La forza morale di un Presidente
La voce rotta dalla commozione del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel suo discorso al teatro Regio di Torino è l’immagine più bella che i festeggiamenti per il cento cinquantenario dell’Unità d’Italia ci hanno consegnato. Il Capo dello Stato si è lasciato andare al culmine di un passaggio chiave, fondamentale, il rispetto del dovere di umiltà da parte della classe politica e di chi ricopre incarichi istituzionali nel nostro Paese. Un sussulto di dignità totale, un monito che solo un uomo della sua altezza morale può fare. Verrebbe da chiedersi: perché commuoversi? In fondo è il compito del Presidente strigliare un po’ la politica, dare lezioni di moralità e responsabilità. E’ proprio questa convinzione, questa consapevolezza del suo ruolo, che rende sorprendente la sua reazione: il Presidente è come un notaio che deve tenere d’occhio le regole, guarda alla forma, è una figura di garanzia. Diventiamo quasi incapaci di comprendere la straordinaria umanità del personaggio, un uomo che si appassiona, che trasforma la retorica sull’Unità in vero e autentico amor patrio.
Un elogio di Giorgio Napolitano sarebbe fine a se stesso, non farebbe comprendere la capacità di quest’uomo di riunire tutti gli italiani in un solo spirito nazionale, cosa che ha preparato meticolosamente con grandissimi sforzi nei mesi scorsi. Un elogio, un’agiografia prenderebbe la piega della piaggeria, del politically correct, mentre l’impegno speso dal nostro Presidente va analizzato a tutto tondo, per il contenuto, lo stile, gli scopi perseguiti.
Nella sua visita a Torino non si è risparmiato: ha incontrato tutti, ha partecipato a tutti gli eventi in modo instancabile. Si è concesso il più possibile alla gente, la quale non a caso gli ha tributato onori grandissimi, raccogliendosi intorno a lui per festeggiarlo, insieme all’Italia. Anche io ho provato un’emozione fortissima incontrandolo, in mezzo a tanti altri cittadini, alla Galleria d’Arte Moderna, dove si è recato per inaugurare un’opera scultorea. Si è trattenuto poco, giusto per il taglio del nastro e due parole con i promotori dell’iniziativa, ma si è lasciato andare al saluto della folla, tante mani strette, passi in mezzo alla gente. Tra questi, un uomo intervistato per l’occasione da Rai News ha dichiarato: “Napolitano è l’ultimo baluardo contro il degrado”. Probabilmente è davvero così, e così si spiega la sincera commozione nel discorso. E’ un uomo che soffre per cosa è diventato il nostro Paese, la cui classe politica innalza muri sempre più alti verso i cittadini, sempre più lontana e difforme dalla realtà che chiede rigore, rispetto delle regole, buonsenso. Ecco perché il richiamo all’umiltà: la politica, le istituzioni non possono prescindere dai cittadini, cui devono rendere conto, non possono comportarsi secondo logiche private e autoreferenziali. L’umiltà è una parola tanto antica nella lingua italiana quanto nuova nel lessico politico. Chi pensava più all’umiltà? Un politico umile? Sembra una contraddizione in termini. E invece Napolitano con orgoglio e passione è riuscito a riportare dinanzi a noi una questione fondamentale. Quello scatto delle braccia rivela una convinzione fortissima, come volesse dire: “Italia, riprenditi la tua dignità!” attraverso un rinnovato rispetto dei doveri. E se le istituzioni devono dare il buon esempio, si deve cominciare da lì.
Il recupero di questi valori sarebbe il modo più autentico per onorare chi ha dato la vita per restituire l’Italia agli italiani, chi si è speso per difenderla e chi oggi combatte per farla destare dal sonno della sua coscienza.
“Riceviamo e pubblichiamo” di Stefano Barbero