Liberalizzazioni cercansi. Urgentemente.
“Riceviamo e pubblichiamo” di Giuseppe Portonera
L’Italia è un Paese di Caste e di Castine, in cui poteri pubblici e interessi privati sono sempre andati a braccetto e in cui le rendite di posizione sono sempre state considerate alla stregua di beni primari. L’Italia è un Paese che vanta una classe politica strapagata, ma largamente insufficiente ad espletare i suoi compiti, e gran parte del resto della popolazione che si impegna caparbiamente – almeno, chi ha l’opportunità di farlo – nella difesa ad oltranza del proprio orticello e che è pronta a riciclare gli slogan contro i privilegi della “Casta dei politici che ruba”, ma che si indigna stizzita quando qualcuno prova a mettere naso negli affari che li riguardano. Con tutti i macroscopici privilegi che hanno i pezzi grossi in Italia, dicono, proprio quelli dei tassisti o dei farmacisti, dei notai o degli avvocati dovete venire a discutere? Uh, figurarsi. Guai a chi, impavido o piuttosto ingenuo, proverà ad modificare questa incresciosa situazione, tirando fuori dal cassetto le celebri (o si dice “fantomatiche”?) liberalizzazioni. Si vedrà costretto a soccombere di fronte alla ferma e ferrea opposizione delle corporazioni dei mestieri, di quelle categorie di settore che anziché essere, come nel resto d’Europa, libere associazioni di lavoratori, sono piuttosto l’ultimo regalo lasciatoci in eredità dell’economia fascista: “tutela di tutti gli interessi che armonizzano con quelli della produzione e della nazione”. Simona Bonfante, quest’estate, lo aveva spiegato molto chiaramente: “nel nostro defascistizzato paese dove non si può – per carità – manco evocarlo il Duce, si può, invece, ed anzi è titolo di merito, mantenerne in vita le infrastrutture liberticide e gridare allo scandalo quando solo se ne ipotizza la chiusura, ovvero l’apertura alla plurale, libera concorrenza dei meriti professionali”. Queste infrastrutture liberticide hanno i nomi più disparati e vanno dai vari ordini professionali alle altrettanto varie confederazioni del lavoro, tutti con caratteri comuni: difesa più intransigente della loro struttura chiusa e conservatrice e avversione più decisa a ogni provvedimento che provi a rendere finalmente libero il mercato in cui operano (per l’appunto, le liberalizzazioni).
Personalmente sono sempre stato un fan della concorrenza e perciò ho sempre visto di cattivo occhio ogni ostacolo al libero mercato: per questo quando il Premier Mario Monti ha licenziato la manovra economica, che pure è pesante e rischia di essere perfino recessiva, ho gioito alla vista delle liberalizzazioni inserite nel testo. Che forse non avrebbero avuto immediati effetti sulla crescita e sulla competitività, ma che comunque avrebbe imposto alle imprese italiane produttive, commerciali e di servizi di adeguare la loro offerta e di migliorare la loro competitività (a vantaggio loro, dei loro dipendenti e di noi consumatori). Nel decreto c’erano nuove tasse, ok, ma c’era anche il via a un cammino improntato a politiche pro-crescita. E invece la portata innovativa della manovra del governo si è schiantata contro l’orgoglio corporativo di questa parte del popolo italiano, che ha reagito con vigore alle prime due, importanti liberalizzazioni: la libera vendita dei farmaci di fascia C nei supermercati e l’apertura alla concorrenza per le licenze dei taxi (notare, poi, come in Parlamento, l’opposizione a questi due provvedimenti sia andata di pari passo a quella sui tagli ai costi della politica). Le corporazioni hanno potuto più dei sindacati, in fondo: la minaccia di chiudere e sabotare tutto ha potuto più di uno sciopero congiunto di CGIL, CSIL e UIL.
Tutto questo è inaccettabile. Qui lo si è sempre sostenuto: il compito del Governo Monti non è solo quello di traghettare l’Italia in mezzo a un mare in tempesta; c’è bisogno di riforme strutturali e profonde, che non investano solo le pensioni o il mercato del lavoro, ma che contemplino, per l’appunto, le liberalizzazioni e le privatizzazioni. Perché se non si riusciranno a piegare davvero le assurde pretese di queste corporazioni, il duro sacrificio economico chiesto agli Italiani sarà davvero iniquo e impossibile da digerire. Per questo, Presidente Monti, qui bisogna dire no a questo ricatto e aprire la porte al futuro (al libero mercato, cioè). Proprio come Lei ci ha giustamente spiegato tempo addietro.
