricorrenza, sentita innanzitutto dal basso.Se chi scrisse la Costituzione lo fece innanzitutto perché amava il popolo italiano, si capisce perché ogni tanto spunta qualcuno che non riesce ad interpretarla correttamente! E ritornando ai Mazzini,Pisacane,Mameli e Garibaldi, essi morirono per l’Italia, perché il loro sogno era costruire un BENE COMUNE DA TUTELARE, INTESO COME SISTEMA DI VALORI CONDIVISI DA DIFENDERE: questo significa ITALIA UNITA e sfido chiunque a dire che i valori morali siano diversi da Aosta a Cagliari, da Genova a Bari o da Ravenna a Roma.Incostituzionale è semmai affermare che l’Unità debba venire dopo il federalismo.Federalismo, welfare, protezionismo che c’entrano con la Festa di valori condivisi?
Concluderei, citando ancora una volta il pensiero sublime del poeta Benigni, che in un altro suo film capolavoro, “La tigre e la neve”, consiglia a tutto il genere umano di innamorarsi per mettere meglio a fuoco la Verità dell’universo che ci circonda. Ecco, forse l’Innamoramento è il vero antidoto per quell’indifferenza che temeva Gramsci: l’Amore in senso assoluto come unico vaccino efficace contro quel maledetto virus dell’indifferenza. E allora , come grida con gioia e mirabile felicità il nostro Roberto: INNAMORATEVI!!! Innamoratevi Italiani, guardatevi allo specchio della Storia e poi leggete la poesia che è dentro di voi, perché” la poesia non è fuori, ma è dentro”, come afferma Benigni. Dimostrate Italiani a tutto il Mondo che vi mancavano solo le parole per esprimere ciò che sentivate e che sentite, ora più che mai che ne avete preso coscienza: dimostriamo al Mondo che a volte ci vogliono 80 anni per scrivere una poesia d’amore, poiché ci vogliono 8 mesi per trovare ciascuna “parola giusta” che possa esprimere il sentimento dell’amore….Noi ci abbiamo messo un po’ di più, 150 anni, proprio perché siamo italiani e dovevamo trovare le parole giuste, per non far imbarazzare il Sommo Poeta.
“Riceviamo e pubblichiamo” di Elisabetta Pontrelli
Post condiviso. Adoro Benigni, L’unica parte di sanremo che ho visto è stata quella di Benigni. Cosa dire di Benigni, io sono innamorata di questo meraviglioso,straordinario poeta dei giorni nostri, la sua poesia, il suo modo di narrare è la sua meravigliosa “gioia di vivere” . la sua lettura, la sua narrazione quasi musicale sconfina in uno dei sentimenti più puri che l’umanità è in grado di creare: l’amore. Irrisorio, profano e allo stesso tempo sacro, abile maestro nel miscelare il tragico al comico, lo zuccheroso all’amaro, ha regalato al mondo favole poetiche che hanno fatto sorridere e lacrimare il globo terrestre, non è mai volgare,è sempre un tenero bambino. Da Oriente a Occidente. Il suo segreto? Parlare di ciò che è radicato in ogni società, del rapporto fra uomo e uomo. Orgogliosamente amato dall’Italia, Roberto Benigni è sempre stato uno di noi. Quando Sophia Loren ha aperto la busta con il nome del vincitore come miglior attore , consacrandolo per sempre alla storia del cinema., poi quando ha urlato: «Robertooo!» in un impeto di gioia e, quando si è alzato in piedi, saltando sugli schienali delle poltrone per camminare sopra le teste di Hollywood, eravamo tutti con lui emozionati forse come non eravamo mai stati per le altre premiazioni di registi ed attori italiani, e così è stato nel suo intervento a sanremo, ci ha fatto sorridere, piangere e quello che più conta ci ha fatto riflettere,perfino il modo di interpretare l’inno è stato straordinario poichè non era cantato ma quasi sussurrato. Speriamo che trasmissioni come queste si moltiplichino,e che il nostro “made in Italy Benigni ” torni presto sui nostri schermi, poichè le troppe polemiche che sono sorte intorno alla celebazione dell’unità sono una chiara dimostrazione delle falsità, dell’ignoranza e della mancanza di conoscenza dei fatti, non vogliamo che “Fratelli d’Italia” diventi “Fratellastri d’Italia”.