«Legge elettorale al bivio, non faccio tranelli al Pd ma Bersani decida presto»
Pubblichiamo da “La Repubblica” l’intervista a Pier Ferdinando Casini
di Francesco Bei
«Sono d’accordo con Fini. Qui non si tratta di fare forzature ma di avere rispetto reciproco. E questo significa due cose: stanare chi vuole continuare a giocare a rimpiattino e assumersi la responsabilità di una scelta davanti agli italiani».
Pier Ferdinando Casini ne è convinto: stavolta ci siamo, la legge elettorale che archivierà il Porcellum e disegnerà i contorni della “terza repubblica” è in arrivo. A patto che il Pd si decida e abbandoni convenienze eccessive su un super-premio di maggioranza.
Napolitano è dovuto intervenire per l’ennesima volta vista l’impasse dei partiti, ha chiamato al Quirinale Fini e Schifani. Si muove qualcosa?
«A patto che la si smetta di dire: o così o niente. In teoria le posizioni ufficiali restano molto distanti. Noi siamo per il proporzionale, il Pd per il doppio turno e il Pdl oscilla fra varie opzioni. Ma se tutti noi mostriamo intolleranza verso le idee degli altri significa che ci siamo rassegnati a tenere il Porcellum».
L’impressione è che tre settimane fa si fosse a un passo dall’accordo, poi è intervenuto un blocco che ha fatto saltare tutto. Cosa è successo?
«Anche io in effetti avevo avuto l’impressione che le distanze non fossero siderali. E che gli incontri tra Denis Verdini (Pdl) e Maurizio Migliavacca (Pd), ai quali noi non partecipavamo, avessero prodotto una mezza intesa. Ma lasciamo perdere quello che è stato, il gossip, concentriamoci sul futuro».
Quali sono i problemi ancora da sciogliere?
«Io ne vedo tre. Il problema di fondo è che gli italiani devono scegliere i propri rappresentanti. C’è una rabbia crescente verso la politica anche perché gli elettori non sanno nemmeno più con chi prendersela, non conoscono i parlamentari che hanno eletto. Il secondo problema è la rappresentanza delle donne, ma qui siamo tutti d’accordo. Il terzo è se dare un premio alla coalizione o alla singola lista e quanto deve essere grande».
Non è un problema da poco, significa disegnare le alleanze per vincere le elezioni…
«Me ne rendo conto. Ma vogliamo tornare alle coalizioni del passato? Faremmo un errore».
Dicono: la sera delle elezioni si deve sapere chi ha vinto e quale governo ci sarà. Vuole tornare indietro?
«Alle ultime elezioni la sera abbiamo capito soprattutto chi non ha vinto, perché sia Prodi che Berlusconi non sono poi riusciti a governare. Ma io dico, discutiamo pure di questo punto. Più di così… ».
Lei sembra disponibile, ma in realtà nel Pd temono che stia organizzando un blitz al Senato per far passare una legge iper-proporzionale con i voti di Pdl e Lega. È così?
«Questo accordo segreto non esiste, non ci sono furbizie. Anche perché poi alla Camera salterebbe tutto. Ma a condizione che non si resti in mezzo al guado».
Imputa la paralisi al Pd, impegnato nello scontro per le primarie?
«Io non voglio interferire in questo processo, mantengo le mie riserve su un sistema in cui non si capisce bene chi vota, ma rispetto questa dinamica democratica. Tuttavia i tempi delle primarie di unpartitononpossonoinfluenzare la legge elettorale».
C’è una cosa che lei proprio non può accettare?
«Si, in effetti c’è. Solo in Italia c’è sia la soglia di sbarramento sia il premio di maggioranza. Berlusconi nel 2008 ha preso il 55% dei seggi con il 46,8% dei voti. Di fatto ha ottenuto un premio dell’8% che mi sembra già alto. Ma ora l’idea è quella di premiare una coalizione che ha il 30% con il 55% dei seggi: ecco, questa sì che sarebbe una forzatura inaccettabile. Di tutto il resto si può discutere».
Fino a questa estate tutti davano per fatta un’alleanza tra voi e un polo progressista costituito da Pd e Sel. Poi il clima è peggiorato fino a far apparire questa ipotesi sempre più lontana. La rottura tra voi e Vendola è vera?
«Stiamo ai fatti. In Sicilia la nuova Udc guidata dal nostro D’Alia aveva i titoli e per avanzare una candidatura alla presidenza della Regione. Invece noi appoggiamo il candidato del Pd, Rosario Crocetta, e naturalmente Sel e l’Idv lavorano con la candidatura Fava per farci perdere le elezioni».
Vuol dire che la Sicilia dovrebbe aprire gli occhi al Pd?
«Non è passato giorno che Vendola non abbia evidenziato delle posizioni antitetiche a quelle del Pd. Visto che l’emergenza economica è tutt’altro che alle nostre spalle, oggi per noi la vera discriminante è costruire un’alleanza con chi si sente di rivendicare l’esperienza fatta con Monti. Ricordo agli amici del Pd che non sono io tra i promotori del referendum sull’articolo 18».
Vendola è incompatibile con voi?
«Le posizioni di Sel sono difficilmente conciliabili anche con quelle del Pd. Io a Chianciano ho illustrato un programma di governo chiaro, in continuità con l’esperienza Monti. Che a questi sforzi Sel sia antitetico non lo dico io, è lo stesso Vendola a rivendicarlo».
Con il Pd la porta è chiusa?
«Ma no, io e Bersani domani (oggi, ndr) discuteremo insieme al convegno delle Acli. Tuttavia noi restiamo convinti che i problemi del paese siano tali da richiedere un’alleanza di governo omogenea. Per questo seguirò con interesse le primarie del Pd, per vedere se emergerà una linea politica omogenea e coerente».