Salve, sono un tassista di Genova ho 24 anni e da poco faccio questo lavoro(anche per necessità dato ce pochissimo lavoro),per comprare la licenza oltre ad aver usato parte delle liquidazioni dei miei genitori hanno anche dovuto ipotecare l’appartamento per farmi concedere un mutuo che pagherò in 15 anni. Il lavoro a Genova è scarso pertanto lavoro 12 h al giorno 6 giorni la settimana perché altrimenti non riuscirei a mantenere tutto quanto. Con una liberalizzazione sarei rovinato io e la mia famiglia costretta a vendere l’appartamento per estinguere il mutuo e andare in affitto altrove. Io al pensiero vorrei morire sarebbe una cosa terribile. Cosi tanti colleghi che hanno iniziato da poco e magari perché rimasti senza lavoro e con una famiglia da mantenere. Questi sono i privilegi in Italia?avere un mutuo e lavorare 12 ore?la soluzione è rovinare tante persone? per far avere le licenze a chi ha grandi poteri economici e creare monopoli? I privilegi direi sono un’altra cosa se ne potrebbero elencare tanti.
Cordiali Saluti
caro Andre, credo che casini se ne freghi di te e di tutte le persone oneste ………. e pensi solo a se stesso ed ai suoi compari … Quel che dice è davvero distante anni luce da quel che fa ….. D’altronde capita molto spesso che chi si dichiara “cattolico” predica bene, ma poi razzola davvero male…
Io a modo mio sono credente, ma so per esperienza che i ministri della chiesa, predicano povertà, ma poi corteggiano i ricchi …
andrè, ma se le licenze fossero state libere, tu non avresti pagato questa cifra enorme e nona vresti dovuto fare il mutuo…
semmai, si può ragionare per una compensazione per chi ha dovuto comprare la licenza (uno sconto fiscale, ad esempio, fino al completo pareggio di quanto pagato per avere la licenza, in pratica se lei ha pagato 100, questo 100 diventa un credito che lei porta in detrazione fiscale, fino a quando tutta la somma non è completament eestinta).
per il resto sarei anche d’accordo con lei.
Non posso parlare per i tassisti né per appartenenti ad altre “lobbies”, come vengono chiamate, perché di solito non parlo di ciò che non conosco. Per quanto riguarda le farmacie, però, posso esprimere il mio parere, avendoci lavorato.
Due i punti che intendo toccare:
1)Attenzione alla disinformazione.
2)Che servizio pretendiamo dalle farmacie.
Per ciò che riguarda il primo punto, è una grossa inesattezza, spero in buona fede, che nella manovra si dica (riassumo a parole mie)che con l’intervento sulle farmacie si fa un passo avanti. Che la proposta prevedendo che l’intera fascia C , cioè i farmaci non rimborsati dal SSN,sia aperta alla concorrenza permettendone la vendita nelle parafarmacie e nei corner dei supermercati, possa dar luogo a crescita e risparmio per i consumatori.
Attenzione, non cado nella trappola di dire che così facendo si attenta alla salute dei cittadini. Me ne guardo bene; anche in questi esercizi ci sono colleghi professionalmente ben preparati.
E’ sul fatto che questa operazione determini concorrenza fra esercizi commerciali che io dissento. Se si da la Fascia C alla Grande distribuzione e Parafarmacie , lo si fa perchè essi pratichino la concorrenza alle farmacie tramite l’abbassamento del prezzo, a tutto vantaggio dei consumatori, siamo d’accordo?
E invece no! Vi chiederete il perchè!!
Perché l’abbassamento del prezzo è IMPOSSIBILE. PER LEGGE!
Perché i prezzi dei farmaci in fascia C li stabilisce lo Stato e sono fissi ed identici su tutto il territorio italiano. I prezzi sono BLOCCATI!
E’ vietata qualsiasi forma di sconto, tant’è vero che debbono essere esclusi dai prodotti che possono concorrere alla raccolte punti tramite carte di fedeltà. Non è corretto pertanto illudere i consumatori dicendo loro che potranno risparmiare milioni di euro. Se il farmaco XXXYYY costa 10 euro in farmacia, costerà sempre 10 euro nella parafarmacie, come nei supermercati.
