postato il 20 Febbraio 2011 | in "Esteri, In evidenza, Riceviamo e pubblichiamo, Spunti di riflessione"

L’anelito di libertà che ci deve disturbare

La fine dei governi autoritari di Tunisia ed Egitto sembra aver innescato un movimento di protesta senza precedenti che in questi giorni riempie le piazze di molti paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. Le notizie che giungono da questi paesi sono molto frammentarie e confuse perché le autorità controllano le comunicazioni e hanno messo in atto una strategia di oscuramento che colpisce specialmente la rete internet e i suoi social networks, tuttavia le notizie riescono comunque ad aggirare in qualche modo questo feroce embargo e in queste ore ci raccontano anche delle repressioni nel sangue in particolare in Bahrein e in Libia. Queste serie di sollevazioni dal golfo persico all’oceano Atlantico sono sicuramente il sintomo di un malessere generalizzato nei confronti di regimi autoritari e corrotti che governano grazie alla paura e a complicità svariate, spesso anche internazionali, e che hanno impedito la crescita di questi paesi e in molti casi hanno causato uno spaventoso divario tra poveri e ricchi. Altro particolare di queste rivolte è che le piazze sono piene di giovani e donne dai diritti conculcati e dal futuro incerto che traggono forza e speranza dai contatti che sviluppano attraverso internet con l’Occidente libero e democratico.

Nonostante queste caratteristiche comuni le proteste e le rivolte che sconvolgono il Maghreb e la penisola araba sono molto differenti tra di loro ed ogni paese presenta variabili ed imprevisti che difficilmente consento di identificare il fenomeno e di prevedere sviluppi e possibili scenari. Di certo in questo momento c’è l’insufficienza della politica estera dell’Europa e dell’Italia, al contrario degli Stati Uniti, che pure con evidenti defaiances diplomatiche sono riusciti in qualche modo a far sentire la loro voce, l’Europa è sembrata spiazzata ed afona di fronte al precipitare della situazione in Tunisia, in Egitto e poi negli altri paesi.

L’Unione Europea dei trattati e delle conferenze mediterranee, di Tony Blair e Lady Ashton non è riuscita a prendere una posizione, a intervenire e probabilmente ha deluso le aspettative di quegli uomini e di quelle donne che nelle piazze e nelle strade di questo oriente inquieto speravano almeno in un cenno di approvazione della patria del diritto e della civiltà. Purtroppo non ci si può neanche consolare con le diplomazie nazionali: come ha argutamente notato Ugo Tramballi su il Sole 24 ore se in un motore di ricerca proviamo a cercare qualcosa del tipo “Franco Frattini Medio Oriente” oppure “Alliot-Marie Proche Orient” troveremo poco o niente. E’ probabile che questo silenzio non sia solo il frutto amaro di ministri degli esteri incapaci ma anche di un imbarazzo politico dovuto all’appoggio, non troppo velato, ai tiranni di ieri che hanno governato spesso col consenso e la benevolenza di parecchi stati europei che spesso hanno anche notevoli interessi economici in ballo.

In Italia l’assordante silenzio del ministro Frattini è purtroppo compensato dalle incredibili dichiarazioni del Premier che ha affermato davanti ai giornalisti di non avere sentito Gheddafi e di non permettersi di disturbalo. Peccato che il “non disturbare Gheddafi” del Presidente del Consiglio sia costato al popolo libico più di cento morti negli scontri di Bengasi. Fiumi di sangue e la fine dello status quo in Nord Africa e Medio Oriente dovrebbero spingere Berlusconi a riferire alla Camere, e più in generale dovrebbero costringere l’intera Europa a riflettere sulle conseguenze di questa situazione e ad intervenire per una soluzione non violenta delle crisi che però preservi e sostenga l’anelito di libertà e democrazia che proviene dalle piazze Tahrir di tutto l’Oriente. Un anelito che deve “disturbare”  i satrapi orientali ma anche i sonni tranquilli dei cosiddetti paesi liberi.

“Riceviamo e pubblichiamo” di Adriano Frinchi



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