postato il 22 Dicembre 2010 | in "Esteri, In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo"

La Bielorussia di Lukashenko

Il voto in Bielorussia ed il ruolo del Paese nello scacchiere Euro-russo.

Domenica 19 dicembre, in un paese di fatto europeo, ma che in pratica sembra rimanere un antico relitto di era sovietica, si sono svolte le elezioni per il rinnovo del mandato presidenziale.

La Bielorussia (detta anche Russia Bianca), è uno stato abitato da poco meno di 10 milioni di persone, che per la propria posizione geopolitica, ricopre un interesse particolare tanto nelle cancellerie europee quanto al Cremlino. Ad uscire vincitore da questa tornata elettorale è l’intramontabile presidente Lukashenko, in carica ininterrottamente dal 1994 e giunto, con questa discussa rielezione, al suo 4 mandato.

I dati sulla vittoria sembrerebbero schiaccianti: il presidente uscente avrebbe ottenuto l’80% dei voti, con un’affluenza alle urne intorno al 90% degli aventi diritto. Cifre e percentuali plebiscitarie, che hanno fatto sorgere fortissimo il sospetto negli osservatori internazionali (Organizzazione per la Cooperazione e Sicurezza in Europa – O.C.S.E. – in testa) di pesanti brogli nella regolarità delle elezioni. Sospetto corroborato dall’esplosione di violenza seguita alla dichiarazione dei risultati nella serata del 20 dicembre. Nel corso dei tumulti di piazza sarebbero state arrestate circa 600 persone. Fonti giornalistiche affermano che tra i feriti vi sarebbe anche il leader dell’opposizione, Niklajev, trasportato in ospedale. Un giro di vite sull’opposizione denunciato anche da Amnesty International.

La principale differenza tra queste e le precedenti consultazioni elettorali si fermano sostanzialmente al numero dei candidati: ben nove sfidanti, cui è stato persino concesso qualche spazio televisivo. La Bielorussia rimane lontana anni luce dagli standard minimi di democrazia europei. Nonostante ciò, i rapporti con i paesi dell’Eurozona si sono progressivamente distesi nel corso degli anni, nel corso degli anni ’90 infatti, il regime bielorusso arrivò ad espellere i diplomatici europei e statunitensi in un crescendo di tensione che pose fine per quasi un decennio ai rapporti diplomatici.

Il ritorno della Russia al suo antico splendore neo-imperiale, ha imposto ai paesi europei un approccio informato ad una linea di politica estera realista anche perché il paese si trova in uno snodo energetico e militare strategico.

I rapporti col vicino russo sono ottimi, salvo sporadici incidenti dettati dalla volontà di Lukashenko di affrancarsi dalla invadente influenza del potente confinante, l’economia bielorussa rimane a tutt’oggi legata a doppio filo con Mosca. L’industria nazionale, eredità sovietica, posta sotto il controllo dello stato, si basa quasi esclusivamente sulle materie prime e sulle commesse russe. Il paese dipende totalmente dal vicino per le importazioni di gas, che viene raffinato in loco per poi essere rivenduto ai paesi dell’Unione Europea, garantendo un buon margine di profitto.

Il sistema difensivo russo e bielorusso sono profondamente integrati; gran parte delle forniture militari provengono da interscambi tra i due paesi, che si dimostrano essere solidi alleati. Mosca tuttavia non perde mai occasione di ribadire la propria supremazia all’interno dell’alleanza ogniqualvolta il piccolo cugino si allontani dagli schemi.

Lukashenko ha infatti compreso la valenza strategica del suo paese, aprendosi ai leader europei. Le risposte sono state formalmente molto timide: l’unico a far visita all’ultimo dittatore rimasto in Europa, nel 2009, è stato il nostro Presidente del Consiglio, che proprio in quell’occasione ha ribadito di essere sbalordito da quanto i bielorussi amino il proprio leader. Un commento troppo generoso, come riconferma l’odierna situazione politica del paese; certamente fuori luogo, se non proprio preoccupante, quando a pronunciarlo è un leader di una democrazia occidentale.

Berlusconi ha cercato di utilizzare come canale la tanto millantata amicizia personale con Putin per favorire il passaggio della Bielorussia dell’odierno isolamento ad una prospettiva più europeista, mantenendo sempre un occhio di riguardo agli interessi russi nel paese. Il Cremlino, tuttavia, non si è dimostrato molto disponibile nel consentire una progressiva apertura dell’alleato alle potenze europee. La partita resta aperta, con i paesi dell’U.E. che incentivano maggiore collaborazione, anche sul piano dei diritti umani, garantendo come contropartita aiuti economici.

L’economia bielorussa, nonostante un progressivo incremento negli ultimi anni, resta ben lontana dagli standard europei. Il sistema è in gran parte controllato dallo Stato. La stabilità del paese, come in molti regimi illiberali, rimane ancorata allo sviluppo economico. Questo è tuttavia messo a dura prova dall’accerchiamento strategico in cui il paese rischia di trovarsi, stretto tra un’Europa che corteggia l’ultimo dittatore pur non volendo avere nulla a che fare con la disapprovazione che questo rapporto innesca in ogni paese democratico, ed una Russia che cinge il braccio intorno al collo dell’amico ed alleato Lukashenko, sussurrandogli all’orecchio che in fondo, come i cugini russi sono artefici della sua fortuna, alla stessa maniera ne possono decretare la fine.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Federico Poggianti

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