Non contribuirà nemmeno alla cosiddetta crescita, se per crescita vuol dire maggiori vendite e quindi maggior produzione e più posti di lavoro. Del farmaco si ha bisogno se si sta male oppure non se ne ha bisogno. Non è che ,dal momento che ce lo troviamo di fronte al supermercato, facciamo il cosiddetto acquisto d’impulso e ce lo portiamo a casa. Ricordiamo che c’è sempre bisogno della ricetta medica; non è un pastigliaggio o un colluttorio di automedicazione (sop o otc).
E allora perchè tutto questo? debbo pensare che si debba rispondere ad altre lobbies: quella della grande distribuzione, per esempio?
Le farmacie hanno tanti difetti, che magari se avete indulgenza elencherò più avanti, ma sono nate per essere presidi sanitari che coprano tutto il territorio nazionale , non a caso sono soggette al vincolo della territorialità, cioè hanno un territorio delimitato da confini ben precisi entro i quali operare, altrimenti tutti sceglierebbero centri urbani densamente popolati, lasciando senza copertura del servizio tutti i piccoli centri, economicamente poco appetibili.
Vi siete mai chiesti perchè un grande marchio come la COOP, che tra l’altro ha fortemente sponsorizzato l’apertura delle parafarmacie raccogliendo le firme per sostenerne il cammino parlamentare, abbia aperto i corner parafarmaceutici solo nelle loro filiali situate in città di dimensioni medio-grandi? Abito in una città di 40.000 abitanti, c’è la COOP, ma non ha il corner parafarmacia.
La spiegazione che mi sono dato(Sbagliando?) è che al di sotto di una certa soglia di affluenza non è economico fornire il servizio, decidendo, in tal modo, che ci sono cittadini di serie A che possono usufruire degli allettanti prezzi offerti dal punto vendita , altri di serie B che non possono usufruirne.
Tra l’altro la manovra in questione fa lo stesso errore prevedendo che questa elargizione di fascia C avvenga solo nei centri al di sopra dei 12500 abitanti. Quelli sotto la soglia perchè non dovrebbero usufruire dei grandi vantaggi economici?
La Farmacia invece, proprio per la territorialità, raggiunge tutti i paesi. Certo i prezzi dei prodotti di contorno (non dei farmaci) possono essere diversi ma essi rispettano le regole di mercato tra piccolo esercizio e grande distribuzione la quale può spalmare i propri costi su milioni di articoli e quindi contenere i prezzi. Ma sul farmaco di fascia C nemmeno loro potranno fare qualcosa di diverso.
La farmacia per legge, proprio perchè presidio sanitario, ha dei costi obbligatori, propri del servizio che deve sostenere, che gli altri esercizi non avrebbero. Faccio solo un paio di esempi: le farmacie, non certo le parafarmacie, debbono assicurare la copertura del servizio anche in ore notturne e nei festivi in alternanza con altre farmacie, laddove ne esistono, il che comporta più unità lavorative (che costano) anche se gli incassi notturni non coprono la spesa. Sono obbligate per legge ad avere dei piccoli laboratori per effettuare le preparazioni galeniche, sempre sotto la lente d’ingrandimento durante le visite da parte dei NAS (giustamente visto che vi si prepara farmaci che i pazienti debbono assumere), ma che sono sempre meno usati visto che i medici, al 99% dei casi non prescrivono più preparazioni galeniche. Nonostante questo gli strumenti debbono essere sempre aggiornati, le sostanze obbligatorie sempre presenti, smaltite regolarmente tramite appositi canali quando scadono, ma proprio perchè obbligatorie debbono essere rimpiazzate anche se destinate a scadere nuovamente.
Questi costi il farmacista li recupera spalmandoli sulla gamma dei prodotti che distribuisce. Togliendo alle farmacie una ulteriore fetta importante di prodotti le si porterebbe in sofferenza, soprattutto le medio -piccole, forse alla chiusura. Nei piccoli centri equivarrebbe a costringere le persone a spostarsi di qualche chilometro quando occorre il farmaco rimborsabile.
Faccio una provocazione: liberalizziamo a questo punto le farmacie, si elimini la territorialità. Si permetta alle parafarmacie di diventare farmacie a tutti gli effetti, ma a questo punto dovranno assumersi anch’ esse l’onere dei laboratori e dei turni che triplica il personale necessario. Ci sarà un fiorire di nuove farmacie nei posti più appetibili, le quali si dovranno a quel punto fare una concorrenza spietata; molissime dovranno chiudere poco dopo in preda ai debiti, a tutto vantaggio della grande distribuzione. E i piccoli centri chi li vorrà servire?
