La Lega Nord e la Chiesa cattolica: storia di un rapporto strumentale
“Esistono motivi per ritenere che l’attenzione dedicata dalla Lega alla religione cattolica non sia genuina né disinteressata, ma espressione di una debolezza che appare invincibile a più livelli. È la Lega stessa che, non troppi anni fa, incitava “i popoli del Nord” al protestantesimo contro la Chiesa di Roma e al panteismo”. L’articolo a firma di Flavio Felice e Paolo Asolan, del Centro Studi Tocqueville-Acton, sulle colonne de ‘Il Riformista’ di oggi.
Esistono motivi per ritenere che l’attenzione dedicata dalla Lega alla religione cattolica non sia genuina né disinteressata, ma espressione di una debolezza che appare invincibile a più livelli. È la Lega stessa che, non troppi anni fa, incitava “i popoli del Nord” al protestantesimo contro la Chiesa di Roma e al panteismo (contro «il Dio che ci raccontano a catechismo»: Umberto Bossi con Daniele Vimercati, “Vento del Nord”, Milano 1992). Massimo Introvigne in due saggi scritti qualche anno fa aveva previsto il passaggio avvenuto nella Lega dal sospetto verso il ruolo pubblico e sociale della religione alla politica religiosa.
Una prima verifica della cattolicità della Lega potrebbe consistere nel comparare le posizioni espresse dagli esponenti della Lega circa i temi sociali, politici o culturali, con il dettato di fede e di ragione del “Compendio della Dottrina sociale della Chiesa”. Vi osta la mancata teorizzazione esplicita di tutti quegli elementi che prevengono gli obiettivi da raggiungere con gli strumenti della politica: chi è l’uomo, in che rapporto sta con gli altri uomini, il senso del lavoro e della proprietà, la destinazione ultima della vita umana, il significato dell’unione uomo-donna, dell’educazione, il rapporto verità/libertà…
In questo senso, esistono delle analogie inquietanti non solo per quel che riguarda l’armamentario delle camicie colorate, del sole preso a simbolo, dei riferimenti mitologici, del culto della personalità del capo carismatico, ma anche per ciò che fu la spinta iniziale del movimento fascista: l’idea dell’azione.
Nonostante Bottai e Gentile, è innegabile che l’elaborazione di una dottrina politica fascista sia stata consecutiva all’agire concreto, che invece si presentò come il dato primo. All’interno di tale “attivismo”, i filosofi organici formularono successivamente l’antropologia, la dottrina dello Stato, il modello educativo, il rapporto con la religione cattolica. Non poteva che essere così: tra teoria e prassi corre un rapporto di reciprocità.
Le posizioni teoriche della Lega sono mutate e variano a seconda che l’agire concreto apra di volta in volta campi di azione nuovi, per i quali occorrano nuovi strumenti di lotta politica e una più complessa interpretazione del reale. Ne consegue, perciò, l’impressione di un uso strumentale e disinvolto della religione cattolica: religio instrumentum regni. Ne è esempio la questione dell’islam: poiché ci si trova qui di fronte non soltanto a un’unica nazionalità straniera alla quale contrapporsi, e non solo a una diversa regione italiana di provenienza da disprezzare, ma a una religione, urge una religione da contrapporre, che abbia però – e questa è la novità rispetto al panteismo primordiale di Bossi – un corpus organico di dottrina, culto e morale, e che dunque possa reggere l’urto che viceversa una religione soggettiva o privatistica non può certo sperare di sostenere.
Tale uso strumentale è anche giocoforza parziale, perché quel che interessa alla Lega non pare essere la totalità del cristianesimo o della Dottrina sociale della Chiesa, né tantomeno l’adesione alla persona di Gesù Cristo, Figlio di Dio: ma soltanto alcuni elementi che – sedimentatisi, o comunque presenti, nell’ethos collettivo dei suoi elettori – intercettano consenso e voto popolare. Tale consenso non riguarda, prevedibilmente, aspetti esigenti della fede cristiana o l’unità anima/corpo presupposta dal cristianesimo.
In questo senso, la forma della fede “protestante” che seleziona secondo una libera interpretazione ciò che vale la pena credere senza sottostare necessariamente a un unico magistero vincolante o a una dottrina morale condivisa, pare effettivamente corrispondere al tipo di rapporto intrattenuto con la religione sostenuto dal movimento leghista. In questi senso la Lega non è affatto “cattolica”, né pare difendere la forma cattolica della fede.
Il modello di rapporto religione/politica inseguito dalla Lega è più un adattamento di vecchi schemi che la proposta di un modello nuovo, effettivamente congruente con le sfide e la congiuntura attuale, elaborato considerando elementi di novità (globalizzazione, flussi migratori, emergenza di nuovi paesi leader come la Cina o l’India, crollo delle ideologie, crisi delle religioni di Chiesa, diffusa insufficienza educativa) sconosciuti fino a quarant’anni fa.