Non è forse meglio, se si vuol garantire un miglior servizio provvedere ad abbassare il quorum, dai 4000 abitanti necessari per l’apertura di una farmacia in pianta organica portarli a 2000, raddoppiando praticamente il numero delle farmacie, sempre con il vincolo della territorialità per un servizio sempre più capillare e vicino al consumatore-paziente.
Per chi vuol dare un colpo alle lobbies, ci sarebbe poi un’altra questione che agli occhi di molti, anche di molti colleghi, rappresenta una anomalia da eliminare. Le farmacie si aprono in base ad una concessione pubblica, dopo aver vinto un concorso (per le farmacie private) o dai comuni per fornire un servizio laddove il privato era restio ad aprire (almeno nello spirito originale).
Capita ora che per le private la titolarietà della farmacia si trasmetta per eredità, di padre in figlio, oppure si venda a caro prezzo. Ultimamente anche i comuni hanno cominciato a vendere per fare cassa.
Non è assolutamente giusto! Quando non si esercita più l’attività, per morte sopraggiunta, o per raggiunta età della pensione, la concessione deve essere resa all’autorità pubblica che la rimette a concorso, fatto salvo il diritto di avviamento da riconoscere a chi l’ha gestita in precedenza, comunque non più a quelle cifre assurde che si sentono in giro, determinate dalla penuria di offerta di sedi farmaceutiche.
Soprattutto ai comuni, i quali non hanno nemmeno dovuto far la fatica di fare i concorsi, qualora per sopravvenute esigenze diverse, o perché non sono in grado di sostenere economicamente l’attività, non avessero più l’intenzione di gestire la farmacia, dovrebbe essere vietata la vendita e dovrebbero restituire la licenza da rimettere a concorso.
Se si ha a cuore la salute pubblica, attraverso una presenza capillare delle farmacie, si possono fare tante cose. Se si vuole privilegiare solo il lato economico, depauperandole di risorse, a mio avviso è solo miopia che a lungo andare nuocerà solo ai pazienti-consumatori.
La manovra è altamente recessiva e tartassa solo il ceto medio (quello vero, con reddito lordo familiare dai 30 ai 50000 E. lordi anno)Il Governo Monti ci sta accompagnando passo dopo passo verso il disastro grecia (facciamo le stesse cose volute dalla BCE), con il default programmato, così almeno il 50 % dei risparmi andrà in fumo per tutti. Per tutti meno che per i grandi evasori e gli amici di casini che i soldi li hanno all’estero, al sicuro.
Sono contento che alla balle della equità di cui l’UDC si è fatta portavoce, non creda più nessuno, neppure su questo sito. Esclusi solo i difensori istituzionali e i pochissimi tesserati fedeli.
Anzichè dimezzare le spese militari, le spese per la politica, gli aiuti a pioggia inutili, la corruzione, i capitali nascosti all’estero, il lavoro nero, i finti invalidi, qualche vera liberalizzazione, snellire la burocrazia, la fiscalità, agevolarre le impresesul territorio, etc.. etc.. Si è fatto un massacro sociale che, ad esempio affonderà l’edilizia, l’industria dell’auto e le concessionarie, i piccoli esercizi, etc.. Non si creereanno posti di lavoro, se toccherà lavorare sino a 70 anni, per avere una pensione da sussistenza. Infine il sistema contributivo, forse necessario, ma che creerà milioni di veri poveri (basta provare a fare due semplici conti). Chiunque guadagni meno di 1500 e al mese, con il contributivo a regime, percepirà dopo 35/40 anni di lavoro, meno di 750 euro lorde al mese. Per le famiglie monoreddito è la miseria. Per i precari non ci sarà pesnione, mai. Peggio, molto peggio ancora, andrà per i lavoratori autonomi, che hanno aliquote contributive più basse.
Politici svegliatevi, guadagnatevi lo stipendio..
Faccio presente che i praticanti notai hanno promosso una petizione al Ministro della Giustizia per chiedere:
– regole certe, maggiore trasparenza e la fine degli inutili sprechi della procedura concorsuale;
– la copertura di tutte le sedi notarili in tempi celeri (attualmente sono vacanti circa 1500 sedi), cosa che, oltre a garantire una maggiore concorrenza, porterebbe, tra l’altro anche ad un incremento dei posti di lavoro (segretari, centralinisti, dottori di studio, addetti alle pulizie ecc..).
Per chi voglia firmare la petizione, il link è il seguente:
http://www.change.org/petitions/aspiranti-notai-intervento-di-riforma-del-sistema-di-accesso-alla-professione-notarile
Cerco di rispondere un po’ a tutti:
@andre: Mario ti ha già risposto, spiegandoti che se le liberalizzazioni si sarebbero fatte già da tempo, tu non saresti stato costretto a svenarti per entrare a far parte di una corporazione e invece saresti potuto affacciarti su quel tipo di mercato in libertà. Ti invito a leggere poi questo pezzo di Alberto Mingardi, che raccoglie una proposta interessante che l’Istituto Bruno Leoni fece qualche mese addietro per liberalizzare il mercato dei taxi (http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2011-02-05/taxi-diamo-licenza-081326.shtml?uuid=AatLos5C): diamo a tutti i tassisti dotati di licenza una seconda licenza, liberamente alienabile. Il tassista deciderà se venderla, ricavandoci un bel po’ di soldi a compensazione del valore diminuito della sua, affittarla o assumere una persona per guidare una sua seconda vettura. Che te ne pare?
@Angelo: il tuo commento è molto lungo, ma a quanto ho capito sostieni che la liberalizzazione dei farmaci di fascia C sia tutto sommato una presa in giro, visto che il loro prezzo è bloccato per legge. Siccome la cosa mi giunge nuova, potresti citarmi la legge in questione? Grazie. Poi, siccome a quanto ho capito sei un farmacista, ti faccio una domanda-provocazione: a cosa servono, oggi, le farmacie?
Purtroppo le liberalizzazioni vere, non verranno fatte. Vendere i farmaci di fascia C, nel supermercato non significa molto. Permettere ad un giovane o meno giovane farmacista di aprire una nuova farmacia significa liberalizzazione. Abolire gli Ordini professionali, non è liberalizzazione, ci sono professioni come il medico, l’ingegnere o il farmacista che interessano la salute pubblica, e la pubblica e privata incolumità, e possono essere svolti solo da persone preparate per svolgere queste professioni. Il problema dell’Italia è che esistono posizioni di rendita per chi le detiene, nessuna tutela e diritto per tutti gli altri. La liberalizzazione deve essere globale, e deve interessare tutto il mercato del lavoro. Non è più concepibile che lavorino in pochi per mantenere tutti, e paradossalmente sono proprio quelli che per timore di perdere ciò che hanno, tendono ad escludere gli altri dal lavoro. L’Italia non si riprenderà economicamente, se non aumenta l’occupazione. Non si può essere competitivi su una barca dove sono pochi a remare. E siccome, chi non rema, non lo possiamo gettare in acqua, vuol dire che dobbiamo modificare la barca, per aumentare i posti ai remi.
Tutto il resto sono quisquiglie, quello dell’apertura del mercato del lavoro, a tutti i costi, è la vera sfida in grado di invertire la recessione, anche con un ragionevole abbassamento del costo del lavoro, se necessario. Occorre tenere presenti i numeri globali, dell’economia, anche a scapito di una riduzione dei numeri per ogni singolo lavoratore.
Per Giuseppe Portonera.
A meno di provvedimenti recentissimi usciti dopo che ho lasciato, dovrebbero essere in vigore ancora i seguenti provvedimenti:
L’art 8 comma 10 legge 537/1993 in cui in pratica c’è la nuova suddivisione dei farmaci per fasce con la scissione della fascia C e c-bis(farmaci da banco) che riporto:
“10. Entro il 31 dicembre 1993, la Commissione unica del farmaco di
cui all’articolo 7 del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 266,
procede alla riclassificazione delle specialita’ medicinali e dei
preparati galenici di cui al comma 9 del presente articolo,
collocando i medesimi in una delle seguenti classi:
a) farmaci essenziali e farmaci per malattie croniche;
b) farmaci, diversi da quelli di cui alla lettera a), di
rilevante interesse terapeutico; (44)
c) altri farmaci privi delle caratteristiche indicate alle
lettere a) e b) (( ad eccezione dei farmaci non soggetti a ricetta
con accesso alla pubblicita’ al pubblico )). (22)
(( c-bis) farmaci non soggetti a ricetta medica con accesso alla
pubblicita’ al pubblico (OTC) )). ”
Successivamente la legge 390/1995 all’art 1 comma 2
” 2. A partire dal 22 marzo 1995 i prezzi dei farmaci di cui alla
lettera c) dell’articolo 8, comma 10, della legge 24 dicembre 1993,
n. 537, sono liberamente determinati dalle imprese produttrici e SONO UNICI SU TUTTO IL TERRITORIO NAZIONALE”
Nel 2004 la legge Storace ha introdotto il principio della possibilità di un 20% massimo sul prezzo dei farmaci da banco.