Nell’immediato l’adattamento produce innegabili risultati, ma presenterà il conto sul lungo periodo, rivelandosi incapace di progettare e di governare davvero una società dove i vecchi schemi risulteranno magari non cattivi, ma inservibili. Infine, proprio perché è azione prima che teoria e/o ideologia, la Lega riesce meglio nell’agire tipico dell’amministrazione locale, dove l’azione può essere implementata direttamente e non soltanto pianificata o progettata secondo indirizzi generali (come deve fare un governo nazionale o europeo).
Questo radicamento territoriale appare talora figlio di un’infiltrazione nella rete delle parrocchie: tutti (o quasi) gli amministratori leghisti partecipano alle sagre o ne creano di secolarizzate, venerano il patrono e la storia locali, finanziano restauri delle chiese e dei musei di arte sacra, chiedono la benedizione della scuola o dell’ufficio comunale da inaugurare al parroco o al vescovo. Spesso offrendo gratuito sostegno logistico e coinvolgendo nelle proprie attività la gente delle parrocchie, la Lega svuota da dentro la struttura organizzativa e capillare della Chiesa, affiancandosi fino a sostituirsi ad essa in quanto struttura creatrice di simboli e di appartenenza.
Ma non sarà che tanta passione per il Crocifisso e per il presepio fanno lo stesso gioco: usando preoccupazioni, parole e argomenti affini a quelli cristiani, la Lega vuole in realtà allontanare il popolo dalla Chiesa? Tale modesta riflessione sulla questione politica settentrionale a margine della pretesa egemonia culturale leghista invita tutti a interrogarci sul rinnovato problema politico dei cattolici, che va ben oltre la questione delle alleanze alle prossime elezioni regionali, ma investe la capacità del variegato mondo cattolico di rappresentare un fermento vivo nella società civile, promuovendo una cultura della vita, della libertà e della solidarietà.
Il problema del rapporto tra movimento leghista e religione cattolica rimanda al problema della costruzione dell’identità, ovvero alla necessità di una dimensione fondazionale che possa fornire solidità alla prospettiva di senso di un individuo, di un popolo, di una cultura, ma anche, in questo caso, ad un movimento politico. Questa esigenza fondativa non può prescindere dall’erezione di un orizzonte di senso nel quale si fondi la propria azione. Questo individuazione di un limite, nel senso di un principio di individuazione che protegga dall’orrore dell’amorfo e dell’indifferenziato, obbliga ad elaborare strategie comunicative segnate ineludibilmente dall’autoreferenzialità, ovvero dalla necessità di garantirsi completezza a scapito della coerenza: un senso aperto alla spiegazione non si presta alla giustificazione, come dimostrato da una forma della scienza storica che sforzandosi di ricostruire la fatticità per come si è data, non incassa alcuna forma di credito dal punto di vista del senso della storia. L’inattingibilità del senso dei fatti viene dunque compensata dalla necessaria fabulazione della storia, ovvero la necessaria implementazione di un senso nella storia, invece che dalla storia. In questo senso la refrattarietà all’urgenza storica si incarna nel tendere del processo identitario verso il mito. Il mito rappresenta la necessaria piattaforma simbolica, non passibile di rivisitazione storica o analisi razionale, che fornisce il fertile strato su cui può attecchire un’origine e dunque un’identità. Senza voler naturalmente colpevolmente confondere mitologia e religione va segnalato che in entrambe si rivela potentemente fungente il riferimento al simbolo, quale veicolo e sigillo di appartenenza. Nel caso della religione cattolica la tendenza ad assecondare l’afflato razionalistico, specie sul versante teologico, ha risospinto con imbarazzo la valenza, ad esempio liturgica, del riferimento simbolico. Di questo appannaggio l’impossessamento leghista si manifesta come il necessario approvvigionamento di propellente simbolico al fine di costruire una identità, su basi più percorribili rispetto al mito regionale padano e alle sue propaggini del neopaganesimo eridaneo.
La strumentalizzazione della religione a fini politici, assimilabile ad una forma, in questo caso nostrana, di tecnicizzazione del mito, si rivela, però, nel caso leghista, di natura essenzialmente reattiva. Si tratta cioè di una forma di identità che si sostanzia di simboli non colti nella loro originarietà, ma nella loro opposizione ad una simbologia percepita come ostile, nella fattispecie quella islamica. Di quest’ultima si percepisce lo scandalo simbolico ed ad esso si riesce a contrapporre solo il parossismo di una simbologia cristiana ritualizzata, ma svuotata nella prassi. In tal modo si svela per altro l’inversione e la negazione del contenuto simbolico: il latitudinarismo fondamentalista è antitesi dell’universalismo cattolico. In questo snodo attuale della storia italiana si palesa anche una, tra le tante, sfide della cultura cattolica: sottrarre il simbolismo religioso alla tecnicizzazione politica ed evitare la tentazione di divenirne un prolungamento partitico, sapendo però metterne a frutto tutta la potenza evocativa al fine della costruzione della propria identità ed azione politica, ricordando che non va, appunto, incolpato il simbolo, ma guarito l’uomo.