nel 2006 il decreto Bersani ha permesso l’apertura delle parafarmacie e decretando che per i farmaci da banco (e solo quelli) il prezzo fosse liberamente fissato dall’esercente farmacista o titolare di parafarmacia (sempre farmacista).
E veniamo alla tua provocazione. Come detto nel mio lungo commento, la farmacia nasce come presidio sanitario, capillarmente diffuso nel territorio per essere il più vicino possibile ai pazienti.
Il farmacista è sempre stato un punto di riferimento per la salute del cittadino; spesso è a lui che si chiede il primo consiglio sui problemi di salute quotidiani e sta proprio nella professionalità del farmacista saper indicare il primo rimedio o consigliare di rivolgersi al medico laddove la cosa esuli dalla sua competenza.
La territorialità da me ricordata serviva proprio a fare in modo che le farmacie non si accalcassero nei centri più popolati, ove era più facile il guadagno, a tutto svantaggio delle popolazioni dei centri minori. E laddove, nonostante ciò, il privato non aveva interesse ad aprire per scarsità di popolazione, erano i comuni ad aprire farmacie.
La mia rimostranza non sta nel fatto di essere contrario alla parafarmacia in sé (ho detto che anche lì ci sono stimati professionisti), ma nel fatto che in ogni competizione ci si deve confrontare ad armi pari; alla farmacia si “impongono” quei costi che le parafarmacie non hanno e che permettono loro di abbassare meglio i prezzi.
Io ho rovesciato la provocazione. Facciamole diventare tutte farmacie (con i relativi costi) poi vediamo chi se la cava meglio.
Sapete quale sarebbe la cosa grave? che alla lunga chi ci rimetterebbe sarebbe il paziente_ consumatore che non avrebbe più punti di riferimento e anche lì ci sarebbero cittadini di serie A che non avrebbero difficoltà a reperire farmaci, se abitanti di centri medio grandi, e cittadini di serie B costretti a fare chilometri per andare a reperire farmaci.
Che poi ci siano delle stoture e degli abusi come succede per tanti settori in Italia, sono il primo a riconoscerlo e per questo ho avanzato le proposte alternative in fondo al mio precedente commento.
Si può sempre creare un sano spirito di concorrenza, tenendo però ben presente che, soprattutto per certi servizi, occorre sempre pensare ai fruitori di questi servizi e non tirarli in ballo solo quando serve.
Ri-provocazione: se i grandi centri commerciali sono dei benefattori, perchè sono dislocati solo in aree densamente popolate costringendo chi volesse approfittare delle occasioni che offrono a fare un sacco di chilometri per andarci? Dopo, probabilmente, lo DOVRANNO fare anche per i medicinali, poiché, se la strada è quella intrapresa, i centri commerciali la faranno da padroni potendo effettuare prezzi che le altre parafarmacie (non solo le farmacie) non potranno mai fare e faranno la fine dei piccoli negozi alimentari; Cannibalizzati.
Forse è meglio che mi fermi.
Liberiamo dall’inquinamneto le nostre città.
Via taxi e tassisti. Vorrebbero comandare più dei sindacati e di tutti gli altri lavoratori italiani che hanno subìto la riforma delle pensioni. Questi tassinari italiani viaggino un pò e vedano quello che succede ad es. a Londra e Barcellona. Lì i taxi costano poco e si trovano sempre. Inoltre, a differenza di quelli italiani, i tassisti d’oltralpe sono educati e bene informati nmentre quelli romani sono burini e maleducati.
dati ISTAT : Nel sud u lavoratore su 5 lavora in NERO. Forse nel nord non va poi tanto meglio !! Allora cosa c’è da liberalizzare ????????????????? Più liberi di cosi !!!!!!!!!!!!!
Perchè non se ne parla mai …….UDC ?????
PS : Continua la fuga di capitali esportati illegamente verso la Svizzera ed altri paradisi fiscali. Grazie MONTI.