Premetto che tutte le argomentazioni addotte sono giuste. Ma la mia opinione è che la lega si proponeva al suo nascere l’obiettivo di svincolare il nord dalle pastoie di sprechi e ruberie che avvenivano a Roma. Il “disagio del nord”, come il compianto Vescovo di Como Maggiolini disse. La lega interpretava politicamente questo disagio e le teorizzazioni e pratiche anche idolatriche o mitiche dei leghisti partono dal desiderio di rottura con partiti e modi della politica della “prima repubblica”. Con tangentopoli, che sempre più mi sembra un tentativo legalistico di eliminare la società occidentale identificata con il capitale (vedi i libri di ex magistrati che tendono ad identificare impresa e corruzione in modo sistematico), la lega e lo msi trassero i maggiori vantaggi elettorali. Le procure identificarono il male con la dc rea di ladroneria, a dir loro. Quindi la Dc, che cercava di attualizzare i concetti della dottrina sociale della Chiesa, fu la pietra di scandalo che fece guardare con sospetto sia al partito che alla Chiesa. Il radicamento nel territorio ha portato la lega ad una conoscenza diretta delle persone e dei loro bisogni, credo sia questo che li abbia convinti a normalizzare ,almeno come tentativo, i rapporti col clero. Da parte nostra, ritengo sia doveroso e lecito mostrare le contraddizioni e gli errori della lega, ma si dovrebbe cercare di mantenere aperto un dialogo. Non è alzando una barricata che si cercano soluzioni condivise. Noi abbiamo il compito di disinnescare derive mitiche ed interpretare il malessere avvertito dagli altri in chiave cristiana e proporre una soluzione che tenga conto anche delle ragioni dell’altro. Credo che la stima verso alcuni leghisti come Maroni, dimostrata anche dall’ On. Casini, debba essere il criterio per un dialogo franco. A mio avviso l’errore più grande della lega politicamente è questo: Sacrifica all’altare dell’emancipazione del nord qualsiasi dialogo politico. Le recenti confusioni elettorali regionali, evidentemente nate da un complotto in atto da tempo contro Cl e la Chiesa ( vedi gli ultimi “scandali sessuali” e i libri contro Cl definita setta…), sono state prese a pretesto dai leghisti per affermare una loro presunta purezza legalista, per convincere il popolo della loro trasparenza e per ottenere consenso evidentemente a scapito di Pdl e Udc. In questo momento politico in cui l’opposizione del Pd stà marciando sempre più verso posizioni di sinistra estrema, non mi sembra una mossa che tenda a rinserrare le fila della destra o promuovere percorsi di politiche condivise.
Non so se sarà condivisa la mia analisi, ma è quel che penso.
Avanti Udc!
Trovo vergognosa questa strumentalizzazione della chiesa a seconda delle esigenze del momento !!!!
Chi demagogicamente istiga la emotività collettiva,
alla violenza, alla esclusione, all’odio,
non ha il senso della solidarietà sociale,
nè amore per la verità,
nè tantomeno amore per gli altri,
né persegue il bene comune,
ma la divisione, la contrapposizione
e la discriminazione
dei cittadini,
e questo non è certamente comportamento
da buon cristiano.
Fingere di esserlo è ancora peggio.
Il tecnicismo dei primi due commenti mi spaventa un po’… ma una mia opinione la vorrei esprimere anch’io.
Sono ben noti i patti lateranensi sottoscritti nel febbraio del 1929 da Mussolini e dal segretario di stato vaticano Gasparri, come è ben nota la definizione di Mussolini come “uomo della provvidenza” da parte di Pio XI. Persino il fascismo cercò consensi da parte della Chiesa, intesa non di certo come organismo religioso, ma come gruppo autorevole, quindi potente e influente sulla folla sin dall’avvento di Cristo.
Non è così semplice conquistarsi la fiducia dei cittadini per un partito, ma se ci si allea con un organismo la cui autorità ha origini divine (almeno per la maggioranza degli italiani) tutto diventa più semplice.
Se si sono alleati a un partito i rappresentanti di Dio significa che si può riporre fiducia in quel gruppo.
Sappiamo come sono andati poi i fatti, a partire dalla chiusura delle sedi dell’Azione cattolica.
Anche Berlusconi parla in continuazione del “partito dell’amore” in opposizione al “partito dell’odio” e molte volte, le sue, sembrano parole pronunciate dal papa.
Quella di associarsi con la Chiesa, soprattutto in Italia, sede del Vaticano, ha funzionato in passato e funziona tuttora.
Non esiste forse il detto: “è/ non è un cristiano” per definire una persona più o meno civile?
In politica ci vuole strategia prima ancora che una concreta abilità.
E’ triste ma è così. Siamo ipocriti, chi più, chi meno.
Non ci dobbiamo stupire del (superficiale e falso) legame tra politica e fede.